Rito sommario c.d. semplificato (semplificazione dei riti)

Cristina Asprella
18 Gennaio 2021

In attuazione della l. n. 69/2009, il d.lgs. n. 150/2011 ha ricondotto al processo sommario di cognizione alcuni procedimenti speciali. A tali procedimenti si applica il nuovo modello processuale costituito dal «rito sommario c.d. semplificato» che presenta alcune varianti rispetto al «rito sommario» previste dall'art. 3 del d.lgs. n. 150/2011.
Inquadramento

Il legislatore della riforma del 2009 ha sentito l'esigenza di ridurre e semplificare i procedimenti civili di cognizione (art. 54 della l. n. 69/2009) e ha provveduto a delegare il Governo il quale, in attuazione della delega, ha emanato il d.lgs. n. 150/2011 che ha individuato 28 procedimenti speciali di cognizione, escludendo una serie di processi speciali. Questi 28 procedimenti sono stati fatti confluire in 3 modelli differenti e, precisamente, nel processo del lavoro, nel processo sommario di cognizione e nel processo ordinario di cognizione. In particolare, quelli afferenti al processo sommario di cognizione sono stati così selezionati laddove si potesse in essi individuare i caratteri della semplificazione della trattazione e della istruzione della causa. Questi tre riti pertanto sono costruiti dal legislatore del «decreto semplificazione» come delle vere e proprie figure di riferimento, dei «modelli», per l'appunto, cui ricondurre la regolamentazione dei singoli procedimenti.

In evidenza

I procedimenti ricondotti dal d.lgs. n. 150/2011 al processo sommario di cognizione sono caratterizzati dalla semplificazione della trattazione e della istruzione della causa; per essi il processo sommario di cognizione rappresenta il «prototipo» processuale cui ricondurre la regolamentazione dei singoli procedimenti in questione.

I riti ricondotti al processo sommario di cognizione

Come già anticipato, il d.lgs. n. 150/2011 (art. 3, artt. 14-30) ha ricondotto al processo sommario di cognizione alcuni procedimenti speciali, in particolare 17 procedimenti «anche se in camera di consiglio, in cui sono prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o della istruzione della causa… restando tuttavia esclusa per tali procedimenti la possibilità di conversione nel rito ordinario» (art. 54 comma 4 n. 2 della l. n. 69/2009). Successive modifiche alla disciplina sono state apportate con il successivo d.l. n. 13/2017 sicché, attualmente, i procedimenti ricondotti al modello «sommario» sono afferenti a materie non omogenee e, anzi, sostanzialmente eterogenee.

Volendo individuare degli elementi comuni si può dire che essi possono essere in linea generalissima ricondotte a tre categorie, quelle che erano regolate tramite richiamo alle norme sui procedimenti camerali, altre regolate dal procedimento cautelare uniforme, altre infine disciplinate dal rito ordinario di cognizione.

In particolare ad esso sono ricondotte, ad es., controversie che hanno una natura prettamente giudiziaria tra cui le controversie relative alla liquidazione degli onorari degli avvocati (art. 28 della l. n. 794/1942); l'opposizione al pagamento delle spese di giustizia (art. 170 del D.p.r. n. 115/2002); l'attuazione dei provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria (art. 67 della l. n. 218/1995); l'impugnazione dei provvedimenti disciplinari a carico dei notai (artt. 158 e 158-novies della l. n. 89/1913), che sono tutte controversie di natura prettamente giudiziaria. In particolare, rispetto alle prime, ossia alle controversie relative alla liquidazione degli onorari degli avvocati, le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito che la controversia di cui all'art. 28 della l. n. 794/1942, sia se introdotta con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., sia se introdotta con ricorso per ingiunzione, ha ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell'avvocato, sia se prima della lite vi sia una contestazione sull'an debeatur, sia se essa non avvenga, e, allorché introdotta, resta assoggettata al rito indicato dall'art. 14 del d.lgs. n. 150/2011 anche quando il cliente dell'avvocato non si limiti a sollevare contestazioni sulla quantificazione del credito alla stregua della tariffa, ma anche quando sollevi contestazioni sulla esistenza del rapporto, delle prestazioni eseguite e in generale dell'an (Cass. civ., sez. un., n. 4485/2018).

Altre controversie ricondotte al modello sommario sono: le controversie elettorali (quelle relative alle elezioni locali, art. 70 del d.lgs. n. 267/2000; quelle relative alle elezioni al Parlamento europeo, art. 44 della l. n. 18/1979, e le impugnazioni delle decisioni in tema di elettorato attivo, art. 42 del D.p.r. n. 223/1967); i provvedimenti relativi alla contestazione del riconoscimento e all'exequatur di sentenze straniere alle procedure in materia di emigrazione e assimilate (quali quelle relative al ricongiungimento familiare, art. 30 comma 6 del d.lgs. n. 286/1998; quelle relative al diritto di soggiorno, art. 8 del d.lgs. n. 30/2007); alcune controversie di diversa natura, come l'opposizione alla stima nelle controversie di pubblica utilità (art. 54 del D.p.r. n. 327/2001), l'opposizione alla convalida del trattamento sanitario obbligatorio per gli infermi di mente (art. 5 della l. 180/1978) e, infine, l'impugnazione del decreto di espulsione dei cittadini non europei (art. 18 del d.lgs. n. 150/2011).

In evidenza

I procedimenti ricondotti al modello «sommario» semplificato sono piuttosto eterogenei, coinvolgendo sia controversie di natura puramente giudiziaria, sia controversie le più varie, quali ad es., l'opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilità, sia controversie elettorali. Tutti questi procedimenti, richiamati amplius supra, hanno l'elemento comune della semplificazione della trattazione e dell'istruzione della causa pur non potendo ravvisarsi in essi ulteriori presupposti comuni.

Il modello processuale

Punto di partenza per la disamina del «modello» processuale costituito dal rito sommario è senz'altro, nell'ottica del legislatore della semplificazione, quanto riportato nella relazione al d.lgs. n. 150/2011 ove, in particolare, come più volte ricordato si specifica che a questo modello vengono ricondotti i procedimenti speciali che siano caratterizzati da una accentuata semplificazione della trattazione o della istruzione della causa. Ne deriva che tali controversie sono quelle in cui l'accertamento del diritto ad esse sotteso non necessita di complicati oneri di allegazione e di relativa prova. La relazione, peraltro, specifica che questi caratteri sono stati individuati spesso nel richiamo alla procedura camerale ai sensi degli artt. 737 e ss. c.p.c. Sicché si potrebbe ipotizzare una volontà del legislatore della semplificazione di sostituire i procedimenti camerali con il modello sommario semplificato. Tuttavia, esaminando i 28 procedimenti ricondotti dal «decreto semplificazione» al modello «sommario», si possono individuare facilmente alcuni procedimenti prima regolati dal rito camerale, come i ricordati procedimenti in materia di liquidazione degli onorari degli avvocati e l'opposizione alla stima nell'espropriazione per pubblica utilità. Tuttavia non è dato, a parte queste ipotesi, ravvisare una generalizzazione nel passaggio dal rito camerale al rito sommario come modello. Senz'altro entrambi i riti presentano una caratteristica processuale comune, ossia quella di presentarsi come modelli processuali improntati a velocità e concentrazione del relativo giudizio ma, almeno al momento non è possibile ritenere che il modello «sommario» semplificato possa costituire un possibile schema processuale di tutti i procedimenti camerali, specialmente di quelli deputati alla tutela dei diritti soggettivi che ancor oggi sono disciplinati dal rito camerale. Del resto la tassatività delle ipotesi di riconduzione al modello sommario semplificato, rende non probabile una generale tendenza alla sostituzione del modello camerale con quello sommario semplificato e, laddove così inteso, il richiamo della relazione si può considerare come una mera petizione di principio.

Nel modello individuato dal legislatore si ravvisa in primo luogo una differenza importante rispetto al procedimento sommario come disciplinato dagli artt. 702-bis e ss. c.p.c. Infatti è esclusa la possibilità di mutamento del rito e non si applicano, di conseguenza, il comma 2 e il comma 3 dell'art. 702-ter c.p.c. La ragione di questa impossibilità di mutamento del rito sta a monte nella tassatività delle ipotesi ricondotte al modello sommario semplificato che, di conseguenza, in base alle regole generali, non prevede alcuna possibilità di estensione analogica a casi simili. Del resto i procedimenti ricondotti al modello sommario semplificato devono presentare le caratteristiche già più volte ricordate e questa selezione è già stata effettuata a monte dal legislatore della semplificazione.

In evidenza

Nel modello individuato dal legislatore si ravvisa in primo luogo una differenza importante rispetto al procedimento sommario come disciplinato dagli artt. 702-bis e ss. c.p.c. Infatti è esclusa la possibilità di mutamento del rito e non si applicano, di conseguenza, il secondo e il terzo comma dell'art. 702-ter c.p.c. La ragione di questa impossibilità di mutamento del rito sta a monte nella tassatività delle ipotesi ricondotte al modello sommario semplificato che, di conseguenza, in base alle regole generali, non prevede alcuna possibilità di estensione analogica a casi simili. Del resto i procedimenti ricondotti al modello sommario semplificato devono presentare le caratteristiche già più volte ricordate e questa selezione è già stata effettuata a monte dal legislatore della semplificazione.

Lo schema del processo sommario semplificato

Per quanto concerne lo schema del modello costituito dal rito sommario semplificato, esso presenta alcune varianti rispetto al rito sommario previste dall'art. 3 del d.lgs. n. 150/2011.

La norma in questione in particolare esclude dall'applicabilità ai procedimenti ad esso ricondotti il comma 2 e il comma 3 dell'art. 702-ter c.p.c.; aggiunge che quando la causa è giudicata in primo grado in composizione collegiale, con il decreto ex art. 702-bis comma 3 c.p.c., il Presidente del collegio designa il giudice relatore e può delegare l'assunzione dei mezzi istruttori ad uno dei componenti del collegio. Infine, al comma 3, l'art. 3 prevede che quando è competente la Corte d'appello in primo grado il procedimento è regolato dagli artt. 702-bis e 702-ter c.p.c.

Il contenuto della previsione del «decreto semplificazione» è diretto ad adattare il modello procedimentale del rito sommario di cognizione alle controversie eterogenee che ad esso sono ricondotte in modo da renderlo per quanto più possibile compatibile con esse.

In particolare se pure la fase introduttiva del rito sommario semplificato si presenti analoga a quella disciplinata dall'art. 702-bis c.p.c., tuttavia si possono individuare alcune variazioni dovute al fatto che di regola, nella versione «ordinaria» il rito sommario di cognizione si applica solo alle controversie affidate alla competenza del Tribunale e nei casi in cui esso è chiamato a decidere in composizione monocratica. Pertanto, nelle controversie ad esso ricondotte, strutturalmente disomogenee, a volte il ricorso viene indirizzato al giudice unico di Tribunale, altre volte al Presidente della Corte d'appello, o ancora al Tribunale in composizione collegiale (con nomina di un giudice relatore) o alla Corte d'appello.

In particolare, con riferimento a quest'ultima previsione, laddove la competenza sia affidata al tribunale in composizione collegiale o alla Corte d'appello in unico grado, l'introduzione del rito sommario viene modificata lievemente atteso che il decreto di fissazione dell'udienza di comparizione viene emesso dal Presidente del collegio, Tribunale o Corte d'appello, che nomina anche un giudice relatore, invece che dal giudice singolo individuato e designato per la trattazione della causa.

Con riferimento al caso in cui la controversia spetti alla competenza della Corte d'appello in unico grado, essa deve applicare le norme relative al primo grado del rito sommario di cognizione e, pertanto, gli artt. 702-bis e 702-ter c.p.c. e non anche l'art. 702-quater c.p.c.

Se queste rappresentano integrazioni alla disciplina generale il legislatore ha altresì disposto nell'art. 3 del d.lgs. n. 150/2011 delle esclusioni dall'applicazione della disciplina generale.

In particolare l'esclusione dell'applicazione dell'art. 702-ter comma 3 c.p.c. era già prevista dalla legge delega (si tratta della previsione sulla conversione in rito ordinario che abbiamo visto essere esclusa, atteso che la norma del codice di procedura civile richiamata stabilisce che il giudice, «se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un'istruzione non sommaria … con ordinanza non impugnabile fissa l'udienza di cui all'art. 183 c.p.c.» con applicazione del libro II del codice di rito). Per quanto concerne, invece, l'esclusione dell'art. 702-ter comma 2 c.p.c., ciò è stato reso necessario perché l'errore sulla scelta del rito applicabile alle controversie ricondotte al modello trova la sua disciplina generale nella norma di cui all'art. 4 del d.lgs. n. 150/2011, non essendo pertanto compatibile con essa una disciplina derogatoria differente quale quella dell'art. 702-ter comma 2 c.p.c. A tal fine si ricordi che l'art. 702-ter comma 2 c.p.c. stabilisce che se il giudice rileva che la domanda non rientra tra quelle sottoponibili al rito sommario di cognizione, con ordinanza non impugnabile la dichiara inammissibile e nello stesso modo provvede sulle domande riconvenzionali.

Di conseguenza, il giudice, qualora siano instaurate controversie con le forme del rito sommario che invece sarebbero assoggettate ad un altro rito, per esse non si avrà mai la dichiarazione di inammissibilità perché il giudice dovrà disporre nei limiti in cui lo prevede l'art. 4 del d.lgs. n. 150/2011, il mutamento del rito. Inoltre, laddove siano proposte domande riconvenzionali che non rientrino nella decisione semplificata il giudice può disporne la separazione ai sensi dell'art. 702-ter comma 4 c.p.c. e la trattazione nelle forme ordinarie o lavoristiche con disciplina che deve ritenersi estensibile anche alle cause connesse che siano assoggettate ad un rito diverso.

La decisione in primo grado è presa con un'ordinanza provvisoriamente esecutiva e in secondo grado con una sentenza impugnabile in cassazione.

L'art. 702-quater c.p.c. prevede, come noto, rispetto al rito sommario, la possibilità di ammettere nuovi mezzi di prova e nuovi documenti in appello quando la parte dimostri di non aver potuto proporli nel corso del procedimento di primo grado per causa non imputabile, a differenza di quanto previsto ormai nel rito ordinario. Questa norma si applica senz'altro anche al modello sommario semplificato ma con alcune eccezioni. Si prevede, infatti che in alcune ipotesi l'ordinanza sia inappellabile per espresso dettato normativo, come accade nelle controversie relative alla liquidazione degli onorari degli avvocati ma anche, ad es., nell'opposizione al pagamento delle spese di giustizia; in altre ipotesi, invece, l'appello non è proponibile perché la Corte d'appello giudica in unico grado, come ad es. nelle controversie relative alle elezioni al Parlamento europeo o in quelle relative alla opposizione alla stima nella espropriazione per pubblica utilità.

Va infine evidenziato che qualora sia consentito l'appello contro l'ordinanza che decide una delle controversie ricondotte al sommario «semplificato», è esclusa la possibilità di dichiarare l'inammissibilità dell'impugnazione quando essa non abbia una «ragionevole probabilità di accoglimento» ai sensi dell'art. 348-bis comma 2 lett. b) c.p.c.

In evidenza

Il modello sommario semplificato, pur essendo costruito sullo schema processuale del procedimento sommario di riferimento, con applicazione delle norme degli artt. 702-bis e ss. c.p.c., presenta alcune varianti, segnatamente rispetto alla fase introduttiva, alla decisione e alla ammissione di nuovi mezzi di prova; le varianti riguardano sia integrazioni alla disciplina generale, segnatamente in tema di competenza, sia esclusioni dalla disciplina generale dovute, ad es., al fatto che alcune delle controversie ricondotte al sommario semplificato sono di competenza della Corte d'appello in primo e unico grado.

Mutamento del rito e inibitoria (cenni alla disciplina generale)

L'art. 4 del d.lgs. n. 150/2011 stabilisce che qualora una controversia venga introdotta in forma diversa da quella prevista nel modello cui viene ricondotta, il giudice, con ordinanza, dispone il mutamento del rito. Se la controversia rientra nell'alveo del modello processuale costituito dal rito del lavoro, il giudice anche officiosamente, deve fissare l'udienza di discussione ex art. 420 c.p.c. e il termine perentorio da assegnare alle parti per integrare gli atti introduttivi ove necessario.

L'eccezione di parte deve essere sollevata entro la prima udienza: successivamente la questione non potrà più essere rilevata su istanza di parte o d'ufficio, mentre se correttamente rilevata potrà essere fatta valere anche in sede di impugnazione.

Restano tuttavia ferme le decadenze e le preclusioni che si siano maturate nel rito con cui erroneamente è stata iniziata la controversia e gli effetti processuali e sostanziali della domanda si producono secondo il rito osservato prima del mutamento.

Qualora vi siano controversie connesse soggette a riti diversi si applica l'art. 40 c.p.c. con preferenza per il rito ordinario.

Per quanto riguarda l'inibitoria, l'art. 5 del d.lgs. n. 150/2011 stabilisce come può essere ottenuta la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, laddove l'inibitoria sia prevista dal singolo procedimento che viene in questione (diversamente si potrà ricorrere ad un provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c.).

La sospensione in particolare può essere concessa allorché vi siano «gravi e circostanziate ragioni esplicitamente indicate nella motivazione» e i presupposti sono quelli comuni del fumus boni iuris e del periculum in mora.

A livello procedimentale il giudice, sentite le parti, provvede sull'istanza di sospensione con ordinanza non impugnabile e, qualora vi sia il pericolo imminente di un danno grave e non riparabile, la sospensione può essere disposta inaudita altera parte con decreto ma, secondo le regole generali, deve essere confermata in contraddittorio nella prima udienza successiva. Questa ordinanza non è impugnabile ed è revocabile soltanto con il provvedimento finale.

Riferimenti
  • Balena, I «modelli processuali», in Foro it., 2012, V, 76 e ss.;
  • Carratta, La «semplificazione» dei riti e le nuove modifiche del processo civile, Torino, 2012;
  • Lupoi, Processo sommario di cognizione: il «rito» e il «modello», Torino, 2019;
  • Martino-Panzarola (a cura di), Commentario alle riforme del processo civile dalla semplificazione dei riti al decreto sviluppo, Torino, 2012;
  • Santangeli (a cura di), Riordino e semplificazione dei riti civili, Milano, 2012;
  • Sassani-Tiscini (a cura di), La semplificazione dei riti civili, Dike Giuridica editrice, 2011.
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