Istanza di rinvio per legittimo impedimento: l’avvocato deve accertare la conoscenza della PEC da parte della cancelleria
10 Febbraio 2025
Massima “A differenza del procedimento di sorveglianza – ove costituisce causa di rinvio dell'udienza il legittimo impedimento del difensore purché prontamente comunicato con qualunque mezzo, inclusa la posta elettronica certificata – nel processo cognizione vi è l'onere, per la parte che intenda dolersi dell'omesso esame della stessa, non solo di accertarsi, in ragione dell'atipicità del mezzo impiegato, che la "mail" sia giunta ad effettiva conoscenza del personale della cancelleria del giudice procedente, ma altresì di darne adeguata dimostrazione”. Il caso Il Tribunale di Milano, in prime cure, assolveva per non aver commesso il fatto un uomo, imputato di lesioni colpose. Interponeva appello la parte civile. La Corte di appello milanese rilevava d'ufficio la nullità della pronuncia impugnata non avendo il giudice di primo, prima di adottare la decisione liberatoria, consentito di interloquire alle Parti diverse dall'imputato (PM, parte civile e responsabile civile). In conseguenza, pur consapevole della maturata prescrizione dell'ipotizzato reato, ha dichiarato la nullità della sentenza disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Milano. Ricorre per la cassazione della sentenza il difensore dell'imputato, che si affida ad un unico motivo con il quale lamenta violazione di legge (artt. 420-ter e 178, lett. c), c.p.p.). Il difensore afferma e documenta, tramite allegati, di avere tempestivamente inviato, tramite PEC diretta alla cancelleria della Corte di appello penale di Milano, istanza di rinvio dell'udienza di trattazione del giudizio per personale impedimento per serie ragioni di salute ed allegando prova dell'accettazione della PEC da parte del sistema telematico. Evidenzia non essere stata "aperta" la posta certificata da parte della Cancelleria sino al 4 ottobre 2023 e, quindi, nemmeno sottoposta alla Corte di appello per l'udienza che si è tenuta il 3 ottobre 2023 alla presenza di difensore dell'imputato nominato, che ovviamente non era a conoscenza, né poteva esserlo, della richiesta di differimento avanzata dal Collega. Denunzia, quindi, violazione di legge in ragione del mancato esame e del mancato accoglimento della richiesta di rinvio per legittimo impedimento, richiamando al riguardo il precedente che si sarebbe pronunciato nella direzione interpretativa proposta dal ricorrente (sez. I, n. 15868/2021), e chiede l'annullamento della sentenza impugnata. La questione Una volta che il difensore abbia depositato via PEC tempestiva richiesta di rinvio per legittimo impedimento, è onerato di verificare se la PEC sia stata aperta dalla cancelleria e sottoposta all'attenzione del giudice procedente? Le soluzioni giuridiche Inserendoci nel solco di un orientamento (seppur non del tutto pacifico) tracciato dalla giurisprudenza di legittimità, Cass. pen., n. 31658/2024 risponde positivamente al quesito, rigettando così il ricorso. Opera però un importante distinguo. Ricorda che il precedente richiamato dal ricorrente è espressamente reso in tema di udienza innanzi al Tribunale di sorveglianza, dove non vige alcun onere di accertamento da parte del difensore sul suo percorso dopo la consegna della PEC. Più precisamente, «Nel procedimento camerale davanti al Tribunale di sorveglianza costituisce causa di rinvio dell'udienza il legittimo impedimento del difensore purché prontamente comunicato con qualunque mezzo, inclusa la posta elettronica certificata atteso che tale impedimento, stante la prioritaria rilevanza della verifica della legittima instaurazione del contraddittorio processuale, è rilevabile anche d'ufficio e può essere tratto da ogni elemento disponibile comunque portato alla effettiva conoscenza del giudice» (sez. I, n. 15868/2021; sez. I, n. 21981/2020). Si tratta, tuttavia, di principio espresso in un ambito peculiare e particolarmente delicato, quello cioè dell'udienza innanzi al Magistrato di sorveglianza, connotato dalla presenza di condannati in espiazione pena. Quanto ai processi di cognizione, invece, è consolidato il principio secondo il quale «L'istanza di rinvio d'udienza per legittimo impedimento del difensore, inviata a mezzo di posta elettronica certificata, comporta l'onere, per la parte che intenda dolersi dell'omesso esame della stessa, non solo di accertarsi, in ragione dell'atipicità del mezzo impiegato, che la PEC sia giunta ad effettiva conoscenza del personale della cancelleria del giudice procedente, ma altresì di darne adeguata dimostrazione (ad esempio attraverso la produzione di uno scambio di "mail" che attesti la ricezione da parte di detto personale), restando a tal fine escluso che sia sufficiente la mera constatazione del recapito dell'istanza nella casella di posta elettronica della cancelleria (sez. II, n. 35542/2021, nello stesso senso tra le altre, sez. I, n. 25366/2021; sez. I, n. 17879/2019; sez. VI, n. 25217/2017; da ultimo, sez. V, n. 38733/2023). La sentenza in commento ritiene di dover confermare l'orientamento rigoroso cui aderiscono le pronunzie richiamate, integrando il riferito ragionamento con la seguente riflessione. Per i giudici della Quarta sezione di legittimità, la possibilità che la parte privata possa fare affidamento sul buon esito del corretto invio di un'istanza tramite modalità telematiche, semplicemente verificando la ricezione della PEC – senza cioè la necessità di una conferma della ricezione, conferma inevitabilmente affidata a modalità "artigianali" (ad esempio attraverso la produzione di uno scambio di mail che attesti la ricezione da parte della cancelleria) – è certamente un approdo ragionevole nel contesto della profonda modifica delle modalità di accesso alla giurisdizione ormai in fase avanzata. Appare, infatti, arduo continuare a sostenere, in un mondo in continua evoluzione tecnologica, che l'impiego della posta elettronica per memorie ed istanze al giudice sia una modalità "atipica", in contrapposizione al tradizionale deposito in cancelleria. Tuttavia, ad oggi, sia per la mancata riproduzione del meccanismo a suo tempo introdotto durante l'emergenza Covid-19 dall'art. 24 d.l. n. 137/2020 (convertito in l. n. 176/2020), sia in ragione della mancata adozione dei regolamenti menzionati nell'art. 111-bis c.p.p. (introdotto dall'art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 150/2022 – c.d. riforma Cartabia, e modificato dall'art. 2, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 31/2024, c.d. correttivo Cartabia), tale approdo non risulta possibile. Osservazioni Le conclusioni cui giunta la sentenza n. 31658/2024 non appaiono condivisibili. Occorre precisare innanzitutto che, all'interno del risultato ermeneutico sposato dalla pronuncia in commento, si pongono:
Le istanze di rinvio devono essere trasmesse con le forme di cui all'art. 121 c.p.p. ovvero attraverso il deposito in cancelleria e l'impedimento del difensore può essere rilevato anche d'ufficio, sicché lo stesso può essere tratto da ogni elemento disponibile, comunque lo stesso giunga alla conoscenza del giudice e dunque anche attraverso un atto trasmesso con modalità atipiche, ovvero con la posta elettronica. Ne consegue che mentre il deposito in cancelleria, essendo una modalità di comunicazione "tipica", esonera il richiedente dall'onere di verificare che l'istanza giunga effettivamente a conoscenza del giudice, la richiesta inviata tramite posta elettronica essendo, allo stato, inquadrabile come comunicazione "atipica", non onera il giudice a prenderla in considerazione, se non quando la stessa sia portata a sua effettiva conoscenza con la ulteriore conseguenza che il ricorrente potrà dolersi del mancato rinvio solo fornendo la prova che l'istanza sia stata portata a conoscenza del giudice. A diverse conclusioni giunge altra posizione interpretativa, per la quale, in caso l'istanza di rinvio per legittimo impedimento inviata via PEC, l'onere di accertare che l'istanza sia pervenuta effettivamente nella sfera di disponibilità del giudice si ritiene assolto (solo) con la verifica in ordine alla ricezione della PEC, senza che sia necessario verificare che la cancelleria porti l'atto alla visione del giudice (sez. II, n. 2645/2023; nello stesso senso, sez. I, n. 15868/2021; sez. I, n. 21981/2020). Quest'ultimo orientamento merita di essere condiviso in quanto – per stessa ammissione della pronuncia in commento – è arduo sostenere nel 2024 che la trasmissione via PEC costituisca una modalità atipica di trasmissione dell'atto. Ed è noto che la PEC, una volta pervenuta la ricevuta di avvenuta consegna, si ha per correttamente depositata. Ciò posto, non coglie nel segno il passaggio argomentativo della sentenza in commento laddove ritenga che l'elemento decisivo per richiedere al difensore delle parti private l'onere di accertarsi che la PEC sia stata aperta dalla cancelleria e inserita nel fascicolo sia legato alla mancata adozione dei regolamenti ministeriali sul deposito telematico. Infatti, il d.m. Giustizia 29 dicembre 2023 è intervenuto in argomento dettando un'analitica disciplina sulle modalità di deposito e le diverse tempistiche di esclusivo deposito al portale. All'uopo, l'art. 3, comma 8, ha previsto che sino al 31 dicembre 2024, negli uffici giudiziari penali indicati dal comma 2 (Corte di appello, tribunale ordinario; giudice di pace; procura generale presso la corte di appello; procura della Repubblica presso il tribunale; Procura europea), il deposito da parte dei difensori di atti, documenti, richieste e memorie può avere luogo anche con modalità non telematiche, ad esclusione dei depositi nella fase delle indagini preliminari e nei procedimenti di archiviazione e di riapertura delle indagini nonché della nomina del difensore e della rinuncia o revoca del mandato. Il deposito da parte dei difensori di atti, documenti, richieste e memorie può, altresì, avere luogo anche con modalità non telematiche nei procedimenti relativi all'impugnazione dei provvedimenti in materia di misura cautelare o in materia di sequestro probatorio emessi durante la fase delle indagini preliminari. Rimane consentito il deposito mediante posta elettronica certificata come disciplinato dall'art. 87-bis d.lgs. n. 150/2022 per tutti i casi in cui il deposito può avere luogo anche con modalità non telematiche. Ora, è noto che il doppio binario di deposito (triplo considerando quello PEC, oltre al cartaceo e al portale del deposito atti penali) è previsto fino al 31 dicembre 2024 per gli atti indirizzati al Tribunale e fino al 29 giugno 2025 per quelli depositati in Corte di appello. Pertanto, se normativamente previsto il deposito degli atti via PEC, fino a quando (sia pure a breve) non vi è l'obbligo di deposito tramite il portale, non si comprende come mai si inverte, a carico del difensore della parte privata, l'onere di accertarsi dell'apertura della PEC avente ad oggetto l'istanza di differimento del processo per legittimo impedimento da parte della cancelleria del giudice procedente. Onere che, in ogni caso, non sarebbe eccessivo per le cancellerie. Anche perché nella formulazione attuale del portale del deposito atto penale non è compresa (salvo modifiche introdotte nella imminente entrata in funzione della versione 2.0 del portale) la voce istanza di rinvio per legittimo impedimento. |