Consulta, stalking: sì al braccialetto elettronico e alla distanza minima di 500 metri

La Redazione
04 Novembre 2024

Per i giudici, tuttavia, l'impossibilità tecnica del controllo remoto non può risolversi in un automatismo cautelare a sfavore dell'indagato.

È quanto stabilito dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 173, depositata lunedì 4 novembre.

Nello specifico, la Consulta ha respinto le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal G.i.p. del Tribunale di Modena riguardo all'articolo 282-ter c.p.p., come modificato dalla legge n. 168 del 2023 ("nuovo codice rosso"), in riferimento agli articoli 3 e 13 della Costituzione.

Il G.i.p. aveva contestato le nuove disposizioni riguardanti il  divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima, sostenendo che le restrizioni di distanza minima e l'obbligo dell'uso del braccialetto elettronico rendessero la misura eccessivamente rigida e violassero principi come l'individualizzazione della pena e la riserva di giurisdizione sulla libertà personale, avendo inoltre la novella stabilito che, qualora l'organo di esecuzione accerti la «non fattibilità tecnica» del controllo remoto, il giudice debba imporre l'applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari, anche più gravi.

La Corte ha sottolineato l'importanza del braccialetto elettronico per la  protezione delle persone vulnerabili, specialmente nei casi di reati di genere, e ha giustificato la distanza di 500 metri come necessaria per consentire alle vittime di trovare rifugio e alle forze dell'ordine di intervenire in tempo. Anche se questa distanza potrebbe risultare  restrittiva in centri abitati più piccoli, la Corte ha evidenziato che rappresenta un onere sopportabile per l'indagato, ovvero quello di recarsi nel centro più vicino per trovare i servizi di cui necessita; mentre, ove rilevino «motivi di lavoro» o «esigenze abitative», il comma 4 dell'art. 282-ter c.p.p. consente al giudice di stabilire modalità particolari di esecuzione del divieto di avvicinamento, restituendo flessibilità alla misura.

La Corte ha riconosciuto la necessità di  bilanciare i diritti dell'indagato con la salvaguardia della persona offesa, sottolineando «l'impellente necessità di salvaguardare l'incolumità della persona offesa, la cui stessa vita è messa a rischio dall'imponderabile e non rara progressione dal reato-spia (tipicamente lo stalking) al delitto di sangue».

Rispetto alla riscontrata  impossibilità tecnica del controllo elettronico, la Corte ha evidenziato come la norma censurata possa interpretarsi in senso costituzionalmente adeguato, «sicché il giudice, in tal caso, non è tenuto a imporre una misura più grave del divieto di avvicinamento, ma deve rivalutare le esigenze cautelari della fattispecie concreta, potendo, all'esito della rivalutazione, in base ai criteri ordinari di idoneità, necessità e proporzionalità, scegliere non solo una misura più grave (quale il divieto o l'obbligo di dimora), ma anche una misura più lieve (quale l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria)».

*Fonte: DirittoeGiustizia

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