Notificazione alle persone giuridiche

Sergio Matteini Chiari
01 Aprile 2022

La disposizione dell'art. 145 c.p.c. disciplina le modalità di notificazione degli atti alle persone giuridiche, alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute ed ai comitati. In questa sede si tratterà unicamente delle notifiche alle persone giuridiche.
Inquadramento

La disposizione dell'

art. 145 c.p.c.

disciplina le modalità di notificazione degli atti alle persone giuridiche, alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute ed ai comitati.

In questa sede si tratterà unicamente delle notifiche alle persone giuridiche.

Per persona giuridica si intende quel complesso di persone e di beni, rivolto ad uno scopo, al quale la legge riconosce espressamente la qualifica di

soggetto di diritto

.

P

er ciò che attiene all'acquisizione dei requisiti atti a conferire tale qualità, deve essere fatto rinvio agli

artt. 11

e

2201 c.c.

per le persone giuridiche

pubbliche e agli

artt. 12,

33

e

2200

c.c.

per ciò che attiene alle persone giuridiche private.

Luogo della notificazione

La notificazione alle persone giuridiche deve essere eseguita nella loro sede.

Per sede si intendono sia la sede legale (indicata nell'atto costitutivo), sia la sede effettiva.

Per sede effettiva si intende il luogo in cui hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell'ente ed ove operano i suoi organi amministrativi o i suoi dipendenti, vale a dire il «luogo deputato o stabilmente utilizzato per l'accentramento dei rapporti interni e con i terzi, degli organi e degli uffici in vista del compimento degli affari e della propulsione dell'attività dell'ente» (ex multis, Cass. civ., sez. lav., 12 marzo 2009, n. 6021).

La sede effettiva, quindi, non coincide con il luogo in cui si trova un semplice recapito o una sede secondaria della persona giuridica oppure una persona che genericamente ne curi gli interessi o sia preposta ad uffici di rappresentanza, dipendenze o stabilimenti (Cass. civ., sez. lav., 12 marzo 2009, n. 6021).

Poiché l'art. 46 c.c. equipara, ai fini della tutela dei terzi, la sede legale a quella effettiva, le notificazioni alle persone giuridiche possono eseguirsi indifferentemente nell'una o nell'altra (giurisprudenza consolidata: da ultimo, Cass. civ., sez. I, 20 marzo 2014, n. 6559 e Cass. civ., sez. VI, 19 settembre 2017, n. 21699).

Deve, tuttavia, annotarsi che, allorché la notifica sia eseguita presso la sede effettiva, grava sul notificante, in caso di contestazione, l'onere di provare che si tratta della sede effettiva nel senso precedentemente indicato.

Qualora la notifica sia eseguita in luoghi diversi da quelli suddetti, ad es. presso un ufficio distaccato e periferico, privo di autonomia e soggettività distinta, la stessa deve ritenersi inficiata da nullità (Cass. civ., sez. I, 5 luglio 2002, n. 9813).

Segue: I.N.P.S. e I.N.P.D.A.P.

In alcuni casi, i luoghi di notificazione sono dettati da specifiche disposizioni normative.

La notifica degli atti processuali all'I.N.P.S. deve essere eseguita presso la sede centrale dell'istituto e nel domicilio legale di esso, in persona del presidente (art. 2 d.P.R. 639/1970 e art. 3 d.lgs. 479/1994), salva espressa delega (ex art. 2 d.P.R. 639/1970) per la ricezione alla Direzione della sede provinciale.

La notifica eseguita senza osservare tale disposto è da ritenere affetta da nullità, peraltro sanabile (Cass. civ., sez. I, 19 aprile 2002, n. 5708).

Analogamente, le notifiche nei confronti dell'I.N.P.D.A.P. dovevano (le funzioni di tale ente, soppresso con d.l. 201/2011, conv. nella l. 214/2011, sono state attribuite all'I.N.P.S. con effetto dal 1 gennaio 2012) essere eseguite presso la sede centrale dell'ente, in persona del Presidente (art. 3 d.lgs. 479/1994).

A far tempo dal 1 aprile 2007 (per effetto dell'art. 42 d.l. 203/2005, conv. nella l. 248/2005, e del d.p.c.m. attuativo 30 marzo 2007), le notifiche di atti introduttivi di liti concernenti l'invalidità civile, la cecità civile, il sordomutismo, l'handicap e la disabilità ai fini del collocamento obbligatorio al lavoro, nonché le sentenze ed ogni altro provvedimento reso in detti giudizi, devono essere eseguite direttamente nei confronti dell'I.N.P.S. e non più anche nei confronti del MEF (già litisconsorte necessario).

Trasferimento di sede

Per ciò che concerne le società per azioni, valgono i disposti dell'art. 2448, comma 1, c.c., ove si detta che gli atti per i quali il codice prescrive l'iscrizione o il deposito nel registro delle imprese sono opponibili ai terzi soltanto dopo tale pubblicazione, a meno che la società provi che i terzi ne erano a conoscenza.

Tale disposizione vale anche per le ipotesi di trasferimento della sede, trattandosi di modificazioni dello statuto.

Di conseguenza, qualora l'evento abbia avuto le prescritte forme di pubblicità, così divenendo opponibile ai terzi, la notifica dell'atto di citazione o del ricorso deve essere eseguita presso la nuova sede e, ove eseguita presso la precedente sede legale sociale, deve ritenersi viziata di nullità, peraltro sanabile dalla costituzione dell'intimato o dalla rinnovazione della notificazione nel termine assegnato dal giudice, e non di giuridica inesistenza, giacché effettuata in un luogo o a soggetti che, pur diversi da quelli stabiliti dalla legge, hanno un riferimento con il destinatario della notificazione (Cass. civ., sez. III, 23 agosto 2011, n. 17478; si veda, altresì, Cass. civ., sez. un., 20 luglio 2016, n. 14916, secondo cui non attiene agli elementi costitutivi essenziali della procedura notificatoria il luogo dove viene eseguita la notificazione, così che i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell'ambito della nullità dell'atto).

Per ciò che concerne le società a responsabilità limitata, nel regime vigente anteriormente alle modificazioni introdotte dal d.lgs. 6/2003, il coordinato disposto degli artt. 2436 e 2494 c.c. prescriveva, in caso di adozione di modificazioni statutarie, la pubblicazione sul Bollettino ufficiale delle s.p.a. e s.r.l. «del testo integrale dell'atto modificato nella sua redazione aggiornata» e l'art. 2457-ter, commi 1 e 2, c.c. disciplinava il regime di opponibilità ai terzi degli atti per i quali era prevista la pubblicazione, con l'effetto che, mentre dopo quindici giorni dalla pubblicazione la modificazione statutaria era opponibile ai terzi iuris et de iure, prima di quel termine l'atto era inopponibile solo se il terzo dimostrava di non averne avuto conoscenza (Cass. civ., sez. II, 16 gennaio 2013, n. 954).

Tale disciplina non è stata mantenuta dopo la riforma societaria. Pur essendo prevista l'iscrizione delle modificazioni dell'atto costitutivo nel registro delle imprese (art. 2480 c.c, che fa richiamo all'art. 2436 c.c.), non risulta più disciplinato il regime di opponibilità ai terzi.

Di conseguenza, nell'attualità, è da ritenere che la notifica dell'atto di citazione o del ricorso debba essere eseguita presso la nuova sede sociale risultante dall'iscrizione nel registro nell'immediato seguito di tale iscrizione.

Fusione di società di capitali

Precedentemente alla modifica dell'art. 2504-bis c.c. introdotta dal d.lgs. 6/2003, atteso il tenore della norma (art. 2504, comma 4, c.c., il cui 1° comma prevedeva che «la società incorporante o quella che risulta dalla fusione assume i diritti e gli obblighi delle società estinte»), era decisamente maggioritaria, sia in giurisprudenza che in dottrina, la teoria c.d. estintiva, secondo cui la fusione di società (sia nella forma della costituzione di una nuova società derivante dall'unione di più società preesistenti, sia nella forma dell'incorporazione di una società ad un'altra) comportava un fenomeno successorio equivalente alla successione universale mortis causa, con produzione dell'effetto dell'estinzione della società incorporata (o delle società partecipanti alla fusione nei casi di fusione paritaria), divenendo l'incorporante (oppure il nuovo soggetto risultante dalla fusione), oltre che titolare dei rapporti giuridici attivi e passivi, anche dei rapporti processuali dell'incorporata, con legittimazione a proseguire il processo ai sensi dell'art. 110 c.p.c., nella medesima veste processuale della parte cui era succeduta (v., da ultimo, Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 2006, n. 1413 e Cass. civ., sez. II, 25 febbraio 2011, n. 474).

Secondo tale orientamento, la fusione implicava molteplici conseguenze sotto il profilo processuale, in particolare: a) spettanza della legittimazione attiva e passiva alla società incorporante (o al nuovo soggetto giuridico in caso di fusione paritaria); b) interruzione del processo ex art. 300 c.p.c.

Peraltro, in caso di evento occorso nella fase attiva del giudizio di primo grado o nelle more del giudizio di gravame (inclusa la fase di rinvio), ma non dichiarato o notificato alle altre parti, veniva ritenuto valido il gravame proposto nei confronti della società incorporata notificato al procuratore costituito, nel presupposto che, in forza del particolare rapporto di continuità identitaria tra le società partecipanti alla fusione, la società risultante dalla fusione non fosse soggetto estraneo al rapporto giuridico processuale intestato alla società fusa ed al connesso rapporto di mandato alle liti (ex multis: Cass. civ., sez. un., 14 settembre 2010, n. 19509; Cass. civ., sez. V, 23 luglio 2010, n. 17383).

Successivamente, a seguito della riforma societaria (d.lgs. 6/2003), venendo ritenuto che nella nuova formulazione dell'art. 2504-bis c.c. fosse stato eliminato ogni riferimento all'estinzione delle società, la fusione per incorporazione venne ritenuta non più come un fenomeno implicante l'estinzione delle società incorporate, bensì come una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, «che conserva la propria identità, pur se in un nuovo assetto organizzativo» (Cass. civ., sez. un., ord. 8 febbraio 2006, n. 2637 e, in senso conforme, ex multis e da ultimo, Cass. civ., sez. I, 26 gennaio 2016, n. 1376; Cass. civ., sez. lav., 16 settembre 2016, n. 18188; Cass. civ., sez. V, 123 febbraio 2019, n. 4042).

E sul piano processuale vennero ritenuti non più ipotizzabili gli effetti conseguenti alla teoria c.d. estintiva, sopra ricordati:notifiche, quindi, validamente eseguibili sia, preferibilmente, nei confronti del soggetto incorporante o, in caso di fusione paritaria, nuovo, sia nei confronti del soggetto incorporato o fuso.

Venne, comunque, chiarito che, in tema di fusione, l'art. 2504-bis c.c. aveva natura esclusivamente innovativa e non interpretativa e, pertanto, il principio, da esso desumibile, per cui la fusione tra società si risolve in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo, non doveva ritenersi valevole per le fusioni (per unione od incorporazione) anteriori all'entrata in vigore della nuova disciplina (1 gennaio 2004), le quali, tuttavia, pur dando luogo ad un fenomeno successorio, si diversificavano dalla successione mortis causa «perché la modificazione dell'organizzazione societaria dipende esclusivamente dalla volontà delle società partecipanti, con la conseguenza che quella che viene meno non è pregiudicata dalla continuazione di un processo del quale era perfettamente a conoscenza, così come nessun pregiudizio subisce la incorporante (o la risultante dalla fusione), che può intervenire nel processo ed impugnare la decisione sfavorevole. Ad esse, di conseguenza non si applica la disciplina dell'interruzione di cui agli artt. 299 ss. c.p.c.» (Cass. civ., sez. un., 14 settembre 2010, n. 19509; Cass. civ., sez. un. 17 settembre 2010, n. 19698 e, da ultimo, Cass. civ., sez. I, 26 gennaio 2016, n. 1376).

In materia è intervenuta, in tempi recentissimi, Cass. civ., sez. un., 30 luglio 2021, n. 21970, che ha statuito il principio secondo cui la fusione per incorporazione produce l'estinzione della società incorporata o fusa, come organizzazione e come soggetto dell'ordinamento giuridico, con effetto devolutivo-successorio, vale a dire, quanto agli effetti processuali, il venir meno in capo alla società incorporata (o fusa) della legittimazione processuale, attiva e passiva, da attribuire in via esclusiva all'incorporante (o al nuovo soggetto giuridico in caso di fusione paritaria) con riguardo a tutti i rapporti facenti capo alla società incorporata.

Ciò stante, nell'attualità e nel futuro, salvo interventi del legislatore o di ulteriormente nuovo «diritto vivente», la vicenda della fusione societaria dovrà essere disciplinata tornando alle regole enunciate dalla teoria c.d. estintiva. Deve, tuttavia, precisarsi che le stesse Sezioni Unite hanno previsto alcune «deroghe» a tale regime, riconoscendo all'effettivo titolare del diritto, cioè alla società incorporante o al nuovo soggetto scaturito da fusione paritaria, facoltà di intervento (ex art. 105 c.p.c.) «sanante» in corso di causa, una volta che il giudizio fosse stato instaurato dal soggetto non legittimato; statuendo, inoltre, che, nei casi di sopravvenienza dell'evento incorporazione (o fusione paritaria) in corso di causa, non si determina l'interruzione del processo, da ritenere esclusa ex lege dall'art. 2504-bis c.c., laddove sancisce una «prosecuzione», da parte dell'incorporante (o del nuovo soggetto in caso di fusione paritaria), senza soluzione di continuità, in tutti i rapporti giuridici delle società incorporate, «anche processuali».

Rinvio

Con riguardo alla «sorte» (validità o meno) delle notifiche eseguite nei confronti della società incorporata o fusa nei casi di evento di incorporazione o fusione occorso nella fase attiva del giudizio di primo grado o nelle more del giudizio di gravame, si fa rinvio alle considerazioni svolte nella bussola intitolata Rinnovazione della notificazione.

Cancellazione delle società dal registro delle imprese

L'art. 2495 c.c. ha subito modifica ad opera dell'art. 4 del d.lgs. 6/2003.

Il comma 3 della disposizione attualmente in vigore si differenzia dal precedente (il corrispondente comma 2 dell'art. 2456 c.c.) per l'inserzione, in premessa alla proposizione «dopo la cancellazione della società i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci e nei confronti dei liquidatori se», della locuzione «ferma restando l'estinzione della società» e, all'esito, della previsione che la domanda, ove proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società.

Sul tema sono intervenute le Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 12 marzo 2013, n. 6070), statuendo che, qualora all'estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale:

a) l'obbligazione della società non si estingue, giacché ciò sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali;

b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, «con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo».

Le S.U. hanno, altresì, stabilito che, laddove l'estinzione della società per sopravvenuta cancellazione della stessa dal registro delle imprese intervenga in pendenza di un processo del quale essa sia parte, si determinano, nell'immediato, la perdita della sua capacità di stare in giudizio (con la sola eccezione della fictio iuris contemplata dall'art. 10 del r.d. n. 267 del 1942), l'interruzione del processo nei termini di cui agli artt. 299 ss. c.p.c. e l'eventuale prosecuzione o riassunzione dello stesso da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell'art. 110 c.p.c.

Ove, invece, l'evento estintivo non sia stato fatto constare nei modi previsti dagli artt. 299 ss. c.p.c. oppure si sia verificato quando il farlo constare in tali modi non sarebbe più stato possibile, l'impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d'inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta, «atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l'evento estintivo è occorso» (in ordine a tale ultimo assunto, si vedano, peraltro, Cass. civ., sez. un., 4 luglio 2014, n. 15295 e, da ultimo, Cass. civ., sez. lav., 2 settembre 2020, n. 18250, secondo cui, invece, deve ritenersi ultrattiva, in mancanza della dichiarazione in udienza oppure della notificazione dell'evento interruttivo alle altre parti, la procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, con la conseguente legittimazione a proporre impugnazione - ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale).

Sino a tempi recenti, è stato controverso se la disposizione dell'art. 2495 c.c. fosse applicabile anche alle società di persone, se cioè la cancellazione dal registro delle imprese di una società di persone determinasse o meno l'estinzione della stessa e, inoltre, se la disposizione fosse retroattiva e trovasse, perciò, applicazione anche in ordine alle cancellazioni intervenute anteriormente al 1° gennaio 2004 (data di entrata in vigore della riforma societaria), con esclusione dei rapporti esauriti e degli effetti già irreversibilmente verificatisi.

A risolvere la situazione di incertezza sono intervenute le Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 22 febbraio 2010, nn. 4060 , 4061, 4062), le quali hanno statuito che una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2495, comma 2 (ora: 3), c.c., come modificato dall'art. 4 del d.lgs. 6/2003, nella parte in cui ricollega alla cancellazione dal registro delle imprese l'estinzione immediata delle società di capitali, «impone un ripensamento della disciplina relativa alle società commerciali di persone, in virtù del quale la cancellazione, pur avendo natura dichiarativa, consente di presumere il venir meno della loro capacità e soggettività limitata, negli stessi termini in cui analogo effetto si produce per le società di capitali, rendendo opponibile ai terzi tale evento, contestualmente alla pubblicità nell'ipotesi in cui essa sia stata effettuata successivamente all'entrata in vigore del d.lgs. 6/2003, e con decorrenza dal 1° gennaio 2004 nel caso in cui abbia avuto luogo in data anteriore».

Di conseguenza sia le società di capitali e le società cooperative sia le società di persone devono, ai sensi del nuovo disposto dell'art. 2495, comma 3, c.c., ritenersi estinte (e, pertanto, prive di legittimazione sostanziale e processuale) dal momento della cancellazione (sia essa di natura costitutiva che di natura ricognitiva) o, nel caso di cancellazione intervenuta prima del venire in essere della norma, dal momento dell'entrata in vigore della norma stessa.

Persone abilitate a ricevere le notificazioni

A seguito delle modifiche introdotte all'art. 145 c.p.c. dall'art. 2 della l. 263/2005, la notifica alle persone giuridiche può essere eseguita come segue:

i) Nella sede dell'ente, mediante consegna di copia dell'atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa ovvero al portiere dello stabile in cui è ubicata la sede.

Il rappresentante della persona giuridica e la persona incaricata di ricevere le notificazioni sono posti, ai fini della consegna della copia dell'atto, sullo stesso piano, sicché colui che esegue la notifica può rivolgersi indifferentemente all'uno o all'altra, senza avere l'obbligo di ricercare in primo luogo il rappresentante, e senza che la facoltà di rivolgersi all'incaricato dipenda dall'esito negativo di tali ricerche.

In caso di società rappresentata congiuntamente da più persone (ad es., più liquidatori), la notifica può essere eseguita ad una soltanto di esse (Cass. civ., sez. II, 27 dicembre 2004, n. 24025).

Qualora nella sede sociale non siano rinvenuti il legale rappresentante della persona giuridica o la persona incaricata di ricevere le notificazioni, la notifica può essere eseguita mediante consegna dell'atto ad altra persona addetta alla sede (cui devono essere equiparati i dipendenti di ente pubblico).

In tale ipotesi, ai fini della regolarità della notificazione, è sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della persona giuridica destinataria e non occasionalmente ma in virtù di un particolare rapporto, che, non dovendo essere necessariamente di prestazione lavorativa, può risultare anche dall'incarico, pur se provvisorio e precario, di ricevere le notificazioni per conto della persona giuridica (ex multis, Cass. civ., sez. V, ord., 5 settembre 2012, n. 14865; Cass. civ., sez. V, ord. 20 dicembre 2018, n. 32981). La prova dell'insussistenza di un tale rapporto grava sulla persona giuridica destinataria ed il relativo onere può ritenersi adempiuto con la dimostrazione sia dell'insussistenza di un rapporto di lavoro subordinato fra essa e consegnatario, sia del fatto che lo stesso non era addetto neppure alla sede per non averne mai ricevuto incarico (Cass. civ., sez. V, ord. 5 settembre 2012, n. 14865; Cass. civ., sez. VI, ord., 5 giugno 2017, n. 13954).

In alternativa, la consegna può essere eseguita a mani del portiere dello stabile in cui la sede della persona giuridica è ubicata (Cass. civ., sez. V, 27 settembre 2013, n. 22151, secondo cui, in caso di notifica nelle mani del portiere, «l'ufficiale giudiziario deve dare atto, oltre che dell'assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l'atto, ai sensi dell'art. 139, comma 2, c.p.c.»).

Nei casi di perdita della capacità processuale (fallimento, liquidazione coatta amministrativa) della persona giuridica, la notifica degli atti processuali deve essere eseguita nel domicilio o nella residenza della persona fisica che la rappresenta (curatore fallimentare, commissario liquidatore) (Cass. civ., sez. V, 28 marzo 2012, n. 4955; Cass. civ., sez. V, 9 aprile 2008, n. 9214).

ii) La notifica può anche essere eseguita, - a norma degli artt. 138, 139 e 141 c.p.c. - alla persona fisica che rappresenta l'ente, ove nell'atto da notificare ne sia indicata la qualità e ne risultino specificati residenza, domicilio (vale anche il domicilio eletto in relazione ad un determinato processo - v. Cass. civ., sez. V, 26 gennaio 2007, n. 1711) e dimora abituale; dovendo altresì ritenere possibile, in assenza di espresso divieto di legge, la notifica all'amministratore tramite il servizio postale, ai sensi dell'art. 149 c.p.c. (Cass. civ., sez. I, 13 dicembre 2012, n. 22957; Cass. civ., sez. lav, 13 marzo 2013, n. 6345, ove sono enunciate particolari avvertenze in riferimento all'ipotesi in cui la consegna del piego raccomandato si avvenuta a mani di un familiare convivente con il destinatario; Cass. civ., sez. I, ord., 16 marzo 2018, n. 6654).

iii) Quale ultima ratio (prevista dall'art. 145, comma 3, c.p.c.), nelle ipotesi in cui la notificazione non possa essere eseguita secondo le modalità precedentemente descritte, si procede con le formalità dell'art. 140 c.p.c. (nei confronti del legale rappresentante, se indicato dall'atto e purché abbia un indirizzo diverso da quello della sede dell'ente; oppure, nel caso in cui la persona fisica non sia indicata nell'atto da notificare, direttamente nei confronti della società) oppure, qualora non ricorrano i presupposti per l'applicazione di tale disposizione e nell'atto sia indicata la persona fisica che rappresenta l'ente, (la quale tuttavia risulti di residenza, dimora e domicilio sconosciuti), la notificazione è eseguibile nei confronti della medesima secondo le formalità dettate dall'art. 143 c.p.c. (Cass. civ., sez. I, 9 novembre 2012, n. 19457).

E' stato precisato che la prescrizione che nell'atto da notificare sia indicata la qualità della persona fisica che rappresenta l'ente e ne risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale, concerne unicamente l'ipotesi di notificazione al rappresentante alternativa a quella compiuta presso la sede della persona giuridica, ai sensi dei primi due commi dell'art. 145 c.p.c., mentre non riguarda l'ipotesi di notifica eseguita, nelle forme degli artt. 140 e 143 c.p.c., in caso di esito negativo del tentativo di notificazione a norma dei predetti commi (Cass. civ., sez. VI, ord., 7 settembre 2021, n. 24061).

Riferimenti
  • Luiso F. Diritto processuale civile, 1, 2, Milano 2015;

  • Mandrioli C., Diritto processuale civile, 1, 2, Torino 2011;

  • Martinetto G., Notificazione (diritto processuale civile), in NDI, XI, Torino, 1982;
  • Matteini Chiari S.- Di Marzio M., Le notificazioni e i termini nel processo civile, Milano, 2019, 2014;

  • Punzi C., Notificazione, in Enc. dir., XXVIII, Milano 1978, 1384 ss.

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