Aggiudicazione

Pasqualina Farina
30 Marzo 2016

Nel subprocedimento di vendita forzata l'aggiudicazione indica il momento di selezione dell'acquirente, dal quale deriva per il migliore offerente il dovere di versare il saldo del prezzo ed il diritto al trasferimento del bene, sia pure subordinato al verificarsi di determinati eventi. Di qui la convinzione che l'aggiudicazione non consegua alla pronuncia del decreto di cui all'art. 576 c.p.c. (o alla redazione del verbale delle operazioni di vendita da parte del professionista delegato ex art. 591-bis c.p.c.), quanto piuttosto alla proposizione della migliore offerta.
Inquadramento

Nel subprocedimento di vendita forzata l'aggiudicazione indica il momento di selezione dell'acquirente, dal quale deriva per il migliore offerente il dovere di versare il saldo del prezzo ed il diritto al trasferimento del bene, sia pure subordinato al verificarsi di determinati eventi. Di qui la convinzione che l'aggiudicazione non consegua alla pronuncia del decreto di cui all'

art. 576 c.p.c.

(o alla redazione del verbale delle operazioni di vendita da parte del professionista delegato

ex

art. 591-

bis

c.p.c.

), quanto piuttosto alla proposizione della migliore offerta.

Sicché, pur in difetto di un formale provvedimento di aggiudicazione, il trasferimento del bene deve ritenersi validamente eseguito ed idoneo a spiegare i suoi effetti.

Che l'aggiudicatario divenga titolare di un vero e proprio diritto soggettivo, sia pure subordinato (o condizionato), viene confermato da alcune norme del codice di rito. Si tratta: a) dell'

art

. 629 c.p.c.

, in materia di rinuncia agli atti nel processo esecutivo; b) del secondo comma dell'

art. 632 c.p.c.

sugli effetti dell'estinzione del medesimo processo.

Il comma 1 dell'

art. 629 c.p.c.

prevede un differente regime per la rinuncia agli atti da parte dei creditori a seconda che il bene sia stato o meno aggiudicato: fino all'aggiudicazione o all'assegnazione occorre la rinuncia dei soli creditori muniti di titolo; dopo l'individuazione dell'acquirente (o del creditore assegnatario), il comma 2 dell'

art. 629

c.p.c.

impone la rinuncia di tutti i creditori, indipendentemente dal possesso del titolo esecutivo

(

Cass.

civ.

, sez. III, 15 aprile 2011, n. 8747

)

. Questa, dunque, la riprova che l'aggiudicazione determina il passaggio dalla fase liquidativa a quella satisfattiva (o distributiva), segnando in maniera netta la sostituzione (nel patrimonio responsabile del debitore) del bene pignorato con l'importo offerto dall'aggiudicatario ed, al contempo, il momento del trasferimento della proprietà del medesimo bene in capo al terzo. L'obbligo di pagare il prezzo, sorto contestualmente all'aggiudicazione, si integra così con il contrapposto effetto traslativo, in quanto collegato a quest'ultimo da un nesso sinallagmatico.

Né la chiara previsione del comma 1 dell'

art. 629 c.p.c.

contraddice il più generico riferimento alla «vendita», contenuto nel comma successivo. Ed infatti l'adozione della parola «vendita» non configge con il c.d. effetto reale dell'aggiudicazione; tant'è che il legislatore del 1940, analogamente alla prima formulazione dell'

art. 495 c.p.c.

, aveva utilizzato il termine «vendita» sia perché ricomprende l'aggiudicazione e l'assegnazione (espressamente richiamate nel primo comma dell'

art. 629 c.p.c.

), sia perché presuppone la traslazione del diritto, e cioè il fenomeno che appunto accomuna assegnazione e aggiudicazione. In secondo luogo è stato correttamente segnalato che l'aggiudicatario, anche in via provvisoria, consegue un'aspettativa che non può essere pregiudicata dalla mera volontà dei creditori. Con la precisazione che, dopo l'estinzione del processo esecutivo per rinuncia agli atti, il subprocedimento di vendita deve egualmente svolgersi, fino alla pronuncia del decreto di trasferimento; ciò in quanto i creditori risultano ormai indifferenti alla fruttuosità della vendita, dal momento che il procedimento è ormai finalizzato soltanto alla determinazione della «somma ricavata», da restituire al debitore in luogo del bene pignorato.

Alle medesime conclusioni conduce pure l'

art. 632 c.p.c.

: l'estinzione precedente l'aggiudicazione o l'assegnazione rende inefficaci tutti gli atti compiuti nel corso del processo esecutivo; se, invece, è successiva alla individuazione dell'acquirente, assicura al debitore il diritto alla restituzione delle somme versate dall'aggiudicatario o all'eventuale conguaglio pagato dall'assegnatario

(

Cass.

civ.

, sez. un., 30 novembre 2006, n. 25507

)

. Anche la disciplina degli effetti dell'estinzione del processo esecutivo è, dunque, diretta a tutelare la stabilità del trasferimento a favore del terzo, a discapito dell'interesse del debitore a conservare la proprietà del bene. Tanto che l'

art. 632 c.p.c.

costituisce «la sedes materiae naturale dell'effetto traslativo».

Movendo dal presupposto che un'esecuzione efficace necessita soprattutto dell'impegno economico del terzo, la stabilità dell'aggiudicazione è oggi presidiata da una serie di disposizioni che sembrano anche svolgere una funzione interpretativa autentica di norme già introdotte dal legislatore del 1940: a partire dall'incipit dell'

art. 495 c.p.c.

, ove si stabilisce espressamente che il debitore ha facoltà di chiedere la conversione «prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione»

(

Cass.

civ.

, sez. III, 2 aprile 2009, n. 8017

)

; alla preferenza riconosciuta dall'

art. 503

c.p.c.

alla vendita senza incanto caratterizzata dalla definitività dell'aggiudicazione, non essendo prevista la gara in aumento; all'

art. 187-

bis

disp. att. c.p.c.

sull'intangibilità dell'aggiudicazione e dell'assegnazione

(

Cass.

civ.

, sez. un., 28 novembre 2012, n. 21110

)

; alla nuova disciplina dell'

art. 584, ultimo comma, c.p.c.

, ove si prevede che se nessuno degli offerenti in aumento partecipa alla gara «l'aggiudicazione diviene definitiva»

(

Cass.

civ.

, sez. III, 13 gennaio 2013, n. 790

)

. Né va trascurato che l'intangibilità dell'aggiudicazione (sia provvisoria, sia definitiva) ha pure una funzione di economia processuale, in quanto tra i suoi effetti deve essere annoverata la riduzione di opposizioni ed istanze proposte a fini dilatori.

Va, inoltre, chiarito che in sede di espropriazione mobiliare l'istituto dell'aggiudicazione non ha dato luogo a particolari problemi. Ed infatti le norme in materia di vendita mobiliare non impongono un titolo per il trasferimento, né forme particolari per la consegna del bene; sicché l'acquisto del bene mobile si perfeziona al momento del versamento del prezzo immediatamente dopo l'aggiudicazione. Ben più complessa si presenta, invece, la struttura del procedimento per la vendita forzata degli immobili, sia in considerazione dell'articolato regime di circolazione previsto dall'

art. 2643 c.c.

(in forza del quale ogni trasformazione giuridica relativa agli immobili va trascritta per essere conoscibile e, quindi, opponibile ai terzi), sia di peculiari regole processuali (come ad es. quella stabilita dall'

art. 586 c.p.c.

ove si prevede la pronuncia di un apposito provvedimento del giudice dell'esecuzione «col quale trasferisce all'aggiudicatario il bene espropriato» o in alternativa la sospensione della vendita a prezzo ingiusto).

Aggiudicazione provvisoria e aggiudicazione definitiva nell'espropriazione immobiliare.

La preferenza del legislatore per la vendita senza incanto di cui agli

artt. 571 ss. c.p.c.

è giustificata dal fatto che l'aggiudicazione non può essere messa in discussione dalla proposizione di eventuali offerte migliorative o in aumento a norma dell'

art. 584 c.p.c.

Pertanto nel regime attuale, salvo che il giudice non abbia disposto la vendita all'incanto (sussistendo l'ipotesi di cui all'art. 503), il bene

viene aggiudicato, in via definitiva, al soggetto che ha proposto l'offerta più vantaggiosa ex

art. 571 ss. c.p.c

.

È appena il caso di notare come la preferenza del legislatore processuale per la definitività dell'aggiudicazione (e conseguentemente per la vendita senza incanto) non si rinvenga anche in sede di vendita fallimentare, dove il comma 4 dell'

art. 107 l. fall

. concede al curatore il potere di sospendere la

vendita ove pervenga offerta irrevocabile d'acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto (

Cass.

civ.

, sez. VI, ord. 5 marzo 2014, n. 5203

)

.

Di contro, nella residuale ipotesi che l'espropriazione immobiliare si svolga con le modalità di cui all'

art. 576 ss. c.p.c.

, l'individuazione dell'aggiudicatario avviene in via provvisoria: l'

art. 584 c.p.c.

consente la proposizione di offerte in aumento nei dieci giorni successivi all'incanto che conducono ad una nuova gara, a carattere aperto. A questo riguardo va osservato che, nell'attuale impianto normativo, il quinto ed ultimo comma dell'

art. 584 c.p.c.

privilegia la serietà dell'offerta dell'aggiudicatario provvisorio rispetto al maggior profitto che potrebbe derivare alla procedura esecutiva dall'accoglimento dell'offerta in aumento. Le conseguenze di questa impostazione sono rilevanti atteso che, se nessuno degli offerenti in aumento partecipa alla gara, l'aggiudicazione provvisoria si consolida e assume carattere definitivo. Per completezza va segnalato che, dopo le modifiche apportate all'

art. 495 c.p.c.

(dove si stabilisce che il debitore può proporre istanza di conversione prima che sia autorizzata la vendita), la distinzione tra aggiudicazione provvisoria e definitiva ha perso la rilevanza pratica che aveva assunto in passato, in considerazione di quell'orientamento giurisprudenziale che consentiva al debitore di proporre istanza di conversione anche dopo l'aggiudicazione provvisoria.

Stabilità dell'aggiudicazione

Per ridurre drasticamente i possibili riflessi dei vizi del processo esecutivo sulla stabilità dell'aggiudicazione (e più in generale dell'acquisto del terzo), l'

art. 2929 c.c.

stabiliva, a chiusura delle norme sugli effetti sostanziali della vendita forzata, il principio dell'inopponibilità all'aggiudicatario (ed all'assegnatario) delle nullità degli atti esecutivi anteriori alla vendita (o all'assegnazione), salvo il caso di collusione tra acquirente e creditore procedente

A questo riguardo va segnalato che la giurisprudenza di legittimità, attenendosi ad una rigorosa interpretazione letterale dell'

art. 2929 c.c.

, ne ha drasticamente ridotto l'ambito di applicazione: a mente del dato normativo il trasferimento a favore dell'aggiudicatario sarebbe rimasto fermo nei soli casi di nullità degli «atti esecutivi»

(v., per tutte,

Cass.

civ.

, sez. III, 13 febbraio 2009, n. 3531

)

.

Le ragioni del terzo sarebbero state, dunque, meritevoli di tutela solo in difetto di nullità sostanziali: vale a dire in difetto di tutti i vizi deducibili con l'opposizione

ex

art. 615 c.p.c.

e, dunque, idonei ad eludere sia la preclusione contenuta nell'

art. 569 c.p.c.

, sia lo stretto termine stabilito per l'opposizione di cui all'

art. 617 c.p.c.

Da un punto di vista pratico ciò significava che, nel caso di accoglimento di un'opposizione all'esecuzione (spesso pretestuosa e proposta nella fase finale della procedura), le ragioni dell'aggiudicatario erano inevitabilmente destinate a soccombere, nonostante l'

art. 2929 c.c.

Anche parte della dottrina ha contribuito a circoscrivere la portata precettiva dell'

art. 2929 c.c.

Richiamando ancora una volta il dato letterale, l'acquisto del terzo è stato ritenuto insensibile alle sole nullità degli atti esecutivi «che hanno preceduto la vendita». Sul presupposto che l'ordinanza di vendita costituisce il primo provvedimento della fase di liquidazione si è, infatti, affermato che l'

art. 2929 c.c.

potrebbe neutralizzare le sole irregolarità anteriori alla pronuncia della suddetta ordinanza; di contro le nullità successive a tale momento dovrebbero considerarsi come vizi propri della vendita forzata, da assoggettare alla disciplina ed ai termini previsti dall'

art. 617 c.p.c.

.

Sicché l'acquisto del terzo sarebbe stato validamente concluso solo se, nel lasso di tempo intercorrente tra la pronuncia dell'ordinanza di autorizzazione a vendita e quella del decreto di trasferimento, la procedura non fosse risultata viziata da illegittimità o queste ultime non fossero state denunciate.

In effetti, va preso atto che il riferimento testuale ai soli vizi degli atti esecutivi anteriori alla vendita alimentava molti dubbi sulle effettive intenzioni del legislatore. Né, ad agevolare la soluzione dei problemi, contribuiva la singolare collocazione dell'

art. 2929 c.c.

, posto a chiusura della sezione dedicata agli effetti sostanziali della vendita forzata. A tutto questo va aggiunto che la giurisprudenza di legittimità ha ulteriormente ampliato il concetto di «operazioni di vendita», azzerando l'operatività dell'

art. 2929 c.c.

(v. ex multis,

Cass., sez. III, 1

0

genn

aio 200

3

, n. 1

93

).

Salvo casi isolati, la Cassazione ha finito, difatti, per privilegiare le ragioni del debitore rispetto a quelle dell'aggiudicatario; ciò non solo con riferimento ad eventuali nullità dal carattere sostanziale, ma anche nell'ipotesi di vizi formali successivi al provvedimento di cui all'

art. 569 c.p.c.

, rispetto ai quali il terzo era rimasto estraneo.

OPERATIVITÀ DELL'

ART. 2929 C.C.:

ORIENTAMENTI A CONFRONTO

La regola contenuta nell'art. 2929 c.c. (...) non trova applicazione quando la nullità riguarda proprio la vendita o l'assegnazione oppure quando i vizi denunziati si configurano come motivi di opposizione all'esecuzione

Cass. civ., sez. III, 11 gennaio 2001, n. 328

Il principio generale di tutela dell'affidamento incolpevole, di cui l'art. 2929 c.c. costituisce un'applicazione particolare, comprende anche l'ipotesi di accertamento della inesistenza del titolo esecutivo.

Cass. civ., sez. III, 1 agosto 1991, n. 8471

Cass. civ., sez. III, 7 ottobre 1997, n. 9744

Riscritto in questi termini, l'

art. 2929 c.c.

costituiva un inutile duplicato:

a) dell'

art. 617 c.p.c.

ove si stabilisce che tutte le nullità non contestate vengono sanate dal decorso del breve termine perentorio ivi previsto;

b) dell'

art. 569 c.p.c.

che commina la preclusione per i vizi anteriori all'udienza di autorizzazione a vendita atteso che le parti, in questa sede, hanno l'onere di proporre, a pena di decadenza, le opposizioni

ex

art. 617 c.p.c.

, a meno che non siano già decadute.

Se è vero, dunque, che le irregolarità formali vengono sanate dal decorso del termine di cui all'

a

rt. 617 c.p.c.

(o dalla pronuncia dell'ordinanza di vendita

ex

art.

569 c.p.c.

), è altresì incontestabile che la ratio dell'

art. 2929 c.c.

va cercata altrove: nell'esigenza di assicurare la stabilità dell'atto traslativo, anche in presenza di nullità assolute, idonee ad invalidare, per propagazione, l'intero processo di espropriazione ai sensi del comma 1 dell'

art. 159 c.p.c.

Questa, in breve, l'unica interpretazione che consente di attribuire all'

art. 2929 c.c.

funzione e struttura diverse da quelle tipiche ed esclusive degli

artt. 569

e

617 c.p.c.

Depone a favore di tale interpretazione sia il fatto che l'

art. 2929 c.c.

non distingue le nullità in base alla loro natura (formale o sostanziale), sia la previsione esplicita che «in nessun caso» i creditori, non collusi con l'aggiudicatario, sono tenuti a restituire gli importi percepiti in sede di riparto (

Cass.

civ.

, sez. III, 7 ottobre 1997, n. 9744

). Da qui l'insensibilità della vendita forzata a qualsiasi patologia, anche afferente al titolo esecutivo o alla pignorabilità dei beni, che possa aver infirmato il processo d'espropriazione. Con l'ulteriore implicazione che proprio la particolare funzione svolta dall'

art. 2929 c.c.

consente di riconoscere alla norma carattere sostanziale e, al contempo, di giustificarne la collocazione nella sezione del codice civile dedicata agli effetti c.d. sostanziali della vendita forzata. Sicché l'

art. 2929 c.c.

si atteggia come una vera e propria norma di chiusura del sistema dell'espropriazione, poiché non presidia soltanto la definitività del trasferimento dell'immobile a favore del terzo, ma anche la stabilità della distribuzione del ricavato e, quindi, dell'atto satisfattivo finale.

Effetti dell'aggiudicazione e chiusura anticipata del processo esecutivo

A correggere la granitica interpretazione della giurisprudenza, il legislatore

del 2005 ha introdotto l'

art. 187

bis

disp. att. c.p.c.

: in tutte le ipotesi di «chiusura anticipata» del processo esecutivo, gli effetti dell'aggiudicazione o dell'assegnazione sono fatti salvi e restano insensibili alla sopravvenuta estinzione. La ratio della norma è senz'altro quella di salvaguardare l'acquisto del terzo in quelle situazioni per le quali rimaneva preclusa all'aggiudicatario la protezione di cui all'

art. 632 c.p.c.

Quanto alle numerose fattispecie (diverse dall'estinzione tipica) idonee a determinare la «chiusura anticipata» dell'esecuzione, vanno ricordate, a titolo esemplificativo:

a) la caducazione del titolo esecutivo del creditore procedente;

b) l'accoglimento di un'opposizione

ex art. 615

c.p.c.

;

c) la sopravvenuta dichiarazione di fallimento dell'esecutato o l'ammissione dello stesso ad altra procedura;

d) l'estinzione dell'espropriazione nei confronti degli enti locali in dissesto, ai sensi dell'art. 248, d.lg. 18 agosto 2000, n. 267 oppure quella per pagamento del debito d'imposta sul reddito ex

art. 61, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602

Nel vigore del vecchio regime per la giurisprudenza la sopravvenuta estinzione determinava la caducazione di tutti gli atti del processo esecutivo, ad eccezione dell'aggiudicazione definitiva (

Cass.

civ.

, 13 luglio 2004, n. 12969

;

Cass., 11 giugno 2003, n. 9377

); per la dottrina, invece, il diritto del miglior offerente al trasferimento del bene sarebbe stato salvaguardato dall'

art. 632 c

.p.c.

, sin dal momento dell'aggiudicazione provvisoria. Quest'ultima tesi è stata recepita dal'art. 187-bis disp. att. c.p.c., sulla cui natura ed ambito di applicazione hanno già avuto modo di pronunciarsi le Sezioni Unite della Suprema Corte. Segnatamente, i giudici di legittimità hanno riconosciuto che la regola contenuta nell'art. 187-bis disp. att. c.p.c. è norma di interpretazione autentica e, in quanto tale, trova immediata applicazione in tutti i processi pendenti.

In evidenza

Qualora in fase di vendita sia intervenuta l'aggiudicazione provvisoria e successivamente il giudice abbia dichiarato l'estinzione della procedura esecutiva in pendenza del termine per la presentazione delle eventuali offerte in aumento di un sesto (ora di un quinto) ai sensi dell'

art. 584

c.p.c

.

, si deve ritenere che, ai sensi nel nuovo

art. 187-

bis

disp. att.

c.p.c

.

gli effetti dell'aggiudicazione, «anche provvisoria», restano fermi nei confronti degli aggiudicatari, anche se tali non in via definitiva; poiché, con questa disposizione, il legislatore ha inteso incidere sul contenuto dell'

art. 632

c.p.c.

l

a regola contenuta di cui all'

art. 187-

bis

disp. att. c.p.c.

è norma di interpretazione autentica che trova immediata applicazione a tutti i processi in corso.

(

Cass.

civ.

, sez. Un., 30 novembre 2006, n. 25507

).

Dopo aver richiamato, più di recente il principio contenuto nell'art. 187-bis disp. att. c.p.c., le Sezioni Unite hanno chiarito che il sopravvenuto accertamento dell'inesistenza di un titolo esecutivo non caduca ex tunc l'acquisto compiuto dal terzo di buona fede, salvo sia dimostrata la collusione del terzo col creditore procedente; fermo restando il diritto dell'esecutato di far proprio il ricavato della vendita ed agire per il risarcimento dell'eventuale danno nei confronti di chi, senza la normale prudenza, abbia dato corso al procedimento esecutivo in difetto di titolo idoneo. (

Cass.

civ.

, sez. Un., 28 novembre 2012, n. 21110

, in RDP, 2013, 1551, con nota di Vincre, La stabilità della vendita forzata: un dogma riaffermato; e in CG, 2013, 391, con nota di Capponi, Espropriazione forzata senza titolo esecutivo(e relativi conflitti).

In evidenza

Per favorire la partecipazione dei terzi alle vendite forzata occorre riconoscere che l'aggiudicatario operi in una situazione protetta, in cui legittimamente può presumere che tutti i controlli necessari ai fini della individuazione e della titolarità del bene siano stati fatti esattamente dalla procedura esecutiva. (

Cass.

civ.

, sez. III,

27 agosto 2014, n. 18312

).

Ad un esame più attento delle decisioni, emerge subito che la tutela dell'aggiudicatario non costituisce, per la Suprema Corte, un effetto dell'operatività dell'

art. 2929 c.c.

che – ribadiscono i giudici – protegge il terzo dalle sole nullità formali ma, più in generale, dovrebbe ricondursi all'applicazione del principio della tutela dell'affidamento incolpevole del terzo. In altre parole, ancora una volta il problema della effettiva natura e dell'operatività dell'art. 2929 viene eluso dalla giurisprudenza con la enunciazione di una generica esigenza di tutela del terzo, purché di buona fede. Da un punto di vista pratico sembra aver perduto ogni rilevanza la questione se, con l'accoglimento dell'opposizione all'esecuzione, l'aggiudicazione venga caducata ovvero rimanga ferma in forza dell'art. 2929 c.c.

o dell'art. 187-bis disp. att.

Sotto altro profilo va segnalato che il legislatore non ha chiarito se – dopo l'estinzione (o la chiusura anticipata) dell'espropriazione – anche il subprocedimento di vendita si arresta o prosegue con la gara in aumento. In realtà, il problema assume un'incidenza pratica abbastanza limitata se solo si considera che riguarda esclusivamente la vendita con incanto e che, in seguito alle modifiche all'

art. 569 c.p.c.

, il giudice deve in prima battuta liquidare il bene con le modalità della vendita senza incanto, dove non è configurabile la gara in aumento. Tuttavia qualora la procedura sia pervenuta alla fase di vendita con incanto e l'estinzione (o la chiusura anticipata) dell'esecuzione si sia verificata prima del decorso dei dieci giorni necessari al consolidamento dell'aggiudicazione, si deve ritenere che i soggetti interessati possano comunque formulare un'offerta in aumento e partecipare alla gara di cui al comma 4 dell'

art. 584 c.p.c.

Depongono in tal senso due differenti ordini di ragioni.

Se per un verso il fenomeno estintivo non inficia il diritto dell'aggiudicatario provvisorio al trasferimento del bene, dall'altro non può nemmeno attribuirgli un vantaggio ingiustificato per il solo fatto che la procedura non è pervenuta alla sua naturale conclusione. Si pensi, ad esempio, alla sopravvenuta dichiarazione di fallimento dell'esecutato ed alla sostituzione del curatore al creditore procedente, a norma dell'

art. 107 l.fall

. (sempre che la sostituzione sia successiva all'aggiudicazione provvisoria ma anteriore al suo consolidamento). Ed infatti, in questo caso l'arresto del sub-procedimento di vendita precluderebbe alla curatela di incassare le somme conseguibili attraverso la gara in aumento. La chiusura anticipata dell'espropriazione, successiva all'aggiudicazione provvisoria, non può dunque rappresentare un danno per il debitore (nel caso di specie per la curatela) ed impedire al meccanismo dell'offerta e della gara in aumento di incentivare la concorrenza per una più vantaggiosa vendita del bene. Sembra, dunque, corretto ritenere, così come segnalato da autorevole dottrina, che il processo esecutivo, nonostante l'estinzione, deve proseguire per individuare l'effettivo importo da restituire al debitore. Pertanto delle due l'una: o l'aggiudicazione provvisoria si consolida con l'inutile decorso dei dieci giorni di cui all'

art. 584 c.p.c.

ovvero, in caso di tempestive offerte migliorative, deve svolgersi la gara in aumento.

Nullità dell'aggiudicazione

Qualora i vizi siano imputabili all'aggiudicatario e l'opposizione ritualmente proposta dal debitore (e/o da altri offerenti) sia stata accolta, gli

artt. 2929 c.c.

e 187-bis disp. att. non forniscono adeguata tutela alle ragioni dell'aggiudicatario. Sul punto è stato precisato che l'accoglimento dell'opposizione pregiudica l'aggiudicatario se non legittimato a partecipare alle operazioni di vendita, o quando tali operazioni sono inficiate da vizi. Questa ipotesi riguarda le vendite effettuate con modalità contra legem: si pensi a vizi in materia di pubblicità come, ad es., la vendita compiuta in un giorno o in un luogo diverso da quello indicato in pubblicità (

Cass.

civ.

,

sez. III,

10 febbraio 2003,

n. 1936

;

Cass.

civ.

,

sez. III,

10 gennaio 2003

,

n. 193

). Tale principio è stato ribadito inoltre anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità, nonostante l'introduzione dell'

art. 187-

bis

disp. att. c.p.c.

Le norme stabilite dall'

art. 490 c.p.c.

e le disposizioni impartite dal giudice dell'esecuzione vanno applicate rigorosamente, a pena d'illegittimità dell'aggiudicazione (

Cass.

civ.

, sez. III,

7 maggio 2015, n. 9255

).

CASISTICA

La regola contenuta nell'art. 2929 c.c. non trova applicazione quando la nullità riguardi proprio la vendita o l'assegnazione, sia che si tratti di vizi che direttamente la concernano, sia che si tratti di vizi che rappresentino il riflesso della tempestiva e fondata impugnazione di atti del procedimento esecutivo anteriori ma ad essi obbligatoriamente prodromici.

Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2010, n. 13824

La pubblicità prevista ope legis non può mancare, neppure ove il giudice disponga – violando apertamente la legge – che da essa si possa prescindere o ad essa comunque deroghi come, ad es., per la pubblicità elettronica su siti diversi da quelli abilitati ai sensi dell'art. 173-ter disp. att. c.p.c.

Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2011, n. 8864

Le specifiche condizioni del subprocedimento di vendita, come fissate dal giudice dell'esecuzione anche in relazione ad eventuali modalità di pubblicità, diverse da quelle minime stabilite dall'articolo 490 c.p.c., vanno scrupolosamente rispettate, a garanzia dell'uguaglianza e della parità di condizioni iniziali tra tutti i partecipanti alla gara, nonché dell'affidamento di ognuno di loro sull'una e sull'altra e sulla trasparenza assicurata dalla coerenza ed immutabilità delle condizioni tutte e sulla complessiva legalità della procedura.

Cass. civ., sez. III, 7 maggio 2015, n. 9255

L'aggiudicazione deve, inoltre, ritenersi invalida se sono state violate le prescrizioni sul prezzo d'acquisto: è il caso dell'immobile aggiudicato per un prezzo inferiore a quello effettivamente offerto, ovvero in forza di un rilancio inferiore all'importo stabilito dal giudice (

Cass.

civ.

, 14 febbraio 2000, n. 1639

). Alla stessa conclusione si deve pervenire ogni volta che si siano verificate irregolarità riconducibili ai reati di turbata libertà degli incanti, delle quali abbia beneficio anche l'aggiudicatario (Cass. civ., sez. III, 23 marzo 1998, n. 3073;

Cass.

civ.

,

sez. III,

18 luglio 1996, n. 6488

).

Altra ipotesi di irregolarità che, se contestata tempestivamente, può inficiare l'acquisto del terzo è quella determinata dalla violazione dell'

art. 504 c.p.c.

, dove si prevede che il giudice dispone la cessazione della vendita dei lotti successivi, quando il prezzo di aggiudicazione del primo lotto sia sufficiente a soddisfare le ragioni del creditore procedente, degli intervenuti ed a coprire le spese.

L'aggiudicazione risulta, infine, viziata ogni volta che il terzo non dispone dei requisiti necessari per offrire. È il caso del soggetto che abbia partecipato alla vendita in qualità di rappresentante di una società senza averne i poteri, del mancato o irrituale deposito della cauzione stabilita dal giudice nell'ordinanza di autorizzazione a vendita (

Cass.

civ.

, sez. III, 12 gennaio 2010, n. 292

); della violazione del divieto imposto al debitore di farsi offerente ex

artt. 571

e

579 c.p.c.

; o dell'

art. 1471 c.c.

, che individua una serie di soggetti ai quali è espressamente precluso l'acquisto del bene staggito (sulla legittimazione ad offrire del coniuge del debitore o da altri soggetti non contemplati dall'

art. 579 c.p.c.

Cass.

civ.

, sez. III, 16 maggio 2007, n. 11258

).

In tutte queste situazioni i vizi della vendita debbono essere tempestivamente fatti valere

ex

art. 617 c.p.c.

dal debitore (ma anche dal creditore o dall'offerente) nei confronti dell'aggiudicatario che si atteggia, a tutti gli effetti, come parte del procedimento. Rimane fermo che nell'ipotesi di mancata proposizione dell'opposizione o di violazione del termine

ex

art. 617 c.p.c.

, il vizio viene sanato e la vendita diventa incontestabile sia all'interno del processo esecutivo, sia in seguito all'esercizio di un'autonoma azione d'accertamento.

Aggiudicazione e ordine di liberazione

A conferma del ruolo centrale dell'aggiudicazione nell'attuale sistema dell'espropriazione forzata, va osservato che l'ordine di liberazione, contenuto in passato nel decreto di trasferimento, viene intimato dal giudice già al momento dell'aggiudicazione, sempre che non sia stato già emesso con la pronuncia dell'ordinanza di autorizzazione a vendita. Ed infatti, allo scopo di consegnare all'acquirente l'immobile libero da persone o cose, il nuovo comma 3 dell'

art. 560 c.p.c.

dispone che il giudice, «quando provvede all'aggiudicazione o all'assegnazione dell'immobile», ordina la liberazione dell'immobile, con provvedimento non impugnabile, portato ad esecuzione dal custode.

In evidenza

Avverso il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'

art. 560, terzo comma, c.p.c.

, ordina la liberazione dell'immobile pignorato, il rimedio esperibile da parte del debitore esecutato non è il ricorso ai sensi dell'

art. 111, comma

7

, Cost.

, bensì l'opposizione ai sensi dell'

art. 617

c.p.c.

, la cui applicabilità non è esclusa dalla proclamazione d'inimpugnabilità del provvedimento.

(

Cass.

civ.

, sez. VI, ord.

17 dicembre 2010, n. 25654

).

Dall'introduzione di questa disciplina consegue che al momento del deposito in cancelleria del decreto di trasferimento, il procedimento per il rilascio è giunto ormai in una fase piuttosto avanzata, essendo già stati effettuati più accessi da parte dell'ufficiale giudiziario. Si aggiunga che l'anticipo della fase di rilascio, oltre ad esonerare l'aggiudicatario da lunghe e costose procedure per conseguire la disponibilità materiale del bene, si rivela particolarmente utile laddove l'immobile risulti occupato da soggetti diversi dall'esecutato. Nella prassi, difatti, si è talvolta verificato che l'occupante, dopo avere dichiarato di non avere alcun titolo che legittimasse la sua permanenza nell'immobile, abbia invece esibito, ad aggiudicazione avvenuta, un contratto di locazione registrato; con la conseguenza che il rifiuto dell'occupante di rilasciare il cespite finiva per pregiudicare l'aggiudicatario che, dopo aver pagato l'immobile come se fosse libero, difficilmente riusciva a conseguirne la disponibilità in tempi contenuti.

Nel sistema attuale, a causa dell'anticipo delle operazioni di rilascio (e della completa e dettagliata relazione di stima regolata dall'

art. 173-

bis

disp. att. c.p.c.

), il terzo occupante è dunque costretto a proporre tempestivamente le proprie eccezioni, evitando così che possano ripercuotersi sull'aggiudicatario.

Riferimenti

CERINO CANOVA, Vendita forzata ed effetto traslativo, in Studi in memoria di Salvatore Satta, Padova 1982, I, 278 ss.;

FARINA,

L'aggiudicazione nel sistema delle vendite forzate

, Napoli 2012, 39 ss.;

MERLIN, La vendita forzata immobiliare e la custodia dell'immobile pignorato, in AA.VV., Il processo civile di riforma in riforma, Le monografie del Corriere giuridico, collana diretta da V. Carbone, Milano 2006, 131;

SASSANI, Sulla portata precettiva dell'

art. 2929 c.c.

a Cass., 17 dicembre 1984, n. 6603 in GC, 1985, I, 3134 ss.;

SATTA, L'esecuzione forzata, Torino 1952, 121;

VACCARELLA, Orientamenti e disorientamenti giurisprudenziali in tema di aumento di sesto, nota a

Cass.

civ.

, 12 aprile 1988, n. 2871

, in FI, 1989, I, 1923. ID., Una (quasi) novità normativa, in REF, 2005, 925 ss.

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