Giurisdizione volontaria
31 Marzo 2017
Inquadramento IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE Il problema di una linea di demarcazione tra giurisdizione contenziosa e volontaria giurisdizione si pose con l'entrata in vigore dell'attuale codice di procedura civile, perché il legislatore non ha ritenuto opportuno «ai fini pratici porre un criterio sostanziale di demarcazione tra giurisdizione volontaria e contenziosa» (Prog. def. Solmi, n. 445). Coerentemente con questa impostazione il legislatore ha avuto una scarsa propensione nell'impiego dell'espressione «volontaria giurisdizione», che si trovava esclusivamente nell'art. 801 c.p.c., oggi abrogato, secondo cui «Agli atti dei giudici stranieri in materia di volontaria giurisdizione, quando si vuole farli valere in Italia, è attribuita efficacia nella Repubblica a norma degli artt. 796 e 797 in quanto applicabili», oggi sostituito dall'art. 67, l. n. 218/1990; nell'art. 32 disp. att. c.c., secondo cui «Il pubblico ministero deve essere sempre sentito nei procedimenti di volontaria giurisdizione riguardanti il fondo patrimoniale» e negli artt. 35 e 36 D.P.R. 200/1967 «Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari». Molti sono, tuttavia, gli esempi di procedimenti di questo genere nel nostro ordinamento giuridico. Questo il punto di partenza dell'abbondante elaborazione dottrinale sulla volontaria giurisdizione. Il dibattito dottrinale
La posizione classica individua nella volontaria giurisdizione materia amministrativa, cui solo si prestano le forme giurisdizionali, ma non la corrispondente natura, perché non c'è giudicato (Liebman Manuale di diritto processuale civile, Milano 1980, 27-28; Allorio Saggio polemico sulla giurisdizione volontaria, Problemi di diritto, II, Milano 1957, 32). La tesi ora richiamata è stata oggetto di contestazioni. La dottrina (Denti, La giurisdizione volontaria rivisitata, Studi in onore di Allorio, I, Milano 1989, 181) ha dato rilievo all'affermazione della Corte costituzionale secondo la quale le questioni di legittimità costituzionale possono essere sollevate anche nel corso di procedimenti di volontaria giurisdizione (nel caso di omologazione ex art. 2330 c.c., già con la sent. 12 dicembre 1957, n. 129, in Giust. cost. 1957, 406, con nota di Cappelletti; v. inoltre la decisione 11 marzo 1958, n. 24, in Foro it., 1958, I, 510], per concludere che sulla natura giurisdizionale della volontaria giurisdizione. Ad altri il dato non è sembrato decisivo (Fazzalari Procedimento camerale e tutela dei diritti, Riv. dir. proc., 1988, 914), come ha del resto avuto modo di osservare la stessa Corte costituzionale (sent. n. 226/1976, Giust. cost. 1976, 1828). Fazzalari (La giurisdizione volontaria, Padova 1973) identifica la volontaria giurisdizione come un tertium genus. Una serie di caratteristiche distinguono la volontaria giurisdizione da quella contenziosa, tutte conseguenza del fatto che la volontaria giurisdizione non ha mai lo scopo di dirimere un conflitto: così tutta la giurisdizione contenziosa è mossa dal principio dell'azione, al contrario, nella volontaria giurisdizione non infrequente è l'iniziativa d'ufficio. Sul suddetto presupposto i due provvedimenti verrebbero coniati: così il procedimento di giurisdizione contenziosa si dovrebbe svolgere con forme tipiche e concludersi con un provvedimento idoneo al passaggio in giudicato; il procedimento di volontaria giurisdizione potrebbe essere più flessibile e terminerebbe con provvedimento sempre modificabile al mutamento dell'assetto degli interessi o della considerazione di essi. Questa posizione, tuttavia, non trova alcun appiglio nel dettato costituzionale, dove non si parla di “quarto potere”. Dall'art. 102 Cost. sarebbe desumibile la giurisdizionalità delle funzioni di volontaria giurisdizione attribuite ai giudici civili: la Costituzione, infatti, non prevede per i magistrati ordinari funzioni diverse da quelle giurisdizionali. Vero è che nella normativa costituzionale la giurisdizione civile contenziosa viene implicitamente differenziata da quella non contenziosa: la Costituzione vincola il legislatore ordinario ad attribuire ai magistrati ordinari esclusivamente la tutela dei diritti, mentre non si rinviene nessun vincolo relativamente alla volontaria giurisdizione. Il legislatore ordinario è libero nell'attribuzione di tali funzioni ai giudici piuttosto che all'amministrazione. Tuttavia la scelta d di assegnare tale materia alla magistratura ordinaria non renderebbe i relativi atti formalmente giurisdizionali e sostanzialmente amministrativi perché condizionerebbe anche la sostanza delle funzioni «… nel senso che gli interessi qui presi in considerazione dal legislatore non vengono “curati in proprio” dai giudici come organi pubblici e sono per i provvedimenti giudiziari non “cause” di loro “comandi” ai destinatari degli effetti dei provvedimenti medesimi, ma – come per i diritti soggettivi per i provvedimenti giurisdizionali contenziosi – oggetto della loro tutela» (Montesano, Giurisdizione volontaria, EGT, XV, Roma 1989, 3). La maggior parte della dottrina ha correttamente individuato la linea di demarcazione tra attività amministrativa propriamente detta e la volontaria giurisdizione: l'organo amministrativo opera come portatore dell'interesse pubblico; il giudice opera sempre come soggetto imparziale nell'attuazione di un interesse fissato in una norma di legge (Così, Micheli, Camera di consiglio (diritto processuale civile), Enc. del Dir., V, Milano 1981, 18 ss.). Micheli colloca la variegata attività che viene racchiusa nella categoria della volontaria giurisdizione nell'ambito della giurisdizione, riconoscendone il comune denominatore nella attuazione del diritto oggettivo da parte di un terzo imparziale, il giudice [Micheli, op. cit., 18]. Calamandrei, che individua l'essenza della giurisdizione civile contenziosa nella composizione della lite, ha sottolineato come la funzione propria di questa parte della giurisdizione sia quella di prevenzione delle liti (Calamandrei Limiti fra giurisdizione e amministrazione nel processo civile, Riv. dir. comm 1917, 250). Montesano (Giurisdizione volontaria, Enc. giur., XV, Roma 1989, § 4) include sotto l'etichetta di giurisdizione oggettiva tutti quei provvedimenti che non sono diretti a tutelare diritti lesi od insoddisfatti, ma una pluralità di interessi non soggettivabili (si cita come esempio il fallimento, che serve a soddisfare i creditori ma risponde anche al generale interesse di liquidazione delle grandi imprese in crisi; ovvero è il caso del giudizio di interdizione e di inabilitazione, ove viene tutelato sia l'interesse dell'infermo di mente sia quello di coloro che con esso abbiano determinati legami di parentela o di relazioni giuridicamente rilevanti) o interessi che sono riferibili insieme ed inscindibilmente a soggetti e ad istituzioni anch'esse non soggettivate o personificate dall'ordinamento (viene fatto l'esempio dell'interesse alla tutela dei minori rispetto all'istituzione-famiglia) ovvero a soddisfare esigenze di modificazioni giuridiche sostanziali, che in certe situazioni l'ordinamento ritiene di dover gestire anche se non è in gioco un interesse pubblico ma l'assetto di determinate interessi privati (in questo gruppo si fa rientrare il procedimento di scioglimento delle comunioni). I procedimenti di giurisdizione oggettiva si concludono con sentenze idonee al passaggio in giudicato. I procedimenti non sono messi in moto da richieste di tutela di diritti soggettivi o da diritti soggettivi, ma incidendo su diritti soggettivi importano la necessità, per motivi di legittimità costituzionale, che abbiano le caratteristiche sufficiente a farne “dovuti processi legali” a tutela dei diritti incisi o che comunque tale tutela sia assicurata in via di ordinaria azione civile contenziosa. Esclusi dal novero della volontaria giurisdizione tutti i provvedimenti che precedono e che Montesano fa rientrare nella giurisdizione oggettiva, nonché i provvedimenti camerali destinati alla tutela sommaria dei diritti, si passa alla definizione della volontaria giurisdizione. L'autore ha, dunque, identificati come provvedimenti di volontaria giurisdizione esclusivamente quelli conclusivi di procedimenti camerali che predispongono forme e contenuti di atti di diritto sostanziale ovvero li autorizzano, in sostanza, provvedimenti che costituiscono elementi di più ampie fattispecie di diritto sostanziale. Questa sarebbe la nozione di volontaria giurisdizione adottata dal legislatore ordinario e desumibile in primo luogo dall'art. 801 c.p.c., oggi abrogato e sostituito dall'art. 67 legge 31 maggio 1995, e art. 32 disp. att. c.c.. L'art. 801 prevedeva la delibazione dei provvedimenti stranieri in materia produttivi di effetti nell'ordinamento giuridico italiano, cosa che rendeva certa l'esistenza di effetti riconducibili alla volontaria giurisdizione; conferma questa che proviene anche dall'attuale art. 67 l. 218/1995, che disciplina l'attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria. L'art. 32 citato deve essere coordinato con gli artt. 169 e 171 c.c. di cui costituisce attuazione. Il primo articolo qualifica espressamente di volontaria giurisdizione i provvedimenti giudiziari riguardanti il fondo patrimoniale; l'art. 169 c.c. stabilisce espressamente che in questi casi il giudice debba provvedere in camera di consiglio; l'art. 171 disciplina la vita e la fine della fondo patrimoniale in caso di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Da queste disposizioni vengono tratte precise conseguenze: la volontaria giurisdizione esiste nel nostro ordinamento giuridico ed è ben distinta dalla giurisdizione contenziosa; i prototipi di provvedimenti di volontaria giurisdizione sono quelli di cui agli art. 169 e 171 c.c.; il procedimento che accoglie la materia della volontaria giurisdizione è quello di cui agli art. 737 ss. c.p.c. (V. Procedimento in camera di consiglio, di prossima pubblicazione). Il modello fornito dagli artt. 169 e 171 c.c. farebbe concludere nel senso che provvedimenti di volontaria sono quelli che si inseriscono nella formazione di fattispecie di diritto sostanziale, espressamente disciplinati dal legislatore. La giurisprudenza di cassazione
La giurisprudenza della Corte di cassazione, che ha identificato vari provvedimenti in questo settore (quelli del presidente del tribunale relativi a vari momenti dell'amministrazione e della vita di una società di persone e di una società di capitale; quelli ex art. 2409 c.c.; quelli relativi alla tenuta dei registri ex art. 2188 c.c.; in tema di affidamento, affiliazione ed assistenza dei minori; i provvedimenti ablativi della potestà parentale ed altri in materia di famiglia; il provvedimento che, in caso di mora credendi, ai sensi dell'art. 1211 c.c., dispone sull'istanza del debitore diretta alla vendita di cose deperibili o di dispendiosa custodia; il provvedimento di omologa della separazione personale; il provvedimento di correzione degli errori materiali; il provvedimento con cui si provvedimento emesso ex art. 745 c.p.c.ed ancora altri. V. Cass. 13 novembre 1996 n. 9942; Id. 17 giugno 1996 n. 5567; Id. 23 ottobre 1996 n. 9234; Id. 24 ottobre 1996 n. 9267; Id. 10 maggio 1997 n. 4090; Id. 20 maggio 1997 n. 4470; Id. S.U., 15 luglio 2003, n. 11026; Id. 20 ottobre 2004, n. 20498; Id.29 ottobre 2004 n. 20957; Id. 26 ottobre 2006, n. 23027; Id., 29 novembre 2006, n. 25366; Id. 20 luglio 2015, n. 15131) ha individuato i caratteri peculiari della volontaria giurisdizione nella non decisorietà su diritti e, conseguentemente, nella non impugnabilitá dei relativi provvedimenti ex art. 111 Cost. (tra le più recenti si veda: Cass., 29 dicembre 2011, n. 30052; Id., 27 febbraio 2012, n. 2986; Id.,13 settembre 2012, n. 15341;) Difficile sarebbe l'interferenza tra le due giurisdizioni aventi oggetti totalmente diversi; ove, però, diritti soggettivi perfetti dovessero essere incisi da provvedimenti di volontaria giurisdizione, non potrebbe essere negato loro il diritto di ricorrere al giudice ordinario, purché il diritto sia correttamente individuato. Conclusioni intorno alla natura della volontaria giurisdizione
L'esame della dottrina e della giurisprudenza relativa alla volontaria giurisdizione consente a questo punto di trarre conclusioni intorno a ciò che è e ciò che non è volontaria giurisdizione. Si è già negato che essa possa essere inclusa nell'attività amministrativa, ma si deve pure escludere che sia relegabile in un terzo genere: la Costituzione non consente di qualificare come non giurisdizionali le attività che sono formalmente attribuite al potere giudiziario. Vi è poi una constatazione semplice: ammettendo l'ipotesi di Fazzalari si verrebbe a configurare una sorta di quarto potere, inammissibile perché contrario al principio della tripartizione dei poteri, base del nostro ordinamento giuridico. Riservare al potere giudiziario la cura di un interesse privato con riflessi pubblicistici significa riservarla ad un soggetto terzo che procederà con tale qualità alla persecuzione di un interesse che prima di tutto è privato. Ciò che differenzia la volontaria giurisdizione da quella contenziosa è l'assenza formalmente di un diritto soggettivo leso, anche se le parti si possono essere portatrici di istanze tra di loro contrapposte. Per lasciare al giudice la libera gestione degli interessi, le forme procedimentali sono scarne ed essenziali per lo più dominate dall'iniziativa officiosa, anche nel momento dell'istruttoria (Vedi Bussola “Procedimento in camera di consiglio”). Destinato all'esercizio della volontaria giurisdizione è essenzialmente il procedimento camerale disciplinato agli artt. 737 ss., con forme analoghe a quelle previste nel codice precedente. Anche se vengono derogate tali disposizioni, sono comunque utilizzate forme semplici e fluide che consentano al giudice di esplicare nel migliore dei modi la sua funzione. La mancata esplicita destinazione del procedimento camerale all'esercizio della volontaria giurisdizione da parte del legislatore del codice di procedura civile, è dovuto alla volontà di lasciare libero in ogni momento il legislatore successivo di adottare la procedura camerale anche per la tutela dei diritti: in più di qualche caso Corte costituzionale (in questo senso Corte Cost. nn. 543/1989 e 573/1989) ha specificato che la scelta della procedura camerale per la tutela dei diritti è frutto di politica legislativa insindacabile dal giudice della costituzionalità. Il problema della tutela dei diritti incisi dai provvedimenti di volontaria giurisdizione
Uno dei principali problemi che si pone allo stato attuale è quello della tutela dei diritti occasionalmente incisi dai provvedimenti di volontaria giurisdizione (Vedi da ultimo: Turroni, L'interesse come oggetto di tutela nei procedimenti in camera di consiglio, in Giustiziacivle.com, novembre 2016). Le soluzioni prospettate dalla dottrina esaminata nel paragrafo 2 sono diverse. In primo luogo si è ritenuto che essendo la giurisdizione contenziosa e la volontaria due sfere tra di loro separate, il provvedimento di volontaria giurisdizione non possa essere rimosso che con mezzi offerti dalla disciplina del procedimento camerale, quindi la revoca ex art. 742 ovvero il reclamo ex art. 739 (Vedi Chizzini, La revoca dei provvedimenti di volontaria giurisdizione, Padova 1994). In secondo luogo si è sostenuto che essendo il provvedimento di volontaria giurisdizione parte di una più ampia fattispecie di diritto sostanziale, il suo eventuale vizio possa essere eliminato mediante le comuni azioni negoziali dirette avverso il negozio o contratto concluso sulla base del provvedimento illegittimo (Vedi Montesano, op. cit.). Infine, si è rilevato che qualora il provvedimento leda o comunque “incida” negativamente su di un diritto soggettivo perfetto, a quest'ultimo non potrà essere negato “il dovuto processo”. Quest'ultima è anche la posizione della giurisprudenza sopra vista (V. Carratta, Sulla tutela del diritto soggettivo di natura processuale “inciso” dal provvedimento camerale, in Giur.it., 1996, 751). Il problema, tuttavia, è anche quello della corretta qualificazione di una fattispecie. Difatti, vi sono casi in cui il procedimento camerale non viene utilizzato per l'esercizio della volontaria giurisdizione, ma per la tutela di diritti (in proposito vedi: Proto Pisani, Usi e abusi della procedura camerale ex art. 737 ss. c.p.c.: appunti sulla tutela giurisdizionale dei diritti e sulla gestione di interessi devoluta al giudice, in Riv. dir. civ., 1990, I, 393): in tali ipotesi, si dovrebbero “arricchire” con le garanzie del giusto processo le scarne forme del procedimento camerale, e quindi il provvedimento decisorio sul diritto, anche quando passi in giudicato rebus sic stantibus, oltre a reclamo (con sostanza di appello) è soggetto a ricorso in cassazione (art. 111 Cost.).
Riferimenti
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