Ricorso incidentale condizionato

26 Settembre 2016

Per proporre una domanda o per resistere ad essa è necessario avervi interesse; l'interesse ad impugnare in sede di legittimità una sentenza, o un capo di essa, postula comunque una soccombenza, anche parziale, nel precedente grado del processo.
Inquadramento

Il tema del ricorso incidentale condizionato investe il principio, contenuto nell'art. 100 c.p.c., ed operante anche nel giudizio di cassazione, secondo il quale per proporre una domanda o per resistere ad essa è necessario avervi interesse, di tal che, l'interesse ad impugnare in sede di legittimità una sentenza, o un capo di essa, postula comunque una soccombenza, anche parziale, nel precedente grado del processo, non potendosi adire la Suprema Corte soltanto per soddisfare esigenze teoriche di correttezza formale della pronuncia di merito.

Come si vedrà nei successivi paragrafi, alla parte vittoriosa in secondo grado non si consente di sottoporre con impugnazione incidentale alla Corte di cassazione le questioni, domande o eccezioni, per quanto rilevanti per la decisione, prospettate ma non decise, neppure implicitamente, dal giudice d'appello, in quanto assorbite da quelle accolte. Tali questioni, domande, eccezioni, del resto, non possono proporsi dalla parte vittoriosa nemmeno con controricorso, non essendo applicabile al giudizio di legittimità l'art. 346 c.p.c., rimanendo riproponibili, in caso di accoglimento del ricorso principale, nel giudizio di rinvio, se già riproposte nel procedimento di appello e non travolte dalle questioni decise dalla sentenza di cassazione,.

Il problema dell'ammissibilità del ricorso incidentale condizionato è, dunque, collegato a quello della configurabilità di una soccombenza nel giudizio di merito non quanto all'attribuzione del bene della vita richiesto dalla parte (soccombenza pratica), quanto alla risoluzione, in senso ad essa sfavorevole, di alcuna delle questioni sollevate per ottenere quell'attribuzione (soccombenza teorica).

Tale soccombenza teorica, legittimante il ricorso incidentale condizionato, viene prospettata non solo in ordine ad una questione pregiudiziale ovvero preliminare di merito, ma anche riguardo a questioni di merito non preliminari proposte sotto più profili, qualora il giudice d'appello, esaminati i vari profili, ne ritenga taluni infondati, dandone atto espressamente nella motivazione, ma accolga poi la domanda o l'eccezione, reputando fondati gli altri profili. In tal caso, ove non venisse proposto ricorso incidentale e la sentenza fosse cassata in accoglimento del ricorso principale, al giudice di rinvio, investito solo del riesame dei punti della sentenza cassati e di quelli inscindibilmente connessi con i primi, sarebbe precluso il riesame della questione già decisa in senso sfavorevole alla parte vittoriosa nella precedente fase di merito.

Altro aspetto che implica il tema in esame è se il meccanismo del condizionamento apposto dalla parte resistente all'esame del proprio ricorso incidentale vincoli, o meno, la Suprema Corte. Profilo ancor più attuale, visto il diffondersi del convincimento secondo cui, in applicazione del principio processuale della "ragione più liquida" - desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. -, è consentito sovvertire, per esigenze pratiche ed operative, l'ordine delle questioni da trattare di cui all'art. 276 c.p.c., con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione - anche se logicamente subordinata -, senza che sia necessario esaminare previamente le altre (Cass. civ., sez. un., 8 maggio 2014, n. 9936).

Funzione del controricorso

Il controricorso, atto tipicamente previsto dall'art. 370 c.p.c. rappresenta la condizione normativamente imprescindibile perchè la parte, alla quale sia diretto il ricorso per cassazione, possa contraddire. Tale atto deve avere, in linea di massima, gli stessi requisiti del ricorso, come dimostra il richiamo di applicabilità, in quanto possibile, degli artt. 365 e 366 c.p.c. relativi alla sottoscrizione ed al contenuto del ricorso principale.

Solo in seguito alla notificazione di un formale controricorso, la parte può ritenersi ritualmente costituita e perciò legittimata alla produzione di difese scritte e di documenti. Un atto - che non rispecchi le prescrizioni dell'art. 370 c.p.c. e che sia perciò qualcosa di ontologicamente diverso da un controricorso - con il quale la parte intimata si limiti a contestare genericamente la fondatezza del ricorso, semmai riservandosi di esporre in seguito le ragioni della propria resistenza in giudizio, deve essere conseguentemente dichiarato inammissibile, a pena di violazione dell'equilibrio del contraddittorio (Cass. civ., 11 giugno 2004, n. 11160; Cass. civ., 21 aprile 1997, n. 3421; Cass. civ., 9 ottobre 1996, n. 8835).

Il controricorso, non essendo un mezzo di impugnazione, è un atto processuale non irrinunciabile del giudizio per cassazione, essendo rimesso alla volontà del resistente il quale «intende contraddire». Il «contraddire volendo», significato dall'espressione ipotetica adoperata dall'art. 370 c.p.c., vuole indicare che il controricorso si riduce, di solito, all'addurre argomenti, ragionamenti o considerazioni di valore meramente dialettico-intellettuale, e raramente vale a fornire alla corte elementi anche d'ordine storico (REDENTI, Diritto processuale civile, II, II ed., Milano 1953, 454). In tal senso, si spiega la considerazione del controricorso come atto non dotato di autonomia processuale (CARBONE, Il controricorso riformato, in Corr. giur. 1997, 306).

Con il deposito del controricorso si instaura il contraddittorio, si sana l'eventuale nullità di notificazione del ricorso ed il resistente può eleggere domicilio; al resistente vanno rimborsate, in caso di inammissibilità, improcedibilità o rigetto del ricorso, le spese e gli onorari relativi al controricorso tempestivamente notificato e depositato (Cass. civ., 2 novembre 2010, n. 22269; Cass. civ., 13 maggio 2010, n. 11619; CARBONE, 307). Nel controricorso il resistente espone i propri argomenti difensivi e le ragioni di diritto contrarie all'accoglimento del ricorso, in vista della discussione della causa, lasciandogli salva la facoltà di presentare successive memorie, che possono contenere argomentazioni anche diverse o nuove eccezioni di inammissibilità dell'avverso gravame.

L'intimato può legittimamente concludere per il rigetto del ricorso per cassazione e la conferma della sentenza impugnata anche adducendo nel controricorso ragioni giustificative di tale conferma diverse da quelle poste a base di tale (Cass. civ., 24 marzo 1999, n. 2789; CARRATO, Il controricorso e il ricorso incidentale, in Il nuovo giudizio di cassazione, a cura di Ianniruberto -Morcavallo, II ed., Milano, 2010, 405 – 406). Esula, invece, dal contenuto proprio del controricorso la prospettazione di autonome doglianze nei confronti del provvedimento impugnato, le quali suppongono la proposizione di un ricorso incidentale, con contestuale conforme richiesta di cassazione della sentenza investita (Cass. civ., 14 aprile 2011, n. 8539; Cass. civ., 21 ottobre 2005, n. 20454; ma si veda anche Cass. civ., 9 giugno 2006, n. 13435, DE CRISTOFARO, sub art. 370, in Codice di procedura civile commentato, diretto da C. Consolo, Milano, 2007, 2979).

Funzione del ricorso incidentale

Giacché la funzione del controricorso è unicamente quella di resistere al gravame avversario, laddove il resistente intenda non contraddire, ma formulare egli stesso un'impugnazione avverso la sentenza già oggetto del ricorso principale, anche soltanto per esprimere adesione al gravame di controparte, è necessario proporre ricorso incidentale: se, invero, un simile contenuto impugnatorio sia contenuto nel controricorso, lo stesso deve essere dichiarato inammissibile (cfr. Cass. civ., sez. un. 25 novembre 2008, n. 28052, in Foro it., 2009, 2, I, 393; Cass. civ., 2 settembre 2003, n. 12764; Cass. civ., 29 novembre 2002, n. 16970; Cass. civ., 13 settembre 1990, n. 9470).

Presupposto di ammissibilità del ricorso incidentale è, ovviamente, la soccombenza in cui il controricorrente sia incorso nel grado precedente con riguardo ad una propria domanda o eccezione (CARRATO, Il controricorso e il ricorso incidentale, in Il nuovo giudizio di cassazione, a cura di Ianniruberto -Morcavallo, II ed., Milano, 2010, 412). In verità, la giurisprudenza ha talvolta specificato, proprio con riguardo all'interesse ad impugnare del ricorrente incidentale, che «il giudizio di cassazione non verte su “domande” o su “eccezioni”, ma soltanto su “questioni”, sicché la sussistenza dei requisiti di legittimazione all'impugnazione va valutata alla stregua di tale caratteristica peculiare del giudizio, con la conseguenza che la soccombenza deve essere apprezzata non già rispetto al risultato pratico conseguito nella pregressa fase processuale, ma rispetto all' esito specifico delle questioni in esso dibattute e decise, così da costituire altrettanti capi della sentenza. In relazione a tali capi la soccombenza è effettiva e ciò è sufficiente per fondare l'interesse a ricorrere: questo interesse non nasce dalla probabile fondatezza del ricorso principale, ma dal fatto di essere stato soccombente sulla questione pregiudiziale di rito o preliminare di merito, in quel giudizio rilevabile d'ufficio. Per tacere, poi, del fatto che fin dal momento in cui, con il ricorso principale, si rende incerta la vittoria sul merito, sorge l'interesse che rende ammissibile il ricorso incidentale e ne giustifica l'esame prioritario» (Cass. civ., sez. un., 23 maggio 2001, n. 212, in Giust. civ. 2002, I, 723; conformi: Cass. civ., 9 settembre 2008, n. 23113; Cass. civ., 12 dicembre 2009, n. 21589).

Il tema dell'interesse a proporre il ricorso incidentale, così prospettato, prelude dunque a scenari molto più ampi (oggetto di ampio dibattito dottrinale, e perciò esulanti dai limiti di questo commento), quali quelli dell'interesse ad impugnare, della soccombenza, nonché dei concetti di “questione” e di “parte di sentenza”. In estrema sintesi, si tratterebbe di definire se l'interesse a proporre ricorso incidentale per il resistente vittorioso supponga necessariamente la reiezione di una domanda, o possa invece generarsi pure in ipotesi di sfavorevole soluzione di una questione. Dilemma che, per il giudizio di cassazione, e quindi ai fini della proposizione del ricorso incidentale, si dice acuito dalla mancanza, nella disciplina di cui agli artt. 360 ss. c.p.c., di una norma che faccia il paio con quanto dall'art. 346 c.p.c. previsto per il giudizio d'appello (cfr. Curcuruto, Il controricorso, in La Cassazione civile, a cura di AA.VV., collana Giur. sist. di dir. proc. civ., diretta da Proto Pisani, 1998, tomo I, 604 ss).

Non è ammissibile, sotto il profilo della sussistenza di un interesse ad impugnare, la richiesta mediante ricorso incidentale, non dell'annullamento, per se parziale, della sentenza, quanto della mera modifica della sua motivazione (Cass. civ., 24 marzo 2006, n. 6631; Cass. civ., 28 aprile 2004, n. 8096; Cass. civ., 6 dicembre 2000, n. 15504; Cass. civ., 13 marzo 1996, n. 2067; Cass. civ., 6 luglio 1990, n. 7099). La parte interamente vittoriosa che intenda ottenere soltanto la riforma della motivazione, non è tenuta a proporre ricorso incidentale, trattandosi di deduzioni difensive formulabili con il controricorso (Cass. civ., 19 marzo 2007, n. 6519; Cass. civ., 11 dicembre 1990, n. 11773): se il risultato cui ambisca il resistente in sede di giudizio di cassazione può essere raggiunto con il mutamento di motivazione, viene meno ogni esigenza di proposizione del ricorso incidentale (ancorché condizionato), non ricorrendo in tal caso l'ipotesi di una soccombenza teorica suscettibile di tramutarsi in soccombenza pratica con l'accoglimento del ricorso principale (Cass. civ., 2 luglio 2007, n. 14970).

La rettificazione della motivazione della sentenza impugnata (il cui dispositivo sia conforme al diritto), può invero operarsi dando attuazione al potere correttivo autonomamente attribuito alla Corte di cassazione dall'art. 384, comma 4, c.p.c., eventualmente su sollecitazione delle difese riproposte nel controricorso (Cass. civ., 24 marzo 2010, n. 7057; Cass. civ., 10 marzo 1995,n. 2799).

Si chiarisce in dottrina che se il resistente vuole la correzione della motivazione della sentenza, non ha bisogno di sperimentare un ricorso incidentale, perché della correzione la Corte si deve preoccupare già per decidere il ricorso principale. Quando, dunque, la stessa parte resistente intende esporre le proprie ragioni in relazione a questioni comunque oggetto dell'impugnazione avversa, ovvero rilevabili d'ufficio, è sufficiente la loro riproposizione col controricorso (o con la memoria ex art. 378 c.p.c. o nel corso della discussione orale), senza necessità alcuna del ricorso incidentale (LUISO, Diritto processuale civile, IV ed., Milano 2007, 429).

La riproposizione ad opera del resistente della questione ritenuta assorbita dal giudice del merito, per il principio di autosufficienza, operante anche nel controricorso ai sensi degli art. 366, comma 1, n. 3 e 4, e 370, comma 2, c.p.c., postula tuttavia l'indicazione dei termini esatti in cui la questione era stata sottoposta nel grado precedente di giudizio, in modo tale da permettere alla Corte di verificare se essa possa ancora ritenersi sub iudice (Cass. civ., 14 marzo 2011, n. 5970).

Alla base del ricorso incidentale, come di ogni impugnazione, deve esservi un interesse giuridicamente tutelato, identificabile nella possibilità di conseguire una concreta utilità, un risultato giuridicamente apprezzabile, attraverso la rimozione della statuizione censurata, e non già in un mero interesse astratto a una più corretta soluzione di una questione giuridica non avente riflessi pratici sulla soluzione adottata. L'interesse a proporre ricorso incidentale non può, pertanto, mai considerarsi avulso dalla necessità di provocare o di far mantenere una decisione attinente al riconoscimento o al disconoscimento di un bene a favore del controricorrente. È, quindi, inammissibile un ricorso incidentale con il quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte e che sia diretto quindi all'emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico. Non é del pari ammissibile, per difetto di interesse all'impugnazione, il ricorso incidentale diretto ad ottenere una decisione su questioni meramente ipotetiche, senza che siano investite specifiche statuizioni della sentenza impugnata (Cass. civ., 19 marzo 2008, n. 7394; Cass. civ., 28 aprile 2006, n. 9877).

Ad un approccio superficiale, la proposizione del ricorso incidentale potrebbe, allora, dirsi necessaria soltanto in relazione alle eccezioni respinte, alle domande rigettate o alle ragioni della domanda ritenute infondate, che miravano ad un risultato equivalente a quello pur conseguito dalla parte mediante l'accoglimento di altra delle sue prospettazioni. Il ricorso incidentale sembrerebbe, invece, inammissibile riguardo alle domande o eccezioni non esaminate, perché assorbite in relazione all'esito del giudizio.

Al riguardo, la giurisprudenza ha così di frequente affermato che la parte concretamente vittoriosa nel giudizio di appello non ha l'onere di proporre ricorso incidentale per far valere le domande o le eccezioni non accolte dal giudice del merito, rispetto alle quali siano pregiudiziali o preliminari o alternative le questioni sollevate col ricorso principale, poiché - proprio per l'assenza di una regola analoga a quella di cui all'art. 346 c.p.c. nel procedimento di legittimità - l'accoglimento di quest'ultimo ricorso, ancorché in mancanza di quello incidentale, comporta la possibilità di riproposizione nel giudizio di rinvio di tali domande o eccezioni respinte (Cass. civ., 25 maggio 2010, n. 12728; Cass. civ., 26 gennaio 2006, n. 1691; Cass. civ., 29 agosto 2003, n. 12680).

Parimenti, si nega il presupposto del diritto all'impugnazione, per difetto di soccombenza, sia pure teorica, con conseguente inammissibilità del ricorso incidentale, anche se condizionato, allorché la parte vittoriosa in sede di merito intenda riproporre questioni che il giudice di appello non abbia proprio esaminato, avendole ritenute assorbite dalla statuizione adottata (Cass. civ., 7 marzo 2016, n. 4472; Cass. civ., 15 gennaio 2016, n. 574; Cass. civ., 21 febbraio 2014, n. 4130; Cass. civ., 18 maggio 2011, n. 10922;Cass. civ., 16 maggio 2007, n. 11321; Cass. civ., 13 marzo 2006, n. 5401; Cass. civ., 2 febbraio2005, n. 2087; Cass. civ., 22 ottobre 2003, n. 12344; Cass. civ., 29 settembre 2003, n. 12680; Cass. civ., 8 ottobre 2002, n. 14382). Come ben si spiega, una questione assorbita è una questione non decisa, ed in quanto tale non ricorribile, nemmeno incidentalmente, in cassazione, ma, al più, riproponibile nella fase rescissoria davanti al giudice di rinvio, se la sentenza viene cassata (LUISO, 428).

Peraltro, si è affermato che, laddove il ricorso incidentale - lamentando l'omissione di pronuncia - riproponga una questione di mero diritto, ritenuta assorbita dal giudice del merito, la Corte, una volta accolto il ricorso principale e cassata la sentenza impugnata, può immediatamente decidere la questione, purché su di essa si sia svolto il contraddittorio, dovendosi ritenere che l'art. 384 , comma 2, c.p.c. come modificato dall'art. 12 del d.lg. n. 40 del 2006, attribuisca alla Corte di cassazione una funzione non più soltanto rescindente ma anche rescissoria e che la perdita del grado di merito resti compensata con la realizzazione del principio di speditezza del processo, costituzionalizzato nell'art. 111, comma 2, Cost., così superando la tradizionale avversione dei giudici di legittimità a pronunciare su questioni assorbite (Cass. civ., 3 marzo 2011, n. 5139; in senso contrario, Cass. civ., 1 marzo 2007, n. 4804; Cass. civ., 5 maggio 2003, n. 6784; Cass. civ., 11 novembre 2002, n. 15808).

Inoltre vi è necessità, per il vincitore nel grado di merito, di interporre ricorso incidentale allo scopo di evidenziare quali prove siano state valutate in suo favore dal giudice, sebbene non siano riportate nella motivazione della sentenza, in maniera da evitare che eventuali accertamenti di fatto a lui sfavorevoli possano poi essere unilateralmente valorizzati dalla Corte per decidere nel merito la causa, ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p.c. (Cass. civ., 13 giugno 2008, n. 15986).

In dottrina è stato detto che l'esame del ricorso incidentale proposto dal resistente vittorioso sarebbe condizionato de jure, giacché subordinato al preventivo accertamento del vizio in judicando denunciato con il ricorso principale, dovendosi pertanto individuare una triplice serie « di fatti costitutivi della legittimazione ad impugnare del resistente vittorioso:

a) la soluzione sfavorevole di una questione pregiudiziale o preliminare;

b) la proposizione di un ricorso principale da parte del soccombente nel merito;

c) la fondatezza di quest'ultimo ricorso» (CHIARLONI, L'impugnazione incidentale nel processo civile, Milano 1969, 135).

L'esame subordinato delle questioni introdotte dal ricorrente incidentale, in precedenza comunque vittorioso, sarebbe quindi inevitabile, sia che si parli di legittimazione ad impugnare non originaria ma sopraggiunta o successiva, sia che si individui la necessità del condizionamento nel difetto del presupposto indispensabile per l'esame dell'impugnazione proposta, ossia nell'inattualità del pregiudizio (RINALDI, Considerazioni in tema di ammissibilità del ricorso incidentale condizionato, parte di sentenza e interesse ad impugnare, in Giust. civ. 2002, 3, 726).

Il ricorso incidentale condizionato

Il tema del c.d. ricorso incidentale condizionato si è evoluto in giurisprudenza grazie ai successivi ripetuti interventi delle Sezioni Unite della Corte di cassazione. La figura del ricorso incidentale condizionato si era, invero, delineata nella prassi già sotto la vigenza del codice del 1865, e trova la sua ragione giustificatrice nell'esigenza di reagire alla c.d. soccombenza teorica, ovvero di consentire al soccombente teorico di sfuggire all'obiezione del suo difetto d'interesse all'impugnazione (ANDRIOLI, Diritto processuale civile, I, Napoli 1979, 873; FAZZALARI, Sui ricorsi incidentali condizionati, in Riv. dir. 1961, 99).

In proposito, la giurisprudenza discute così, ormai da vari decenni, sull'interrogativo se al resistente, totalmente vittorioso nel giudizio di merito, debba riconoscersi il potere di proporre un ricorso incidentale condizionato, con il quale questi non chieda una modificazione della sentenza in suo favore, ma insista per ottenere il rigetto del ricorso per motivi diversi da quelli fatti valere dal ricorrente, opponendo ad essi - a prescindere dalla loro contestazione, che è funzione già propria del controricorso – ulteriori distinti motivi, attinenti a questioni risolte nel precedente grado di giudizio in senso sfavorevole allo stesso resistente, la cui favorevole soluzione, però, garantirebbe egualmente la vittoria altra strada conseguita. Il problema controverso nelle sentenze chiede di stabilire soprattutto se il condizionamento apposto dalla parte resistente all'esame del proprio ricorso incidentale vincoli la Corte o se, invece, quest'ultima debba procedere all'esame dei vari profili di censura secondo l'ordine logico delle questioni, senza essere limitata dalla volontà delle parti. Un primo più risalente indirizzo aveva negato l'ammissibilità del ricorso incidentale condizionato, giacché il condizionamento avrebbe costretto la corte ad esaminare con precedenza il ricorso principale anche quando quello incidentale profilasse un motivo dal cui accoglimento il ricorso principale sarebbe rimasto assorbito, sicché la Corte avrebbe dovuto, senza alcuna logica, dapprima pronunciarsi sul ricorso principale per poi subito dopo privare di ogni effetto tale preliminare pronuncia in accoglimento del ricorso incidentale (cfr. Cass. civ., sez. un., 10 dicembre 1957, n. 4624). Di seguito, però, Cass. civ., sez. un., 11 aprile 1960, n. 826, affermò che la Corte di cassazione deve in ogni caso esaminare sempre prima il ricorso principale e, solo se ritenga questo fondato, passare all'esame di quello incidentale, che pure sottoponga questioni preliminari o pregiudiziali a quelle che formino oggetto del ricorso principale; laddove risulti da accogliere anche il ricorso incidentale, sarebbe quindi occorso correggere la motivazione della sentenza impugnata, mantenendo fermo il dispositivo.

A questa soluzione, le Sezioni Unite della Suprema Corte ne affiancarono negli anni a venire un'altra, secondo cui, allorquando il ricorso incidentale proposto dalla parte interamente vittoriosa nel merito deduca una questione pregiudiziale rilevabile d'ufficio, quale quella attinente alla giurisdizione, esso andrebbe comunque deciso in via prioritaria, a prescindere da qualsiasi delibazione della fondatezza del ricorso principale, in quanto l'interesse all'impugnazione incidentale discenderebbe immediatamente dalla proposizione dell'impugnazione principale, e non anche dalla eventuale fondatezza di quest'ultima (Cass. civ., sez. un., 3 giugno 1978, n. 2769; Cass. civ., sez. un., 11 aprile 1981, n. 2121; Cass. civ.., sez. un., 11 dicembre 1990, n. 11795; Cass. civ., sez. un. 23 dicembre 1991, n. 13862).

Si pervenne allora alla già ricordata Cass. civ., sez. un., 23 maggio 2001, n. 212, ad avviso della quale si imporrebbe alla Corte l'esame prioritario del ricorso incidentale condizionato, relativo a questione pregiudiziale di rito o preliminare di merito rilevabile d'ufficio, senza tener conto della sua subordinazione all'accoglimento del ricorso principale, dal momento che:

1) l'interesse al ricorso sorge per il fatto stesso che il ricorrente incidentale è soccombente sulla questione pregiudiziale o preliminare, rilevabile d'ufficio, decisa in senso a lui sfavorevole;

2) la vittoria conseguita nel merito è resa incerta dalla proposizione del ricorso principale (e non dalla sua eventuale fondatezza);

3) le regole processuali sull'ordine logico delle questioni da decidere - applicabile anche al giudizio di legittimità - non subiscono di certo deroga su sollecitazione delle parti.

Può finalmente giungersi al più recente assestamento della vessata questione.

Cass. civ., sez. un., 31 ottobre 2007, n. 23019, ha osservato che il ricorso incidentale, proveniente dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito e relativo a questioni pregiudiziali o preliminari, ha inevitabilmente natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione del ricorrente, ma deve essere deciso con priorità soltanto se le questioni pregiudiziali o preliminari, rilevabili d'ufficio, non siano state esaminate nel giudizio di merito; atteso che, quando tali questioni siano state affrontate e decise dal giudice di merito, esse cessano di essere rilevabili d'ufficio in sede di legittimità, ed il loro esame postula la proposizione di un'apposita impugnazione. Peraltro, l'interesse all'impugnazione del ricorrente incidentale sorgerebbe unicamente in ipotesi di riconosciuta fondatezza del ricorso principale, visto che l'accoglimento del ricorso incidentale non varrebbe a procurare al resistente alcun risultato più favorevole di quello di per sé derivante dal rigetto dell'impugnazione principale.

Il principio conclamato dalla sentenza n. 23019/2007 delle Sezioni Unite è stato sostanzialmente condiviso da Cass. civ., sez. un., 6 marzo 2009, n. 5456, anche in nome del principio della ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111, Cost., apportandovi però un temperamento. Rimane per la Corte il convincimento che il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali o preliminari, abbia sempre natura di ricorso condizionato, pur mancando una esplicita volontà di parte in tal senso; esso, tuttavia, va esaminato prioritariamente solo quando le questioni pregiudiziali o preliminari, rilevabili di ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito. Qualora, invece sia intervenuta tale decisione, il relativo ricorso incidentale deve essere preso in considerazione dalla Corte di cassazione soltanto ove sussista un interesse attuale all'impugnazione, ovvero unicamente nell'ipotesi della accertata fondatezza del ricorso principale (nello stesso senso, poi, Cass. civ., sez. un. 15 luglio 2009, n. 16504; Cass. civ., sez. un., 3 marzo 2010, n. 5023).

Di seguito, Cass. civ., sez. un., 25 marzo 2013, n. 7381, ancora in questa prospettiva, ha ribadito che il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito ha natura di ricorso condizionato all'accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, sicché, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte solo in presenza dell'attualità dell'interesse, ovvero in ipotesi di fondatezza del ricorso principale (Ancora, Cass. civ., 6 marzo 2015, n. 4619).

Altrimenti, secondo Cass. civ., 31 ottobre 2014, n. 23271, il ricorso incidentale non condizionato, con cui vengano proposte questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito la cui decisione, secondo l'ordine logico e giuridico, debba precedere quella del merito del ricorso principale, va esaminato con priorità rispetto a quest'ultimo, indipendentemente dalla rilevabilità d'ufficio delle questioni proposte - profilo, questo, che riveste importanza preminente in caso di ricorso incidentale condizionato allo scopo di superare la volontà della parte di subordinare l'esame della propria impugnazione all'accoglimento del ricorso principale - poiché l'interesse all'impugnazione sorge per il solo fatto che il ricorrente incidentale è soccombente sulla questione pregiudiziale o preliminare decisa in senso a lui sfavorevole, così da rendere incerta la vittoria conseguita sul merito dalla stessa proposizione del ricorso principale e non già dalla sua eventuale fondatezza.

Venendo ad altra ipotesi di astratta ammissibilità del ricorso incidentale, quanto alla particolare fattispecie della domanda soggettivamente alternativa, si è sostenuto che la parte di essa autrice debba richiedere nel controricorso che, nel caso di accoglimento del ricorso principale proposto dal convenuto condannato in grado di appello, la Corte di cassazione pronunci altresì in ordine al rapporto con l'altro soggetto per contro assolto dalla pretesa attorea, ossia ne cassi la pronuncia assolutoria ad eventualmente, pronunciando nel merito ex art. 384, comma 2, c.p.c. lo condanni (Cass. civ., 5 marzo 2003, n. 3261). In tale atto sarebbero comunque ravvisabili gli estremi del ricorso incidentale, purché ne siano rispettati termini e forme di proposizione, senza che assuma decisivo rilievo in senso contrario il fatto che nel controricorso non sia contenuta la espressa denominazione ricorso incidentale, essendo sufficiente che la parte abbia chiesto la cassazione della sentenza in modo identificabile dal giudice e comunque tale da render possibile la difesa della controparte (Cass. civ., 13 agosto 1981, n. 4921; Cass. civ., 24 marzo 1999, n. 2789). Neppure può pretendersi che, sempre con riferimento alla domanda soggettivamente alternativa, il ricorso incidentale si fondi su argomenti opposti a quelli utilizzati, non potendosi certamente onerare la stessa parte di sostenere argomenti totalmente incompatibili nei confronti prima dell'uno e poi dell'altro avversario. In definitiva, nel caso di domanda alternativa, il ricorrente per cassazione in via incidentale deve tendere prioritariamente alla conferma della sentenza impugnata nel suo nucleo essenziale, ossia nell'accertamento dell'oggettiva sussistenza della sua pretesa, nonché alla affermazione di responsabilità del soggetto alternativo, sulla quale la sentenza stessa non si sia pronunciata se non per esclusione. A tal fine è necessario che il ricorso indentale si connoti per la contestazione della sentenza di merito sulla base del solo error in iudicando consistito nella pronuncia assolutoria, dal che si desume che il ricorrente intende voler insistere nella propria pretesa alternativa.

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