Impianto centralizzato di ricezione radiotelevisiva

21 Settembre 2017

È sempre più sentita l'esigenza di creare, negli edifici condominiali, gli impianti unici di ricezione dei segnali audiovisivi, le c.d. antenne centralizzate, in quanto tali apparecchi consentono di razionalizzare gli spazi da riservare all'installazione, di limitare e controllare gli accessi sulle zone comuni (tetto, lastrico solare, terrazza di copertura, ecc.), di agevolare la gestione dell'impianto stesso, anche per venire incontro alle soluzioni tecniche più avanzate, nonché di ridurre fortemente l'impatto estetico; alcune di queste esigenze sono state prese in considerazione dalla Riforma del 2013, rimanendo la relativa installazione, per il resto, soggetta ai principi generali operanti in materia condominiale.
Inquadramento

Molti edifici, all'atto della loro costruzione, sono già dotati di antenna televisiva centralizzata, che è da considerarsi bene comune se è stata installata fin dalla costituzione del condominio: in tal caso, l'antenna centralizzata poteva già rientrare tra le parti comuni dell'edificio di cui al n. 3) del vecchio testo art. 1117 c.c., il quale si riferiva agli « .... impianti per il gas, per l'energia elettrica ... e simili».

La suddetta antenna viene ora espressamente contemplata tra le «parti comuni dell'edificio» di cui al novellato art. 1117 c.c. - così come ridisegnato dalla l. n. 220/2012, di riforma della normativa condominiale - che attualmente stabilisce: «Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio … : …. 3) … gli impianti …. per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche».

Per il resto, rimane, seppur arricchita nei contenuti, l'impostazione del vecchio testo, ossia l'articolazione in tre numeri, salvo l'aggiornamento riguardo alle innovazioni tecnologiche che, intervenute nelle more, ossia dall'entrata in vigore del codice civile ad oggi, hanno radicalmente trasformato il panorama delle parti comuni e delle correlate utilità funzionali alle abitazioni, tra le quali - per quel che interessa in questa sede - le antenne «centralizzate» (il riferimento al «flusso informativo» richiama le connessioni ad internet con una banda di trasmissione di dati notevolmente maggiore di quelle tradizionali).

Giova ricordare che, di recente, era intervenuto il decreto del Ministro delle Comunicazioni dell'11 novembre 2005, che fissava le regole tecniche degli impianti di antenna condominiali centralizzati riceventi del servizio di radiodiffusione, sia terrestre che satellitare, al fine di favorire gli impianti centralizzati con conseguente riduzione della molteplicità di antenne individuali, per motivi estetici e funzionali, che si registravano nei tetti condominiali delle nostre città; in particolare, nel disciplinare la diffusione degli impianti centralizzati, tale decreto stabiliva che gli stessi dovessero essere realizzati «in modo da ottimizzare la ricezione delle stazioni emittenti radiotelevisive ricevibili», annullando o minimizzando, al contempo, l'esigenza al ricorso di antenne individuali; comunque, i predetti impianti centralizzati non dovevano determinare «condizioni discriminatorie tra le stazioni emittenti i cui programmi siano contenuti in segnali terrestri primari e satellitari … e nella distribuzione dei segnali alle diverse utenze».

L'approvazione dell'intervento innovativo

Dunque, il n. 3) dell'attuale art. 1117 c.c. inserisce in tale elenco impianti che, ovviamente, non potevano essere contemplati dal Legislatore del 1942 e che, invece, attualmente, fanno parte del nostro vivere quotidiano, come gli impianti «per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini», specificando che, qualora trattasi di impianti unitari, la presunzione di comunione opera «fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche», poiché queste ultime potrebbero costituire unilateralmente vincoli sull'edificio aventi effetti analoghi alle servitù (appare, invece, non agevole collocare visivamente il «punto di utenza» riferito ai soli impianti unitari, volendo forse distinguere le ipotesi in cui il regime di comproprietà si ferma sulla soglia dell'unità immobiliare di proprietà esclusiva e quella in cui lo stesso arriva fino al punto in cui si fruisce del servizio dell'utenza all'interno della stessa, ad esempio, la spina).

L'attuale previsione, tuttavia, non riveste una portata innovativa, nel senso che, nonostante gli impianti centralizzati «per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo», non erano menzionati nel vecchio elenco dell'art. 1117 c.c., gli stessi risultavano pacificamente rientranti nelle parti comuni dell'edificio anche prima del 18 giugno 2013, specie se visti nell'ottica di favorire interessi costituzionalmente garantiti, quali la libertà di manifestazione del pensiero ed il soddisfacimento del diritto all'informazione ex art. 21 Cost.

Pertanto - salvo quanto si dirà appresso, alla luce della recente l. n. 66/2001, segnatamente per quel che concerne gli impianti satellitari - poteva concludersi nel senso che l'installazione di un'antenna centralizzata, non esistente in precedenza, al posto o meno di impianti di ricezione singoli, fosse da configurare come «innovazione», intesa come qualsiasi opera nuova comportante una modificazione notevole della cosa comune, alterandone l'entità sostanziale o la destinazione originaria, e, quindi, da approvare con le maggioranze di cui agli artt. 1120, comma 1, e 1136, comma 5, c.c.

Sul punto, è intervenuta la riforma della normativa condominiale, in senso innovativo sul testo originario dell'art. 1120 c.c., che attualmente recita: « … 2. I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell'articolo 1136, possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto: …. 3) l'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto. 3. L'amministratore è tenuto a convocare l'assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all'adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma. La richiesta deve contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l'amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni».

In evidenza

Pertanto, dopo il comma 1 dell'art. 1120 c.c., a seguito dell'entrata in vigore della l. n. 220/2012 (18 giugno 2013) seguono ora due capoversi, che si occupano delle innovazioni di interesse sociale o, comunque, volte a recepire le moderne tecnologie finalizzate al complessivo miglioramento della qualità della vita, da un lato, specificando quali interventi nell'edificio meritano una particolare agevolazione e, dall'altro, prescrivendo modalità più stringenti per l'adozione delle relative delibere.

Sotto il profilo della descrizione degli interventi facilitati, il comma 2, art. 1120 c.c. cit., stabilisce, quindi, che i condomini, con la maggioranza agevolata di cui al comma 2 dell'art. 1136 c.c., ossia «con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio», possono disporre le innovazioni che, «nel rispetto della normativa di settore» (specificazione forse pleonastica, essendo pacifico che non possa deliberarsi contra legem), hanno ad oggetto - per quel ci interessa da vicino - l'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, «ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto» (laddove la negazione «non» costituisce un evidente refuso, volendosi escludere la realizzazione di impianti che provocano quegli inconvenienti, i quali altro non sono che quei limiti, per così dire, in negativo, contemplati nell'art. 1102 c.c.).

Le modalità operative

Sul versante operativo, il comma 3 del novellato art. 1120 c.c. prescrive che, in ordine all'adozione delle delibere di cui al capoverso precedente - tra cui, appunto, l'antenna centralizzata - l'amministratore è tenuto a convocare l'assemblea entro 30 giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato; la richiesta di quest'ultimo «deve contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti» e, in mancanza, «l'amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni».

Viene così contemplato un onere dell'amministratore connesso alla sollecitazione del condomino interessato - anche titolare di una caratura millesimale insignificante - sollecitazione che, però, deve essere corredata da tutte le informazioni utili per l'adozione dell'intervento strutturale di cui trattasi (fermo pur sempre il termine ordinario di 5 giorni per la relativa convocazione di cui all'art. 66, comma 3, disp. att. c.c.); qualora, invece, l'amministratore, a fronte della legittima e puntuale richiesta del condomino, ometta di convocare l'assemblea, tale inerzia è suscettibile di essere valutata come «grave irregolarità» ai fini di una sua revoca da parte del magistrato (art. 1129, comma 12, n. 1, c.c., nuovo testo, in fondo).

Resta inteso che, qualora l'edificio non sia dotato di un'antenna centralizzata, la relativa installazione, deliberata dall'assemblea dei condomini successivamente alla costituzione del condominio, potrebbe considerarsi un impianto «suscettibile di utilizzazione separata» ai sensi dell'invariato art. 1121 c.c., non trattandosi di un servizio indivisibile nel suo godimento, legittimando un condomino a farne a meno rinunciando ad allacciare la sua unità immobiliare all'antenna medesima.

Appare, tuttavia, attualmente anacronistico sostenere, come in passato, il carattere «voluttuario» dell'innovazione de qua, sul presupposto che, esistendo già le antenne individuali, l'installazione non poteva considerarsi necessaria in quanto destinata solo a consentire una migliore ricezione dei programmi (Pret. Roma 13 febbraio 1979, sulla ricezione a colori; Pret. Roma 28 dicembre 1963, sul secondo canale TV); parimenti, si discuteva sulla natura «voluttuaria» dell'antenna satellitare, poiché le trasmissioni erano normalmente diffuse in lingua inglese e la loro fruizione era pertanto riservata ad una platea estremamente ridotta, mentre, oggi, invece, sussistono sempre più canali satellitari non in lingua italiana che affollano il panorama televisivo e l'antenna parabolica può fornire anche servizi aggiuntivi rispetto ai normali impianti di ricezione televisiva.

Anche il carattere «gravoso» dell'innovazione - da rapportare, comunque, alle condizioni ed all'importanza dell'edificio, e non alle condizioni soggettive dei condomini - sembra oggi venuto meno, considerando il costo dell'impianto in questione diviso tra i partecipanti al condominio e la rarità di ingenti lavori per l'adeguamento delle strutture murarie all'interno delle proprietà individuali (il corrispettivo pagato per l'acquisto di eventuali decodificatori deve essere sostenuto solo qualora si opti per l'abbonamento ad un particolare canale, c.d. pay tv, trasmettente via satellite).

Diversa è, invece, l'ipotesi di sostituzione della preesistente antenna centralizzata (con una parabolica, o collettiva satellitare), che dovrebbe rappresentare una mera «modificazione», che mira semplicemente a potenziare o rendere più comodo il godimento della cosa comune, sicché, per lo sviluppo normale della cosa comune (impianto di ricezione condominiale) secondo la prevedibile evoluzione tecnologica, sarebbero sufficienti le maggioranze ordinarie di cui all'art. 1136, commi 1, 2 e 3, c.c. (nuovo testo).

Rientra in quest'ultima ipotesi anche il caso in cui l'assemblea decida l'adeguamento alle mutate esigenze tecnologiche del preesistente impianto centralizzato, munendolo di antenna parabolica e di strumentazioni atte a consentire anche la ricezione dei canali satellitari, lasciando però immutato l'impianto televisivo terrestre preesistente (Trib. Genova 18 giugno 1988).

Invero, l'impianto comune volto alla ricezione dei canali televisivi assume una valenza di carattere tecnologico, sicché occorre avere riguardo alle innovazioni scientifiche che impongono la necessità di continui adeguamenti, in tempi sempre più ridotti; inoltre, la peculiare natura del servizio cui è strumentale l'impianto in questione, rende evidente lo stretto collegamento che viene a crearsi tra l'utilizzo del bene condominiale ed il diritto, costituzionalmente garantito, all'informazione, per il quale lo sviluppo della tecnologia offre nuovi e sempre più rapidi mezzi di diffusione e di accrescimento, e tra tali mezzi deve sicuramente farsi rientrare la diffusione di trasmissioni televisive via satellite.

Di non agevole comprensione, infine, la previsione, di natura transitoria, contemplata nell'art. 155-bis disp. att. c.c. - introdotto dall'art. 29 della l. n. 220/2012, con decorrenza dal 18 giugno 2013 - secondo il quale «l'assemblea, ai fini dell'adeguamento degli impianti non centralizzati di cui all'articolo 1122-bis, primo comma, del codice, già esistenti alla data di entrata in vigore del predetto articolo, adotta le necessarie prescrizioni con le maggioranze di cui all'articolo 1136, commi primo, secondo e terzo, del codice» civile.

Tale previsione si inserisce nella prospettiva funzionale della c.d. intertemporalità, sembrando prescrivere che, in tema di impianti individuali per la ricezione radiotelevisiva o per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, già esistenti, che incidano negativamente sulle parti comuni, la possibilità della relativa regolarizzazione possa avvenire con una delibera assembleare assunta con le maggioranze ordinariamente stabilite per le sedute di prima o di seconda convocazione - e ciò in alternativa al quorum qualificato correlato alla maggioranza degli intervenuti e dei due terzi del valore dell'edificio, dettato dal combinato disposto degli artt. 1122-bis, comma 3, e 1136, comma 5, c.c. - che individui le condizioni ritenute idonee a contemperare le summenzionate contrapposte esigenze dominicali (individuali e condominiali).

Le antenne collettive

L'art. 3 della l. 31 luglio 1997 n. 249, intitolato «norme sull'emittenza radiotelevisiva» - per quel che interessa in questa sede - dopo aver parlato, nei commi da 10 a 12, della «diffusione» radiotelevisiva via satellite originata dal territorio nazionale, si occupava, ai commi 13 e 14, della «ricezione» delle suddette trasmissioni radiotelevisive satellitari.

Al comma 13 si prevedeva che, a decorrere dal 1° gennaio 1998, gli immobili composti di più unità abitative di nuova costruzione, o quelli soggetti a ristrutturazione generale, potevano munirsi di «antenne collettive» per la ricezione delle trasmissioni televisive satellitari, installando o utilizzando reti via cavo per distribuire le trasmissioni ricevute alle singole unità.

Per quanto riguarda i centri storici, al fine di salvaguardare gli aspetti paesaggistici, i Comuni erano tenuti, entro 180 giorni dall'entrata in vigore della predetta legge, ad emanare un regolamento in ordine all'installazione degli «apparati di ricezione delle trasmissioni televisive satellitari».

Ora, non si può nascondere che le antenne satellitari, più ampie e consistenti di quelle tradizionali, possono recare pregiudizio al decoro architettonico del fabbricato nel quale sono collocate, come anche il loro posizionamento sui balconi dello stabile è idoneo ad alterare l'estetica della facciata (aggravando il fenomeno delle c.d. antenne selvagge causa di degrado cittadino).

Quindi, al fine di contemperare il diritto all'informazione, da un lato, ed il diritto a mantenere l'edificio condominiale in condizioni decorose ed a conservare l'integrità ambientale del paesaggio, dall'altro, il Legislatore era intervenuto adottando due modalità di intervento:

a) per gli edifici di nuova costruzione e per quelli sottoposti a ristrutturazione generale, direttamente suggeriva l'adozione di antenne satellitari collettive;

b) per i centri storici, delegava ai singoli Comuni la previsione di un'apposita normativa per disciplinare l'installazione dei predetti impianti «al fine di garantire la salvaguardia degli aspetti paesaggistici», il che implicava, al riguardo, la possibilità di una normativa non uniforme nel territorio nazionale.

La tecnica legislativa adoperata non è stata, però, delle migliori, il che ha dato luogo a numerosi dubbi interpretativi - di seguito elencati in estrema sintesi - se solo si tiene in considerazione il soggetto, il verbo e l'oggetto del periodo.

Innanzitutto, quanto all'àmbito «soggettivo» di applicazione del predetto suggerimento (gli immobili), lo stesso Legislatore prevedeva l'utilizzo di antenne satellitari da parte - oltre che degli edifici di nuova costruzione, anche - dei fabbricati «soggetti a ristrutturazione generale»: era un'espressione che non ripeteva alcuna delle qualificazioni di interventi delineati dall'art. 31 della l. 5 agosto 1978 n. 457 («Norme per l'edilizia residenziale pubblica»), ma sembravano ricompresi tutti quelli per i quali occorre una qualche autorizzazione o concessione da parte dell'autorità comunale preposta; in quest'ordine di concetti, potevano rientrare gli interventi di restauro e di risanamento conservativo, quelli di ristrutturazione edilizia, quelli di manutenzione straordinaria (in quanto finalizzati a «realizzare ed integrare i servizi … tecnologici», v. lett. b, quali appunto le antenne satellitari), con esclusione, quindi, della sola manutenzione ordinaria, per la quale er sufficiente la mera comunicazione di inizio dei lavori (gli interventi edilizi trovano attualmente una compiuta definizione nell'art. 3 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia»).

In ordine, poi, al verbo adoperato, con l'espressione usata («si avvalgono di norma»), sembrava che il Legislatore, anziché imporre una data disposizione, avesse voluto rivolgere una sorta di raccomandazione, comunque priva di strumenti sanzionatori o coercitivi in caso di inosservanza, e probabilmente destinata ad essere regolamentata da fonti normative di rango inferiore.

Infine, circa l'oggetto della disposizione in esame, la legge parlava di antenne satellitari «collettive», che induceva a pensare ad un'appartenenza in capo ad una pluralità di soggetti (raggruppamenti di condomini), ma non a tutti indistintamente (e cioè, non comune ai sensi dell'art. 1117 c.c.); si riteneva, comunque, che il Legislatore avesse adoperato un termine improprio, per significare più semplicemente, soprattutto per i fabbricati di nuova costruzione, che l'originario costruttore dovesse realizzare un impianto comune di ricezione dei programmi televisivi via satellite, che tutti i successivi acquirenti delle unità abitative dello stabile potevano utilizzare.

Tuttavia, nonostante il proliferare di programmi televisivi trasmessi via satellite e la nuova tendenza delle emittenti di far «viaggiare» attraverso esso il segnale per una migliore qualità di ricezione, la normativa del 1997 ha avuto, come era agevole prevedere, un rilievo assai modesto: le motivazioni vanno trovate - come si è visto sopra - nel ristretto àmbito di applicazione (nuove costruzioni ed edifici soggetti a ristrutturazione), nel carattere generico del precetto («si avvalgono di norma di antenne collettive»), e nella mancanza di precise disposizioni attuative (non tutti i Comuni si sono attivati in tal senso).

Le trasmissioni satellitari

Sul punto, è intervenuto, più di recente, la l. 20 marzo 2001, n. 66, che ha convertito, con modificazioni, il d.l. 23 gennaio 2001 n. 5 - recante«Disposizioni urgenti per il differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali, nonché per il risanamento di impianti radiotelevisivi» - il cui art. 2-bis, al comma 13, recita: «Al fine di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite, le opere di installazione di nuovi impianti sono innovazioni necessarie ai sensi dell'articolo 1120, primo comma, del codice civile. Per l'approvazione delle relative deliberazioni si applica l'art. 1136, terzo comma, dello stesso codice».

Per comprendere appieno la portata del nuovo disposto legislativo - che non abroga il precedente del 1997, ma si aggiunge ad esso, a decorrere dal 24 marzo 2001, in un tentativo di completamento - vanno partitamente analizzati vari aspetti.

In primo luogo, circa l'àmbito di applicazione, la norma, oltre ad avere un campo di azione più vasto, comprendendo tutti gli edifici in condominio, indipendentemente se di vecchia o di nuova costruzione, fa riferimento alle «opere di installazione di nuovi impianti» radiotelevisivi, che realizzino le «nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite» (da ricordare, in proposito, che la stessa legge prevedeva, altresì, che, entro un dato termine, le trasmissioni televisive dei programmi e dei servizi multimediali su frequenze terrestri avrebbero dovuto essere irradiate esclusivamente in tecnica digitale).

La finalità della norma - «favorire la diffusione e lo sviluppo delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite» - se, da un lato, porta ad escludere gli impianti di telefonia cellulare, dall'altro, sembra comprendere tutti gli impianti, sia di emissione e/o ripetizione che di ricezione delle trasmissioni irradiate dal satellite.

Nell'ipotesi di impianti emittenti, in realtà non si tratta propriamente di innovazioni modificative di parti comuni dell'edificio, ma, al massimo, di un uso indiretto di una parte del fabbricato condominiale - di solito, il tetto, il lastrico solare o la terrazza di copertura - mediante un rapporto obbligatorio (locazione o comodato) tra il condominio ed il soggetto proprietario del predetto impianto; peraltro, la locazione infranovennale, essendo atto di ordinaria amministrazione, poteva essere già approvata con la maggioranza di un terzo del valore dell'edificio, in forza del combinato disposto degli artt. 1108, comma 3, e 1136, comma 3, c.c.

In caso di impianti riceventi, la ratio del nuovo disposto (allargare il più possibile il bacino d'utenza delle trasmissioni satellitari) porta a ritenere comprese le antenne c.d. paraboliche di carattere «collettivo», cioè destinate a raccogliere unitariamente il segnale proveniente dallo spazio, per distribuirlo alle singole unità immobiliari dell'edificio condominiale, in ciò completando il quadro della normativa del 1997 - v., in particolare, l'art. 3, comma 13, esaminato sopra - che aveva raccomandato la realizzazione di impianti collettivi (al fine di evitare il proliferare di antenne paraboliche individuali lesive del decoro degli edifici) ma solo per gli edifici di nuova costruzione, cioè successivi al 1° gennaio 1998.

Dal tenore letterale della predetta norma, poi, dovrebbero rientrare solo quelle opere - che ovviamente interessano parti comuni dell'edificio - dirette alla realizzazione ex novo dell'antenna satellitare, e non quelle meramente tese alla sostituzione dell'antenna satellitare già esistente (parlando di «innovazioni» si pensa, infatti, ad una nuova introduzione piuttosto che ad una manutenzione, rispetto alla quale peraltro non necessiterebbero maggioranze qualificate); potrebbero, però, ricomprendersi non solo le spese per l'installazione dell'apparecchiatura ricevente, ma anche quelle per l'acquisto delle antenne satellitari collettive, non escludendo nemmeno quelle finalizzate a permettere al singolo condomino di ricevere nella propria unità immobiliare le trasmissioni captate dall'antenna collettiva (sia che si tratti di semplici lavori di posa in opera di cavi e fili in appoggio ai muri perimetrali, sia che si tratti di complessi lavori di canalizzazione attraverso le strutture interne dell'edificio).

In secondo luogo, relativamente alla qualificazione dell'opera, il Legislatore parla di «innovazioni necessarie» ai sensi dell'art. 1120, comma 1, c.c.

A ben vedere, la figura dell'innovazione necessaria non trova alcun riscontro normativo - non era stata usata neppure quando si è trattato degli adeguamenti strutturali degli edifici alle normative di sicurezza (v., soprattutto, la l. 5 marzo 1990, n. 46, il d.p.r.6 giugno 2001 n. 380, specie sub artt. 107-121, il d.m. 22 gennaio 2008 n. 37) - e, in particolare, la stessa non si rinviene nel citato art. 1120, il cui comma 1 (testo invariato anche a seguito della l. n. 220/2012) contempla quelle opportune o utili, permesse o lecite, poiché «dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni» (v., più approfonditamente, appresso).

In terzo luogo, riguardo alle maggioranze richieste, l'art. 2-bis, dopo aver ricondotto le opere di cui sopra nell'alveo dell'art. 1120, comma 1, c.c. - per il quale il successivo 1136, comma 5, prevede, di regola, l'approvazione «con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio» - prescriveva, invece, che era sufficiente il quorum più ridotto di cui al comma 3 dello stesso art. 1136, ossia «un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio».

In questa prospettiva, si inserisce il nuovo disposto del comma 2 dell'art. 1120 c.c. - v. supra - che ora considera sufficiente il quorum agevolato dell'art. 1136, comma 2, c.c., ossia «un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio» per gli impianti centralizzati radiotelevisivi, per così dire, tradizionali, il che ha necessitato un'opera di coordinamento da parte del Legislatore opportunamente modificando quelle disposizioni normative, aventi ad oggetto analoghi interventi, che si erano stratificate nel tempo.

In particolare, la l. n. 220/2012 dispone tale attività conformatrice con l'art. 29, secondo il quale, all'art. 2-bis, comma 13, del d.l. 23 gennaio 2001 n. 5, convertito, con modificazioni, dalla l. 20 marzo 2001 n. 66, le parole: «l'articolo 1136, terzo comma, dello stesso codice», sono sostituite dalle seguenti: «l'articolo 1120, secondo comma, dello stesso codice»; la disposizione ha per oggetto le opere di installazione di nuovi impianti, sia di emissione e/o ripetizione sia di ricezione, volte a favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite, sicché, per apporre le antenne paraboliche di carattere «collettivo», si registra oggi l'innalzamento del quorum da un terzo alla metà del valore dell'edificio.

In pratica, si elimina la disparità di trattamento rispetto alle antenne centralizzate «tradizionali», per le quali vigeva la maggioranza dei due terzi e oggi 500 millesimi, che dava luogo ad un ingiustificato doppio binario, uniformando i quorum per qualsiasi tipo di impianti (satellitari e non); risulta, pertanto, positivo aver razionalizzato la materia, facendo rientrare in modo esplicito nel novero delle c.d. innovazioni agevolate, qualsiasi tipo di intervento volto all'installazione di un impianto centralizzato «per la ricezione radiotelevisiva», così da eliminare le anacronistiche ed inutili distinzioni tra tipologie di antenne.

In quarto luogo, circa la ripartizione tra i condomini delle spese occorrenti per la realizzazione delle opere in questione, si pone il problema o meno dell'applicabilità dell'art. 1121, commi 1 e 2, c.c., che, per le innovazioni «gravose» o «voluttuarie», prevede che la relativa spesa sia a carico unicamente dei soggetti che intendono utilizzare l'opera che sia suscettibile di utilizzazione separata, e, in difetto, soltanto di quelli che l'hanno deliberata o accettata.

Si può opinare che il Legislatore del 2001, non smentito sul punto da quello del 2013, adoperando il termine «necessarie», sembra avere escluso che si tratti di innovazioni voluttuarie, tuttavia, consistendo l'installazione dell'antenna pur sempre in un'opera suscettibile di utilizzazione separata - ogni condomino è, infatti, libero di collegarsi o meno all'antenna satellitare, e la possibilità di ricevere programmi da tutto il pianeta potrebbe non interessare affatto ad un condomino poco appassionato in generale di televisione - la relativa spesa, sempre che «molto gravosa», dovrebbe fare carico solo ai partecipanti che usufruiscono dell'impianto, salva la possibilità per gli altri di partecipare in un secondo tempo ai vantaggi della predetta innovazione, contribuendo alle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera de qua.

Se, invece, si vuol dare un significato più rigoroso al temine «necessarie» riferito alle innovazioni, nel senso che il Legislatore ha voluto inquadrare l'antenna satellitare collettiva all'interno della dotazione, per così dire, ordinaria di tutti gli edifici (e non solo quelli di nuova costruzione), allora si dovrà ritenere che la maggioranza di cui all'art. 2-bis citato può vincolare tutti i condomini (dissenzienti e assenti), come qualsiasi innovazione di cui all'art. 1120, comma 1, c.c., anche sotto il profilo della contribuzione alla spesa.

In altri termini, si può dare alla norma in oggetto un'interpretazione più restrittiva - in linea con il tenore letterale - nel senso che la nuova disposizione ha solo escluso la voluttuarietà dell'opera, salva la facoltà da parte dei condomini non interessati di rinunciare e di non concorrere dalla spesa se particolarmente gravosa, oppure suggerire un'interpretazione più estensiva - in sintonia con la ratio - nel senso di vincolare anche la minoranza dissenziente eliminando la possibilità per quest'ultima di essere esonerata dal partecipare alla relativa opera, sia in termini di utilizzazione che contributivi.

Il posizionamento del manufatto sul lastrico solare

Di recente, il massimo organo di nomofilachia (Cass. civ., sez. un., 30 aprile 2020, n. 8434) ha superato un contrasto di giurisprudenza tra le sezioni semplici, risolvendo, al contempo, una questione di particolare importanza, ossia se era necessario il consenso di tutti i partecipanti, ai sensi dell'art. 1108, comma 3, c.c., per l'approvazione del contratto con il quale un condominio concedeva in godimento ad un terzo, dietro il pagamento di un corrispettivo, il lastrico solare, o altra idonea superficie comune, allo scopo precipuo di consentirgli l'installazione di infrastrutture ed impianti - nella specie, necessari per l'esercizio del servizio di telefonia mobile - che comportassero la trasformazione dell'area, riservando comunque al detentore del lastrico di acquisire e mantenere la proprietà dei manufatti nel corso del rapporto come alla fine dello stesso.

Nello specifico, le Sezioni Unite hanno premesso che è la qualificazione del contratto intercorso tra il condominio ed il terzo - e, quindi, in definitiva, la verifica se esso concerna la costituzione di un diritto reale di superficie oppure la concessione di un diritto personale di godimento lato sensu riconducibile al tipo negoziale della locazione - ad orientare la soluzione della questione relativa alla necessità del consenso di tutti i partecipanti al condominio per la relativa approvazione, ai sensi dell'art. 1108, comma 3, c.c.

In particolare, si tratta di stabilire se un contratto con cui il proprietario di un lastrico solare (condominiale) attribuisca all'altro contraente, a titolo oneroso, il diritto di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore e di asportarlo al termine del rapporto debba qualificarsi come contratto ad effetti reali (recte, costitutivo di un diritto reale di superficie) o come contratto ad effetti obbligatori; nella prima ipotesi, infatti, ove il lastrico solare appartenga ad un condominio, l'approvazione del contratto richiede, ai sensi dell'art. 1108, comma 3, c.c., il consenso di tutti i condomini.

Sempre nell'ottica di un inquadramento generale della figura, il supremo consesso decidente ha posto in rilievo che, al fine di attribuire al contratto di cui si discute effetti reali o effetti obbligatori, occorre innanzitutto valutare l'effettiva volontà delle parti, desumibile, oltre che dal nomen iuris, anche da altri elementi testuali, quali la previsione relativa alla durata, la disciplina negoziale della sorte del manufatto al momento della cessazione del rapporto, la determinazione del corrispettivo come unitario o come canone periodico, la regolazione degli obblighi del cessionario in ordine alla manutenzione della base dell'installazione, l'eventuale richiamo a specifici aspetti della disciplina delle locazioni non abitative, nonché da elementi extratestuali, quali la forma dell'atto e il comportamento delle parti.

Ai fini della soluzione della questione della necessità del consenso unanime dei condomini per l'approvazione della cessione temporanea a terzi di un lastrico condominiale, finalizzata all'installazione di un ripetitore di segnale, i giudici di legittimità hanno, in primo luogo, escluso che venga in rilievo la disciplina dettata dall'art. 1120 c.c. per le innovazioni, atteso che non si è al cospetto dell'installazione, ad opera del condominio, di un impianto tecnologico destinato all'uso comune, del quale il medesimo condominio abbia deciso di dotarsi, ma dell'installazione, ad opera ed a spese di un terzo, di un impianto tecnologico destinato all'utilizzo esclusivo di tale terzo.

Va parimenti esclusa l'utilizzabilità dei modelli sia della servitù volontaria (anche industriale, ex art. 1028, ultima parte, c.c.), per l'assorbente considerazione che la servitù presuppone un'utilitas per il fondo dominante e, quindi, l'esistenza di un fondo dominante, nella specie non configurabile, sia del diritto reale di uso disciplinato dall'art. 1021 c.c., atteso che l'unica facoltà che contrattualmente competerebbe alla cessionaria del lastrico sarebbe quella di installare sul lastrico un ripetitore, in contrasto con l'ampiezza e tendenziale illimitatezza del potere dell'usuario di servirsi della cosa traendone ogni utilità ricavabile (Cass. civ., sez. II, 31 agosto 2015, n. 17320; Cass. civ., sez. II, 26 febbraio 2008, n. 5034).

Operate tali esclusioni sul piano dell'inquadramento, gli ermellini evidenziano che, quando non risulti possibile l'uso diretto della cosa comune per tutti i partecipanti al condominio, in proporzione delle rispettive quote millesimali (promiscuamente o con turnazioni temporali o con frazionamento degli spazi), la compagine condominiale può deliberare l'uso indiretto della cosa comune e tale deliberazione, quando si tratti di atto di ordinaria amministrazione - come nel caso della locazione di durata non superiore a nove anni - può essere adottata a maggioranza (Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 1994, n. 8528; Cass. civ., sez. II, 21 ottobre 1998, n. 10446).

I ripetitori di segnale - secondo i giudici di Piazza Cavour - devono considerarsi, in base al disposto dell'art. 812, comma 2, c.c., beni immobili (e, più specificamente, costruzioni, agli specifici effetti tanto dell'art. 934 c.c. - e, dunque, suscettibili di accessione - quanto dell'art. 952 c.c. - e, dunque, suscettibili di costituire oggetto di un diritto di superficie), rientrando essi tra le “altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio”, sicchè è possibile in astratto qualificare il contratto di cui si tratta come atto costitutivo di un diritto di superficie (Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 2009, n. 22127; Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2007, n. 20574).

Lo schema negoziale attraverso il quale il proprietario di un lastrico solare può concedere ad altri, a titolo oneroso, il diritto reale di installarvi un ripetitore, mantenerne la disponibilità ed il godimento per un certo tempo ed asportarlo al termine del rapporto va allora individuato - secondo il supremo consesso decidente - nel contratto costitutivo di un diritto reale di superficie.

Il diritto di superficie può essere a tempo determinato, in conformità al disposto dell'art. 953 c.c. e, al momento della sua estinzione per la scadenza del termine, il titolare della proprietà superficiaria può asportare il manufatto, ove ciò le parti abbiano pattuito, in deroga alla norma contenuta nel medesimo dell'art. 953 c.c. (dispositiva e non imperativa), alla cui stregua il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione quando il diritto di superficie si estingue.

Premesso che le caratteristiche tipiche della realità sono l'efficacia erga omnes (ossia la possibilità di farlo valere nei confronti di tutti e non solo del concedente), la trasferibilità a terzi e l'assoggettabilità al gravame ipotecario, analogo risultato socio-economico - attribuendo ad altri il diritto personale di installarvi un ripetitore, o altro impianto tecnologico, con facoltà per il beneficiario di mantenere la disponibilità ed il godimento dell'impianto e di asportare il medesimo alla fine del rapporto - può essere conseguito, nell'esercizio dell'autonomia privata riconosciuta dall'art. 1322 c.c., anche mediante un contratto ad effetti obbligatori.

In particolare, l'accordo con cui il proprietario di un'area conceda ad altri il diritto personale di edificare sulla stessa e rinunci agli effetti dell'accessione e, così, consenta alla controparte di godere e disporre del fabbricato e di asportarlo alla cessazione del rapporto, è riconducibile allo schema del contratto atipico di concessione dello ius ad aedificandum ad effetti obbligatori (Cass. civ., sez. II, 29 maggio 2001, n. 7300; Cass. civ., sez. II, 10 luglio 1985, n. 4111; Cass. civ., sez. un., 2 giugno 1984, n. 3351).

In siffatta evenienza, è configurabile un negozio ad effetti obbligatori, qualificabile come tipo anomalo di locazione, in cui al locatario si concede il godimento di un terreno, con facoltà di farvi delle costruzioni di cui godrà precariamente come conduttore e che, alla fine del rapporto, dovranno essere rimosse a sua cura.

Anzi, deve ritenersi - a parere del Collegio - che il contratto avente ad oggetto la concessione totale o parziale, a titolo oneroso, del godimento del lastrico solare di un fabbricato, allo scopo di consentire al concessionario l'installazione di un ripetitore di segnale, del quale il medesimo concessionario abbia la facoltà di godere e disporre nel corso del rapporto e di asportarlo al termine del rapporto, vada ricondotto - in mancanza di indicazioni di segno contrario suggerite dall'interpretazione del singolo contratto - allo schema del contratto atipico di concessione ad aedificandum ad effetti obbligatori; concessione soggetta, oltre che ai patti negoziali, alle norme generali contenute nel titolo II del libro IV del codice civile (art. 1323 c.c.), nonché, per quanto non previsto dal titolo, alle norme sul contratto tipico di locazione.

Il tutto a meno che non vi siano evidenze ermeneutiche da cui emerga che, nella specifica situazione dedotta in giudizio, i contraenti abbiano inteso conferire al concessionario del godimento del lastrico proprio un diritto reale di superficie, sia pure temporaneo.

Quanto alla disciplina applicabile, le Sezioni Unite ricordano che, ai contratti atipici, o innominati, possono legittimamente applicarsi, oltre alle norme generali in materia di contratti, anche le norme regolatrici dei contratti nominati (si pensi a quelle del contratto di locazione), quante volte il concreto atteggiarsi del rapporto, quale risultante dagli interessi coinvolti, faccia emergere situazioni analoghe a quelle disciplinate dalle norme dettate per i contratti tipici (Cass. civ., sez. III, 28 novembre 2003, n. 18229).

Da ciò discende che, al contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale, si applica tanto l'art. 1599 c.c., in tema di opponibilità del contratto al terzo acquirente dell'immobile - per quanto concerne sia la pattuizione relativa alla concessione dell'occupazione del lastrico sia la pattuizione che attribuisca incondizionatamente lo jus tollendi, al termine del rapporto, alla compagnia di telecomunicazioni - quanto l'art. 2643, n. 8), c.c., in tema di trascrizione dei contratti di locazione immobiliare di durata superiore ai nove anni (Cass. civ., sez. II, 29 novembre 1992, n. 11767). Sarebbe valida la pattuizione che sottraesse al proprietario del lastrico il diritto di ritenere le addizioni (il ripetitore) alla cessazione del rapporto e, specularmente, attribuisse lo ius tollendi alla compagnia di telecomunicazioni concessionaria del godimento del lastrico - salvo l'obbligo di ripristino del lastrico medesimo in caso di eventuali danneggiamenti derivanti dalle operazioni di rimozione - non essendo il disposto del comma 1 dell'art. 1593 c.c. - che attribuisce al locatore lo ius retinendi in ordine alle addizioni eseguite dal conduttore - una norma imperativa (Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2010, n. 13245; Cass. civ., sez. III, 20 giugno 1998, n. 6158; Cass. civ., sez. III, 11 gennaio 1991, n. 192; Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 1985, n. 1126).

I giudici di legittimità ribadiscono che la locazione costituisce titolo idoneo ad impedire l'accessione (Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 2005, n. 3440; Cass. civ., sez. II, 29 maggio 2001, n. 7300; Cass. civ., sez. II, 4 giugno 1987, n. 4887; Cass. civ., sez. I, 10 luglio 1985, n. 4111), trovando l'art. 936 c.c. applicazione solo nel caso in cui il costruttore possa effettivamente considerarsi terzo, per non essere legato al proprietario del suolo da un vincolo contrattuale o comunque negoziale, e facendo l'art. 934 c.c. salve le deroghe alla regola dell'accessione previste dalla “legge” o dal “titolo”, includendo, tra le prime, quelle relative alle addizioni eseguite dal locatore. Peraltro, il contratto di locazione vale a impedire l'accessione finché vige il contratto medesimo e il diritto del conduttore sul bene costruito è un diritto non reale che si estingue al venir meno del contratto e con il riespandersi del principio dell'accessione (Cass. civ., sez. VI/II, 4 febbraio 2013, n. 2501).

Non vi sono, del resto, ragioni per ritenere non meritevole di tutela l'interesse che il locatore e il conduttore vogliano realizzare attribuendo al conduttore del fondo locato, in deroga al principio dell'accessione, il diritto personale di godere delle costruzioni ivi da lui realizzate e di asportarle al termine del rapporto.
Da ultimo, le Sezioni Unite, premesso che il lastrico solare destinato a riceve l'installazione di un ripetitore di segnale costituisce parte comune di un edificio condominiale ex art. 1117 c.c., ricordano che, mentre ai sensi dell'art. 1108, terzo comma, c.c., per la costituzione di un diritto reale (temporaneo) di superficie sul lastrico condominiale, è necessario il consenso di tutti i condomini, per il rilascio di una concessione ad aedificandum di durata non superiore a nove anni è sufficiente la maggioranza prevista per gli atti di ordinaria amministrazione

Alla stregua di tali rilievi, le Sezioni Unite forniscono la riposta ai quesiti, statuendo che:

1) Il programma negoziale con cui il proprietario di un lastrico solare intenda cedere in godimento ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico, con il diritto di mantenere la disponibilità ed il godimento dell'impianto ed asportare il medesimo alla fine del rapporto, può astrattamente essere perseguito sia attraverso un contratto ad effetti reali, sia attraverso un contratto ad effetti personali; la riconduzione del contratto concretamente dedotto in giudizio all'una o all'altra delle suddette categorie rappresenta una questione di interpretazione contrattuale, che rientra nei poteri del giudice di merito; 2) Qualora le parti abbiano inteso attribuire all'accordo con cui il proprietario di un lastrico solare conceda in godimento ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico - con il diritto di mantenere la disponibilità ed il godimento dell'impianto ed asportare il medesimo alla fine del rapporto - effetti reali, lo schema negoziale di riferimento è quello del contratto costitutivo di un diritto di superficie, il quale attribuisce all'acquirente la proprietà superficiaria dell'impianto installato sul lastrico solare, può essere costituito per un tempo determinato e può prevedere una deroga convenzionale alla regola che all'estinzione del diritto per scadenza del termine il proprietario del suolo diventi proprietario della costruzione; il contratto con cui un condominio costituisca in favore di altri un diritto di superficie, anche temporaneo, sul lastrico solare del fabbricato condominiale, finalizzato alla installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, richiede l'approvazione di tutti i condomini; 3) Qualora le parti abbiano inteso attribuire all'accordo con cui il proprietario di un lastrico solare conceda in godimento ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico - con il diritto di mantenere la disponibilità ed il godimento dell'impianto ed asportare il medesimo alla fine del rapporto - effetti obbligatori, lo schema negoziale di riferimento è quello del contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale, con rinuncia del concedente agli effetti dell'accessione, con il quale il proprietario di un'area concede ad altri il diritto personale di edificare sulla stessa, di godere e disporre dell'opera edificata per l'intera durata del rapporto e di asportare tale opera al termine del rapporto; tale contratto è soggetto alla disciplina dettata, oltre che dai patti negoziali, dalle norme generali contenute nel titolo II del libro IV del codice civile (art. 1323 c.c.), nonché, per quanto non previsto dal titolo, dalle norme sulla locazione, tra cui quelle dettate dagli artt. 1599 c.c. e 2643, n. 8, c.c. e, ove stipulato da un condominio per consentire a terzi l'installazione del ripetitore sul lastrico solare del fabbricato condominiale, richiede l'approvazione di tutti i condomini solo se la relativa durata sia convenuta per più di nove anni.

Casistica

CASISTICA

Poteri dell'assemblea di condominio

Rientra nelle attribuzioni dell'assemblea condominiale quello di disciplinare beni e servizi comuni, al fine della migliore e più razionale utilizzazione, anche quando la sistemazione più funzionale del servizio comporta la dismissione o il trasferimento dei beni comuni, conseguendone che l'assemblea, con delibera a maggioranza, ha il potere di modificare, sostituire o eventualmente sopprimere un servizio, anche laddove esso sia istituito e disciplinato dal regolamento condominiale se rimane nei limiti della disciplina delle modalità di svolgimento e, quindi, non incida sui diritti dei singoli condòmini (nella specie, si è ritenuto che l'assemblea avesse legittimamente deliberato a maggioranza di non ripristinare l'antenna centralizzata per la ricezione di canali televisivi) (Cass. civ., sez. II, 11 gennaio 2012, n. 144).

Locazione del tetto comune

La delibera, che approvi la locazione di una porzione del tetto comune per l'installazione di un'antenna radio-base per telefonia cellulare, deve essere qualificata come autorizzativa di una costruzione e, quindi, costitutiva di un diritto reale di superficie in favore dell'apparente conduttore, richiedendosi, pertanto, la volontà unanime di tutti i condomini (App. Firenze 15 ottobre 2005).

Installazione non voluttuaria dell'antenna satellitare

Il richiamo operato dall'art. 2-bis, comma 13, della l. n. 66/2001 all'art. 1120, comma 1, c.c. è palesemente inteso a rimuovere ogni dubbio sulle finalità di miglioramento della cosa comune, insite nell'installazione di una nuova antenna satellitare, per cui l'opera costituisce innovazione necessaria, e non può essere qualificata voluttuaria, né soggetta, in quanto suscettibile di utilizzazione separata, al regime di esonero da contributo previsto dall'art. 1121 c.c. in favore dei condomini che non intendano trarne vantaggio (Giud. Pace Monza 15 marzo 2005).

Adeguamento del preesistente impianto tv

Mentre l'apposizione di un'antenna parabolica condominiale costituisce innovazione, laddove in precedenza vi fossero solo impianti di ricezione singoli, per contro l'adeguamento del preesistente impianto tv centralizzato al fine di consentire la ricezione dei canali satellitari concreta una mera modificazione della cosa comune, suscettibile di approvazione con le maggioranze di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 1136 c.c., e cioè con la maggioranza del cinquanta per cento (Trib. Napoli 28 febbraio 2001).

Riferimenti

Bosso, Gli impianti centralizzati e privati per ricezione radio, tv, Internet e per la produzione di energia da fonti rinnovabili dopo la riforma del condominio, in Arch. loc. e cond., 2014, 10;

Rispoli, Note minime in tema di antenna condominiale, in Giust. civ., 2013, I, 421;

Scripelliti, Antenna per telefonia cellulare e poteri della assemblea del condominio, in Giur. it., 2007, 369;

Scarpa, La condominializzazione del diritto all'antenna, in Rass. loc. e cond., 2006, 329;

Petrolati - Rinzivillo, Il decoro architettonico. L'estetica dell'edificio condominiale. Il diritto di antenna. La scena urbana, Milano, 2004;

Viganò, Antenne negli edifici condominiali. La dialettica degli opposti e la promozione dell'innovazione tecnologica (tutela del diritto alla salute del cittadino e libertà di iniziativa economica dell'impresa). Le “innovazioni necessarie”, di cui all'art. 2-bis, 13º comma, l. 20 marzo 2001 n. 66, in Arch. loc. e cond., 2002, 145;

Cuffaro, Installazione di antenne paraboliche o satellitari ad utilizzazione collettiva dei condomini e maggioranza assembleare necessaria per deliberare, in Arch. loc. e cond, 2002,503;

Izzo, Antenne paraboliche, in Rass. loc. e cond., 2001, 187.

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