I diritti di sfruttamento economico dell’opera garantiti al produttore cinematografico

14 Febbraio 2024

Nella pronuncia in commento la Cassazione ha affrontato la questione inerente i diritti attribuiti dalla legge sul diritto d'autore al produttore dell'opera.

Massima

Nella specie, deve comunque, precisarsi che se in concreto, il contenuto effettivo dei diritti acquistati dal produttore dai singoli autori, essendo rimesso all'autonomia contrattuale, dipende dalle relative pattuizioni contrattuali e può variare quindi da produzione a produzione - non a caso, questa Corte ha ammesso la possibilità, da parte dell'autore, di negoziare la cessione di particolari e specifiche forme di utilizzazione dell'opera e, quindi, di escluderne alcune, nell'ambito del rapporto pattizio, che è a fondamento dell'attribuzione ex lege al produttore dell'esercizio del diritto di sfruttamento cinematografico dell'opera - l'art. 45 L.d.A. detta una presunzione che vale fino a prova contraria, presupponendo che il produttore si assicuri preventivamente dagli autori i diritti di sfruttamento cinematografico dell'opera per tutta la durata del diritto di utilizzazione economica spettante all'autore, onde prevenire, in radice, ogni possibile controversia giuridica relativa a tali futuri diritti. Conseguentemente chi contesti al produttore cinematografico l'intervenuta acquisizione della titolarità dei diritti di utilizzazione dell'opera, o anche solo l'estensione o l'ambito temporale di tali diritti, è tenuto a dare la prova alla luce delle concrete pattuizioni contrattuali.

Il caso

L’attore M.L. conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Napoli la società Ripley’s Film S.r.l. per sentir accertare che la pubblicazione sul proprio sito web di una delle opere cinematografiche prodotte dalla società convenuta non configurava di violazione del diritto d’autore su tale produzione e, in conseguenza, chiedeva la condanna della Ripley’s Film S.r.l. al risarcimento dei danni causati all’attrice per l’abusiva attività di blocco, seguita poi dalla rimozione e oscuramento del contenuto pubblicato su tale suddetta piattaforma online. Secondo l’attrice, infatti, la messa a disposizione dell’opera cinematografica non configurava una violazione del diritto d’autore della casa di produzione convenuta in quanto l’opera cinematografica in oggetto era caduta in pubblico dominio.

Si costituiva in giudizio la società Ripley’s Film S.r.l. la quale, oltre a chiedere il rigetto delle domande formulate dall’attrice, in via riconvenzionale, domandava l’accertamento del diritto d’autore in capo alla società dante causa della convenuta – che aveva ceduto i propri diritti alla Ripley’s Film S.r.l. – con conseguente inibitoria nei confronti dell’attore all’ulteriore utilizzazione e diffusione dell’opera cinematografica oggetto del procedimento.

Il Tribunale di Napoli rigettava le domande dell’attrice e accoglieva invece la domanda riconvenzionale formulata dalla convenuta, confermando la titolarità in via derivata in capo alla società Ripley’s Film S.r.l. dei diritti d’autore sull’opera cinematografica in quanto non caduta in pubblico dominio, con conseguente provvedimento di inibitoria all’ulteriore uso o pubblicazione online dell’opera.

La sentenza di prime cure veniva impugnata da entrambe le parti.

La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del maggio 2020 confermava, in parte, il provvedimento del giudice di prime cure, dato che ribadiva come l’opera cinematografica non fosse caduta in pubblico dominio. Con la propria decisione la Corte d’Appello precisava peraltro che ai sensi dell’art. 45 della legge d’autore il produttore cinematografico vanta i diritti di utilizzazione economica dell’opera per un periodo di 70 anni e altresì vanta un diritto secondario (anche detto connesso) su tutti i supporti da esso realizzati su cui è stata impressa l’opera, con diritto alla riproduzione e duplicazione dei supporti ed alla loro distribuzione e commercializzazione della durata di 50 anni dal momento della prima proiezione dell’opera.

La stessa Suprema corte, tuttavia, in parziale accoglimento dell’appello dell’attrice, riformava la sentenza di prime cure nella parte in cui aveva accolto le domande riconvenzionali della Ripley’s Film S.r.l. in liquidazione, dato che non aveva fornito prova che il proprio dante causa fosse a tutti gli effetti la legittima titolare del diritto d’autore sull’opera cinematografica oggetto del giudizio.

L’attrice M.L. proponeva ricorso in Cassazione per due motivi e la convenuta Ripley’s Film S.r.l. resisteva in giudizio con controricorso e ricorso incidentale.

Le questioni

La questione giuridica trattata con maggiore precisione dalla Corte di Cassazione – e che si commenterà nel presente contributo – riguarda i diritti attribuiti dalla legge d’autore al produttore dell’opera cinematografica. La Corte ha dovuto chiarire se i diritti previsti all’art. 78 ter L.d.A. configurino una categoria di diritti speciali attribuiti al produttore cinematografico e, in quanto norme speciali, rendano inapplicabili i diritti disciplinati dall’art. 45 L.d.A. al produttore cinematografico.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione fornisce vari spunti interessanti riguardo l'individuazione e la precisa perimetrazione dei diritti d'autore garantiti dalla legge al produttore dell'opera cinematografica. Si premette che, data l'estesa e articolata motivazione con la quale la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla ricorrente, nel presente contributo si andrà a riassumere e commentare solo le considerazioni relative al suddetto argomento, che è risultato essere quello maggiormente rilevante ai fini della decisione.

Tralasciando dunque il primo motivo di ricorso – relativo all'asserita estensione della protezione del diritto d'autore del produttore da 50 a 70 anni da parte dall'art. 17 L. 52/1996 – per i motivi suddetti, si passerà direttamente all'analisi delle ragioni del rigetto del secondo motivo di ricorso presentato da

M.L. con il proprio ricorso deduceva la violazione e falsa applicazione degli artt. 2532454678 ter c. 1 e 2 L. 633/1941 (c.d. legge sul diritto d'autore, anche L.d.A.), nonché gli artt. 11 e 15 delle preleggi al codice civile.

Con tale secondo motivo la parte ricorrente sosteneva che il produttore Ripley's Film S.r.l., sulla base di quanto previsto dall'art. 78 ter L.d.A., dopo 50 anni dalla pubblicazione dell'opera avesse perso il diritto esclusivo di autorizzare la riproduzione diretta o indiretta, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, degli originali e delle copie dell'opera realizzata nonché il diritto di autorizzare la distribuzione, il noleggio, il prestazione e in generale la messa a disposizione al pubblico dell'originale e delle copie dell'opera. Sulla base di ciò, la ricorrente sosteneva che l'opera pubblicata sul proprio sito web fosse caduta in pubblico dominio, con conseguente liceità della messa a disposizione del pubblico da parte della ricorrente – su piattaforma web – dell'opera cinematografica oggetto del procedimento.

La ricorrente sosteneva inoltre che fosse inapplicabile al produttore cinematografico la protezione del diritto d'autore accordata al titolare dell'opera – e valevole per 70 anni dalla morte dell'autore –, dato che l'art. 78 ter L.d.A., nel prevedere una disciplina apposita per quanto riguarda i diritti d'esclusiva del produttore e la relativa durata – 50 anni –, costituiva una specificazione degli artt. 45 e 46 della L.d.A., inapplicabili per via della prevalenza della prima previsione su queste ultime.

La ricostruzione della ricorrente si scontrava con quanto deciso dalla Corte di Appello nella propria pronuncia, dove si spiegava che in capo al produttore sussisterebbero due ordini di diritti, alcuni durevoli per 70 anni – anche diritti primari – ed altri della durata di 50 anni – anche detti secondari o connessi –. Secondo la ricorrente tale conclusione sarebbe illogica, perché verrebbe riconosciuto al produttore cinematografico un diritto aggiuntivo non riconosciuto nemmeno all'autore dell'opera, dato che l'art. 78 ter L.d.A. espressamente riconosce determinati diritti soltanto in capo al produttore cinematografico, escludendo ulteriori soggetti.

La Cassazione, nel considerare infondato tale motivo, correggeva parzialmente la motivazione addotta dalla Corte d'Appello nella sentenza impugnata. In primo luogo, veniva ricordato come il duplice ordine di diritti riconosciuto ai produttori cinematografici sia conforme alla giurisprudenza europea e nazionale in argomento. In particolare, dal combinato disposto degli artt. 44 e 45 L.d.A. emerge che la legge attribuisce la contitolarità dell'opera cinematografica a tutti i seguenti soggetti:

  • all'autore del soggetto dell'opera;
  • all'autore della sceneggiatura dell'opera;
  • all'autore della musica, nel caso in cui sia composta appositamente per l'opera;
  • al regista dell'opera,

con la conseguenza che agli autori sono attribuiti dalla legge i diritti di utilizzazione economica dell'opera previsti dagli art. 12 e s. L.d.A. Inoltre al produttore, ai sensi del successivo art. 78 ter L.d.A., viene riconosciuto l'esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell'opera cinematografica, nei limiti indicati dai successivi articoli.

Il duplice ordine di diritti riconosciuti al produttore dell'opera non comporta, ad opinione della Corte, alcuna asimmetria rispetto alle tutele riconosciute agli autori dell'opera. A conferma di ciò, la Corte osservava che l'art. 46 L.d.A. riconosce a una serie di soggetti (tra cui gli autori del soggetto e della sceneggiatura, i direttori del doppiaggio, i traduttori ecc.) un compenso economico adeguato e proporzionato in caso dei diritti di diffusione dell'opera al produttore. Tale compenso è, ai sensi di tale disposizione, “ulteriore” rispetto al diritto già assegnato agli autori. Con tale rilievo la Cassazione sottolinea, quindi, come anche gli autori dell'opera godano di un “doppio” cluster di diritti e nega al contempo la sussistenza dell'asserita asimmetria tra la tutela riconosciuta ai vari autori dell'opera e quella riconosciuta al produttore cinematografico.

Sempre la Cassazione sottolineava come il legislatore, con il disposto di cui agli artt. 45 e 46 della L.d.A. non abbia inteso riconoscere automaticamente anche al produttore la titolarità dei diritti di utilizzazione economica dell'opera – spettante ai singoli autori delle parti che compone l'opera – quanto piuttosto il mero esercizio di tali diritti, allo scopo di tutelare il ruolo propulsivo ed organizzativo svolto dal produttore nella realizzazione dell'opera cinematografica, specie da un punto di vista economico e finanziario, anche a fronte delle ingenti spese necessarie per la fissazione dell'opera creata su un supporto materiale.

La Cassazione spiega come l'esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell'opera cinematografica – presunto ex lege, non attribuito automaticamente – altro non è che il recepimento di una situazione applicata normalmente nella prassi, che vede il produttore stipulare una serie di contratti atipici con i vari soggetti che realizzano le parti del film – ad esempio il diritto di regia o il diritto all'uso della colonna sonora – dai quali acquista, a titolo derivativo, i vari diritti di sfruttamento.

Ciò detto, la Corte precisa come il contenuto dei diritti acquistati dal produttore dai singoli autori dipende dalle pattuizioni contrattuali e può variare quindi nel caso dei negozi stipulati per lo sviluppo della singola produzione cinematografica. La Cassazione dunque conferma come la presunzione di cui all'art. 45 L.d.A. valga fino a prova contraria, intesa nel senso che la legge presuppone che il produttore si assicuri prima della realizzazione della produzione i diritti di sfruttamento cinematografico dell'opera, onde prevenire ogni possibile dubbio relativo al loro sfruttamento.

Conclude quindi la Corte che esiste, in capo al produttore, un diritto di utilizzazione economica dell'opera cinematografica, non quale però come diretta attribuzione ex lege quanto, piuttosto, quale conseguenza dell'acquisto di tali diritti a titolo derivativo dai coautori dell'opera. Si tratta di un diritto “primario” che tutela l'attività creativa – e di composizione – svolta dal produttore, che è di fatto ben diversa dall'oggetto dei diritti “secondari” riconosciuti dall'art. 78 ter L.d.A. che invece sono relativi a tutelare all'attività di fissazione dell'opera su supporto materiale. Questi ultimi, secondo la Cassazione, sono quindi riconosciuti ex lege e tutelano proprio l'attività di fissazione dell'opera su di un corpus mechanicum, ossia su un supporto materiale: la Cassazione, tuttavia, sottolinea che questi ultimi diritti non possono essere maggiormente estesi rispetto a quei diritti esistenti in capo al produttore di cui all'art. 45 L.d.A.

A conclusione dell'ampia dissertazione sul punto, la Cassazione torna al motivo di doglianza sollevato dalla ricorrente, secondo la quale l'introduzione dell'art. 78 ter L.d.A. avrebbe comportato l'implicita abrogazione delle disposizioni di cui all'art. 45 L.d.A. solo per quanto riguarda il produttore, con la conseguenza che a quest'ultimo spetterebbero soltanto i diritti connessi sull'opera, la cui durata è fissata in 50 anni a partire dalla produzione o pubblicazione dell'opera cinematografica. La Suprema Corte nega tale conclusione e chiarisce come l'introduzione dell'art. 78 ter L.d.A. non abbia affatto modificato i diritti “primari” riconosciuti al produttore dall'art. 45 L.d.A., che sono il frutto di una presunzione iuris tantum prevista dalla legge ed hanno una durata di 70 anni dalla morte dell'ultimo dei coautori.

Sulla base di tali chiarimenti, la Corte di Cassazione sottolineava come l'opera cinematografica oggetto della causa non fosse affatto caduta in pubblico dominio, dato che la ricorrente non aveva fornito prova idonea a superare la presunzione di cui all'art. 45 L.d.A. e dunque, non poteva considerarsi scaduto il termine di protezione di 70 anni previsto dall'art. 32 L.d.A.

A chiusura del giudizio, dopo aver rigettato anche il motivo di ricorso incidentale proposto dalla Ripley's Film S.r.l. – per motivi che non si analizzano nel presente contributo – la Corte rigettava il ricorso principale e quello incidentale, ritenendo sostanzialmente corretta (al netto degli aggiustamenti sopra descritti) la decisione della Corte di Appello.

Osservazioni

La pronuncia in commento si pone in continuità rispetto ai principi giurisprudenziali in argomento e offre una dissertazione particolareggiata sulla natura e durata dei diritti d’autore – sia primari che connessi – attribuiti dalla legge al produttore cinematografico.

La questione della tutela delle opere cinematografiche – così come quelle videoludiche, anche se non oggetto del presente commento – è particolarmente importante se si considera che, nel corso degli ultimi anni, un numero sempre più crescente di utenti utilizza il web non solo per informarsi ma spesso anche per trovare un’alternativa all’intrattenimento televisivo. Stanno infatti spopolando sempre di più le cosiddette trasmissioni “in streaming” su piattaforme online come Twitch e YouTube, dove vengono trasmessi spesso contenuti tutelati dal diritto d’autore, come videogiochi e film oppure trasmissioni provenienti da differenti canali.

Inoltre, se si considera un differente punto di vista – ossia quello della tutela dei soggetti che realizzano contenuti cinematografici – l’argomento qui in commento è molto importante considerato il fenomeno della violazione dei diritti d’autore sulle produzioni cinematografiche: esistono sul web numerosissimi siti e social network che divulgano al pubblico le opere cinematografiche mentre ancora sono in riproduzione solo nei cinema.

Diviene perciò fondamentale capire con precisione quali diritti d’autore sussistano a tutela delle diverse opere cinematografiche e chi siano i soggetti che possano vantarli.

A tal proposito, la Cassazione ribadisce come i diritti riconosciuti dalla legge d’autore al produttore cinematografico ai sensi e per gli effetti dell’art. 78 ter L.d.A. siano dei diritti connessi, utili per tutelare quell’attività tecnica che si sostanzia nella vera e propria impressione dell’opera su un supporto meccanico. Sulla base di ciò, l’art. 78 ter L.d.A. prevede che il produttore possa autorizzare la riproduzione diretta o indiretta dell’opera, così come la distribuzione tramite qualsiasi mezzo, il noleggio e il prestito nonché le modalità di messa a disposizione del pubblico dell’opera protetta da diritto d’autore. Tali diritti sono validi per 50 anni dalla prima proiezione o pubblicazione dall’opera cinematografica.

Ferme tali disposizioni di legge, la Cassazione, nella pronuncia in commento, si sofferma a chiarire la natura e l’estensione dei diritti “primari” riconosciuti al produttore cinematografico. Questi si sostanziano nel diritto di sfruttamento economico dell’opera cinematografica, che non viene attribuito per legge, ma che si presume – con presunzione iuris tantum – essere in capo al produttore cinematografico.

La Cassazione spiega che tale presunzione è il risultato del recepimento, da parte dell’art. 45 L.d.A., della prassi del settore: infatti normalmente il produttore cinematografico, prima di iniziare le riprese del film, si assicura tramite una serie di accordi contrattuali di avere ogni diritto dai diversi coautori delle parti dell’opera. Pertanto la legge, a fronte di tale prassi, presume che il produttore abbia stipulato tali contratti. Tale meccanismo è stato avallato anche dalla Corte di Giustizia Europea, che nel caso Martin Luksan vs Petrus van der Let, n. C-277/10, ha chiarito come la normativa europea in tema di diritto d’autore debba essere interpretata nel senso di riconoscere agli stati la possibilità di sancire una presunzione di trasferimento del diritto di sfruttamento economico a vantaggio del produttore dell’opera cinematografica.

Ciò significa che, se un soggetto intende contestare il diritto del produttore allo sfruttamento economico dell’opera, dovrà dimostrare che il produttore cinematografico non ha acquisito tali diritti di sfruttamento economico con i relativi contratti. Ciò potrà essere dimostrato, ad esempio, producendo in giudizio gli accordi effettivamente siglati che non prevedono il trasferimento del diritto. In difetto di tale dimostrazione, il giudicante dovrà sempre presumere che il produttore cinematografico abbia a disposizione i diritti di sfruttamento economico dell’opera.

Importante, a tal proposito, è anche sottolineare come questi ultimi diritti attribuiti per presunzione dalla legge al produttore cinematografico durino per 70 anni dalla morte dell’ultimo dei coautori, come chiarito espressamente dalla Cassazione nella sentenza in commento.

Pertanto, qualunque operatore che entri in possesso di un’opera cinematografica e intenda metterla a disposizione del pubblico – tramite un sito online, ad esempio – dovrà verificare non solo che siano scaduti i diritti d’autore connessi – o secondari – attribuiti produttore cinematografico relativi alla riproduzione di tale opera e validi per 50 anni, generalmente, dal momento della pubblicazione dell’opera, ma, in aggiunta, dovrà verificare che siano scaduti anche i diritti di sfruttamento economico dell’opera validi per 70 anni. Infatti, nel caso in cui un operatore decidesse di divulgare l’opera a fini di lucro anche dopo 50 anni dalla prima proiezione dell’opera, tale attività violerebbe il diritto primario riconosciuto al produttore dell’opera (oltre agli ulteriori diritti che potrebbero essere vantati da altri soggetti, come gli autori), con conseguente obbligo al risarcimento delle somme incassate oltre all’eventuale danno causato tramite tale condotta.

Solo nel caso in cui sia i diritti primari che i diritti secondari del produttore siano scaduti – e se non esistono ulteriori soggetti aventi diritto – l’opera cinematografica sarà effettivamente caduta in pubblico dominio, con la conseguenza che chiunque potrà mettere a disposizione del pubblico l’intera opera o parte di essa senza incorrere in contestazioni derivanti dalla lesione di eventuali diritti d’autore.

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