Cause ereditarie

21 Giugno 2017

L'art. 22 c.p.c. si può considerare come disposizione che detta una estensione, oltre la vita e oltre la persona del de cuius, dell'effetto processuale che il suo domicilio generale aveva in base all'18 c.p.c. In questo senso esso è un domicilio speciale delle persone interessate alla successione e riguarda le cause specificatamente indicate nel primo comma, ossia le cause ereditarie.
Inquadramento

art. 22 c.p.c. si può considerare come disposizione che detta una estensione, oltre la vita e oltre la persona del de cuius, dell'effetto processuale che il suo domicilio generale aveva in base all'art. 18 c.p.c. In questo senso esso è un domicilio speciale delle persone interessate alla successione e riguarda le cause specificatamente indicate nel primo comma, ossia le cause ereditarie, la cui nozione è analoga alla previsione del secondo comma che parla di «cause suindicate».

In particolare, per le cause relative a petizione o divisione di eredità e per qualunque altra causa fra coeredi fino alla divisione, per quelle relative alla rescissione della divisione ed alla garanzia delle quote proposte entro un biennio dalla divisione medesima, per le controversie concernenti crediti verso il defunto o legati dovuti dall'erede, iniziate prima della divisione ma non oltre due anni dall'aperta successione, e per quelle, proposte entro questo stesso termine, contro l'esecutore testamentario, la norma prevede la competenza del giudice del luogo in cui la successione si è aperta.

Devono essere considerate come cause di petizione di eredità anche quelle proposte per l'accertamento mero della qualità di erede; per cause di divisione vanno ritenute, oltre ai procedimenti di divisione dell'intero asse ereditario, anche quelle relative ad una quota di esso, con la sola esclusione delle controversie relative ad un bene determinato solo parzialmente incluso nella successione, e che le cause fra coeredi sono quelle che dipendono necessariamente e non occasionalmente dalla qualità di erede.

Per quanto concerne le azioni relative a crediti verso il defunto o a legati dovuti dall'erede, nell'ambito del foro ereditario rientrano tutte le azioni personali per crediti, mobiliari o immobiliari, ma non quelle reali, anche se mobiliari; vi rientrano, altresì, tutte le azioni personali o reali per legati dovuti dall'erede e non da altri.

L'ultimo comma dell'art. 22 c.p.c. prevede un foro sussidiario per le successioni aperte fuori dal territorio nazionale che può essere adito allorché esistono nella repubblica italiana beni immobili, individuati ex art. 15 c.p.c; il criterio ulteriormente sussidiario fa riferimento, in mancanza degli immobili, al luogo di residenza del convenuto o di alcuni; ma si è giustamente evidenziato come, mancando anche questo foro, dovrà farsi ricorso alla regola generale posta dall'art. 18 c.p.c., e, pertanto, nella successione ivi determinata, si potrà in ultima istanza fare anche ricorso alla residenza dell'attore.

Bisogna inoltre ricordare che il valore della causa è determinato da quello della massa attiva da dividersi ex art. 12 c.p.c. e che, qualora si tratti di divisioni di beni immobili compresi nel compendio ereditario è esclusa ratione materiae la competenza del giudice di pace ed è applicabile la disciplina dell'art. 15 c.p.c..

Ambito di applicazione

L'art. 22 c.p.c. individua il giudice competente in quello del luogo dell'aperta successione, effettuando un rinvio recettizio alla nozione come identificata ai sensi delle norme del codice civile. Il giudice competente è, pertanto, quello del luogo dell'ultimo domicilio del defunto, oppure, in mancanza, qualora non sia conosciuto né conoscibile, il giudice del luogo in cui se ne è verificata la morte. Il principio è pacifico in gurisprudenza: da ultimo si veda Cass. 23 marzo 2015, n. 5811, secondo cui per individuare la competenza per territorio nelle cause ereditarie è necessario accertare quale sia il domicilio del defunto al momento del decesso, per tale intendendosi il luogo ove la persona, alla cui volontà bisogna far riferimento, concentra la generalità dei suoi interessi sia materiali ed economici che morali, sociali e familiari.

Secondo parte della dottrina questo luogo dovrebbe essere interpretato in senso estensivo come il luogo in cui il defunto aveva i propri interessi morali e familiari (Gionfrida, 73).

La giurisprudenza si è spesso allineata a questa interpretazione estensiva, affermando che la determinazione della competenza per territorio nelle cause ereditarie va stabilita con riferimento al luogo in cui il de cuius aveva al momento della morte l'ultimo domicilio, intendendosi con tale locuzione il luogo ove la persona, alla cui volontà occorre avere principalmente riguardo, concentra la generalità dei suoi interessi sia materiali ed economici, sia morali, sociali e familiari (Cass. 2 agosto 2013, n. 18560; Cass. 20 luglio 1999, n. 7750; Trib. Roma, sez. VIII, 10 gennaio 2015, n. 446); con tale locuzione si intenderebbe la relazione tra la persona ed il luogo che essa ha scelto come centro dei propri affari ed interessi, prescindendosi dalla dimora o dalla presenza effettiva del de cuius in detto luogo (Cass. 29 marzo 1996, n. 2875). Ferma questa definizione si precisa che questo luogo va desunto alla stregua di tutti quegli elementi di fatto che, direttamente o indirettamente, denuncino la presenza in un luogo determinato di tale complesso di rapporti ed il carattere principale che esso ha nella vita della persona (Cass. 14 novembre 1987, n. 8371).

In evidenza

La determinazione della competenza per territorio nelle cause ereditarie va stabilita ai sensi degli artt. 22 c.p.c. e 456 c.c., con riferimento al luogo in cui il de cuius aveva al momento della morte l'ultimo domicilio, intendendosi con tale locuzione il luogo ove la persona concentra la generalità dei suoi interessi sia materiali ed economici, sia morali, sociali e familiari, prescindendosi dalla dimora o dalla presenza effettiva del medesimo in detto luogo.

Cause relative a petizione o divisione di eredità e per qualunque altra tra coeredi fino alla divisione

L'art. 22 c.p.c. determina la competenza del giudice del luogo dell'aperta successione per le cause relative alla petizione o alla divisione dell'eredità e poi, con formula generica, per qualunque altra causa tra coeredi fino alla divisione del compendio ereditario. Secondo la dottrina (Segré, 267), rientrano nelle cause relative alla petizione dell'eredità non solo le cause promosse dall'erede per il recupero dei beni ereditari, ma anche l'azione di mero accertamento della qualità di erede. Secondo parte della dottrina l'azione di petizione dell'eredità rientra nella competenza del foro individuato dalla norma in commento senza limiti di tempo, mentre secondo altri cesserebbe con la divisione (Andrioli, 96).

Per quanto riguarda le cause di divisione ereditaria, secondo la giurisprudenza questa competenza è limitata alle cause relative all'universalità dei rapporti giuridici facenti capo al de cuius: essa perciò non opera nell'ipotesi in cui venga richiesta la divisione di un determinato immobile, solo parzialmente compreso nell'eredità (Cass. 22 settembre 1978, n. 4260), mentre opera con riferimento alle domande attinenti ad accertamenti che rispetto al provvedimento di divisione hanno funzione strumentale (Cass., 12 marzo 1974, n. 676). Lo stesso giudice è competente quando siano state proposte cumulativamente l'azione di divisione e quella di riduzione (Cass. 19 novembre 1962, n. 3145).

Con riguardo alla definizione delle cause fra coeredi esse sono non solo quelle che riguardano diritti caduti in successione, ma anche quelle aventi un oggetto attinente alla qualità di erede, da cui discenda necessariamente la legittimazione attiva e passiva dei contendenti (Cass. 26 ottobre 2011, n. 22306; Cass. 28 agosto 1998, n. 8554; Cass. 23 agosto 2006, n. 18334); vi rientra, pertanto, la domanda di rivalsa proposta da un coerede contro un altro coerede, in relazione al pagamento di un debito solidale (Cass. 8 febbraio 1982, n. 740; Cass. 28 agosto 1997, n. 8554) ma anche l'azione di annullamento di un testamento pubblico (Cass. 8 febbraio 2005, n. 2557). Questa competenza generale per le cause tra coeredi permane, a parere della giurisprudenza (Cass. 11 febbraio 1997, n. 1260), oltre il momento dell'esaurimento delle operazioni di divisione previste dall'art. 713 c.c. sin quando sia cessata ogni controversia relativa all'universalità dei rapporti giuridici facenti capo al de cuius.

Il foro in questione non opera invece per quanto riguarda l'azione di accertamento della nullità del contratto di compravendita di quote sociali ereditarie, proposta nei confronti sia degli eredi sia dei terzi acquirenti.

La giurisprudenza di legittimità ha altresì chiarito che le domande di divisione di eredità di diversa provenienza o di scioglimento di una comunione ordinaria nei confronti di soggetti anche parzialmente diversi non possono, in base all'articolo in commento, essere proposte cumulativamente se appartengono alla competenza territoriale di giudici diversi; lo spostamento di competenza secondo il criterio del cumulo soggettivo non è possibile perché l'art. 33 c.p.c. riguarda il foro generale delle persone fisiche; inoltre l'art. 104 c.p.c., nel prevedere che domande formulate nei confronti della stessa parte (anche non altrimenti connesse) ed appartenenti alla competenza di giudici diversi possano essere proposte davanti al medesimo giudice a causa del vincolo di connessione soggettiva, consente la deroga alla sola competenza per valore, con la conseguenza che, se una delle domande appartiene alla competenza territoriale di un giudice diverso – e, in particolare, ex art. 22 c.p.c. - la deroga per soli motivi di connessione soggettiva non è consentita (Cass. 14 dicembre 2010, n. 25269; Cass. 1° marzo 2007, n. 4862).

In evidenza

Con riguardo alla definizione delle cause fra coeredi esse sono non solo quelle che riguardano diritti caduti in successione, ma anche quelle aventi un oggetto attinente alla qualità di erede, da cui discenda necessariamente la legittimazione attiva e passiva dei contendenti (Cass. 26 ottobre 2011, n. 22306; Cass. 28 agosto 1998, n. 8554; Cass. 23 agosto 2006, n. 18334)

Cause relative alla rescissione della divisione e alla garanzia delle quote

La norma dell'art. 22 c.p.c. collega la competenza del giudice del luogo dell'aperta successione alla proposizione di una causa relativa all'azione di rescissione della divisione e alla garanzia delle quote, nel termine, però, di un biennio dalla divisione.

La previsione si pone nella stessa scia del foro speciale previsto dal primo comma della disposizione normativa; così come il giudice del luogo dell'aperta successione è competente per la petizione o divisione di eredità e per qualunque altra tra coeredi fino alla divisione, così gli si assegna la competenza anche per le cause ad esse consequenziali, ossia per l'eventuale rescissione della disposta divisione e per la garanzia del rispetto delle quote imposte ex lege, purché entro un biennio dalla divisione (Asprella, 369).

Cause relative a crediti verso il defunto o legati dovuti all'erede

La norma dell'art. 22 c.p.c. amplia la competenza del giudice determinato in base alle disposizioni del primo comma, anche alle cause relative a crediti verso il defunto o a legati dovuti dall'erede, purché proposte prima della divisione e in ogni caso entro un biennio dall'apertura della successione. Vi rientrano, a parere della dottrina (Gionfrida, 74), sia le azioni proposte dai creditori o legatari, quanto quelle contro di essi. Deve in ogni caso trattarsi di azioni personali (non reali), mobiliari o immobiliari; quanto ai legati vi rientrano sia le azioni personali che quelle reali (Andrioli, 96).

A parere dei tribunali di merito è causa ereditaria ai sensi del comma in parola quella attinente al riconoscimento della validità del legato proposta dal preteso legatario in confronto degli eredi entro il biennio dall'apertura della successione, quando non risulti avvenuta la divisione tra gli eredi al momento della notifica della citazione; e le domande di rilascio dell'immobile legato nonché di condanna del detentore al pagamento delle rendite percepite sono attratte come accessorie al foro dell'eredità (Trib. Avellino 8 gennaio 2001).

In evidenza

L'art. 22, primo comma, n. 3, c.p.c., nel prevedere la competenza del giudice dell'aperta successione per le controversie relative a crediti verso il defunto o legati dovuti dall'erede, si riferisce anche ad ogni azione personale per qualsiasi credito vantato nei confronti del defunto, indipendentemente dalla causa o dal titolo da cui è sorto, all'imprescindibile condizione che non sia ancora decorso un biennio dall'apertura della successione, senza che rilevi la circostanza che sia stato, o meno, instaurato un giudizio di divisione (Cass. 9 maggio 2014, n. 10097).

Cause contro l'esecutore testamentario

Infine, la norma dell'art. 22 c.p.c., amplia la competenza del giudice del luogo dell'aperta successione anche alle cause promosse contro l'esecutore testamentario, purché promosse entro un biennio dall'apertura della successione. Vi è concordia sul fatto che la previsione normativa in questione operi con riferimento esclusivo alle cause che vedano l'esecutore testamentario nel ruolo di convenuto (Levoni, 124). Collegando tale norma con l'art. 104 c.c. se ne è dedotto che quando all'esecutore testamentario è accordata l'amministrazione dei beni ereditari e per la durata di questa, tutte le cause relative all'eredità, comprese le azioni mobiliari o immobiliari di terzi non legatari, debbano proporsi davanti al foro dell'aperta successione (Segré, 270).

Competenza per le successioni aperte fuori dal territorio dello stato

L'art. 22 c.p.c. all'ultimo comma istituisce due fori sussidiari successivamente concorrenti, che operano nel caso di apertura di successione ereditaria di cittadino italiano domiciliato all'estero. Il primo foro fa riferimento al luogo in cui in Italia si trova la maggior parte dei beni immobili, il cui valore deve essere determinato ex art. 15 c.p.c..

Il secondo foro sussidiario è dato dal luogo di residenza del convenuto o di alcuno dei convenuti. Qualora non vi sia alcun convenuto residente in Italia o la residenza sia ignota, si ritiene in dottrina che si possa far applicazione dell'art. 18, riconoscendo la competenza del foro del domicilio o della dimora del convenuto e, se anche questi non sono in Italia o sono sconosciuti, del foro della residenza dell'attore.

Questi criteri di collegamento territoriale vanno altresì raccordati con i criteri di collegamento ai fini dell'individuazione della giurisdizione; sicché, in presenza di una successione mortis causa apertasi all'estero, prima deve stabilirsi se la giurisdizione spetti al giudice italiano o a quello del paese estero in cui si è aperta la successione, e ciò in base ai criteri di collegamento fissati dalla legge e nettamente distinti dai criteri di determinazione della competenza territoriale interna; solo successivamente, una volta stabilita la potestà giurisdizionale del giudice italiano, va stabilita la competenza territoriale interna in base alle norme proprie di quest'ultima (Cass. 11 ottobre 1971, n. 2836).

Peraltro recentemente le sezioni unite hanno precisato che qualora l'attore, facendo valere la qualità di erede dell'intestatario di un conto corrente bancario intercorso con Istituto di credito con sede nel territorio di uno Stato aderente alla Convenzione di Lugano del 16 settembre 1988, chieda l'adempimento delle prestazioni derivanti dal contratto nel quale assuma di essere subentrato al de cuius, la controversia è devoluta alla giurisdizione del giudice del luogo in cui l'obbligazione deve essere eseguita e non al giudice del luogo dell'aperta successione; infatti, in questo caso, la causa non ha natura successoria, tale essendo soltanto quella tra successori (veri o presunti) a titolo universale o particolare (Cass., Sez. Un., 20 dicembre 2006, n. 27182.

Riferimenti
  • Andrioli, Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1957, I, 96 e ss.;
  • Gionfrida, voce Competenza in materia civile, in Enc. Dir., VIII, Milano, 1961, 63 e ss.;
  • Acone- Santulli, Competenza. II) Diritto processuale civile, in Enc. Giur., VII, Roma, 1988, 25 e ss.;
  • Segré, Della competenza per materia e valore, in Comm. c.p.c. Allorio, I, 1, Torino, 1973, 177;
  • Levoni, Competenza nel diritto processuale civile, in Digesto civ., III, Torino, 1988, 115;
  • Asprella, sub art. 22 c.p.c., in Commentario del codice di procedura civile, a cura di Comoglio, Consolo, Sassani, Vaccarella, T. I, vol. 1, Torino, 2012.

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