Intervento del creditor creditoris nell'esecuzione forzata

11 Maggio 2017

L'art. 511 c.p.c. consente al creditore di un creditore avente diritto alla distribuzione all'interno di un procedimento esecutivo già avviato, di presentare istanza, avente la forma della domanda d'intervento di cui all'art. 499 c.p.c., al fine di essere sostituito allo stesso ed essere collocato, in suo luogo, nel piano di riparto.
Inquadramento

L'art. 511 c.p.c. consente al creditore di un creditore avente diritto alla distribuzione all'interno di un procedimento esecutivo già avviato, di presentare istanza, avente la forma della domanda d'intervento di cui all'art. 499 c.p.c., al fine di essere sostituito allo stesso ed essere collocato, in suo luogo, nel piano di riparto. In altri termini, si accorda a un soggetto non avente alcuna ragione di credito nei confronti del debitore esecutato, la possibilità di trovare collocazione nel relativo piano di riparto in virtù del credito vantato nei confronti del creditore sostituito (che può essere il creditore procedente ovvero anche un creditore intervenuto nell'esecuzione avviata contro il debitore).

Il secondo comma della norma, al fine di garantire celerità alla fase conclusiva del processo esecutivo nel quale sia stata esplicata domanda di sostituzione, precisa che le contestazioni riguardanti tale domanda non possano ritardare la distribuzione tra gli altri creditori concorrenti: nulla viene precisato, però, con riguardo alle forme che tali contestazioni devono assumere.

La domanda di sostituzione

La giurisprudenza di legittimità sembra oggi unanime nel riconoscere alla domanda di sostituzione natura ad un tempo satisfattiva e surrogatoria, realizzando il subingresso del creditore del creditore dell'esecutato nella sua posizione processuale, e nel diritto al riparto della somma ricavata dall'esecuzione (Cass., sez. III, 20 settembre 2012, n. 15932; Cass., sez. III, 19 ottobre 2006, n. 22409; Cass., sez. III, 13 marzo 1987, n. 2608). L'istanza di sostituzione, in tal modo, rappresenta un mezzo di soddisfazione coattiva del credito vantato dal creditore sostituto nei confronti del creditore sostituito.

Per quanto riguarda la forma della domanda di sostituzione, l'art. 511 c.p.c. si limita a richiamare il secondo comma dell'art. 499 c.p.c., disciplinante l'intervento dei creditori nell'esecuzione. Il riferimento, dunque, è da ritenersi esclusivamente funzionale alla definizione delle modalità della domanda, senza implicare pure una qualificazione dell'attività in esame quale ordinario intervento nel processo esecutivo, anche perché, come poco sopra rilevato, l'istante non fa valere pretese dirette nei confronti del debitore esecutato (Cass., sez. III, 13 marzo 1987, n. 2608). Il creditore che intende sostituirsi, allora, dovrà presentare ricorso contenente, in particolare, l'indicazione del credito vantato nei confronti del sostituito e del titolo di esso, nonché la domanda di partecipazione alla distribuzione del ricavato in luogo del creditore sostituito.

In evidenza

Per quanto riguarda i requisiti dell'istanza di sostituzione, la giurisprudenza di legittimità, dopo aver escluso l'assimilabilità di tale atto all'intervento del creditore nel processo esecutivo, ha affermato che, presupposto per la presentazione della domanda di sostituzione esecutiva, è l'affermazione di un diritto di credito nei confronti del creditore presente nel processo esecutivo (come pignorante o come intervenuto), a prescindere dal fatto che il credito del creditor creditoris sia o meno fondato su un titolo esecutivo. Dunque, sebbene quest'ultima circostanza sia rilevante per gli interventi nel processo esecutivo eseguiti dopo il 1° marzo 2006, a seguito della sostituzione dell'art. 499 c.p.c., operata con il D.L. n. 35 del 2005, art. 2, comma 3, lett. e) n. 7, convertito nella L. n. 80 del 2005, essa non costituisce presupposto per l'ammissibilità della domanda di subcollocazione, né nella vigenza dell'originario art. 499 c.p.c., né nella vigenza del testo sostituito, a far data dal 1° marzo 2006 (Cass., sez. III, 20 aprile 2015, n. 8001).

La possibilità di sostituirsi al proprio creditore è tuttavia stata negata allo stesso debitore esecutato, nell'ipotesi in cui egli vanti, a sua volta, un credito nei confronti del procedente: in tal caso, preclusa la strada di cui all'art. 511 c.p.c., il debitore potrà soltanto opporsi all'esecuzione ed eccepire in tal sede l'eventuale compensazione (Cass., sez. III, 20 settembre 2012, n. 15932).

La domanda di sostituzione rappresenta un mezzo di soddisfazione della pretesa che il creditor creditoris vanta nei confronti del suo debitore meramente alternativo e non esclusivo: è ben possibile, infatti, che tale soggetto proceda anche a pignoramento presso terzi, ossia che pignori presso il terzo debitor debitoris le somme dovute al suo debitore diretto (ossia, il creditore sostituito mediante l'istanza ex art. 511 c.p.c.).

In evidenza

Il pignoramento presso terzi effettuato a mani del terzo pignorato e l'istanza di sostituzione presentata nel pignoramento intrapreso dal debitore esecutato nei confronti del medesimo soggetto (questa volta nella veste di debitore esecutato), hanno ad oggetto il medesimo bene, ossia il credito vantato dal debitore del creditore procedente nei confronti del terzo pignorato. Le due procedure esecutive, pertanto, non sono incompatibili, ma possono essere cumulate a norma dell'art. 483 c.p.c. (Cass., sez. III, 9 marzo 2017, n. 6019).

Gli effetti sostanziali della sostituzione

L'avvenuta sostituzione, se implica il subingresso del creditore sostituto nella posizione processuale del creditore sostituito e nel diritto al riparto della somma ricavata a questi spettante, non integra però una forma di pignoramento, non essendo funzionale a creare un vincolo su un credito al fine di una successiva soddisfazione, bensì a conseguire immediatamente la soddisfazione delle ragioni del creditore subentrante: ne consegue che, sul piano sostanziale, non trova applicazione l'art. 2914, n. 2, c.c., che rende inefficaci, nei confronti del solo creditore pignorante, le cessioni di credito notificate al debitore o accettate dal medesimo successivamente al pignoramento.

In evidenza

Conseguentemente, si è affermato che la cessione del credito effettuata, nell'ambito del processo esecutivo, dal creditore procedente (o intervenuto) con atto di data certa anteriore al deposito della domanda ex art. 511 c.p.c. impedisce a quest'ultima di produrre i suoi effetti, causa il venir meno della posizione attiva nella quale il creditor creditoris vorrebbe subentrare, dal momento che tale cessione si perfeziona, nei rapporti tra cedente e cessionario, in virtù del solo consenso da essi espresso, e che l'art. 1265 c.c. richiede la notifica della cessione o l'accettazione da parte del debitore esclusivamente per risolvere il conflitto tra più cessionari del medesimo credito (Cass., sez. III, 13 marzo 1987, n. 2608).

Diversamente, la sostituzione, consentendo il subingresso del creditore sostituto nella posizione processuale del creditore sostituito, permette al primo soggetto di beneficiare di una sorta di estensione degli effetti sostanziali già prodottisi a favore del secondo: è il caso del vincolo di indisponibilità dei beni sequestrati di cui all'art. 2906 c.c., a seguito di conversione in pignoramento ex art. 686 c.p.c., che opera non solo nei confronti del creditore sequestrante (poi pignorante) ma anche a favore del creditore intervenuto in via surrogatoria ex art. 511 c.p.c. (Cass, sez. III, 7 febbraio 2012, n. 1689).

I poteri del creditor creditoris

La ricostruzione dell'istituto in chiave (anche) surrogatoria implica il riconoscimento, in capo al creditore sostituto, degli stessi poteri originariamente spettanti al creditore sostituito: in altri termini, il creditor creditoris agisce utendo iuribus del creditore sostituito.

Conseguentemente, egli sarà legittimato a promuovere i singoli atti di espropriazione, a sollevare contestazioni in sede distributiva, ovvero a resistere a quelle avanzate dagli altri creditori concorrenti.

Pertanto, in applicazione della norma racchiusa nell'art. 629 c.p.c., i giudici di legittimità hanno negato al creditor creditoris il potere di rinunciare al pignoramento, in mancanza del consenso di tutti gli altri creditori intervenuti (Cass., 12 novembre 1979, n. 5850; nel caso di specie, la rinuncia era finalizzata ad ottenere, in una procedura comprendente altri pignoramenti successivi, che nella distribuzione del ricavato si tenesse conto di un'ipoteca iscritta dal creditore procedente, poi sostituito, successivamente al primo pignoramento).

Inoltre, il creditor creditoris che avanzi una contestazione poi rivelatasi infondata sarà legittimamente condannato al pagamento delle spese giudiziali nei confronti dei creditori concorrenti la cui attività difensiva sia stata occasionata proprio da tale contestazione (Cass., 12 novembre 1979, n. 5850).

Le contestazioni relative alla domanda di sostituzione

Il secondo comma della norma, come anticipato, è dedicato alle contestazioni che possono essere sollevate nei confronti della domanda di sostituzione avanzata dal creditor creditoris, sia da parte degli altri creditori concorrenti, sia da parte dello stesso sostituito (Cass., sez. III, 20 settembre 2012, n. 15932).

La norma, tuttavia, si occupa di tali contestazioni esclusivamente nell'ottica di assicurare che la loro risoluzione non ritardi la fase distributiva; nessuna indicazione viene fornita, all'opposto, con riguardo allo strumento deputato a veicolarle, né sulla sorte delle somme spettanti al creditor creditoris, la cui domanda venga contestata, nelle more della risoluzione della controversia.

In evidenza

Per quanto riguarda la prima questione, la Suprema Corte ha precisato che le contestazioni sulla domanda di sostituzione conducono ad una pronuncia del giudice dell'esecuzione, la cui efficacia è circoscritta al processo esecutivo, perché relativa ad atti che decidono della partecipazione di parti alla distribuzione del ricavato dall'espropriazione. In altri termini, si tratta di opposizione agli atti esecutivi (art. 617, secondo comma, c.p.c.), decisa con sentenza impugnabile soltanto con ricorso straordinario per cassazione, come si ricava dall'art. 618 c.p.c. (Cass., sez. III, 20 settembre 2012, n. 15932; già prima del 2005, Cass., sez. III, 19 ottobre 2006, n. 22409).

D'altro canto, la seconda lacuna denunciata pare trovare un'agile soluzione riconoscendo al giudice dell'esecuzione il potere di disporre l'accantonamento delle somme spettanti al sostituto in attesa della definizione della contestazione sollevata sulla relativa domanda.

Domanda di sostituzione fallimento

Il tema dei rapporti tra istanza ex art. 511 c.p.c. e fallimento si presta ad essere analizzato sotto molteplici punti di vista.

Anzitutto, nel caso in cui a fallire sia il creditore sostituito, e il pagamento sia stato effettuato al creditore sostituto ex art. 511 c.p.c., il soggetto legittimato a subire la revocatoria fallimentare ai sensi dell'art. 67, secondo comma, l. fall. sarà proprio quest'ultimo, in quanto accipiens del pagamento stesso (Cass., sez. I, 24 agosto 1995, n. 8966: nel caso di specie, si trattava di espropriazione presso terzi, con pagamento effettuato dal terzo pignorato non a favore del creditore pignorante bensì del sostituto). Inoltre, il creditore di un debitore assoggettato a fallimento che sia stato soddisfatto attraverso la sua sostituzione ex art. 511 c.p.c. nella distribuzione della somma ricavata dall'esecuzione a carico del terzo debitor debitoris, in caso di intervenuta omologazione del concordato fallimentare del creditore sostituito con corresponsione della dovuta percentuale concordataria, sarà tenuto a restituire a tale soggetto le somme percepite, per essere venuta meno la ragione della loro attribuzione, essendosi estinto il credito posto a fondamento della sostituzione (Cass., 20 luglio 1979, n. 4347).

Diverso è il caso in cui a fallire sia il debitore esecutato. In particolare, laddove il fallimento sopravvenga all'azione esecutiva intrapresa dal creditore sostituito (ovvero, nell'ambito della quale il medesimo sia intervenuto) la comminatoria di improcedibilità imposta dall'art. 51 l. fall. impedirà, ovviamente, al creditor creditoris di sostituirsi ex art. 511 c.p.c. Su un piano differente, peraltro, si pone la questione circa la possibilità di applicare in via analogica la norma di cui all'art. 511 c.p.c. direttamente in sede di ripartizione dell'attivo fallimentare, consentendo così al creditore di un creditore del fallito di sostituirsi a quest'ultimo nella fase conclusiva della procedura fallimentare al fine di soddisfare la pretesa vantata nei confronti dello stesso.

In evidenza

Con riguardo alla disciplina antecedente alla riforma di cui al d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 – ma con enunciazione di un principio che può essere ritenuto tuttora valido -, si è affermato che, in sede di ripartizione dell'attivo fallimentare, il giudice delegato deve limitarsi a risolvere le questioni relative alla graduatoria dei privilegi ed alla collocazione dei crediti, mentre non può apportare modifiche allo stato passivo, essendo detto provvedimento ormai coperto dal giudicato interno; pertanto, un soggetto che, per qualsiasi titolo, intenda surrogarsi nella posizione di un creditore già ammesso al passivo, non può proporre la relativa istanza nella predetta sede, ma deve farlo secondo le regole processuali stabilite dalla legge fallimentare, e, dunque, tramite l'opposizione allo stato passivo o l'insinuazione tardiva di cui all'art. 101 l. fall. (Cass., sez. I, 13 gennaio 2010, n. 393).

Riferimenti
  • ACONE, La domanda di sostituzione del creditore nella distribuzione del ricavato, in Riv. dir. proc., 1981, 233;
  • BRIGUGLIO, La necessità del titolo esecutivo per la domanda di sostituzione del creditor creditoris ex art. 511 c.p.c., in Riv. dir. proc., 2015, 885;
  • CAPPONI, La “sostituzione esecutiva” tra vecchio e nuovo codice, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1990, 95;
  • MICCOLIS, Sugli effetti della domanda di sostituzione promossa ai sensi dell'art. 511 c.p.c., in Riv. esec. forz., 2000, I, 142;
  • MONTANARI, I procedimenti di liquidazione e ripartizione dell'attivo fallimentare, Padova, 1995;
  • ONNIBONI, Domanda di sostituzione ex art. 511 c.p.c. nel fallimento, in Fall., 2009, 874;
  • PICARDI, La domanda di sostituzione nel processo esecutivo, in Riv. dir. proc., 1959, I, 574.

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