Comunione del muro

24 Marzo 2021

I muri condominiali rappresentano uno dei principali «campi di scontro» tra la tutela delle esigenze del singolo - interessato ad un più intenso uso della cosa comune - e la salvaguardia dell'interesse della collettività - tesa a preservare la funzione primaria di tale tipologia di bene, consistente nella delimitazione e sostegno dell'edificio condominiale -...
Inquadramento

Rientrano tra i beni e le cose che l'art. 1117 c.c. fa ricadere nella presunzione di comunione, salvo che il titolo disponga diversamente, i muri maestri e, cioè, i muri portanti la struttura dell'edificio - costituendone l'ossatura - indipendentemente dal fatto che essi siano interni ovvero esterni (Cass. civ., sez. II, 19 novembre 1993, n. 11435).

La Suprema Corte ha spesso indugiato sul significato di «muro maestro», equiparando ad esso, quoad effectum, tipologie apparentemente diverse.

Il muro di contenimento della proprietà individuale

Quanto, invece, alla natura del muro di contenimento di un giardino di proprietà esclusiva (e comunque divisorio tra la proprietà privata e quella condominiale), l'opinione dominante fa perno sulla funzione svolta in concreto dal manufatto, nel senso che ritiene estraneo alla comunione un muro, di dimensioni ridotte, posto a delimitazione di un terreno di proprietà esclusiva di un condomino, ove lo stesso, per conformazione realizzativa, risulti inidoneo a svolgere la funzione di muro di cinta del condominio e, al contempo, idoneo unicamente a delimitare tale proprietà esclusiva come muro divisorio (Cass. civ., sez. II, 26 gennaio 1981, n. 577). In senso conforme a tale ultima posizione, peraltro, e più in generale, si è altresì chiarito che, la circostanza che un «muro di sostegno» di un giardino di proprietà esclusiva sovrasti un sottostante terreno di proprietà condominiale, adibito a passaggio, non è di per sé sufficiente all'inclusione del muro medesimo fra le parti comuni, ex art. 1117 c.c., atteso che tale opera, per sua natura destinata a svolgere funzione di contenimento di quel giardino (e, quindi, a tutelare gli interessi del suo proprietario), può essere compresa fra le indicate cose comuni solo ove ne risulti obiettivamente la diversa destinazione a servizio di tutti i condomini, in quanto necessaria a consentire detto passaggio (Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 1985, n. 145; v. anche, in termini, Cass. civ., sez. II, 12 maggio 2014, n. 10270).

Modalità d'uso del muro comune

I muri maestri (e quelli ad essi equiparati, siccome comuni) possono svolgere, in aggiunta a quella principale di sostegno e delimitazione dell'edificio condominiale, funzioni alternative, nell'ottica del maggiore e più intenso uso dei beni comuni da parte del singolo condomino, nei limiti di cui all'art. 1102 c.c.: il principio della comproprietà, infatti, legittima il singolo condomino ad apportare al muro comune (anche se maestro) tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini, a condizione di non impedire agli altri condomini la prosecuzione dell'esercizio dell'uso del muro - ovvero la facoltà di utilizzarlo in modo e misura analoghi - e di non alterarne la normale destinazione e sempre che tali modificazioni non pregiudichino la stabilità ed il decoro architettonico del fabbricato condominiale.

È così innanzitutto possibile utilizzare il muro per apporvi targhe, insegne (anche luminose), tende o vetrine (Cass. civ., sez. II, 21 agosto 2003, n. 12298; Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1998, n. 1499), ovvero un meccanismo fotocellulare per l'apertura automatica del cancello inserito nel muro (Cass. civ., sez. II, 21 ottobre 2009, n. 22341) ovvero, ancora, cavi elettrici, centraline elettroniche ed antenne (Trib. Reggio Calabria, 20 dicembre 2012).

Allo stesso modo, rientrano nell'uso consentito la collocazione, in un muro maestro dell'edificio condominiale, di una tubatura di scarico di un servizio, di pertinenza esclusiva di un condomino, (Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 1999, n. 1162), l'appoggio, al muro perimetrale, di una canna fumaria - purché tale installazione non impedisca l'altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell'edificio, e non ne alteri il decoro architettonico (Cass. civ., sez. II, 31 luglio 2013, n. 18350) - l'apposizione, nel muro condominiale, di due terminali coassiali per lo scarico dei fumi combusti e per l'aspirazione dell'aria comburente (Cass. civ., sez. II, 22 agosto 2012, n. 14607), la realizzazione di piccoli fori nella parete comune (Cass. civ., sez. II, 16 maggio 2000, n. 6341), nonché l'appoggio ad essa di un ascensore (Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2012, n. 14096) ovvero, per concludere, l'ancoraggio di una tettoia a copertura di posti auto realizzati nella proprietà esclusiva (Cass. civ., sez. II, 17 marzo 2008, n. 7143).

A seguito della novella introdotta con la l. 11 dicembre 2012, n. 220, infine, il muro comune può essere utilizzato per l'appoggio degli impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, ed i relativi collegamenti, fino al punto di diramazione per le singole utenze, oltre che per l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinate al servizio di unità in proprietà individuale (art. 1122-bis c.c.).

Segue: la realizzazione di aperture e varchi

Tra le funzioni alternative riconosciute al muro comune v'è quella di consentire l'apertura di porte e finestre (e, più in generale, di varchi. Cass. civ., sez. II, 3 giugno 2015, n. 11445), trattandosi di attività che - in tesi - non altera l'entità materiale del muro, né modifica la sua destinazione, ma integra una consentita modificazione della cosa comune, purché non comprometta il diritto al pari uso e non arrechi pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza e al decoro architettonico del fabbricato

In evidenza

Negli edifici in condominio, i proprietari esclusivi delle singole unità immobiliari possono utilizzare i muri comuni, nelle parti a esse corrispondenti, sempre che l'esercizio di tale facoltà, disciplinata dagli art. 1102 e 1122 c.c., non pregiudichi la stabilità e il decoro architettonico del fabbricato.

In tal senso, Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 2017, n. 4437, ad avviso della quale l'apertura di varchi e l'installazione di porte o cancellate in un muro ricadente fra le parti comuni dell'edificio condominiale, eseguite da uno dei condomini per creare un nuovo ingresso all'unità immobiliare di sua proprietà esclusiva, non integrano, di massima, abuso della cosa comune suscettibile di ledere i diritti degli altri condomini, non comportando per costoro una qualche impossibilità di far parimenti uso del muro stesso ai sensi dell'art. 1102 c.c., e rimanendo irrilevante la circostanza che tale utilizzazione del muro si correli non già alla necessità di ovviare a un'interclusione dell'unità immobiliare al cui servizio il detto accesso è stato creato, ma all'intento di conseguire una più comoda fruizione di tale unità immobiliare da parte del suo proprietario.

E ancora, Cass. civ., sez. II, 9 giugno 2010, n. 13874, secondo cui l'apertura di finestre ovvero la trasformazione di luci in vedute su un cortile comune rientra nei poteri spettanti ai singoli condomini ai sensi dell'art. 1102 c. c., considerato che i cortili comuni, assolvendo alla precipua finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti, sono utilmente fruibili a tale scopo dai condomini stessi, cui spetta la facoltà di praticare aperture che consentano di ricevere, appunto, aria e luce dal cortile comune o di affacciarsi sullo stesso, senza incontrare le limitazioni prescritte, in materia di luci e vedute, a tutela dei proprietari degli immobili di proprietà esclusiva (v., altresì, Cass. civ., sez. II, 3 giugno 2003, n. 8830, per la quale deve ritenersi che l'apertura di due porte su muri comuni per mettere in comunicazione l'unità immobiliare in proprietà esclusiva di un condomino con il garage comune rientra pur sempre nell'ambito del concetto di uso (più intenso) del bene comune, e non esige, per l'effetto, l'approvazione dell'assemblea dei condomini con la maggioranza qualificata, senza determinare, a più forte ragione, alcuna costituzione di servitù).

Tuttavia, l'apertura di varchi incontra un limite ben definito allorché, attraverso la loro realizzazione, si imponga un peso (sub specie di servitù) al condominio: nel senso che, mentre è consentita una maggiore e più intensa utilizzazione all'interno del condominio (ad esempio, per mettere in comunicazione un'unità immobiliare collocata nell'edificio condominiale con il cortile o il garage comune), non è invece consentito, mediante l'apertura di un varco, mettere il cortile condominiale ovvero un'unità immobiliare di proprietà esclusiva di un condomino in comunicazione con un immobile limitrofo, estraneo al condominio e di proprietà esclusiva di detto condomino, giacché in tal modo si determina la cessione del godimento di un bene comune in favore di soggetti non partecipanti al condominio, con conseguente alterazione della relativa destinazione, essendo imposto sul muro perimetrale un peso che dà luogo a una servitù, per la cui costituzione è invece necessario il consenso scritto di tutti i condomini (Cass. civ., sez. VI-2, 25 febbraio 2020, n. 5060; Cass. civ., sez. II, 11 dicembre 2019, n. 32437; Cass. civ., sez. II, 5 marzo 2015, n. 4501; Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 2009, n. 3035).

Sulla stessa lunghezza d'onda, si pongono Cass. civ., sez. II, 29 settembre 2020, n. 20543 e Cass. civ., sez. II, 14 dicembre 2016, n. 25775, ad avviso della quale, In presenza di un edificio strutturalmente unico, su cui insistono due distinti ed autonomi condominii, è illegittima l'apertura di un varco nel muro divisorio tra questi ultimi, volta a collegare locali di proprietà esclusiva del medesimo soggetto, tra loro attigui ma ubicati ciascuno in uno dei due diversi condominii, in quanto una simile utilizzazione comporta la cessione del godimento di un bene comune, quale è, ai sensi dell'art. 1117 c.c., il muro perimetrale di delimitazione del condominio (anche in difetto di funzione portante), in favore di una proprietà estranea ad esso, con conseguente imposizione di una servitù per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condomini.

Parimenti, Cass. civ., sez. II, 14 giugno 2013, n. 15024, secondo cui i muri perimetrali di un edificio in condominio sono destinati al servizio esclusivo dell'edificio stesso, sicché non possono essere usati, senza il consenso di tutti i comproprietari, per l'utilità di altro immobile di proprietà esclusiva di uno dei condomini e costituente un'unità distinta rispetto all'edificio comune, in quanto ciò costituirebbe una servitù a carico di detto edificio; pertanto, costituisce uso indebito di cosa comune l'appoggio praticato da un condomino sul muro perimetrale dell'edificio condominiale per realizzare locali di proprietà esclusiva, mettendoli in collegamento con altro suo immobile, in quanto siffatta opera viene ad alterare la destinazione del muro perimetrale e ad imporvi il peso di una vera e propria servitù.

Diversamente, per quanto concerne l'apertura di finestre su di un cortile condominiale (ma lo stesso è da dirsi per gli abbaini realizzati nel tetto. Cass. civ., sez. II, 27 luglio 2006, n. 17099), se non vietata dal regolamento contrattuale di condominio, essa costituisce opera legittima ed inidonea all'esercizio di un diritto di servitù di veduta, sia per il principio nemini res sua servit, sia per la considerazione che - come visto in precedenza - i cortili comuni, assolvendo alla precipua finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti, sono fruibili a tale scopo dai condomini, cui spetta anche la facoltà di praticare aperture che consentano di ricevere aria e luce dal cortile comune o di affacciarsi sullo stesso, senza incontrare le limitazioni prescritte, in tema di luci e vedute, a tutela dei proprietari dei fondi confinanti di proprietà esclusiva. Allo stesso modo sono stati ritenuti leciti l'ampliamento o l'apertura di una porta o finestra, da parte di un condomino, la trasformazione di una finestra, che prospetta il cortile comune, in porta di accesso al medesimo, mediante l'abbattimento del corrispondente tratto del muro perimetrale che delimita la proprietà del singolo appartamento ovvero, ancora, la trasformazione di finestre in balconi o in pensili, a condizione che l'esercizio di tale facoltà, disciplinata dagli artt. 1102 e 1122 c.c., non pregiudichi la stabilità e il decoro architettonico dell'edificio e non menomi o diminuisca sensibilmente la fruizione di aria e luce per i proprietari dei piani inferiori (Cass. civ., sez. II, 14 dicembre 1994, n. 10704; Cass. civ., sez. II; 26 gennaio 1987, n. 703).

Le spese

Le spese di manutenzione e conservazione dei muri comuni sono ascritte a tutti i condomini secondo i criteri posti dall'art. 1123, comma 1, c.c. indipendentemente dal fatto che si tratti di muri interni ovvero esterni e che, nel primo caso, vi siano alcune unità immobiliari (ad esempio, i negozi siti al piano terra con entrata dall'esterno) che da essi non traggano diretta utilità (Cass. civ., sez. II, 19 novembre 1993, n. 11435): ed infatti, essendo destinati a sorreggere e preservare l'edificio condominiale dagli agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d'acqua, piovana o sotterranea, i muri non rientrano fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, ex art. 1123, commi 2 e 3, c.c. (Cass. civ., sez. II, 3 gennaio 2013, n. 64).

Segue: le spese di manutenzione del muro di proprietà esclusiva

Sennonché, la presunzione di cui all'art. 1117 c.c. può essere vinta da un titolo contrario: in simile ipotesi, è stato chiarito che, essendo il muro indispensabile per l'esistenza dell'edificio, in quanto svolge la funzione di sorreggere tutti i piani e le porzioni di piano e di proteggerli dagli agenti atmosferici, la proprietà esclusiva di esso non impedisce che gli altri condomini se ne avvantaggino, ricavando appunto l'utilità del sostegno dei loro piani o porzioni di piano e della protezione degli stessi dagli agenti atmosferici. Sul muro, pertanto, con la proprietà esclusiva concorre una comunione di godimento in favore di tutti coloro i quali, nell'edificio sono titolari della proprietà solitaria dei piani o delle porzioni di piano. Da tale considerazione discende, pertanto, che tutti i condomini sono tenuti a sopportare le spese per la conservazione della cosa, salvo che il proprietario esclusivo, in base ad una espressa e specifica pattuizione, così come si è riservata la proprietà, per titolo abbia assunto anche l'impegno di sostenere da solo queste spese, con esonero degli altri partecipanti da ogni concorso. Quanto, poi, al criterio di ripartizione di tali spese,il problema si pone nel senso di applicare il principio generale enunciato dall'art. 1123, comma 1, c.c., per cui i condomini sono tenuti in proporzione alle quote di comproprietà (che, tuttavia, nella specie non afferiscono alla cosa, essendo questa di proprietà esclusiva) ovvero altri criteri di ripartizione: la giurisprudenza di legittimità ha concluso nel senso dell'applicazione dell'art. 1123, comma 1, c.c. giacché, da un lato, la misura della comunione di godimento del muro si ragguaglia, allo stesso modo della comunione di proprietà, al servizio che la cosa rende alle unità immobiliari in proprietà esclusiva e, dall'altro, non essendo possibile misurare detta utilità, anche per la comunione di godimento del muro appare necessario ricorrere al criterio empirico, ma di facile attuazione, prescelto dalla legge per commisurare la comproprietà di esso e rappresentato dalla proporzione al unità immobiliare di proprietà esclusiva (Cass. civ., sez. II, 15 febbraio 1996, n. 1154).

Casistica

Casistica

Muri perimetrali dell'edificio

I muri, anche se non hanno natura e funzioni di muri maestri portanti, delimitano la superficie coperta, determinano la consistenza volumetrica dell'edificio unitariamente considerato, proteggendolo dagli agenti termici e atmosferici, e ne delineano la sagoma architettonica (Cass. civ., sez. II, 3 gennaio 2013, n. 64; Cass. civ., sez. II, 14 giugno 2013, n. 15024).

Muri perimetrali degli edifici in cemento armato

In tema di condominio, nella fattispecie in cui più edifici condominiali sono costruiti in appoggio l'uno all'altro, costituisce muro comune (muro perimetrale) non solo quello che delimita gli edifici all'esterno, ma anche quello che delimita, all'interno, l'uno edificio dall'altro (Cass. civ., sez. II, 16 dicembre 2004, n. 23453

Facciata di prospetto dell'edificio

La facciata di prospetto di un edificio rientra fra i muri maestri e, quindi, costituisce struttura essenziale, ai fini dell'esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato (Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 1998, n. 945).

Guida all'approfondimento

Terzago, Comunione forzosa del muro costruito sul confine: una interpretazione estensiva dell'art. 874 c.c., in Riv. giur. edil., 1999, I, 721;

Mazzù, Comunione del muro, in Encicl. giur. Treccani, Roma, 1988, vol. VII;

Carpino, Sull'acquisto della comunione forzosa del muro, in Giur. it., 1982, I, 1, 109.

Sommario