Foro generale delle persone giuridiche e associazioni non riconosciute

10 Gennaio 2016

L'art. 19 c.p.c. determina il foro per le persone giuridiche e associazioni non riconosciute, fatta salva qualsiasi altra disposizione di legge, assegnando la competenza al giudice del luogo ove la persona stessa ha sede.
Inquadramento

È la norma contenuta nell'

art.

19 c.p.c.

a determinare il foro per le persone giuridiche e per le associazioni non riconosciute, fatta salva qualsiasi altra disposizione di legge. La norma, per le cause in cui sia convenuta una persona giuridica, assegna la competenza al giudice del luogo ove la persona stessa ha sede. Istituisce, poi, una competenza alternativa assegnata al giudice del luogo ove la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l'oggetto della domanda.

Poiché l'

art. 46, comma

2

, c.c.

dispone che, qualora vi sia differenza tra sede legale e sede effettiva, i terzi possono considerare sede della persona giuridica «anche» la sede effettiva, si è giustamente rilevato che i possibili fori competenti sono in realtà tre, perché l'attore, nell'ipotesi di divergenza, potrà senz'altro scegliere tra il giudice della sede formale e quello della sede effettiva. Per stabilimento s'intende comunemente una sede secondaria, purché effettivamente esistente, ed anche se relativa ad un solo rapporto; la controversia può radicarsi nel foro della sede institoria soltanto se rientra nell'ambito dei poteri rappresentativi del preposto.

L'

art. 19 c.p.c.

determina il giudice competente per le società senza personalità giuridica, le associazioni non riconosciute e i comitati, equiparando il luogo in cui tali enti svolgono attività in modo continuativo alla nozione legale di «sede». Anche questi enti possono avere una sede legale, risultante dall'atto costitutivo o dal registro delle imprese (per le società in nome collettivo o in accomandita semplice); in questo caso l'attore avrà la stessa possibilità di scelta di cui al primo comma, tra adire il giudice della sede formale e quello della sede effettiva, talché si riproduce la possibilità di scelta, da parte dell'attore, fra sede legale e sede effettiva. Questi enti possono anche avere una sede secondaria e un rappresentante con poteri processuali; in questo caso l'attore avrà nuovamente l'alternativa di scelta della competenza territoriale institoria, già considerata per gli enti dotati di personalità giuridica. Per le persone giuridiche che hanno sede sconosciuta o all'estero si ritiene analogicamente applicabile l'

art. 18, comma 2, c.p.c.

, che fissa la competenza in relazione alla residenza dell'attore.

L'

art. 19 c.p.c.

fa riferimento sia alle persone giuridiche di diritto pubblico, tranne lo Stato per il quale vale il disposto dell'

art. 25 c.p.c.

, sia quelle di diritto privato: a titolo esemplificativo, le associazioni riconosciute, le società, i comitati, le fondazioni, le cooperative; sia le persone giuridiche italiane che quelle straniere, nei limiti, ovviamente, in cui sussiste la giurisdizione italiana nei confronti dello straniero, e salvo il rispetto dei relativi criteri di collegamento.

In evidenza

La norma contenuta nell'

art. 19 c.p.c.

determina il foro per le persone giuridiche e per le associazioni non riconosciute, fatta salva qualsiasi altra disposizione di legge. Per le cause in cui sia convenuta una persona giuridica, assegna la competenza al giudice del luogo ove la persona stessa ha sede. Istituisce, poi, una competenza alternativa assegnata al giudice del luogo ove la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l'oggetto della domanda.

L'

art. 19 c.p.c.

determina il giudice competente per le società senza personalità giuridica, le associazioni non riconosciute e i comitati equiparando il luogo in cui tali enti svolgono attività in modo continuativo alla nozione legale di «sede».

Competenza del giudice del luogo ove la persona giuridica ha sede

L'

art. 46 c.c.

individua la nozione di sede per le persone giuridiche, alternativa alla residenza ed anche al domicilio. Si istituisce, di conseguenza, un concetto unitario di sede per le persone giuridiche, cui bisogna far riferimento ogni volta che rilevino giuridicamente il domicilio e la residenza (Asprella, sub art. 19, 333 e ss.).

La sede legale è, a norma della ricordata previsione, quella indicata convenzionalmente nell'atto costitutivo o nello statuto ed in seguito annotata nell'apposito registro. Nel comma 2 dell'

art. 46 c.c.

, tuttavia, si considera la possibilità che un ente abbia anche una sede «effettiva»: l'esistenza di una differenza tra la sede dichiarata e quella effettiva potrebbe recare pregiudizio al legittimo affidamento dei terzi, sicché l'ipotesi della non coincidenza delle due sedi è stata risolta dal legislatore prevedendo per i terzi una possibile alternativa fra le sedi in questione: la norma infatti testualmente recita che «Nei casi in cui la sede stabilita ai sensi dell'art. 16 o la sede risultante dal registro è diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede della persona giuridica anche questa ultima».

La dottrina (Tedeschi, Domicilio, 171) svaluta la possibilità di scelta consentita ai terzi dal comma 2 dell'

art. 19 c

.

p.c.

, perché lo considera un criterio secondario, sussidiario rispetto a quello della sede legale e conferisce, piuttosto, prevalenza al criterio legale della sede. Invece la giurisprudenza evidenzia la necessità di una effettiva divergenza tra la sede legale e la sede effettiva: non è quindi valida, ad esempio, una notifica effettuata, laddove vi sia coincidenza di sedi, in luoghi ove talune attività siano decentrate o vi sia una sede dettata da mere ragioni organizzative (Cass. civ., 25 maggio 1982, n. 3175; Cass. civ., 5 aprile 1985, n. 2341;

Cass.

civ.,

4 ottobre 1988, n. 5359

)

.

Di solito per sede effettiva si intende il luogo ove si svolgono in concreto le attività amministrative e di direzione dell'ente e non soltanto il luogo in cui la società abbia un proprio stabilimento, paghi gli stipendi, riceva le merci o consegni i manufatti (Cass. civ.,

28 marzo 1983, n. 2187;

Cass.

civ., 22 febbraio 1992, n.

2183

)

.

In mancanza di prova circa la sussistenza di una sede effettiva diversa, si presume la coincidenza tra sede legale ed effettiva (

Cass.

civ.,

18 ottobre 1986, n. 6130

).

Il comma 1 dell'

art. 19

c.p.c.

fa riferimento soltanto alla sede della persona giuridica e, pertanto, il primo riferimento deve essere fatto alla sede legale o nominale della persona giuridica quale stabilita per legge ovvero risultante dall'atto costitutivo. Nel caso, però, in cui la sede legale sia divergente dalla sede effettiva, i terzi, a norma del comma 2 dell'

art. 46 c.c.

che in parte qua integra la previsione dell'art. 19, possono scegliere alternativamente fra i due fori (Asprella, sub art. 19, 335).

La nozione della sede ex

art. 19

c.p.c.

non coincide con quella di «luogo dove si trova l'azienda» ex

art. 413 c.p.c.

, che secondo la giurisprudenza si riferisce specificamente alla sede effettiva. Nelle controversie individuali di lavoro, l'attore è libero di scegliere tra i fori alternativi previsti dal secondo comma dell'art. 413, ma ha l'onere di dimostrare che di quello prescelto ricorrono gli elementi di fatto della fattispecie legale; in particolare, la norma pone tre

fori speciali esclusivi, alternativamente concorrenti tra loro (

Cass.

civ.,

6 dicembre 2010, n. 24695

):

  • quello ove è sorto il rapporto;

  • quello ove si trova l'azienda;

  • quello della dipendenza ove il lavoratore è addetto o prestava la sua attività lavorativa alla fine del rapporto.

Si ritiene altresì che, ai fini della determinazione della competenza a pronunciare la sentenza di dichiarazione di fallimento, il luogo in cui l'imprenditore ha la sede effettiva dell'impresa ( ex

art. 9 l. fall

.) coincide solo presuntivamente con la sede legale dell'impresa, dovendo, per sede effettiva, intendersi il centro dell'attività direttiva ed amministrativa, ossia il luogo in cui l'imprenditore tratta i suoi affari ed i suoi interessi (

Cass.

civ.,

22 maggio 1990, n. 4626

; Cass. civ., 18 gennaio 1991, n. 492).

Per l'ipotesi in cui non sia possibile individuare il foro generale della persona giuridica in Italia, secondo i criteri stabiliti dall'art. 19, trattandosi di causa promossa contro società con sede all'estero e priva in Italia di uno stabilimento o di un rappresentante autorizzato a stare in giudizio, secondo la giurisprudenza deve trovare applicazione analogica la previsione dell'

art. 18

,

comma

2,

c.p.c.

, in tema di foro generale delle persone fisiche, con conseguente competenza territoriale del giudice del luogo in cui risiede l'attore (Cass. civ., 14 giugno 1978, n. 2964). Lo stesso criterio si utilizza, secondo la dottrina, quando la società straniera abbia in Italia una sede sconosciuta (Segré, Della competenza, 216; Gionfrida, Competenza, 71).

Competenza del giudice del luogo ove la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l'oggetto della domanda

Foro alternativamente concorrente con quello del luogo della sede è quello del luogo ove la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante ex

art. 77 c.p.c.

(

Cass.

civ.,

11 giugno 1998, n. 5822

.). La dottrina al riguardo parla di alternatività in senso proprio, ossia ritiene che il foro in parola sia in ogni caso un foro generale che concorre con quelli previsti dalla norma, sicché può essere scelto liberamente dall'attore e indipendentemente da un collegamento oggettivo tra la controversia e la sede in questione (Andrioli, Commento, 89; Gionfrida, Competenza, 71; Segré, Della competenza, 230).

La dottrina afferma altresì che per definire «stabilimento» ai sensi dell'

art. 19 c.p.c.

è necessario non tanto il collegamento con la persona giuridica quanto la presenza del rappresentante con poteri processuali (Segré, Della competenza, 229).

Secondo la giurisprudenza,

nelle cause promosse contro una società munita di personalità giuridica, l'

art. 19, comma

1

c.p.

c.

, ove prevede la competenza del giudice del luogo in cui la società stessa abbia un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l'oggetto della domanda, si riferisce al caso in cui un soggetto rappresenti la società nella sua sostanziale attività, e, dunque, non può trovare applicazione nella diversa ipotesi dell'elezione di domicilio presso un procuratore legale in sede di conferimento della rappresentanza processuale in un determinato giudizio (Cass. civ., 4 luglio 1985, n. 4018).

Competenza per le società non aventi personalità giuridica, associazioni non riconosciute e comitati

Il comma 2 dell'

art. 19 c.p.c.

determina la competenza del giudice, rispetto alle società e associazioni non aventi personalità giuridica, nel luogo ove esse svolgono la propria attività in modo continuativo. La norma, pertanto, con il riferimento diretto sede effettiva degli enti non aventi personalità giuridica, risolve ai fini processuali il problema dell'eventuale differenza fra la sede dichiarata e quella effettiva.

Non essendovi, tuttavia, una espressa disciplina giuridica della sede degli enti non personificati, di solito si individua la sede nel luogo indicato nell'atto costitutivo o nello statuto. In questa ipotesi, si è però evidenziata la possibilità di una divergenza tra la sede indicata dall'

art. 19, comma 2, c.p.c.

, e la sede convenzionale, qualora quest'ultima sia diversa dal luogo in cui l'attività dell'ente si svolge in concreto. La soluzione può trovarsi fondandosi sull'applicazione del principio di effettività che, così come informa la previsione sostanziale dell'

art. 46 c.c.

, allo stesso modo informa la disposizione processuale dell'

art. 19, comma

2

, c.p.c.

. Conseguentemente, la ratio della previsione viene individuata nella tutela dei terzi solo nell'ipotesi in cui la sede convenzionale sia sconosciuta o diversa da quella reale. La giurisprudenza riconosce alla sede effettiva e a quella convenzionale natura concorrente, sottolineando come

la sede effettiva possa concorrere con la sede legale risultante dallo statuto o dall'atto costitutivo (

Cass.

civ.,

21 luglio 2006, n. 16800

). Secondo i giudici di legittimità, per luogo ove tali enti «svolgono attività in modo continuativo», va inteso quello dove si attua, in via prevalente e stabile, l'attività di organizzazione e gestione dell'ente, ancorché non coincidente con quello dello svolgimento dell'attività istituzionale dell'ente medesimo (Cass. civ., 6 febbraio 1978, n. 543; Cass. civ., 25 gennaio 1983, n. 368;

Cass.

civ.,

19 marzo 1996, n. 2288

).

Riferimenti:

ACONE, Santulli, Competenza. II) Diritto processuale civile, in Enc. Giur., vol. VII, Roma, 1988, 37 e ss.;

ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1957, I, 89 e ss.;

ASPRELLA, sub art. 19, in Commentario del codice di procedura civile, a cura di Comoglio, Consolo, Sassani, Vaccarella, Torino, 2012, 332 e ss.;

FORCHIELLI, Domicilio, residenza e dimora (dir. priv.), in Enc. del dir., XIII, Milano, 1964;

GIONFRIDA, Competenza civile, in Enc. del Dir., VIII, Milano, 1961, 73 e ss.;

LEVONI, Competenza nel diritto processuale civile, in Digesto civ., vol. III, Torino, 1988, 125 e ss.;

MANDRIOLI, Diritto processuale civile, Torino, 2009, 265;

TEDESCHI, Domicilio, residenza e dimora, in Noviss. Dig. It., IV, Torino, 1967, 189 e ss.;

SATTA, Commentario al codice di procedura civile, I, Milano, 1965, 123 e ss.

SEGRE', Della competenza per territorio, in Comm. c.p.c. Allorio, I, 1, Torino, 1973, 260 e ss.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario