Nell'ambito della azione revocatoria di rimesse bancarie confluite sui conti correnti di società appartenenti a Gruppi di imprese, si pone la questione di accertare la revocabilità di rimesse derivanti dalla gestione “accentrata” dei flussi finanziari infragruppo.
In questi casi, il conto corrente normalmente intestato alla capogruppo (il conto principale) risulta adibito a cash pooling o tesoreria accentrata per accogliere periodicamente il trasferimento dei saldi (positivi o negativi) dai conti “secondari” o “periferici”. Tecnicamente, nelle scritture contabili della società che gestisce il conto di tesoreria, per ogni operazione bancaria di giroconto consistente nell'addebito/accredito sul conto “principale” si rileva in contropartita la corrispondente posizione di credito/debito nei confronti delle società titolari dei conti “secondari”.
In una logica “consolidata”, i reciproci trasferimenti di saldi tra il conto principale ed i conti secondari verrebbero elisi senza produrre modificazioni nella posizione finanziaria complessiva del Gruppo. Al contrario, nella prospettiva delle singole società appartenenti al Gruppo (ciascuna con autonome masse di creditori), l'operazione di trasferimento del saldo positivo dal conto periferico al conto principale (che determina l'accredito sul conto principale e, specularmente, l'addebito sul conto corrente secondario), costituisce una rimessa a tutti gli effetti, di cui è controversa la revocabilità.
Se si intende escludere la revocabilità delle rimesse accreditate sul conto principale provenienti dai conti secondari, la tesi da sostenere è che siano “di pertinenza altrui”. In base a questa tesi, il funzionamento del cash pooling sottende un rapporto tra le società coinvolte nel quale la società titolare del conto principale agisce come mandataria delle singole società titolari dei conti secondari.
D'altro canto, la tesi summenzionata appare restrittiva se ci si confronta con l'ulteriore limite introdotto dal cash pooling rispetto alla revocabilità delle rimesse affluite sul conto secondario (e poi trasferite al conto “principale”). Infatti, la revocabilità di tali rimesse va a sua volta esclusa se si interpreta l'operatività del conto corrente secondario come mero conto di servizio utilizzato per introitare gli incassi da trasferire sistematicamente alla tesoreria di Gruppo.
In altri termini, aderendo alla richiamata tesi restrittiva, una rimessa di per sé solutoria sarebbe non revocabile:
1) sia rispetto al conto corrente “secondario” (in quanto l'incasso sarebbe “bilanciato” con il successivo versamento a favore del c/c di tesoreria, e quindi da non considerare nel computo delle rimesse revocabili);
2) sia rispetto al conto “principale” (in quanto l'accredito sul c/c di tesoreria rappresenterebbe una somma “di pertinenza altrui”).
In questo modo la Banca (presso la quale fossero in ipotesi istituiti i conti principale e secondario) otterrebbe, come effetto conclusivo, un “rientro” non revocabile.
Si potrebbe, quindi, sostenere la revocabilità degli accrediti sul conto principale provenienti dai conti secondari (e, mutatis mutandis, gli accrediti sui conti secondari provenienti dal conto principale) applicando ad essi gli schemi generali della revocatoria di rimesse bancarie, ponendo in particolare l'accento sulla loro idoneità a ridurre l'esposizione creditizia dell'impresa titolare del conto corrente interessato.
Questa impostazione impone, però, di adottare due correttivi.
In primo luogo, va considerato che, per essere considerati revocabili, gli accrediti sul conto principale provenienti dai conti secondari devono corrispondere ad atti estintivi di precedenti crediti nei confronti delle società titolari dei conti secondari (debitrici cioè per accrediti sui loro conti provenienti dal conto principale). In caso contrario, gli accrediti in questione configurerebbero “versamenti di terzi” produttivi di una mera permutazione di poste passive (e quindi tali versamenti sarebbero revocabili a condizione che il terzo abbia esercitato la rivalsa prima della dichiarazione di fallimento, come previsto da Cass., 10 gennaio 2003, n. 142).
In secondo luogo, è comunque necessario verificare la natura solutoria o meno degli accrediti sui conti secondari oggetto di successivo trasferimento al conto principale. Va in altri termini indagata la natura solutoria delle rimesse affluite su ciascun conto secondario, e cioè considerare la presenza di eventuali operazioni “bilanciate” che notoriamente comportano la “sterilizzazione” di rimesse astrattamente revocabili.