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Il best interest of the child nella valutazione dei presupposti per disporre l’affidamento esclusivo a un solo genitore in luogo dell’affidamento condiviso

16 Gennaio 2025

La Corte di Cassazione, preliminarmente ribadendo il principio della libera valutazione delle prove, nonché confermando l’impossibilità per i Giudici di legittimità di rivalutare il fatto storico delle vicende portate alla loro attenzione, chiarisce nuovamente i punti cardine in materia di affidamento condiviso e affidamento esclusivo della prole minorenne, primo tra tutti quello dell’interesse superiore del minore.

Massima

Nel prevedere l’affidamento esclusivo della prole minorenne a un solo genitore, il giudice deve tenere in considerazione plurimi fattori, tra cui il superiore interesse del minore (best interest of the child), l’inidoneità genitoriale di uno dei due genitori, le possibili ricadute che la decisione sull’affidamento avrà - nel medio/lungo periodo - sui figli e il livello di conflittualità tra le parti, che, laddove troppo elevato, potrebbe pregiudicare l’equilibrio e lo sviluppo psicofisico dei minori.

Il caso

Nell'ambito di un procedimento ex art. 337-bis c.c., per la regolamentazione di affidamento, collocamento e mantenimento della prole, il Tribunale di Palermo aveva disposto:

- l'affidamento condiviso della figlia minore a entrambi i genitori;

- il collocamento prevalente della stessa presso il padre;

- la presa in carico del nucleo familiare da parte del Servizio Sociale competente;

- le visite madre-figlia alla presenza di una figura educativa.

Quanto al mantenimento della minore, il Tribunale aveva previsto l'obbligo per la madre di versare la somma di euro 150,00 mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie.

La Corte d'Appello di Palermo, all'esito degli aggiornamenti sul nucleo familiare ricevuti dal Servizio Sociale, nonché di una CTU psicologica disposta dalla Corte stessa, riformava parzialmente l'ordinanza impugnata, disponendo l'affidamento esclusivo della minore al padre, con la limitazione degli incontri madre-figlia in luogo neutro.

Le motivazioni alla base di tale decisione si possono riassumere come segue.

La CTU faceva emergere, da un lato, un padre accudente e capace di sintonizzarsi sui bisogni della figlia, in grado di porre in secondo piano - se necessario - le proprie personali necessità per dare priorità al benessere della minore, mentre, dall'altro lato, una madre con forti carenze nella comprensione emotiva della bambina, nonché incapace di capire il malessere della minore stessa.

A seguito di tali risultanze, il consulente tecnico d'ufficio rappresentava il rapporto padre-figlia come sereno e positivo e, al contrario, metteva in luce un sentimento di paura, così come manifestato dalla bambina nei confronti della madre e del contesto familiare di quest'ultima.

La CTU, infine, spiegava che la difficoltosa relazione della minore con la madre non poteva ricondursi a una alterazione o influenza derivante dai comportamenti paterni e della di lui famiglia d'origine.

La Corte d'Appello di Palermo condivideva, dunque, le conclusioni del consulente tecnico - conclusioni totalmente in linea anche con le valutazioni formulate dal Servizio Sociale incaricato di monitorare il nucleo familiare - ovvero quelle di un affido esclusivo della minore al padre, stante, da un lato, l'elevata conflittualità genitoriale e, dall'altro lato, una difficoltà di accudimento della minore da parte della figura materna.

Alla luce della parziale riforma del provvedimento di primo grado, così come operata dalla Corte d'Appello, la madre della minore presentava ricorso per Cassazione, fondato su un unico motivo, ovvero l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ex art. 360, comma 5, c.p.c., in relazione a un punto decisivo della controversia.

In particolare, la ricorrente portava all'attenzione della Suprema Corte le seguenti circostanze:

- la figlia minore sarebbe stata vittima di alienazione parentale da parte del padre e della di lui famiglia;

- i Giudici di secondo grado non avrebbero tenuto in considerazione i video pubblicati dal nonno paterno sui social network, dai quali sarebbe emerso un profondo astio nei confronti della madre da parte della famiglia paterna al punto da coinvolgere la minore in “dinamiche psicologiche disfunzionali”;

- la Corte d'Appello avrebbe trascurato due ulteriori elementi fondamentali ai fini della decisione: la documentazione relativa a un procedimento penale a carico del padre della minore per i reati di cui agli artt. 572 e 609-bis c.p., nonché il fatto per cui il “disturbo dell'adattamento con ansia e deflessione timica”, di cui la ricorrente era affetta, sarebbe stato una reazione alla traumatica separazione dalla figlia.

La Corte di cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile.

La questione

Con l’ordinanza in commento, la Corte di cassazione ha colto l’occasione di meglio declinare sia i limiti del giudice di merito nella valutazione delle prove sia le circostanze che possono essere portate all’attenzione del Giudice di legittimità, soprattutto in tema di affidamento della prole minorenne.

La Suprema Corte si sofferma, in particolare, sugli aspetti dirimenti che i giudici devono tenere in considerazione nel disporre l’affidamento esclusivo del figlio minore/dei figli minori a un solo genitore, derogando alla “regola” dell’affidamento condiviso.

Le soluzioni giuridiche

Prima di esaminare quello che appare come l'argomento principale del provvedimento in esame, ossia le tipologie di affidamento della prole minorenne, la Corte di cassazione esordisce ribadendo un principio, ormai consolidato, in tema di valutazione delle prove da parte dell'Autorità Giudiziaria.

Nel caso di specie, la madre, con il ricorso in Cassazione, lamentava come la Corte d'Appello di Palermo, nel disporre l'affido esclusivo della figlia minore al padre, non avesse tenuto in debita considerazione la documentazione allegata, in particolare un video-messaggio del nonno paterno che, sempre secondo la ricorrente, avrebbe dovuto dimostrare l'alienazione parentale di cui era stata vittima la figlia, a causa delle condotte paterne e della famiglia d'origine del padre della bambina.

La Suprema Corte, affermando che i Giudici di secondo grado avevano correttamente esaminato i documenti depositati dalla ricorrente, escludendone, di conseguenza, la rilevanza ai fini della decisione, ha riaffermato il principio secondo cui il Giudice di merito è libero di formare il proprio convincimento grazie a quelle prove che egli valuti più attendibili e idonee alla sua formazione.

Il giudice non è tenuto a dare conto, nella motivazione, di aver esaminato tutte le allegazioni e le prove acquisite nell'ambito del procedimento.

Secondo la Corte di cassazione, infatti, affinché una decisione sia valida, è sufficiente che i Giudici di merito espongano in maniera logica e adeguata gli elementi in fatto e in diritto che li hanno condotti a una determinata decisione - unitamente alle prove a supporto - dovendo ritenersi implicitamente inidonei e, quindi, non meritevoli di pregio, quegli argomenti che si pongono in contrasto con l'iter logico-argomentativo svolto.

Tale principio era già stato enucleato dalla Corte di cassazione con l'ordinanza n. 29730 del 29 dicembre 2020 che, infatti, viene richiamata nel provvedimento in commento.

Chiarito ciò, la Suprema Corte, prima di entrare nel dettaglio dei presupposti che potrebbero legittimare la previsione di un affidamento esclusivo del figlio minore a un solo genitore, torna a ribadire come la stessa, in quanto giudice di legittimità e non di merito, sia impossibilitata a rivalutare i fatti storici della vicenda portata alla sua attenzione.

A tal proposito, la Corte di cassazione richiama una propria pronuncia resa a Sezioni Unite, la n. 34476 del 27 dicembre 2019, secondo cui deve ritenersi inammissibile la richiesta “a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata l'azione e la condanna disciplinare”.

Riaffermati tali principi, la Suprema Corte si concentra su quello che è il fulcro dell'ordinanza de quo, mettendo nuovamente in luce alcuni dei principi cardine in materia di affidamento dei figli minori.

Preliminarmente, i Giudici di legittimità ribadiscono - richiamando due precedenti pronunce (ord. Cass. n. 21916/2019 e sent. Cass. n. 12954/2018) - il principio secondo cui il criterio fondamentale a cui il giudice deve attenersi nel momento in cui decide in tema di affidamento sia quello del best interest of the child (il superiore interesse del minore), in quanto il minore ha diritto a una crescita sana ed equilibrata.

Nel caso di specie, ciò che i Giudici di merito hanno valutato, prima di disporre l'affidamento esclusivo della minore al padre, sono state le capacità genitoriali di entrambi i genitori, così come emerse dall'espletata CTU psicologica, la quale aveva descritto la madre come un soggetto fragile psicologicamente, con limiti delle capacità genitoriali, non in grado di sintonizzarsi sui bisogni della minore.

Una volta chiarito che il criterio fondamentale da tenere presente in tema di affidamento di un minore è quello del superiore interesse di quest'ultimo, la Corte di cassazione, richiamando una propria precedente pronuncia, l'ordinanza Cass. n. 21425/2022, evidenzia un'ulteriore e fondamentale circostanza che il Giudice deve considerare prima di esprimersi sull'affidamento della prole a entrambi o a un solo genitore.

Secondo la Suprema Corte, la scelta dell'affidamento esclusivo a uno dei due genitori deve essere effettuata non solo sulla base dell'idoneità genitoriale o meno di entrambi i genitori, ma anche in relazione alle possibili ricadute che la decisione sull'affidamento avrà, in un futuro prossimo, sulla vita del figlio.

Infine, i Giudici di legittimità chiariscono che la mera conflittualità tra i genitori non preclude la scelta di un affidamento condiviso. Tuttavia, tale conflittualità deve rimanere entro limiti tollerabili per la prole e non intaccarne l'equilibrio psicofisico. Diversamente, se dovesse accadere ciò, l'Autorità giudiziaria dovrebbe optare per l'affidamento esclusivo a uno solo dei genitori. La Corte di cassazione si era già pronunciata in tal senso con le sentenze Cass. n. 5108/2012 e n. Cass. 6535/2019.

Alla luce di tutte le considerazioni sopra svolte, emerge con evidenza come la pronuncia in esame offra innumerevoli spunti di approfondimento sulle tipologie di affidamento dei figli minori (condiviso, esclusivo e anche il c.d. super esclusivo), nonché su come e in che modo il Giudice debba privilegiare l'affidamento condiviso, piuttosto che quello esclusivo o super esclusivo a un solo genitore.

Osservazioni

Con l'ordinanza in esame, la Corte di cassazione torna a pronunciarsi:

- su un principio cardine del nostro ordinamento, ovvero quello della libera valutazione delle prove da parte dell'Autorità Giudiziaria;

- sul ruolo dei Giudici di legittimità;

- sulle modalità che devono condurre il giudice a disporre l'affidamento condiviso del figlio minore a entrambi i genitori, piuttosto che l'affidamento esclusivo a un solo genitore o viceversa.

Quanto al primo principio ribadito dalla Suprema Corte in materia di valutazione delle prove, sarà sufficiente richiamare l'art. 116, comma 1, del Codice di Procedura Civile, “Valutazione delle prove”, secondo cui “Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti”.

Per “prudente apprezzamento” non si intende altro se non che il Giudice è tenuto a valutare l'attendibilità di ogni circostanza e di ogni prova portata alla sua attenzione senza, tuttavia, necessariamente utilizzarla e farne esplicita menzione nella motivazione, purché da quest'ultima e dall'iter logico-giuridico seguito se ne deduca l'effettuata valutazione e la conseguente voluta esclusione di quella determinata prova o di quella determinata circostanza.

Riaffermato tale principio, la Corte di cassazione procede nel ricordare che, in quanto Corte di legittimità, non può essere adita per la mera rivalutazione dei fatti storici della causa e, in tal senso, richiama una propria pronuncia a Sezione Unite, la sentenza Cass. n. 34476/2019.

Chiariti tali capisaldi, la Corte di cassazione passa al vaglio i punti cardine che il giudice deve tenere in considerazione nel momento in cui dispone l'affidamento esclusivo dei figli minori a un genitore. Ogniqualvolta ci si trovi di fronte a una pronuncia di questo tipo - e ancor più quando si tratti di affidamento super esclusivo -, sorgono questioni in merito ai presupposti e alle circostanze che hanno condotto il Giudice a optare per tale di tipo di affidamento e non per l'affidamento condiviso, considerato come tipo di affidamento “standard”.

Nel nostro ordinamento, infatti, la “regola” è quella dell'affidamento condiviso della prole minorenne a entrambi i genitori.

Tuttavia, l'art. 337-quater c.c. prevede la possibilità di derogare all'affidamento condiviso, optando per l'affidamento esclusivo a uno solo dei genitori, nei casi in cui “l'affidamento all'altro [n.d.r. genitore] sia contrario all'interesse del minore”.

Inoltre, la giurisprudenza ha elaborato anche una terza categoria di affidamento, il c.d. affidamento super esclusivo (o esclusivo rafforzato), in forza del quale il genitore affidatario in via “super esclusiva” assume, nell'interesse del figlio minore, tutte le decisioni, nessuna esclusa, comprese le decisioni di maggiore importanza, tra cui quelle mediche, scolastiche, educative e di residenza abituale.

L'affidamento super esclusivo non è espressamente previsto dal codice civile, trattandosi di un'elaborazione giurisprudenziale. Tuttavia, un richiamo lo si può scorgere al terzo comma dell'art. 337-quater c.c., ove si legge “[…] Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori […]”.

Anche in caso di affidamento esclusivo, infatti, le decisioni di maggiore interesse per i figli minori devono essere adottate in accordo da entrambi i genitori; invece, l'inciso “Salvo che non sia diversamente stabilito”, contenuto nell'articolo appena citato, fa presumere un implicito riferimento all'affido c.d. super esclusivo, attraverso il quale il genitore affidatario è l'unico a decidere nell'interesse del figlio minore, anche in merito alle scelte scolastiche, mediche ed educative.

In ogni caso, che si tratti di affidamento esclusivo o super esclusivo, non è semplice - e spesso sorgono diatribe in tal senso - valutare cosa sia o meno “contrario all'interesse del minore” (riportando esattamente le parole dell'art. 337 quater c.c.), tale da far propendere il giudice per l'affidamento della prole a un solo genitore.

La giurisprudenza, negli anni, è intervenuta, tracciando alcune linee guida, come quelle contenute nell'ordinanza in commento, per supportare i giudici nella scelta del tipo di affidamento (condiviso, esclusivo o super esclusivo) a seconda del singolo caso concreto.

Pertanto, oggi, grazie alla copiosa casistica giurisprudenziale, si possono enumerare alcuni casi specifici in cui, tendenzialmente, il giudice dovrà propendere per un affido esclusivo del minore (se non addirittura super esclusivo) in luogo di quello condiviso.

A titolo esemplificativo, saranno da attenzionare, ai fini di un affidamento esclusivo (o super esclusivo), le seguenti situazioni:

- episodi di violenza e/o maltrattamenti sia in danno dell'altro genitore sia in danno della prole minorenne;

- inosservanza dei doveri genitoriali di accudimento e/o di mantenimento;

- disinteresse nei confronti della prole, dall'abbandono della casa familiare al rendersi irreperibile o difficilmente e sporadicamente reperibile.

Si tratta, ovviamente, di meri esempi, dal momento che ogni situazione è a sé e il giudice adito dovrà sempre verificare ogni singolo caso nella sua concretezza e specificità.

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