Danno da vaccino, prova del nesso causale: valore in sede civile del verbale della commissione medica ex art. 4 l. n. 210/1992
Cass. civ., sez. lav., 5 dicembre 2024, n. 31191
Riguardo al valore, in sede civile, da attribuire al verbale redatto dalla Commissione medica in sede amministrativa, che ritiene sussistente il nesso di causalità tra danno alla salute e vaccino, nell'ambito della richiesta di indennizzo per i danni da vaccino, la Cassazione ha dettato il seguente principio di diritto: «Il verbale redatto dalla Commissione medica di cui all'art. 4, l. n. 210/1992 non ha valore confessorio e, al pari di ogni altro atto redatto da pubblico ufficiale, fa prova ex art. 2700 c.c. dei fatti che la Commissione attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati dalla stessa compiuti, mentre le diagnosi, le manifestazioni di scienza e di opinione costituiscono materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice di merito».
Dunque, secondo le Sezioni Unite, essendo il nesso causale una relazione che lega un'azione o un'omissione ad una data conseguenza, non può essere oggetto di confessione. Quindi l'accertamento amministrativo costituisce «materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice», che può valutarne l'importanza ai fini della prova, ma non può mai attribuire ad esso valore di prova legale. Da tali considerazioni deriva che il giudice di merito, ove lo ritenga necessario, può decidere di indagare ulteriormente il collegamento eziologico tra danno alla salute e vaccinazione attraverso l'espletamento di una CTU e fondare la decisione sugli esiti di quest'ultima.
Trasfusione con sangue infetto: dies a quo del calcolo del danno e danno in re ipsa
Cass. civ., sez. III, ord., 6 dicembre 2024, n. 31275
In tema di risarcimento del danno da trasfusione infetta, il risarcimento deve essere valutato in base all'età del paziente al momento in cui la malattia si è manifestata, non a quella della trasfusione. Nel caso in questione, Tizio chiedeva al Ministero della salute di essere risarcito avendo contratto, in seguito ad una emotrasfusione di sangue infetto, una patologia epatica divenuta cronica. Il ricorrente sosteneva che il calcolo del risarcimento doveva essere fatto in base all'età in cui gli era stata fatta la trasfusione ma la richiesta non veniva accolta dalla Corte per la quale è corretto liquidare il danno assumendo come età quella che aveva il danneggiato nel momento in cui la malattia si è manifestata e non quella che aveva alla data della trasfusione.
Danno alla capacità lavorativa: tra i 40 e i 50 anni non si produce
Cass. civ., sez. III, 6 dicembre 2024, n. 31281
In relazione alla tematica del danno alla capacità lavorativa, la Cassazione ha rigettato in quanto inammissibile, il ricorso di un motociclista confermando la sentenza resa dalla Corte d'appello secondo cui «nella fascia di età tra i 40 e i 50 anni non si produce danno alla capacità lavorativa, poiché in quella fascia il danneggiato sarebbe in grado di far fronte alla sua ridotta attitudine al lavoro causata dall'incidente». Tale è infatti un giudizio in fatto non sindacabile dal giudice di legittimità. Nella sentenza impugnata, i giudici di merito hanno affermato che: «Sulla base di tali considerazioni si deve ritenere che mentre fino a 50 anni circa il danneggiato possa fronteggiare gli effetti della patologia … tra i 50 e i 70 anni possa concretamente risentire di una diminuzione di reddito pari al 18% dei suoi ricavi». Quindi, i giudici di merito hanno tenuto conto dell'età effettiva del ricorrente, ma l'hanno considerata irrilevante ai fini del danno risarcibile.
Insetti in una zuppa pronta: risarcimento del danno e motivazione apparente
Cass. civ., sez. III, 10 dicembre 2024, n. 31730
In tema di motivazione apparente, ha affermato la Suprema Corte: «la motivazione fornita dalla Corte territoriale è apodittica, ovvero meramente assertiva, non spingendosi oltre la rapida e incompleta citazione di elementi di particolare rilevanza … e "svuotando" in toto il significato di una valutazione psicodiagnostica presente nella consulenza d'ufficio».
Nel caso di specie Tizio conveniva in giudizio un venditore di alimentari per ottenerne il risarcimento per i danni patrimoniali e non patrimoniali, avendo mangiato una "zuppa rustica" acquistata dal convenuto, ingerendo inavvertitamente piccoli insetti che vi erano dentro e riportando una “sindrome dispeptica”, come da diagnosi del pronto soccorso a cui si era rivolto. La Cassazione accoglieva il ricorso presentato da Tizio, attestando l'apparenza della motivazione resa dalla sentenza impugnata, poiché questa aveva seguito il primo giudice nel divergere dalla CTU sulla base di rilievi del tutto generici, senza spiegare da cosa avesse tratto la «sintomatologia fobica» attribuita al ricorrente. Difatti, il CTU aveva eseguito proprio una «valutazione psicodiagnostica» sulle condizioni del ricorrente, da cui i giudici di merito si erano immotivatamente discostati.
Paziente violenta un'infermiera: la struttura sanitaria deve risarcire il marito della vittima?
Cass. civ., sez. III, ord., 12 dicembre 2024, n. 32072
La responsabilità contrattuale del datore di lavoro, per violazione degli obblighi di sicurezza sui luoghi di lavoro, è predicabile nei soli confronti del lavoratore, poiché costui è parte del contratto con il datore di lavoro: quest'ultimo non ha obbligazioni contrattuali di protezione nei confronti dei terzi. È infatti principio di diritto che il danno fatto valere iure proprio dai congiunti di un lavoratore, anche qualora il danno a quest'ultimo sia derivato da inadempimento del contratto di lavoro, non ha fonte per l'appunto nel contratto, ma ha titolo in una responsabilità extra contrattuale del datore di lavoro, con la conseguenza che gli oneri probatori sono quelli tipici della responsabilità extracontrattuale e non già quelli della responsabilità da inadempimento. (Nel caso di specie, veniva respinta la richiesta di risarcimento danni presentata da un uomo in seguito all'episodio di violenza sessuale subito dalla moglie in una casa di cura in cui lei lavorava come infermiera. Per i Giudici non è stata fornita la prova che il fatto ovvero la violenza, fosse prevedibile ed evitabile con la predisposizione di cautele da parte del datore).
Ingiustificato ritardo dell'assicuratore della r.c.a. nell'adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti del danneggiato: rivalutazione e interessi
Cass. civ., sez. III, sent., 16 dicembre 2024, n. 32720
In ipotesi di ingiustificato ritardo dell'assicuratore della responsabilità civile auto nell'adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti del danneggiato, la rivalutazione monetaria e gli interessi dovuti oltre il limite del massimale decorrono dal termine della costituzione in mora.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha fatto decorrere gli interessi sulla somma dovuta per responsabilità ultramassimale direttamente dal fatto illecito e non già dalla messa in mora. Ciò si pone in contrasto con il principio secondo cui in ipotesi di mala gestio impropria (ingiustificato ritardo dell'assicuratore della r.c.a. nell'adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti del danneggiato), la rivalutazione monetaria e gli interessi dovuti oltre il limite del massimale decorrono della scadenza del termine previsto dall'art. 22 l. n. 990/1969 (applicabile «ratione temporis», oggi sostituito dall'art. 145 d.lgs. n. 209/2005), che si identifica con quello della costituzione in mora.
Responsabilità per la custodia di strade: danno da ascrivere all'intervento di agenti esterni
Cass. civ., sez. III, ord., 18 dicembre 2024, n. 33136
In materia di responsabilità per la custodia di strade, occorre distinguere tra i casi in cui il danno sia conseguenza di un vizio intrinseco alla struttura della cosa oppure sia da ascrivere all'intervento di agenti esterni. Nel secondo caso, la responsabilità può essere imputata all'ente pubblico se risulta che l'intrusione di agenti esterni è stata agevolata dalla peculiare conformazione del bene oppure dai difetti di manutenzione o di vigilanza sul bene, entrambi ravvisabili quando c'è stato un colpevole ritardo nell'accertare la sopraggiunta situazione di pericolo e/o nell'intervenire per rimuoverla. (Nel caso di specie, relativo al diniego di una richiesta di risarcimento da parte di un motociclista caduto rovinosamente a terra a causa di un grosso tronco d'albero che occupava la carreggiata, la vittima non aveva provato che il ramo si trovava sulla strada da un certo lasso di tempo e che il Comune responsabile, pur avendone avuto notizia, non si fosse subito attivato per rimuoverlo).
TSO illegittimo su persona psicologicamente fragile e risarcimento dei danni
Cass. civ., sez. III, ord., 19 dicembre 2024, n. 33290
I comportamenti illeciti possono rilevare sotto il profilo del danno conseguenza come danno non patrimoniale, nelle sue componenti della sofferenza pura e del danno dinamico relazionale, anche nei confronti di una persona psicologicamente fragile e che non goda di elevata considerazione sociale, perché ogni persona ha diritto a non essere coinvolta illegittimamente in episodi che mettano (ancor più) a repentaglio il suo equilibrio e la sua reputazione pubblica. Diversamente opinando si arriverebbe all'estrema, inaccettabile conseguenza, di affermare che gli episodi di violenza, di minaccia, di dileggio che si consumano a danno di persone psichicamente instabili o comunque che si collocano ai margini della società, e di illegittima privazione della libertà personale nei confronti di queste persone non producono mai alcun danno perché queste persone anche prima non godevano di elevata considerazione sociale o perché le stesse, avendo un equilibrio fragile e instabile, non sono in grado di avvertire il peso delle umiliazioni o di soffrire per la privazione della propria libertà. (La fattispecie è relativa ad una richiesta di risarcimento dei danni in caso di trattamento sanitario obbligatorio non convalidato e dichiarato illegittimo).