Spese (nei procedimenti in camera di consiglio)

10 Gennaio 2016

Spese nei procedimenti di volontaria giurisdizione, intendendo per “camera di consiglio il modello processuale comune dei procedimenti camerali, ex artt. 737 e ss. c.p.c.
Inquadramento

Per affrontare il tema delle spese nei procedimenti di volontaria giurisdizione bisogna innanzitutto ricordare che, con l'espressione “camera di consiglio”, in questa sede intendiamo riferirci al modello processuale comune dei procedimenti camerali, ossia agli

artt. 737 e ss. c.p.c.

.

La dottrina distingue all'interno di questi procedimenti tra vari gruppi:

  • i procedimenti di volontaria giurisdizione;

  • i procedimenti camerali contenziosi;

  • i procedimenti o sub procedimenti connessi nell'ambito dei procedimenti camerali contenziosi.

Anche del regime delle spese in questi procedimenti occorrerà occuparsi, considerando che negli ultimi decenni il legislatore ha esteso al rito camerale la cognizione di controversie relative proprio a diritti soggettivi o a status la cui risoluzione è un'attività di giurisdizione a tutti gli effetti contenziosa.

Le spese nei procedimenti camerali non contenziosi

Secondo la dottrina, nei procedimenti camerali non contenziosi non si potrebbe avere condanna alle spese perché in essi non si può configurare la soccombenza. Secondo una diversa interpretazione, invece, la condanna alle spese sarebbe ammessa nei procedimenti bilaterali quando la domanda del ricorrente sia contrastata dall'altra parte.

La giurisprudenza, invece, è divisa in entrambi i sensi: secondo alcune pronunce le disposizioni degli

artt. 91 e ss. c.p.c.

trovano applicazione analogica nei procedimenti camerali ove il provvedimento che li definisca non si esaurisca in un intervento del giudice di tipo sostanzialmente amministrativo, ma statuisca su posizioni soggettive in contrasto (

Cass.

civ.,

21 marzo 1989, n. 1416

); o addirittura si afferma che il regime generale delle spese deve applicarsi in via analogica a tutte le ipotesi in cui il giudice decide su contrapposte posizioni con decreto o con ordinanza (

Cass.

civ.,

4 novembre 1992, n. 11961

). Secondo un altro orientamento, invece, non è ammissibile la condanna alle spese nei procedimenti camerali non contenziosi. Ciò ad esempio è stato affermato con riferimento ai provvedimenti modificativi, ablativi, restitutivi della potestà dei genitori resi dal giudice minorile (

Cass.

civ.,

20 maggio

1987, n. 4607

). Lo stesso principio è stato affermato con riferimento al procedimento di correzione degli errori materiali ex

art. 287 c.p.c.

, ed anche con riguardo al procedimento di nomina di amministratore di condominio (per la prima Cass. civ., 8 luglio 1983, n. 591; per la seconda

Cass.

civ.,

11 aprile 2002, n. 5194

).

Si è tuttavia specificato che è legittima la condanna alle spese nel procedimento promosso in sede di reclamo ex

art. 739 c.p.c.

contro un provvedimento reso in camera di consiglio, dato che ivi si profila comunque un conflitto tra parte impugnante e parte destinataria del reclamo (

Cass.

civ.,

16 maggio 2007, n. 11320

).

Anche la giurisprudenza di merito è in linea con gli orientamenti della Cassazione; afferma, infatti, che il principio della soccombenza è inapplicabile soltanto a quei procedimenti camerali che, secondo un apprezzamento di fatto che va condotto dal giudice del merito, abbiano il carattere di giurisdizione volontaria e ciò va valutato in base al concreto atteggiarsi della vicenda processuale. Ne deriva che, anche il procedimento di nomina o di revoca dell'amministratore di condominio, può acquisire in concreto carattere contenzioso legittimando l'applicazione dell'

art. 91 c.p.c.

(

App. Milano 15 dicembre 2004

, in Red. Giuffré, 2005).

Si è invece specificato che le spese del procedimento di volontaria giurisdizione promosso ai sensi dell'

art. 1105 c.c.

, comma 4, non possono essere liquidate dal giudice adito, ma devono restare a carico del soggetto che le ha anticipate (

App. Salerno ,7 settembre 2004

); stesso principio è stato affermato con riferimento alle spese del reclamo ex

art. 26 legge fall

. (

Cass.

civ.,

17 gennaio 2003, n. 650

).

Quando poi la pronuncia sulle spese venga comunque, anche se erroneamente, adottata in un procedimento camerale non contenzioso, la giurisprudenza specifica che è ammissibile il ricorso per cassazione ex

art. 111 Cost.

; laddove invece sia stato proposto il reclamo ex

art. 739 c.p.c.

nei confronti del provvedimento di merito che la contiene, la statuizione sulle spese non è ricorribile per cassazione, ma può essere riesaminata con il merito del provvedimento in sede di reclamo (

Cass.

civ.,

29 dicembre 2004, n. 24140).

Secondo le Sezioni Unite è ammissibile il ricorso in Cassazione rispetto alla statuizione relativa alla condanna alle spese giudiziali rispetto al procedimento di revoca dell'amministratore di condominio e successivo reclamo, dato che questa statuizione riguarda posizioni giuridiche soggettive derivanti da un rapporto autonomo rispetto a quello al cui esame è stata adottata ed essendo altresì idonea al passaggio in giudicato, senza che rilevi il fatto che essa accede ad un provvedimento di volontaria giurisdizione (

Cass.

civ.

, sez. U., 29 ottobre 2004, n. 20957

).

Infine, per quanto riguarda i procedimenti c.d. necessari, il criterio della soccombenza deve, secondo la giurisprudenza, essere soppiantato dal criterio dell'interesse del destinatario del provvedimento, in assenza del quale dovrebbe applicarsi il criterio della irripetibilità delle spese e, solo in caso di opposizione del convenuto, il criterio della soccombenza (

Cass.

civ.,

14 dicembre 1988, n. 6814

).

Le spese nei procedimenti camerali contenziosi

Sia la giurisprudenza che la dottrina ritengono pacificamente applicabile ai procedimenti camerali contenziosi la disciplina degli

artt. 91 e ss. c.p.c.

(

Cass.

civ.,

18 novembre 1988, n. 6232

; Trib. Napoli, 18 aprile 1984; Trib. Genova 13 novembre 1992; contra Cass. civ., 13 settembre 1985, n. 4685). Lo si è detto ad esempio rispetto:

Con riferimento al regime delle spese nel procedimento per l'equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo si veda la Bussola relativa.

Le spese nel procedimento ex art. 2409 c.c.

I

l difficile inquadramento della natura del procedimento ex

art. 2409 c.c.

si riverbera sul relativo regime delle spese. Secondo un primo orientamento, l'

art. 91 c.p.c.

sarebbe inapplicabile al procedimento in parola perché non vi sarebbe all'interno alcun controllo giudiziario di un contrasto tra diverse posizioni giuridiche soggettive e, pertanto, la sua natura sarebbe, pacificamente, di un procedimento di volontaria giurisdizione. In particolare diverse sono state, all'interno di questo orientamento, le motivazioni poste alla base della negazione dell'ammissibilità della disciplina generale delle spese. Si è infatti detto che le spese del procedimento restano a carico del soggetto che le ha anticipate, perché vi è incompatibilità logica tra la natura del procedimento, rientrante nella giurisdizione volontaria, ed il principio di soccombenza fissato dall'

art. 91 c.p.c.

(App. Bologna 29 giugno 2001). Oltre alla incompatibilità logica si è affermata la tesi secondo cui non sarebbe ipotizzabile la soccombenza, alla stregua della regola generale dettata in tema di procedimenti di tipo non contenzioso (

Cass.

civ.,

2 ottobre 1997, n. 9636

). In contrasto, tuttavia, si è affermato che contro tale statuizione sulle spese non sarebbe comunque proponibile il ricorso straordinario in cassazione perché, pur avendo natura decisoria perché costitutiva di un rapporto obbligatorio, sarebbe priva di definitività essendo parte integrante di un provvedimento assoggettato ad un diverso mezzo di impugnazione, quale il reclamo alla Corte d'Appello ex

art. 739 c.p.c.

(

Cass.

civ.,

29 novembre 2004, n. 22489

). Invece, in sede di reclamo contro il provvedimento pronunciato dal Tribunale, sarebbe applicabile la disciplina degli

artt. 91 e ss. c.p.c.

perché in questo caso si profilerebbe un contrasto tra parte reclamante e parte reclamata e, di conseguenza, si potrebbe individuare una parte soccombente ed una vittoriosa all'esito del procedimento impugnatorio (

Cass.

civ.,

8 maggio 2001, n. 6365

).

La domanda è quindi relativa alla sorte delle spese non liquidate alla stregua di questa interpretazione. In sostanza, poiché il procedimento ex

art. 2409 c.c.

non postula contrapposizione di antitetiche posizioni di diritto soggettivo, in esso, rispetto al provvedimento che definisce il relativo giudizio, non può legittimamente configurarsi la posizione di parte soccombente tenuta al rimborso delle spese a favore di altra parte vittoriosa a norma dell'

art. 91 c.p.c.

(

Cass.

civ.,

15 marzo 2001, n. 3750

). Le spese devono dunque restare a carico del soggetto che abbia assunto la relativa iniziativa (Trib. Chiavari, 12 giugno 2001; Cass. civ., 5 giugno 1998, n. 5555). Tuttavia, qualora ci sia una condanna al pagamento delle spese processuali, indipendentemente dalla natura del procedimento cui accede, essa ha sempre natura di sentenza ed è quindi impugnabile con ricorso straordinario (

Cass.

civ.,

23 gennaio 1996, n. 498

;

Cass.

civ.,

5 luglio 2002, n. 9828

).

In questo generale ambito la giurisprudenza ha tuttavia diversificato il proprio orientamento, affermando che il compenso dell'amministratore giudiziario, nominato ex

art. 2409 c.c.

, su iniziativa del socio che denunci irregolarità da parte dell'amministratore in carica, non è spesa del procedimento, ma costituisce esborso per l'attuazione e l'esecuzione del provvedimento cautelare impartito dal giudice in esito al procedimento stesso e, quindi, in difetto di diversa previsione, fa carico alla società in qualità di beneficiaria e destinataria di quella nomina e dell'attività del soggetto con essa preposto alla gestione societaria, salva restando la possibilità di rivalersi del relativo onere nei confronti dell'amministratore sostituito, nell'ambito dell'azione di responsabilità di cui all'

art. 2932 c.c.

(

Cass.

civ., 01

dicembre 1997, n. 12180

).

In particolare si è evidenziato come il principio che nel procedimento ex

art. 2409 c.c.

non sia ipotizzabile una soccombenza, vada inteso cum grano salis ed, in particolare, vada disapplicato, con conseguente condanna del soccombente alle spese, tutte le volte in cui il procedimento sia caratterizzato da situazioni giuridiche contrapposte ed abbia pertanto comportato spese a carico dei soggetti legittimati a parteciparvi. In questo caso, infatti, va applicato il principio della rifusione delle spese da parte del soccombente qualunque sia il tipo di provvedimento che chiude il procedimento avanti al giudice che lo emette (App. Milano 11 luglio 1997). Più in generale, si è affermato che deve essere condannato alla rifusione delle spese processuali colui che abbia iniziato il procedimento ex

art. 2409 c.c.

infondatamente, dal momento che la norma di cui all'

art. 91 c.p.c.

ha natura generale e si applica in tutti i casi di contrapposizione di posizioni processuali e, quindi, anche nell'ambito dei procedimenti di volontaria giurisdizione a struttura bilaterale (App. Roma 8 giugno 2001).

L'ultima tendenza sia della giurisprudenza di merito che della Corte di Cassazione sembrerebbe, tuttavia, nel senso del riconoscimento dell'applicabilità del principio della soccombenza anche nel procedimento ex

art. 2409 c.c.

Si afferma, infatti, che, nel procedimento in parola, la condanna al pagamento delle spese processuali, pronunciata a favore di colui che le abbia anticipate, pur non essendo accessoria ad una decisione su diritti soggettivi, né collegabile a comportamenti anteriori al processo, è legittima nella parte in cui si fondi sulla soccombenza processuale dei controinteressati nel contrasto delle posizioni soggettive, ma non può avere ad oggetto le spese di ispezione giudiziale della società, che restano a carico dei soci denuncianti (

Cass.

civ.,

10 gennaio 2005, n. 293

;

Cass.

civ.,

9 luglio 2002, n. 9828

). Questa tesi sposerebbe, in sostanza, le critiche espresse dalla dottrina sull'ipotesi dell'inapplicabilità della disciplina sulle spese del procedimento all'

art. 2409 c.c.

e, in particolare, il rilievo che detta disciplina si impone non solo per le caratteristiche proprie della condanna alle spese intesa come necessario complemento della tutela giurisdizionale, ma anche per la collocazione sistematica dell'

art. 91 c.p.c.

all'interno delle disposizioni generali del codice di rito. Da ultimo, la giurisprudenza sembra attestarsi sulla necessità di far accedere al provvedimento pronunciato

ex

art. 2409 c.c.

la condanna alle spese.

Il ricorso in Cassazione contro i provvedimenti camerali contenenti condanna alle spese

La distinzione tra procedimenti camerali contenziosi e non contenziosi è importante anche per le differenze in termini di impugnabilità. I primi, infatti, possono sfociare in provvedimenti idonei al giudicato e, pertanto, sicuramente definibili come sentenze in senso sostanziale, con conseguente impugnabilità con ricorso straordinario in Cassazione. I secondi, viceversa, non sono mai impugnabili ex

art. 111 Cost.

perché, pur se incidenti su situazioni di diritto soggettivo o status, si concludono con provvedimenti insuscettibili del necessario predicato della definitività.

La Corte di cassazione ammette dunque il ricorso straordinario avverso i decreti che contengano la condanna di una parte al pagamento delle spese processuali in favore dell'altra parte, limitatamente alla sola statuizione sulle spese stesse (

Cass.

civ.,

28 aprile 1994, n. 4030

;

Cass.

civ.,

16 gennaio 1997, n. 420

;

Cass.

civ.,

2 ottobre 1997, n. 9636

)

Con riguardo ai provvedimenti camerali non contenziosi, pertanto, la statuizione sulle spese che sia stata eventualmente adottata, è impugnabile con ricorso straordinario in Cassazione laddove il reclamo non sia stato proposto, perché solo in questo caso la statuizione presenta il carattere combinato della decisorietà e della definitività. Se, invece, è stato proposto il reclamo ex

art. 739 c.p.c.

, il capo relativo alle spese è impugnabile solo con questo rimedio (

Cass.

civ.,

11 aprile 2002, n. 5914

).

Riferimenti

C. ASPRELLA, Il regime delle spese nei procedimenti camerali, in AA.VV. Le spese nel processo, Suppl. al num. 7/8 di Giur. merito, 2009, 44 e ss.;

R. GIORDANO, Spese nel processo. Nei procedimenti ordinario, di esecuzione, sommario e in camera di consiglio, Milano, 2012.

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