Per la tutela della privacy è competente il foro del consumatore

09 Giugno 2016

Nei rapporti di consumo che hanno ad oggetto il trattamento dei dati personali, il consumatore continua a rivestire il ruolo di parte debole del rapporto e, quindi, anche in questo caso deve trovare applicazione il criterio del foro esclusivo. Dopo alcune premesse sul tema della tutela dei dati personali, si analizza l'evoluzione giurisprudenziale in materia, partendo dall'analisi dell'indirizzo giurisprudenziale, dominante sino al 2009, basato sulla diversità della normativa consumeristica da quella della privacy, sino al recente revirement in rassegna che ha definitivamente statuito la prevalenza del foro del consumatore.
Il quadro normativo

La legge italiana sulla tutela dei dati personali conferma una tendenza ormai evidente nei più diversi paesi in questa delicatissima materia. Dopo una prima generazione di leggi omnibus sulla privacy, ed una fase successiva in cui si è piuttosto messo l'accento sulle discipline di settore, ora diventa sempre più chiaro che queste leggi si strutturano come leggi generali sulla circolazione delle informazioni sulle persone. Le modalità della tutela, così come già chiarito dall'art. 1 della l. n. 675 del 1996, richiedono un riferimento all'insieme dei diritti fondamentali e ad un valore come la dignità. Siamo al di là del semplice, anche se essenziale, riferimento alla riservatezza, che si presenta come una specificazione di quel più largo quadro di principi, peraltro integrato nella disciplina italiana da un significativo rinvio anche al diritto all'identità personale. La privacy appare, dunque, come un diritto plurifunzionale, destinato a rispondere a molteplici finalità e ad offrire una sorta di tutela globale della persona che, nella società dell'informazione, si risolve sempre più spesso nei dati che la riguardano. Difatti, i pericoli non sono da ravvisare tanto nelle raccolte dei dati personali in sé, volte esclusivamente a fini economici-produttivi, quanto nell'incremento delle informazioni medesime con altre, significative ed estranee allo scopo insito nella costituzione delle banche dati, nonché, a seguito dell'aumento e della sempre maggior diffusione dei social network, nell'abuso delle informazioni, immagini, registrazioni che circolano al loro interno.

La prima disciplina di tale fenomeno, che ha il pregio, anzitutto, di aver offerto piena consacrazione ad una generalizzata tutela della vita privata, è stata introdotta dalla succitata l. 31 dicembre 1996, n. 675, modificata ed integrata dal d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196. Quest'ultimo, intitolato «Codice in materia di protezione dei dati personali», ha sostituito tutti gli interventi normativi precedenti e rappresenta, per il momento, il punto di arrivo di una lunga serie di integrazioni e modifiche della l. n. 675 del 1996.

Il foro del titolare del trattamento dei dati personali

L'art. 152 del Codice della privacy (d. lgs. n. 196 del 2003), in passato, ed oggi l'art. 10, comma 2, d.lgs. n. 150 del 2011 sulla semplificazione dei riti, stabilisce, a favore del tribunale del luogo dove risiede il titolare del trattamento dei dati stessi, una competenza funzionale ed inderogabile per tutte le controversie che riguardano, comunque, l'applicazione delle disposizioni del codice medesimo, comprese quelle inerenti ai provvedimenti del Garante o alla loro mancata adozione, competenza che, in quanto tale impedisce il ricorso al cumulo soggettivo delle cause proposte contro più persone, consentito dall'art. 33 c.p.c., e prevale sul foro della pubblica amministrazione stabilito dall'art. 25 c.p.c.. Ne consegue che, nel caso in cui il provvedimento del Garante concerna più soggetti titolari del trattamento, e l'interessato intenda impugnare il provvedimento e contemporaneamente convenire in giudizio i titolari per il risarcimento del danno, le cause devono essere separatamente proposte al giudice nel cui territorio ha sede ciascuno dei predetti titolari, il quale ha competenza a giudicare anche nella controversia inerente il provvedimento del Garante, per la parte, in quest'ultimo caso, concernente il titolare convenuto in giudizio (Cass. civ., sez. III, ord., 25 settembre 2007, n. 23280).

Ne consegue che per un consumatore sarebbe veramente difficile far valere un proprio diritto in un caso simile. Infatti, con più titolari il ricorso al giudice può essere presentato solo nel foro in cui il titolare del trattamento ha la sede legale, se società, ma se sono più società, ecco che la tutela trova spazio in tanti fori quanti sono i titolari del trattamento che entrano in gioco. L'art. 10 d.lgs. n. 150 del 2011 non permette dunque di dare una tutela adeguata ed efficace al consumatore.

Il foro del consumatore

L'art. 33, comma 2, cod. cons., presume in generale la vessatorietà fino a prova contraria della clausola che abbia per oggetto o per effetto di:

  • sancire a carico del consumatore deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria (lett. f) ;
  • stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o di domicilio elettivo del consumatore (lett. u).

Quest'ultima disposizione, in particolare, è stata oggetto di interpretazioni contrastanti sia in dottrina che in giurisprudenza, con riguardo, soprattutto, a due profili: da un lato, in merito all'applicabilità della nuova disciplina ai contratti conclusi anteriormente alla sua entrata in vigore; dall'altro, con riferimento alla portata della disposizione, ossia se abbia introdotto o meno un foro esclusivo del consumatore, pur derogabile, sostituendolo ai criteri di competenza territoriale previsti dal codice di procedura civile.

Con riguardo a questo secondo aspetto, i problemi interpretativi sono derivati dall'infelice formulazione del punto 19 della lista grigia introdotta dall'art. 1469-bis, comma 3, c.c (disposizione poi riportata nel predetto art. 33 Codice del consumo).

Per quanto riguarda la portata della disposizione de qua, nel tempo si sono contrapposti in dottrina ed in giurisprudenza due orientamenti:

  • l'uno favorevole a riscontrare nell'art. 1469-bis, comma 3, n. 19, c.c., la previsione di un foro esclusivo a favore del consumatore, derogabile dalle parti solo in seguito a trattativa individuale;
  • l'altro, disposto a riconoscere solo la presunzione di vessatorietà della clausola con cui si stabilisce come sede del foro competente località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore, comunque superabile tramite prova contraria.

Secondo la dottrina e la giurisprudenza maggioritaria, il contrasto tra il n. 19 del comma 3 dell'art. 1469-bis c.c. ed i fori legali previsti dal codice di rito e dalle leggi speciali non avrebbe potuto essere risolto sostenendo che non c'è abusività quando la clausola derogativa è riproduttiva di norme di legge, quanto piuttosto riconoscendo che il legislatore ha introdotto un vero e proprio foro esclusivo, che, in virtù della regola sulla successione delle leggi nel tempo stabilita dall'art. 15 Preleggi, ha abrogato tutti gli altri fori eventualmente competenti qualora la lite coinvolga contratti con i consumatori.

I predetti contrasti interpretativi sono stati risolti dall'ordinanza delle Sezioni Unite della Suprema Corte n. 14669/2003 (Cass. civ., sez. U., ord., 1 ottobre 2003, n. 14669) stabilendo che l'art. 1469-bis, comma 3, n. 19, c.c., nel presumere la vessatorietà della clausola che stabilisce come sede del foro competente una località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore, ha introdotto un foro esclusivo speciale.

Pertanto, qualora una causa riguardi un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, il nuovo foro del consumatore abroga, per incompatibilità, i fori concorrenti previsti dagli artt. 18, 19 e 20 c.p.c. (luogo dove il convenuto ha la residenza, il domicilio, ovvero la sede; luogo dove è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione dedotta in giudizio), e per nuova regolamentazione della materia i fori previsti dalla normativa speciale a favore del contraente debole. Sulla disciplina in esame è di nuovo intervenuta, con ordinanza del 26 settembre 2008, n. 24262, la Suprema Corte (Cass. civ., sez. III, ord., 26 settembre 2008, n. 24262) ribadendo alcuni principi di diritto tra cui quello secondo cui nelle controversie tra consumatore e professionista, ai sensi dell'art. 33, comma 2, lett. u), d. lgs. n. 206/2005, la competenza territoriale spetta al giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo. La Suprema Corte ha, così, confermato l'orientamento precedente, con il quale si affermava, sostanzialmente, la presunzione di vessatori età della clausola che stabilisce come sede del foro competente una località diversa da quella della residenza o del domicilio elettivo del consumatore, anche se il foro competente coincida con uno dei foro legali di cui agli artt. 18 e 20 c.p.c..

L'ordinanza della Cassazione n. 2687/2016

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 2687 (Cass. civ., sez. VI, ord., 10 febbraio 2016, n. 2687), ha disposto che in tema di competenza territoriale, quando la tutela dei dati personali nei confronti del titolare del trattamento viene invocata nell'ambito di un rapporto di consumo, il foro del consumatore, previsto dall'art. 33, lett. u) del Codice del Consumo, prevale su quello individuato dall'art. 152 del Codice in materia di protezione dei dati personali, oggi art. 10 d.lgs. n. 150 del 2011. La sopravvenienza della prima disposizione, infatti, deroga alla seconda con riguardo alle controversie sul trattamento dei dati personali, la cui titolarità origini da rapporti di consumo.

Si è al riguardo precisato che, quando il foro previsto dall'art. 10 d.lgs. n. 150 del 2011, in materia di trattamento dei dati personali nei confronti del titolare del trattamento stesso, venga invocato nell'ambito di un rapporto di consumo, e come tale soggetto al foro speciale della residenza o del domicilio del consumatore, ex art. 33, lett. u), d. lgs. n. 206 del 2005, quest'ultimo prevale in quanto stabilisce una competenza esclusiva, alla luce delle esigenze di tutela, anche sul terreno processuale, che sono alla base dello statuto del consumatore. Quindi la competenza del tribunale del luogo in cui ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, sancita dall'art. 10, comma 2, d. lgs. n. 150 del 2011, cede di fronte a quella del foro del consumatore, la cui specialità continua a prevalere sulla specialità della disposizione testé menzionata, che ha carattere meramente ricognitivo della disciplina già racchiusa nell'art. 152, d. lgs. n. 196 del 2003. Peraltro, nella specie, la S.C. ha ritenuto che non vi fossero gli elementi per intendere il contratto stipulato dall'attore in veste di professionista invece che di consumatore, dal momento che lo stesso era intestato alla persona fisica presso la propria abitazione ed inoltre non recava nè partita IVA né altre indicazioni fiscali relative all'esplicazione di attività professionale o imprenditoriale.

Contra: la presunta inapplicabilità del foro del consumatore

Invero, con l'odierno decisum la Suprema Corte si è discostata definitivamente da un precedente di legittimità di quasi due lustri fa (Cass. civ., 31 maggio 2006, n. 12980) nel quale esclude, invece, l'applicabilità del foro esclusivo anche nel caso in cui il titolare del trattamento sia un consumatore (applicando dunque il principio classico della competenza del Tribunale del luogo dove risiede il titolare del trattamento: art. 152, comma 2, cod. privacy), attesa la diversità di ragione che presiede le due discipline, da ravvisarsi per quest'ultima nella differente forza contrattuale delle parti e per la prima viceversa nella particolare natura e potenziale lesività dell'attività di trattamento d'informazioni concernenti soggetti identificati o identificabili, indipendentemente dalla posizione delle parti e dai loro«rapporti di forza».

La decisione, fondata sulla constatazione della diversità della normativa consumeristica da quella della privacy sia per la ratio che per l'oggetto, ha incontrato il disfavore della dottrina, che paventerebbe l'illegittimità costituzionale di siffatta interpretazione dell'art. 152, comma 2, cod. privacy, per contrasto sia con l'art. 3 Cost. (disparità di trattamento rispetto all'art. 33, lett. u), cod. cons.), sia con l'art. 24 Cost., rendendo eccessivamente difficile l'esercizio del diritto di difesa.

La Corte di cassazione si è altresì discostata da una non lontana soluzione del 2009 (Cass. civ., sez. III, ord., 14 ottobre 2009, n. 21814 ) la quale, invero, ancora non si era posta in linea con la dottrina che già allora riteneva applicabile il foro del consumatore. Aveva infatti ricondotto la disciplina della competenza territoriale prevista nel Codice della privacyal criterio della successione di leggi speciali nel tempo, rilevando come «la constatazione che il rapporto contrattuale di utenza fra le parti è certamente riconducibile alla disciplina del c.d. rapporto di consumo regolato dal d. lgs. n. 206 del 2005 (artt. 33 ss.) ed il rilievo che l'art. 33, lett. u) di tale fonte normativa prevede a favore del foro del consumatore un foro inderogabile può giustificare la conseguenza che, con riferimento alla deduzione in un contratto di consumo di profili implicanti la possibilità che la parte rappresentante in esso il “professionista” acquisisca il dominio dei dati del consumatore, come tali certamente contemplati dalle tutele previste dal Codice della protezione dei dati personali, sembrerebbe poter giustificare la conseguenza che quando tali tutele sono chieste dal consumatore il foro di cui al d. lgs. n. 206 del 2005, art. 33, lett. u) debba trovare applicazione a preferenza di quello di cui al d. lgs. n. 196 del 2003, art. 152, comma 2, sulla base del principio di successione fra norme per cui lex posterior specialis derogat priori generali». Seguendo questo ragionamento della Suprema Corte, tuttavia, si avrebbe che oggi, proprio in forza del principio di successione delle leggi nel tempo, la disciplina del 2011 ed il foro indicato prevarrebbero nuovamente sul foro del consumatore.

In conclusione

Pertanto, la Suprema Corte con l'ordinanza in rassegna precisa che nel caso in cui sia parte della controversia in materia di trattamento dei dati personali il consumatore, il ricorso andrà proposto dinanzi al giudice in cui quest'ultimo ha la residenza e non, invece, al giudice competente in relazione alla residenza del titolare del trattamento dei dati. E, pertanto, la competenza del tribunale del luogo in cui ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, sancita dall'art. 10, comma 2, d. lgs. n. 150 del 2011, cede di fronte a quella del foro del consumatore, la cui specialità continua a prevalere sulla specialità della disposizione testé menzionata, la quale ha invero carattere meramente ricognitivo della disciplina già racchiusa nell'art. 152 d. lgs. n. 196 del 2003.

Del resto, la prevalenza del foro del consumatore trova il suo fondamento nel fatto che, nei rapporti di consumo che hanno anche ad oggetto il trattamento dei dati personali, il consumatore continua a rivestire il ruolo di parte debole del rapporto e, quindi, l'applicazione del foro speciale di cui al d. lgs. n. 206 del 2005 costituisce lo strumento processuale più idoneo per far fronte allo squilibrio del rapporto sostanziale.

Guida all'approfondimento

CONTI, Lo status di consumatore alla ricerca di un foro esclusivo e di una stabile identificazione, in Corr. giur., 2001, 527;

DALMOTTO, Un nuovo foro esclusivo per il consumatore?, in Giur. it., 1997, IV, 161;

GIORDANO, Brevi note sulla presunta inapplicabilità del c.d. «foro del consumatore» nelle controversie relative al trattamento dei dati personali, in Gius. civ., 2007, 1439;

GUERINONI, I contratti del consumatore. Principi e regole, Torino, 2011, 210-217;

PALMIERI, Foro esclusivo del consumatore e abusività della deroga convenzionale alla competenza per territorio: mai più un giudizio lontano da casa, in Foro it., 2001; I, 3587;

RODOTA', Presentazione a Sapere anche poco è già cambiare. Legge sulla privacy e tutela dell'identità personale, Milano, 1997, 4-5;

SANTANGELI, Riordino e semplificazioni dei procedimenti civili. Commentario al decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, Milano, 2012, 304-305;

ZENO-ZENCOVICH, PAGLIETTI, Verso un «diritto processuale dei consumatori»?, in La nuov. giur. civ. com., 2009, 6, 267-268.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario