Controricorso
03 Marzo 2017
Inquadramento
Il controricorso, disciplinato dall'art. 370 c.p.c., è l'atto di natura meramente difensiva – quando non contiene l'impugnazione incidentale - con il quale il controricorrente (o resistente) chiede il rigetto del ricorso per cassazione adducendo ragioni ostative al suo accoglimento o introducendo questioni che la Corte di Cassazione potrebbe comunque rilevare d'ufficio. Con il controricorso la parte intimata nel giudizio per cassazione non intende impugnare a sua volta il provvedimento censurato dal ricorrente ma, più limitatamente, intende chiedere il rigetto della impugnazione proposta. Tale rigetto, infatti, gli permetterebbe di conservare la posizione di vantaggio raggiunta nei precedenti gradi del giudizio. Quello appena esposto costituisce il minimum del contenuto del controricorso, ciò che, in altre parole, consente di qualificare l'atto di parte come controricorso. Con un'ormai risalente pronuncia (Cass., Sez. Un., 8 agosto 1989, n. 3649), le Sezioni Unite hanno, difatti, stabilito che l'atto con il quale il resistente intende partecipare al giudizio in Cassazione senza formulare alcuna deduzione difensiva è estraneo al relativo procedimento, e, di conseguenza, non è qualificabile come controricorso. L'art. 370 c.p.c. delinea il contenuto-forma del controricorso in maniera non proprio speculare rispetto a quanto fa l'art. 366 c.p.c. per il contenuto-forma del ricorso: tra le maglie dell'art. 370 c.p.c. la giurisprudenza ha potuto leggere un minor rigore formale e su questo dato ha fatto leva per disegnare l'esatto contenuto del controricorso. Contenuto del controricorso e poteri del resistente
Comprendere l'esatta portata del termine «contraddire» utilizzato nell'art. 370 c.p.c. è indispensabile, da un lato, per distinguere il controricorso meramente difensivo dall'atto contenente invece l'impugnazione incidentale link interno (al quale si applica quanto disposto dall'art. 371 c.p.c.); dall'altro lato, per individuare concretamente i poteri del resistente. Per quanto concerne il primo aspetto, i giudici di legittimità hanno stabilito che debba parlarsi di mero controricorso qualora il resistente, pur prospettando ragioni di invalidità del provvedimento impugnato diverse da quelle prospettate dal ricorrente, non formuli un'espressa richiesta di cassazione del provvedimento medesimo (Cass., 24 marzo 1999, n. 2789, in Mass. Giur. it., 1999). La Corte di Cassazione ha anche disposto che la parte interamente vittoriosa che intenda ottenere unicamente il mutamento della motivazione del provvedimento non è tenuta a proporre un ricorso incidentale ma un mero controricorso difensivo (Cass., 19 marzo 2007, n. 6519). Per quanto riguarda il secondo aspetto, la Suprema Corte ha fatto rientrare nel concetto di «contraddire» anche l'attività del resistente che abbia chiesto l'iscrizione a ruolo della causa al fine di far dichiarare l'improcedibilità di un ricorso non corredato degli atti indicati nell'art. 369 c.p.c. (Cass., Sez. I, 18 febbraio 2016, n. 3193; Cass., 1 settembre 2008, n. 21969, in Foro it., 2009, 2, 1, 445). Tale potere troverebbe la propria giustificazione, anzitutto, nell'interesse del resistente al recupero delle spese del giudizio e, in secondo luogo, nella necessità di evitare, mediante la dichiarazione di improcedibilità del ricorso, che il ricorrente possa riproporre il ricorso medesimo ove non sia ancora decorso il termine per l'impugnazione (laddove si ammetta, il che non è pacifico, una siffatta possibilità).
Notificazione del controricorso
Il primo comma, primo periodo, dell'art. 370 c.p.c. stabilisce che il controricorso debba notificarsi nel domicilio eletto dal ricorrente nel termine di venti giorni decorrenti dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso per cassazione. È irrilevante, ai fini del decorso dei venti giorni indicati, che il controricorso sia puramente difensivo ovvero che contenga un'impugnazione incidentale ai sensi dell'art. 371 c.p.c.. La notificazione del controricorso deve essere realizzata in ossequio alle regole di notificazione degli atti processuali contenute negli artt. 137 ss. c.p.c. e, per le impugnazioni, anche nell'art. 330 c.p.c. In base al rinvio operato dall'art. 370, comma 2, c.p.c., all'art. 366 c.p.c. in quanto compatibile, è necessario ulteriormente chiarire che la notificazione può farsi mediante trasmissione telematica dell'atto da notificare, utilizzando lo strumento della posta elettronica certificata (Pec), all'indirizzo di posta elettronica del difensore da questi comunicato al proprio ordine di appartenenza. Solo in caso di mancata elezione di domicilio in Roma e di mancata dichiarazione della Pec, le notificazioni saranno fatte presso la cancelleria della Corte di Cassazione. Di notificazione del controricorso si occupa anche la L. 20 gennaio 1992, n. 55 – rubricata, appunto, «Disposizioni in materia di notificazione dei controricorsi e dei ricorsi incidentali dinanzi alla Corte di Cassazione» - che, nel suo unico articolo, prescrive che il controricorso possa essere notificato anche all'ufficiale giudiziario del luogo ove ha sede il giudice che ha pronunziato il provvedimento impugnato a mezzo del servizio postale. Pertanto, come confermato dalla giurisprudenza, la competenza per la notificazione del controricorso (e del ricorso incidentale) ha carattere promiscuo, potendo essere alternativamente - e validamente - compiuta sia dall'ufficiale giudiziario del luogo ove ha sede il giudice dell'impugnazione, sia da quello del luogo ove ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Naturalmente, in caso di notificazione eseguita a mezzo posta, il termine dovrà dirsi rispettato, a seguito della nota sentenza della Consulta del 2002 (C. Cost., 26 novembre 2002, n. 477, in Giur. cost., 2002, 6) e del recepimento del dictum del Giudice delle leggi (art. 149, comma III, c.p.c.), qualora il resistente consegni il plico raccomandato nei venti giorni dal deposito del ricorso, in virtù del meccanismo di scissione soggettiva del perfezionamento della notificazione effettuata tramite il servizio postale. Quid iuris nel caso in cui la notificazione non sia validamente effettuata, e cioè non avvenga presso l'indirizzo di posta elettronica del difensore o nel domicilio eletto quando ritualmente indicati? La giurisprudenza di legittimità, salvo un importante pronuncia a Sezioni Unite del 2008, sembrerebbe orientata nel senso della nullità della notificazione ma non della sua inesistenza quando il destinatario sia comunque posto nella condizione di conoscere l'atto, con la conseguenza che il vizio sarebbe sanabile - in conformità alle regole generali contenute negli artt. 156 ss. c.p.c., applicabili anche nel giudizio innanzi alla Corte di Cassazione - mediante rinnovazione.
In maniera speculare rispetto a quanto finora detto, si pone il problema dell'invalidità della notificazione del controricorso nel caso in cui, mancando l'indicazione della posta elettronica certificata e l'elezione di domicilio, il resistente, invece di notificare presso la cancelleria della Cassazione, notifichi presso il reale domicilio della parte o presso il difensore. In proposito, è stato più volte affermato che la prescrizione in esame tutela il controricorrente che deve notificare il proprio atto, e non il ricorrente. Di conseguenza, l'invalidità della notificazione è sanabile - in base al principio di convalida oggettiva dell'atto nullo ex art. 156 c.p.c. - a patto che il ricorrente sia posto nella condizione di aver avuto piena coscienza dell'atto di parte avversa (Cass., 11 novembre 1997, n. 8972). Infine, il secondo inciso del comma 1, dispone che «in mancanza» della notificazione la parte non può presentare memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c., ma soltanto partecipare alla discussione orale prevista dall'art. 379 c.p.c.. Alla mancanza della notificazione del controricorso è parificata la notificazione di un controricorso tardivo, che, se notificato, è da considerare inammissibile, dato che il termine previsto è relativo all'esercizio del diritto di difendersi dall'impugnazione e, dunque, connotato da perentorietà. Disposizioni applicabili
Il secondo comma dell'art. 370 c.p.c. prescrive che gli articoli 365 e 366 del codice di rito siano applicabili al controricorso nella misura in cui quest'operazione ove compatibili. Da tale rinvio, ne consegue che il controricorso deve essere sottoscritto da un avvocato munito di procura speciale come disposto dall'art. 365 c.p.c. ed il contenuto-forma dello stesso deve tendenzialmente soddisfare i requisiti previsti dall'art. 366 c.p.c.,
Nel valutare, invece, il rispetto dei criteri redazionali di cui all'art. 366 c.p.c. applicabili al controricorso in quanto possibile, la Corte di Cassazione ha sposato un indirizzo interpretativo poco formalistico. Indispensabile, secondo la Suprema Corte (Cass., Sez. Un., 4 febbraio 1997, n. 1049), è che il controricorso soddisfi i requisiti di cui ai nn. 1) e 2) dell'art. 366 c.p.c., e cioè che contenga, rispettivamente, l'indicazione delle parti e l'indicazione della sentenza o della decisione impugnata. Si può dire in proposito che non vi sia ragione di dubitare, rispetto a questi elementi, della piena compatibilità delle prescrizioni ex art. 366 c.p.c. con la logica del controricorso, in quanto i requisiti di cui ai nn. 1 e 2 servono unicamente ad individuare i soggetti e l'oggetto del giudizio di impugnazione all'interno del quale il controricorso va ad inserirsi. I giudici di legittimità hanno stabilito che debba dichiararsi inammissibile il controricorso che, benché formalmente intestato alla Corte di Cassazione, contenga il duplice riferimento alla sentenza di primo grado e all'avverso atto di appello, poiché difettante degli elementi essenziali indicati dall'art. 366 c.p.c. (Cass., 30 aprile 2010, n. 10606). La Cassazione, condivisibilmente, chiede che venga soddisfatta anche la condizione di cui al n. 5) dell'art. 366 c.p.c.,:il controricorso dovrà, dunque, contenere l'indicazione della procura, ove questa sia stata conferita con atto separato. Il vero punctum dolens in punto di applicabilità dell'art. 366 c.p.c. al controricorso è costituito dal requisito di cui al n. 3), concernente «l'esposizione sommaria dei fatti della causa» (sul quale vedi la tabella sotto).
Per quanto riguarda il n. 6) dell'art. 366 c.p.c., che richiede la puntuale indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda, la giurisprudenza maggioritaria richiede il rispetto dei requisiti di specificità e l'autosufficienza anche per il controricorso (Cass., 28 maggio 2010, n. 13140). Il controricorso che non rispetta le prescrizioni di cui all'art. 366 c.p.c., come pure quelle di cui all'art. 365 c.p.c., sarà dichiarato inammissibile. In relazione all'art. 365, la Corte di Cassazione ha stabilito che qualora l'originale del controricorso (contenente, eventualmente, anche il ricorso incidentale) rechi la firma del difensore munito di procura speciale e l'autenticazione della sottoscrizione ad opera del medesimo, la mancanza di detta firma e della menzionata autenticazione nella copia notificata non determina l'inammissibilità del controricorso, purché la copia stessa contenga elementi idonei ad evidenziare la provenienza dell'atto dal difensore abilitato e legittimato (Cass., 15 gennaio 2007, n. 636).
Deposito del controricorso
L'art. 370, comma 4, c.p.c. disciplina il deposito del controricorso prevedendo che il controricorso debba essere depositato in cancelleria entro venti giorni dalla notificazione dell'atto stesso, assieme agli atti o altri documenti che dovessero essere necessari per la comprensione delle difese formulate, ed assieme alla procura speciale, qualora questa venga rilasciata su un atto diverso dal controricorso stesso o non risulti ad esso congiunta. La previsione più scarna rispetto a quella dettata in tema di deposito del ricorso per cassazione all'art. 369 c.p.c. che, diversamente dagli artt. 365 e 366 c.p.c., non viene richiamato. L'art. 370, IV comma, c.p.c. deve essere letto in combinato disposto con l'art. 134 disp. att. c.p.c. che consente, sia per il ricorso che per il controricorso, il deposito a mezzo del servizio postale. Sul punto, è necessario richiamare anche la regola di cui all'art. 137 disp. att. c.p.c. che, in un'operazione di armonizzazione con procedure adottate in tema di deposito telematico degli atti processuali, prevede che le parti non siano onerate al deposito, quando lo stesso avvenga con modalità telematiche, anche di almeno tre copie in carta libera del controricorso (come del ricorso, peraltro) e della sentenza o decisione impugnata. In tale caso, il cancelliere provvederà a farle fare a spese delle parti. Per quanto riguarda il computo del termine di quaranta giorni per il deposito del controricorso (risultante dal combinato disposto degli artt. 369 e 370 c.p.c.), nel caso di più notificazioni a diverse parti, il termine decorrerà, in base al comune insegnamento di stampo più garantista, dall'ultima di queste notificazioni. In ipotesi, invece, di notifica reiterata nei confronti della medesima parte, la Cassazione ha stabilito che tale termine debba decorrere dalla data della prima notifica. Ove, però, detta notifica debba considerarsi nulla, il termine stesso decorrerà dalla data della seconda notificazione (Cass., sez. III, 22 giugno 2006, n. 14456, in dejure.giuffre.it, 2016). Il legislatore è rimasto silente sulla sanzione da applicare in caso di tardivo deposito o di mancato deposito del controricorso. Ciononostante, la Corte di cassazione ritiene solitamente applicabile la stessa sanzione prevista per il ricorso dall'art. 369 c.p.c., e cioè l'improcedibilità. A giustificazione di tale assunto si è affermato che, pur in difetto di un'espressa previsione, l'improcedibilità possa essere desunta dai principi generali del processo civile sull'inosservanza di termini prescritti per quegli atti processuali con i quali la parte porta a conoscenza del giudice e dell'avversario le proprie difese. Il quarto comma dell'art. 371 c.p.c. prevede che il ricorrente principale possa, per resistere al ricorso incidentale proposto dalla parte intimata, proporre a sua volta un controricorso in ossequio alle regole previste dall'art. 370 c.p.c. Con tale controricorso, il ricorrente principale può confutare i motivi del ricorso incidentale ovvero prospettare questioni rilevabili di ufficio, senza rappresentare questioni nuove o dedurre nuovi mezzi di impugnazione e svolgere argomentazioni difensive in contrasto con quelle contenute nel controricorso al ricorso principale, purché non ne risulti ampliato o integrato il contenuto dei motivi di ricorso (Cass., Sez. Un., 6 febbraio 1971, n. 311; Cass., Sez. I, 20 giugno 2011, n. 13448, entrambe in in dejure.giuffre.it, 2016). Riferimenti
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