Responsabilità civile
RIDARE

Gennaio 2025: responsabilità per omessa custodia, danno da immissioni acustiche e responsabilità professionale

La Redazione
10 Febbraio 2025

Nel mese di gennaio, la Cassazione si è occupata tra le altre, delle seguenti tematiche: responsabilità per omessa custodia e prova del fortuito, danno conseguente a deprezzamento di un'abitazione per il rumore del traffico e infine responsabilità medica con riguardo all’errore in iure commesso sulla prova controfattuale.

Responsabilità per omessa custodia e prova liberatoria del fortuito

Cass. civ., sez. III, 7 gennaio 2025, n. 196

In tema di responsabilità per omessa custodia, la Cassazione statuisce nel caso di specie che «deve, pertanto, essere ribadito l'orientamento di legittimità richiamato nella motivazione della sentenza impugnata, secondo il quale (Cass. n. 7553 del 17/03/2021 Rv. 660915 - 01 e in precedenza Cass. n. 11671 del 14/05/2018 Rv. 648327 - 01) la consegna del bene all'appaltatore non fa venir meno il dovere di custodia e di vigilanza gravante sul committente, sicché questi resta responsabile, alla stregua dell'art. 2051 c.c., dei danni cagionati ai terzi dall'esecuzione dell'opera salvo che provi il caso fortuito, quale limite alla detta responsabilità oggettiva, che può coincidere non automaticamente con l'inadempimento degli obblighi contrattualmente assunti nei confronti del committente bensì con una condotta dell'appaltatore imprevedibile e inevitabile nonostante il costante e adeguato controllo». Nel caso di specie, per la Suprema Corte l'affermazione di responsabilità nei confronti di Tizio e Caio e della Motel s.r.l. è basato sul regime di cui all'art. 2051 c.c., ossia per (omessa) custodia, con esclusione di qualsivoglia profilo di colpa nella scelta della ditta appaltatrice dei lavori, avendo la Corte territoriale fatto riferimento alla culpa in vigilando solo come affermazione incidentale senza alcun contributo alla correttezza complessiva dell'accertamento di fatto, che ha condotto alla statuizione della responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c. per la intrinseca inadeguatezza dell'operato di Tizio e Caio e della Motel Srl circa i lavori sull'immobile destinato a motel.

Colpa generica del custode per incidente mortale in assenza di guardrail

Cass. civ., sez. III, 14 gennaio 2025, n. 882

La circostanza che per una determinata strada la legge non preveda in astratto l'adozione di misure di sicurezza non esime il gestore autostradale dal valutare in concreto sempre e comunque se un determinato tratto stradale possa costituire un rischio per la sicurezza degli utenti, adottando di conseguenza tutte le misure necessarie. Nella specie, la Corte ha confermato la decisione dei giudici del merito circa la condanna del gestore autostradale per un tamponamento a causa del quale un'automobile era caduta nella scarpata adiacente la strada per via anche dell'assenza di una barriera protettiva laterale che avrebbe permesso il contenimento della vettura, evitando l'esito mortale. «La presenza di una barriera protettiva laterale avrebbe permesso il contenimento del moto aberrante della Fiat evitando l'esito mortale, oltre che il ribaltamento dell'autovettura a seguito della discesa lungo la scarpata, poiché l'impatto era avvenuto ad una velocità di 70 km/h, rispetto alla quale il contenimento da parte di una barriera moderna è assicurato». Si tratta di una responsabilità di natura oggettiva, basata sul solo rilievo del nesso di causa tra la res e l'evento di danno, in presenza di una situazione di pericolo immanente. Nel caso specifico la Suprema corte ha validato l'interpretazione della Corte territoriale per cui la condotta dell'automobilista non era stata tale da eliminare la responsabilità di Autostrade per l'Italia, quale custode del tratto autostradale, posto che l'assenza di barriere guard-rail «si è sicuramente inserita nella catena causale che ha provocato il ribaltamento dell'auto nel pendio erboso ed ha contribuito ad aggravare le conseguenze dell'incidente, sì da aver concorso pariteticamente (nella misura del 50%) a determinare l'evento".

Iscrizione negli elenchi dei braccianti agricoli e valore indeterminabile della causa

Cass. civ., sez. lav., 15 gennaio 2025, n. 955

«La controversia vertente esclusivamente sull'accertamento del diritto all'iscrizione negli elenchi dei braccianti agricoli deve considerarsi, ai fini dell'individuazione dello scaglione in base al quale liquidare le spese processuali, come controversia di valore indeterminabile e quindi di valore non inferiore ad € 26.000,00 e non superiore a € 260.000,00, salva la possibilità che il giudice possa applicare lo scaglione immediatamente inferiore quando sussistano particolarità della singola lite che rendano giustificato il ricorso ad uno scaglione più basso, in rapporto all'oggetto e alla complessità della controversia».

Nel caso in esame, i giudici territoriali avevano infatti ritenuto che, ai fini dell'individuazione dello scaglione utile per la liquidazione delle spese, dovesse farsi riferimento al valore dei possibili trattamenti temporanei connessi all'iscrizione, che non avevano formato oggetto di domanda, nonché all'incidenza dell'accredito contributivo delle giornate riconosciute sul futuro ed eventuale trattamento pensionistico. Di diverso avviso i giudici di legittimità che ribadivano la nozione di indeterminabilità intesa «come intrinseca inidoneità alla pretesa ad essere tradotta in termini pecuniari al tempo della proposizione della domanda, da accertarsi in base agli elementi precostituiti e disponibili fin dall'introduzione del giudizio (così tra le tante, Cass. n. 30732 del 2017) atteso che, in mancanza - come nella specie - di qualsivoglia domanda di prestazione e dei corrispettivi elementi di fatto utili a determinare l'importo della medesima, non è in alcun modo possibile apprezzare l'effettivo valore economico dell'iscrizione negli elenchi dei braccianti sulla scorta degli elementi acquisiti al giudizio».

Deprezzamento dell'immobile per il rumore causato dal traffico: la parola alla Suprema Corte

Cass. civ., sez. III, 10 gennaio 2025, n. 631

Sul tema del deprezzamento di un'abitazione a causa del rumore del traffico, la società autostradale può essere condannata a indennizzare il privato che, pur essendo rimasto proprietario dell'immobile, ne ha subito il deprezzamento a causa di immissioni di rumori e/o sostanze dannose. (Nel caso di specie, la Cassazione ha rigettato il ricorso della società contro la decisione di appello che aveva imposto anche l'indennizzo da parte della società autostradale per il deprezzamento dell'immobile oltre alla conferma dell'obbligo di posizionare le barriere fonoassorbenti e di risarcimento del danno esistenziale già riconosciuti dal giudice di primo grado. Ha ribadito il proprio indirizzo in base al quale, in tema di immissioni acustiche provenienti da circolazione stradale, va comunque tenuto conto dell'articolo 844 c.c., che detta una regola concepita per risolvere i conflitti di interesse tra usi diversi di unità immobiliari contigue ove le immissioni superino la normale tollerabilità e che, solo in caso di svolgimento di attività produttive, consente l'elevazione della soglia di tollerabilità, sempre che non venga in gioco il diritto fondamentale alla salute, da considerarsi valore comunque prevalente rispetto a qualsiasi esigenza della produzione, in quanto funzionale al diritto a una normale qualità della vita). La Cassazione nella materia del rumore prodotto dal traffico dei veicoli, o comunque da attività connesse ai trasporti o alla produzione, è sempre pervenuta alla conclusione che in tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità (sia nella vigenza del Dpr 142/2008 evocato dalla difesa sia dall'entrata in vigore dell'articolo 6 ter del Dl 208/2008), ma da ciò non può derivare una portata derogatoria e limitativa del disposto dell'articolo 844 del Codice fino al punto di escludere l'accertamento “in concreto” del superamento del limite della normale tollerabilità.

Responsabilità professionale, onere della prova e dissenso presunto del paziente

Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2025, n. 1443

Il paziente non è tenuto a dimostrare che, se fosse stato informato di un intervento più complesso, non avrebbe acconsentito. Al contrario, se il paziente afferma che il suo consenso era limitato a ciò che era stato pianificato e nient'altro, è compito della struttura dimostrare che avrebbe dato il consenso per il secondo intervento più invasivo, non richiesto da un'urgenza. Poiché vi è violazione del diritto all'autodeterminazione, si presume il dissenso del paziente per tutto ciò che vada oltre i trattamenti medico-chirurgici autorizzati, a meno che il diverso intervento più invasivo sia giustificato da un'urgenza, il che non è il caso in questione.

Vittima sul lavoro, natura del danno parentale e copertura assicurativa

Cass. civ., sez. III, ord., 21 gennaio 2025, n. 1473

Il danno da perdita parentale ha natura autonoma, ed essendo i congiunti soggetti terzi rispetto alla prestazione lavorativa in occasione della quale si era verificato l'incidente mortale al loro congiunto, le loro domande risarcitorie iure proprio rientrano nell'ambito di applicazione della polizza RCT stipulata dal datore di lavoro.

Responsabilità medica: errore in iure commesso sulla prova controfattuale e motivazione apparente

Cass. civ., sez. III, 29 gennaio 2025, n. 2122

Le tematiche riguardano l'errore in iure commesso in ordine alla prova controfattuale posta in contrasto con le acquisite risultanze peritali e in vizio della sentenza, fondata su una motivazione apparente.

Nel caso di specie infatti il trattamento chirurgico complesso ma avente una rilevante probabilità di riuscita, «con sopravvivenza del 75% dei pazienti sottoposti, secondo i CTU entro le prime 24 ore, avrebbe dovuto condurre il giudice d'appello a chiedersi se, anziché mantenere il ricoverato in attesa per circa cinque ore e venti (dal momento del suo ingresso al pronto soccorso al momento dell'aggravamento irreversibile), nonostante la pertinenza del dolore toracico da quegli accusato, la struttura sanitaria ove avesse tempestivamente indagato le cause dei sintomi del paziente, accertando la sussistenza della dissezione aortica in atto, il problema della mancanza dei mezzi per l'eventuale trattamento chirurgico, ove pure esistente, sarebbe stato o meno superabile con il tempestivo trasferimento del paziente nel lasso di tempo considerato».

La stessa Corte d'appello aveva evidenziato che per quanto ritenuto dai CTU d'ufficio, «raggiungendo X in elisoccorso “era possibile più probabile che non” scongiurare il decesso mediante l'esecuzione dell'intervento chirurgico» e ancora che «la prova controfattuale dell'esistenza del nesso di causalità tra omessa diagnosi e danno subito (o meglio aggravamento catastrofale del danno alla salute già esistente) non può dirsi raggiunta con la necessaria soglia di probabilità richiesta».

La colpa del danneggiato nella responsabilità da custodia ex art. 2051 c.c.

Cass. civ., sez. III, 27 gennaio 2025, n. 1902

Qualora la condotta imprudente del danneggiato intervenga nel processo causale, ne può derivare una riduzione del risarcimento dovuto, in ragione della gravità della colpa e dell'entità delle conseguenze che ne sono scaturite. Per interrompere il nesso causale tra la cosa e il danno, la condotta colposa del danneggiato non deve necessariamente essere autonoma o eccezionale, ma si richiede che sia "oggettivamente colposa", ossia contraddistinta dall'inosservanza di quella normale cautela che si poteva e doveva esperire in base alle condizioni di rischio percepite con ordinaria diligenza.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario