Opposizione al passivo nel fallimento

Federica Commisso
27 Settembre 2016

L'opposizione allo stato passivo è il mezzo di gravame, previsto dal nuovo art. 98 l. fall., con il quale il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili possono contestare l'accoglimento parziale o l'esclusione della propria domanda. Rispetto al sistema previgente, la riforma ha previsto: a) la possibilità che oggetto dell'impugnazione possa essere anche la statuizione relativa a diritti reali e personali su beni immobili oltre alle statuizioni relative ai crediti o ai diritti reali e personali su beni mobili; b) un procedimento uniforme per tutti i rimedi impugnatori dello stato passivo (opposizione, impugnazione dei crediti ammessi e revocazione).

Inquadramento

L'opposizione allo stato passivo è il mezzo di gravame, previsto dal nuovo art. 98 l. fall., con il quale il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili possono contestare l'accoglimento parziale o l'esclusione della propria domanda.

Rispetto al sistema previgente, la riforma ha previsto: a) la possibilità che oggetto dell'impugnazione possa essere anche la statuizione relativa a diritti reali e personali su beni immobili oltre alle statuizioni relative ai crediti o ai diritti reali e personali su beni mobili; b) un procedimento uniforme per tutti i rimedi impugnatori dello stato passivo (opposizione, impugnazione dei crediti ammessi e revocazione).

L'opposizione si propone con ricorso avanti il tribunale fallimentare entro 30 giorni dal ricevimento dell'avviso ex art. 97 l. fall.

Le parti resistenti devono costituirsi almeno 10 giorni prima dell'udienza di comparizione e il procedimento è disciplinato dall'art. 99 l. fall.

Il collegio, o il giudice relatore delegato dal presidente, provvede all'ammissione e all'espletamento dei mezzi istruttori.

Il tribunale provvede in via definitiva sull'impugnazione con decreto motivato, ricorribile per Cassazione nel termine di 30 giorni dalla comunicazione del testo integrale da parte della cancelleria.

Legittimazione

L'opposizione allo stato passivo può essere proposta dal creditore o dal titolare di diritti sui beni mobili o immobili (tempestivi o tardivi) che contestino il mancato accoglimento in tutto o in parte della propria domanda. In particolare, il creditore può esperire l'opposizione in caso di esclusione totale o parziale del credito insinuato o delle garanzie inerenti il credito.

Legittimato all'opposizione è anche il creditore prededucibile; infatti l'art. 111-bis l. fall. dispone che il creditore della massa, se contestato, debba avvalersi dei mezzi per l'accertamento del passivo.

In caso di successione a titolo particolare nel rapporto controverso (come nell'ipotesi di cessione del credito) l'avente causa è legittimato a proporre opposizione.

Non è ammessa invece l'opposizione da parte del creditore (o del titolare di diritti su beni mobili o immobili) ammesso con riserva, salvo che il creditore abbia richiesto l'ammissione immediata e incondizionata; lo scioglimento della riserva andrà chiesto nelle forme previste dall'art. 113-bis l. fall.

È pacificamente esclusa anche la legittimazione attiva del curatore e del fallito.

Il potere d'impugnazione è legato alla regola della soccombenza; l'opposizione è però ammissibile nel caso in cui il credito sia stato interamente ammesso al passivo, ma il giudice delegato abbia riconosciuto il diritto per un titolo diverso da quello prospettato nella domanda, qualora dalla qualificazione giuridica non accolta possano derivare conseguenze più favorevoli al creditore.

L'opposizione, invece, non è ammessa nell'ipotesi in cui la domanda sia stata accolta integralmente, ma il creditore, per errore, abbia indicato nell'insinuazione un importo inferiore a quello effettivo.

Anche l'ammissione al passivo fatta per una cifra ridotta, ma concordata, preclude al creditore la possibilità di proporre opposizione.

Analoga preclusione si avrà nel caso di espressa accettazione del provvedimento del giudice delegato.

La mancata presentazione da parte del creditore di osservazioniex art. 95, comma 2, l. fall., però, non assume valore di acquiescenza (cfr. in tal senso Trib. Mantova 8 maggio 2012; Trib. Udine 21 maggio 2010; Trib. Treviso 4 febbraio 2009).

In evidenza: Cass. 7 gennaio 2016, n. 119

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 119 del 7 gennaio 2016, ha affermato che il fideiussore dell'imprenditore fallito non è attivamente legittimato alle impugnazioni allo stato passivo di cui all'art. 98 l. fall., atteso che, da un lato, la sua posizione è accessoria a quella del debitore principale, a sua volta privo di interesse a veder ridotta la consistenza del proprio passivo, essendo stata la relativa legittimazione attribuita, in sua vece, al curatore fallimentare, e, dall'altro, è estraneo alle ragioni sottostanti all'ammissione dei crediti e, quindi, alla stessa formazione dello stato passivo.

Legittimato passivo nel giudizio di opposizione è il curatore, il quale per costituirsi non necessita di autorizzazione del giudice delegato.

Nel giudizio di opposizione, inoltre, può intervenire qualunque interessato (altri creditori o il fallito), ma l'intervento non può comportare l'estensione dei limiti oggettivi del giudizio.

Motivi di impugnazione

Lo scopo dell'opposizione allo stato passivo è quello di far modificare la decisione assunta dal giudice in ordine all'esclusione totale o parziale dei crediti o delle garanzie (o al rigetto della domanda di rivendica o di restituzione) e quindi di pervenire ad una pronuncia che determini l'ammissione del credito al passivo del fallimento (o l'accoglimento della domanda di rivendica o di restituzione).

Il giudizio di opposizione ha carattere tipicamente sostitutivo ed è preordinato al riesame, a cognizione piena, delle stesse statuizioni sostanziali e processuali oggetto della domanda, al fine di giungere ad una pronuncia sostitutiva di quella emanata dal giudice delegato a seguito di cognizione sommaria.

L'opposizione può essere promossa per ragioni di fatto o per ragioni di diritto che possono riguardare anche aspetti inerenti non solo al quantum del credito ammesso, ma anche alla sua natura privilegiata o meno.

Nel giudizio di opposizione il creditore non può proporre domande nuove o più ampie rispetto a quelle fatte valere con l'insinuazione al passivo, e ciò pur nell'ipotesi di accettazione del contraddittorio da parte del curatore. In sede di opposizione, pertanto, il creditore non potrà chiedere l'ammissione di altri crediti non fatti valere in precedenza, chiedere importi superiori rispetto a quelli indicati nella domanda di ammissione al passivo, far valere una prelazione diversa da quella indicata nella domanda, chiedere interessi non richiesti prima.

È però ammissibile la richiesta di ammissione in prededuzione, per la parte del credito maturata dopo il fallimento, di crediti ammessi in via chirografaria o privilegiata.

Si discute, invece, se il creditore insinuatosi sulla base di un titolo cambiario possa, in sede di opposizione, far riferimento al rapporto sottostante.

L'opposizione parziale è certamente ammissibile.

Procedimento

Il novellato art. 99 l. fall. ha disposto una disciplina uniforme del procedimento per tutti i rimedi impugnatori dello stato passivo: opposizione, impugnazione dei crediti ammessi e revocazione. Si tratta di un modello camerale che, però, assicura cognizione piena e contradditorio pieno.

Il termine per proporre l'opposizione allo stato passivo è di 30 giorni e decorre dalla comunicazione di cui all'art. 97 l. fall. Nel caso di mancata comunicazione al creditore dell'avvenuto deposito dello stato passivo si applica, in via analogica, la disciplina dell'art. 327 c.p.c. e quindi l'impugnazione va proposta entro sei mesi dal deposito dello stato passivo in cancelleria.

Il termine è perentorio, ma ad esso è applicabile l'istituto della sospensione della decorrenza dei termini nel periodo feriale.

Si discute se l'onere della prova della tempestività della proposizione grava o meno sul ricorrente; nel vigore della vecchia disciplina vi erano pronunce contrastanti al riguardo.

Onere della prova della tempestività della proposizione dell'impugnazione a carico del ricorrente: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Orientamento contrario

Orientamento favorevole

Cass. 22 ottobre 2013, n. 23991

Cass. 13 settembre 2013, n. 21021

Cass. 4 maggio 2012, n. 6799

Cass. 7 settembre 2005, n. 17829

L'opposizione allo stato passivo si propone con ricorso avanti al tribunale fallimentare che ha una competenza funzionale e quindi inderogabile. Il tribunale provvede in formazione collegiale ed il giudice delegato al fallimento non può far parte del collegio. Al riguardo si veda la recente Cass. 4 dicembre 2015, n. 24718 secondo cui l'incompatibilità del giudice delegato, che ha pronunciato il decreto di esecutività dello stato passivo, a far parte del collegio chiamato a decidere sulla conseguente opposizione, non determina una nullità deducibile in sede di impugnazione, ove la parte interessata non abbia proposto istanza di ricusazione, nelle forme e nei termini di cui all'art. 52 c.p.c.

Nel giudizio di opposizione valgono le regole generali in tema di rappresentanza ed assistenza processuale e quindi le parti (ricorrente, resistente e intervenuti) devono stare in giudizio con l'ausilio di un difensore. In considerazione di ciò, il ricorso sottoscritto dal solo creditore deve ritenersi inesistente. Il curatore, peraltro, a norma dell'art. 31 l. fall., non ha bisogno dell'autorizzazione del giudice delegato per costituirsi nel giudizio di opposizione. Per quanto riguarda il creditore, la procura speciale rilasciata per presentare una domanda di insinuazione legittima il difensore alla proposizione dell'impugnazione solo se la procura menziona anche possibili fasi o gradi del medesimo procedimento. E' pacifico, invece, che la procura speciale rilasciata per presentare istanza di fallimento non sia valida per il giudizio di opposizione.

A norma dell'art. 99 l. fall., il ricorso deve contenere:

  • l'indicazione del tribunale, del giudice delegato e del fallimento;
  • le generalità dell'impugnante e l'elezione di domicilio nel Comune ove ha sede il tribunale che ha dichiarato il fallimento;
  • l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui cui si basa l'impugnazione e le relative conclusioni;
  • a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.

La mancata indicazione delle generalità comporta la nullità del ricorso, sanabile ai sensi dell'art. 164 c.p.c., mentre l'omessa elezione di domicilio non incide sulla validità dell'atto, ma comporta che le successive notifiche vengano fatte in cancelleria.

Nel ricorso devono essere indicati gli elementi costitutivi della fattispecie sulla quale il ricorrente ritiene di fondare l'opposizione, ma non è necessario formulare specifici motivi di gravame, a pena di inammissibilità, mancando nell'art. 99 l. fall. un espresso richiamo alla diciplina dell'appello. L'omessa o inadeguata redazione dei motivi, però, può nuocere alla possibilità di accoglimento del gravame, dato che non è prevista una devoluzione piena ed automatica al tribunale e dato che sono previste specifiche preclusioni iniziali. Il ricorso deve comunque contenere la formulazione delle conclusioni.

Le preclusioni riguardanti la formulazione di eccezioni, le deduzioni istruttorie e le produzioni trovano giustificazione nell'esigenza di celerità della verificazione del passivo. La preclusione riguardante le sole eccezioni non rilevabili d'ufficio consente di proporre in un secondo momento le eccezioni in senso lato e le mere difese, vale a dire le contestazioni relative a fatti allegati da controparte. L'onere di indicazione dei mezzi di prova a pena di decadenza (sia per il ricorrente che per il resistente o gli intervenuti) non riguarda eventuali preclusioni istruttorie maturate nella fase avanti al giudice delegato.

In giurisprudenza, si veda la recente sentenza Cass. n. 3110 del 17 febbraio 2015 con la quale i giudici di legittimità hanno affermato che nel giudizio di opposizione allo stato passivo non opera, nonostante la sua natura impugnatoria, la preclusione di cui all'art. 345 c.p.c., in materia di jus novorum, con riguardo alle nuove eccezioni proponibili dal curatore, in quanto il riesame, a cognizione piena, del risultato della cognizione sommaria proprio della verifica, demandato al giudice dell'opposizione, se esclude la modifica del thema disputandum e non ammette l'introduzione di domande riconvenzionali della curatela, non ne comprime tuttavia il diritto di difesa, consentendo, quindi, la formulazione di eccezioni non sottoposte all'esame del giudice delegato, dovendosi escludere che il mancato esercizio di tale facoltà comporti il prodursi di preclusioni, attesa appunto la non equiparabilità del suddetto giudizio a quello d'appello. Sempre in tema di opposizione allo stato passivo del fallimento, si veda Cass. 25 febbraio 2011, n. 4708, nel senso che il termine preclusivo per l'articolazione dei mezzi istruttori e la produzione dei documenti è solo quello degli atti introduttivi exartt. 98 e 99 l. fall.

Secondo una recente giurisprudenza, non sarebbe obbligatoria l'allegazione da parte del ricorrente di copia del provvedimento impugnato e della domanda di ammissione al passivo; nonostante ciò sembra comunque opportuna la produzione in tal senso (cfr. Cass. 5 ottobre 2015, n. 19802).

Una volta depositato il ricorso, il presidente, nei cinque giorni successivi, designa il relatore, al quale può delegare la trattazione del procedimento, e fissa con decreto l'udienza di comparizione entro sessanta giorni dal deposito del ricorso. La cancelleria comunica al ricorrente il decreto di fissazione dell'udienza.

Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato, a cura del ricorrente, al curatore e all'eventuale controinteressato entro dieci giorni (termine non perentorio) dalla comunicazione del decreto. Tra la data della notificazione e quella dell'udienza deve intercorrere un termine (calcolato a ritroso secondo gli ordinari criteri) non minore di trenta giorni. L'inosservanza del termine ha rilievo solo qualora comporti la violazione del termine minimo di comparizione, che determina a sua volta la nullità dell'atto introduttivo, ma è comunque suscettibile di sanatoria (cfr. Cass. 4 dicembre 2015, n. 24722).

Il curatore deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza (termine non libero, da computarsi a ritroso secondo le regole generali), eleggendo il domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale fallimentare.

La costituzione si effettua mediante il deposito in cancelleria di una memoria difensiva contenente, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché l'indicazione specifica dei mezzi di prova e dei documenti prodotti. Qualora il curatore non intenda proporre eccezioni in senso stretto, chiedere l'ammissione di mezzi di prova o produrre documenti, potrà costituirsi direttamente all'udienza di comparizione.

E' prassi di alcuni tribunali (come ad esempio il Tribunale di Milano) invitare i curatori a comparire all'udienza, anche se non costituiti, ed a predisporre una sintetica nota, da comunicare dieci giorni prima dell'udienza, contenente una ragionevole previsione riguardo alla composizione dell'attivo, all'entità del passivo e alle possibilità di soddisfacimento dei creditori, al fine di effettuare già in prima udienza il tentativo di conciliazione.

Dal momento che, a seguito della riforma, il curatore ha assunto un nuovo ruolo di “parte” – sì che già in fase di verifica avanti al giudice delegato ha l'onere di eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere o l'inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione -, si sono formati diversi orientamenti sull'ammissibilità delle eccezioni proponibili dal curatore.

Un orientamento più rigido ritiene inammissibile la proposizione di nuove eccezioni nella fase di gravame, il che implicherebbe l'esclusione della possibilità per il curatore di far valere, in via di eccezione, ragioni di infondatezza della pretesa dell'opponente diverse da quelle rilevate nella precedente fase avanti al giudice delegato.

L'orientamento prevalente, invece, esclude che nella fase avanti al giudice delegato si consolidino preclusioni, maturate con riguardo alle eccezioni in questione, che si trasferiscano in sede di gravame, in quanto nell'art. 99 l. fall. non si fa cenno al fatto che le eccezioni che la parte può formulare siano soltanto quelle già svolte nella fase di verificazione (sulla tematica in generale cfr. F. Lamanna, Il nuovo procedimento di accertamento del passivo, Inquadramento sistematico della verifica dei crediti e dei diritti sui beni, Milano, 2006).

Certamente non sono esperibili domande riconvenzionali da parte del curatore.

In evidenza: Cass. 17 febbraio 2015, n. 3110

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3110 del 17 febbraio 2015, ha ribadito che nel giudizio di opposizione allo stato passivo non opera, nonostante la sua natura impugnatoria, la preclusione di cui all'art. 345 c.p.c., in materia di jus novorum, con riguardo alle nuove eccezioni proponibili dal curatore, in quanto il riesame, a cognizione piena, del risultato della cognizione sommaria proprio della verifica, demandato al giudice dell'opposizione, se esclude la modifica del thema disputandum e non ammette l'introduzione di domande riconvenzionali della curatela, non ne comprime tuttavia il diritto di difesa, consentendo, quindi, la formulazione di eccezioni non sottoposte all'esame del giudice delegato, dovendosi escludere che il mancato esercizio di tale facoltà comporti il prodursi di preclusioni, attesa appunto la non equiparabilità del suddetto giudizio a quello d'appello.

Nel giudizio di opposizione è ammesso l'intervento di qualunque interessato. L'intervento non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti con le modalità per queste previste e quindi dieci giorni prima dell'udienza di comparizione, mediante il deposito in cancelleria di una memoria difensiva contenente, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, nonché l'indicazione specifica dei mezzi di prova e dei documenti prodotti. L'istituto trova scarsa applicazione pratica in quanto è difficile che un soggetto non destinatario dell'atto introduttivo del giudizio possa venire a conoscenza della proposizione del gravame e della fissazione dell'udienza. È comunque ipotizzabile che un creditore interessato all'esclusione di un concorrente dallo stato passivo voglia intervenire nel giudizio di opposizione, magari facendo valere eccezioni non sollevate dal curatore; ai singoli creditori concorrenti però è preclusa l'eccezione revocatoria, in quanto riservata esclusivamente al curatore.

All'udienza di comparizione delle parti il collegio (o il giudice relatore delegato dal presidente) provvede all'ammissione e all'espletamento dei mezzi istruttori. Per l'ipotesi in cui sia il giudice relatore a disporre l'istruzione, il collegio avrà comunque modo di esercitare il proprio controllo al momento della decisione della causa.

Il legislatore della riforma aveva inizialmente attribuito al tribunale un potere di iniziativa ufficiosa, legittimandolo ad "assumere informazioni" e ad autorizzare la produzione "di ulteriori documenti", facoltà che però sono state eliminate dal decreto correttivo n. 169/2007.

L'opponente con il ricorso introduttivo può offrire in comunicazione documenti nuovi non prodotti nella precedente fase di verifica dei crediti.

Non essendovi alcun riferimento ad esigenze di speditezza, al procedimento in oggetto si applicano le regole generali sui mezzi di prova non documentali e dunque sono ammissibili anche prove di lunga indagine.

La Cassazione ha di recente sancito che nel caso in cui il tribunale, adito in sede di opposizione ex art. 99 l. fall., non disponga della domanda di ammissione al passivo e non sia in grado di ricostruirne il tenore, alla stregua dei documenti in atti, deve disporne l'acquisizione d'ufficio, non trattandosi di documento, ma di domanda giudiziale che il cancelliere, che forma il fascicolo dell'opposizione, deve inserire in copia all'interno dello stesso (cfr. Cass. 9 febbraio 2016, n. 2561 e Cass. 12 febbraio 2014, n. 3164).

Terminata l'istruttoria, il collegio provvede in via definitiva sull'impugnazione con decreto motivato entro 60 giorni dall'udienza o dalla scadenza del termine eventualmente assegnato per il deposito di memorie. Le decisioni rese hanno efficacia soltanto endoconcorsuale.

Ricorso per cassazione

Il legislatore, con la riforma, si è prefisso lo scopo di abbreviare i tempi della procedura endofallimentare ed a tal fine ha soppresso la facoltà di proporre appello all'esito del giudizio di opposizione. Pertanto, tale giudizio oggi si articola in un unico grado di cognizione di merito.

Il decreto del tribunale, infatti, è ricorribile solo per cassazione nei 30 giorni successivi alla comunicazione effettuata dalla cancelleria alle parti.

A tutela del diritto di difesa, la comunicazione deve avere ad oggetto il testo integrale del decreto e non un semplice estratto.

Al ricorso per cassazione si applica la disciplina prevista dagli artt. 360 c.p.c. ss., ma il termine per la proposizione, così come prima della riforma, è dimezzato rispetto a quello ordinario.

Riferimenti

Normativi

  • Art. 98 l. fall.
  • Art. 99 l. fall.

Giurisprudenziali

  • Cass. 22 ottobre 2013, n. 23991
  • Cass. 17 febbraio 2015, n. 3110
  • Cass. 5 ottobre 2015, n. 19802
  • Cass. 7 gennaio 2016, n. 119
  • Cass. 9 febbraio 2016, n. 2561