Foro generale della persona fisica

Vincenzo Papagni
15 Marzo 2016

Nel sistema del vigente codice di procedura civile, l'individuazione del giudice territorialmente competente avviene in linea di principio sulla base di un criterio soggettivo (c.d. foro generale) di collegamento, rispettivamente, con la residenza (domicilio o dimora) della persona fisica, ex art. 18 c.p.c., o con la sede (o luogo in cui vi è uno stabilimento o un rappresentante autorizzato) della persona giuridica, ex art. 19 c.p.c. convenuta e – in via derogatoria (fori speciali) – alla stregua di criteri correlati al petitum e/o causa petendi di determinate tipologie di controversie (artt. 20-24) ovvero ancora da esigenze organizzative dell'amministrazione pubblica evocata in giudizio, ex art. 25 c.p.c..
Inquadramento

Nel sistema del vigente codice di procedura civile, l'individuazione del giudice territorialmente competente avviene in linea di principio sulla base di un criterio soggettivo (c.d. foro generale) di collegamento, rispettivamente, con la residenza (domicilio o dimora) della persona fisica, ex art. 18 c.p.c.,o con la sede (o luogo in cui vi è uno stabilimento o un rappresentante autorizzato) della persona giuridica, ex art. 19 c.p.c. convenuta e – in via derogatoria (fori speciali) – alla stregua di criteri correlati al petitum e/o causa petendi di determinate tipologie di controversie (artt. 20-24) ovvero ancora da esigenze organizzative dell'amministrazione pubblica evocata in giudizio, ex art. 25 c.p.c..

Stabilisce l'art. 18 c.p.c. che, salvo il caso in cui la legge disponga altrimenti, è competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la sua dimora. Se il convenuto non ha né residenza né domicilio in Italia, e la dimora è sconosciuta, è competente il giudice del luogo, ove l'attore ha la propria residenza.

In evidenza

La residenza di una persona è determinata dalla sua abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, cioè dall'elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e dall'elemento soggettivo dell'intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali. Questa stabile permanenza sussiste anche quando la persona si rechi a lavorare o a svolgere altra attività fuori del comune di residenza, sempre che conservi in esso l'abitazione, vi ritorni quando possibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali (Cass. civ., sez. II, 14 marzo 1986, n. 1738).

Per domicilio, invece, s'intende il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e dei suoi interessi,che non va individuato solo con riferimento ai rapporti economici e patrimoniali, ma anche ai suoi interessi morali, sociali e familiari, che confluiscono normalmente nel luogo ove la stessa vive con la propria famiglia; ne consegue che il domicilio è caratterizzato dall'intenzione di costituire in un determinato luogo il centro principale delle proprie relazioni familiari, sociali ed economiche (Cass. civ., sez. III, 8 marzo 2005, n. 5006).

Ai fini della competenza territoriale, la coincidenza tra il luogo di residenza e quello di domicilio del convenuto integra una presunzione semplice e, come tale, suscettibile di prova contraria con la conseguenza che il foro territoriale può essere correttamente radicato nel luogo ove il convenuto abbia il domicilio effettivo individuato in relazione allo svolgimento della parte più rilevante della sua attività economica e professionale (Cass. civ., sez. VI, 18aprile 2014, n. 9028).

Foro Generale

Per la competenza territoriale dobbiamo distinguere tre fori: quelli disciplinati dagli

artt.18-19

c.p.c.

, che sono il foro generale rispettivamente delle persone fisiche e degli altri soggetti che non sono persone fisiche; il foro facoltativo dell'

art. 20

c.p.c.

per le cause di obbligazione; i fori esclusivi degli

artt. 21-22-23-24

c.p.c.

. È necessario preliminarmente stabilire come si regolano fra loro questi tre tipi di competenza territoriale.

Il foro generale

si applica là dove non vi siano altre previsioni di competenza territoriali. Esso dà una regola di carattere residuale, applicabile a tutte le controversie per le quali non vi sia una regolamentazione diversa.

Il foro facoltativo ha la caratteristica di aggiungersi al foro generale

: i criteri del foro facoltativo si cumulano con quelli del foro generale. Ove si tratti di una controversia che rientri nell'

art. 20

c.p.c.

, l'attore ha la scelta fra utilizzare i fori degli

artt. 18

e

19

c.p.c.

oppure utilizzare i fori previsti dall'

art. 20

c.p.c.

. Difatti, il foro stabilito dall'

art. 20

c.p.c.

, per le cause relative a diritti di obbligazione concorre con i fori generali di cui agli

art. 18

e

19

c.p.c.

e l'attore può liberamente scegliere di adire uno dei due fori generali, oppure il foro facoltativo dell'

art. 20

c.p.c.

. La norma – infatti – stabilisce che per le cause relative a diritti di obbligazione (tra le quali rientrano anche le obbligazioni scaturenti da responsabilità extracontrattuale) è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi la obbligazione. In particolare, in tema di obbligazioni nascenti da fatto illecito, l'azione di risarcimento sorge nel luogo in cui l'agente ha posto in essere l'azione produttiva del danno (forum commissi delicti) e in relazione a tale luogo deve essere determinata la competenza territoriale

ex

art. 20

c.p.c.

. (Nella specie, l'azione di danni per i gravi difetti riscontrati in un immobile atteso che l'immobile era ubicato in Salerno e in Salerno era stato stipulato il contratto di vendita, in applicazione dei principi che precedono, la Suprema Corte ha affermato che, correttamente, l'azione era stata promossa innanzi al

T

ribunale di Salerno) (

Cass

. civ.,

sez. II, 11 giugno 2014, n. 13223

).

Il foro esclusivo, invece, esclude il foro generale; difatti, nelle ipotesi regolate dagli

artt. 21 ss.

c.p.c.

non si applicano le previsioni degli

artt. 18-19

c.p.c.

.

La formulazione dell'eccezione di incompetenza territoriale derogabile, ai fini della sua ammissibilità, deve essere svolta con l'indicazione di tutti i fori concorrenti, ovvero per le persone fisiche, con riferimento oltre ai fori speciali, ai sensi dell'

art. 20

c.p.c.

, anche a quelli generali, stabiliti nell'

art. 18

c.p.c.

(e, per le persone giuridiche, con riferimento ai criteri di collegamento indicati nell'

art. 19, comma 1,

c.p.c.

). L'incompletezza della formulazione dell'eccezione è controllabile, anche d'ufficio, dalla Corte di cassazione in sede di regolamento di competenza (

Cass

. civ.,

sez. VI, 3 novembre 2014, n. 23328

).

FORO GENERALE (RAPPORTO TRA I FORI): CASISTICA

Il foro generale, si applica, appunto in generale, là dove non vi siano altre previsioni di competenza territoriali. Esso dà una regola di carattere residuale, applicabile a tutte le controversie per le quali non vi sia una regolamentazione diversa.

Cass. civ., sez. III, 5 giugno 2009, n. 13032; Cass. civ., sez. U., 25 ottobre 1983, n. 7070

Il foro facoltativo ha la caratteristica di aggiungersi al foro generale. Difatti, il foro stabilito dall'art. 20 c.p.c., per le cause relative a diritti di obbligazione concorre con i fori generali di cui agli art. 18 e 19 c.p.c.e l'attore può liberamente scegliere di adire uno dei due fori generali, oppure il foro facoltativo dell'art. 20 c.p.c..

Cass. civ., sez. II, 11 giugno 2014, n. 13223

Il foro esclusivo, invece, esclude il foro generale; difatti, nelle ipotesi regolate dagli artt. 21 ss. c.p.c. non si applicano le previsioni degli artt. 18-19 c.p.c..

Cass. civ., sez. VI, 25 agosto 2015, n. 17130

In materia civile, la competenza territoriale deve essere determinata in base alla prospettazione dei fatti dedotti dall'attore con riferimento al rapporto giuridico su cui è fondata la domanda e non con riferimento agli eventuali effetti mediati o indiretti della domanda; ove l'azione sia essenzialmente rivolta ad ottenere la sentenza che tenga luogo all'atto di trasferimento non concluso, non può farsi riferimento, ai fini della competenza, alle disposizioni stabilite dall'

art. 21

c.p.c.

(che regolano la competenza territoriale esclusivamente riguardo alle azioni reali) bensì alle disposizioni dettate dagli

artt. 18

e

20

c.p.c.

che sanciscono le regole della competenza territoriale riguardo alle cause relative alle obbligazioni (

Trib. Milano, sez. IV, 24 ottobre

2014

, in DeJure.Giuffrè.it).

Peraltro, il convenuto è tenuto ad eccepire l'incompetenza per territorio del giudice adito, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta con riferimento a tutti i concorrenti criteri previsti dagli

artt. 18,

19

e

20

c.p.c

, indicando specificamente in relazione a detti criteri quale sia il giudice che ritiene competente

. Nelle cause relative a diritti di obbligazione la necessaria indicazione del giudice competente deve essere svolta anche con riferimento ad entrambi i fori generali, ossia con riguardo alla residenza ed al domicilio del convenuto persona fisica. L'incompletezza della formulazione dell'eccezione è controllabile anche d'ufficio dalla Corte di cassazione in sede di regolamento di competenza (

Cass

. civ.,

sez. VI, 2 ottobre 2014, n. 20866

).

Non si deve confondere il foro esclusivo con il foro inderogabile

. La inderogabilità convenzionale della competenza territoriale non ha niente a che vedere con il fatto che si tratti di foro generale, facoltativo o esclusivo. I criteri per stabilire la inderogabilità della competenza territoriale prescindono dal fatto che si tratti dei fori dell'

art. 18-19

c.p.c.

, di quello dell'

art. 20

c.p.c.

, o di quelli degli

artt. 21 ss.

c.p.c.

. L'espressione foro esclusivo indica soltanto una competenza territoriale, esistendo la quale non si applicano le disposizioni relative al foro generale. Difatti, il foro speciale esclusivo per le cause tra condomini, stabilito dall'

art. 23

c.p.c.

con riguardo al luogo in cui si trova l'immobile comune, non ha carattere inderogabile, sicché è valida la clausola del regolamento condominiale che preveda un foro convenzionale per ogni controversia relativa al regolamento stesso (

Cass

. civ.,

sez. VI, 25 agosto 2015, n. 17130

).

Inoltre, in applicazione del principio di buona fede processuale, in caso di clausola convenzionale sulla competenza per territorio, la mera enunciazione dell'accordo, circa un foro esclusivo, stipulato con la parte convenuta non può essere intesa come sufficiente ad invocarne l'operatività ai fini della radicazione della competenza, essendo necessario altresì che la parte esplicitamente dichiari di volersi avvalere di tale clausola, avendo introdotto il giudizio presso il foro adito proprio sulla base di essa; ne consegue che, trovando applicazione la predetta regola in modo ancor più pregnante in caso di cumulo soggettivo ai sensi dell'

art. 33

c.p.c.

, potendo la competenza territoriale radicarsi in questo innanzi a quel foro in ragione di altri criteri previsti dalla legge, se la parte attrice ha omesso di formulare l'allegazione espressa dalla propria volontà di avvalersi della citata clausola derogatoria, spetta ai convenuti l'onere di contestare la competenza non solo con riguardo al foro in quanto determinato dall'accordo, ma anche per la sua individuazione secondo criteri di competenza di cui agli

artt. 18,

19

e

20

c.p.c.

, che ben potrebbero trovare applicazione. In difetto di tale contestazione, l'eccezione di incompetenza va reputata incompleta e, quindi, non proposta (

Cass

. civ.,

sez. III, 5 giugno 2009, n. 13032

).

Quanto, poi, ai limiti di giurisdizione italiana nei confronti dello straniero, il criterio speciale fissato dall'

art. 3 della legge n. 218 del 1995

consente l'applicabilità allo straniero di tutte le norme sulla competenza interna, con assoluta parificazione del cittadino e dello straniero. In particolare, il richiamo alle regole della competenza per territorio implica l'integrale applicazione allo straniero dell'

art. 18

c.p.c.

, anche dove prevede che un soggetto può essere convenuto innanzi al giudice del luogo dove risiede l'attore, allorquando il convenuto non abbia la residenza né il domicilio nel territorio della Repubblica (

Cass

. civ., sez. U.,

27 novembre 1998, n. 12056

;

Cass

. civ., sez. U.,

9 dicembre 1996, n. 10954

).

Controversie di lavoro

Ai fini della determinazione della competenza territoriale nelle controversie di lavoro, non può trovare applicazione l'

art. 20

c.p.c.

, che indica quale foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione «il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione dedotta in giudizio», dovendo detta competenza essere accertata, anzitutto, in base ai criteri specificatamente dettati dall'

art. 413

c.p.c.

, e ove questi non trovino applicazione, in forza del solo

art. 18

c.p.c.

sul foro generale delle persone fisiche

, siccome reso applicabile in via residuale dal comma settimo dello stesso

art. 413

c.p.c.

(

Cass

. civ.,

sez. lav., 9 febbraio 2009, n. 3117

).

Inoltre, anche nelle controversie relative a rapporti di lavoro non ancora instaurati nelle quali si faccia valere il diritto all'assunzione, ai fini della determinazione della competenza territoriale non può applicarsi alcuno dei fori individuati dall'

art. 413, comma 2,

c.p.c.

, dovendosi, invece, fare riferimento al foro generale del convenuto di cui agli

artt. 18

e

19

c.p.c.

richiamati dall'

art. 413, comma 7,

c.p.c.

, né può trovare applicazione l'

art. 413, comma 3,

c.p.c.

, in quanto lo stesso presuppone che la competenza possa essere determinata in ragione del foro dell'azienda o della dipendenza (Trib. Milano, 17 luglio 2009, in Riv. it. dir. lav., 2010, 420).

Invero, poi, nelle controversie del lavoratore subordinato, nelle quali ai sensi dell'

art. 413, comma 4,

c.p.c.

, la competenza territoriale si determina in modo esclusivo in relazione al foro del domicilio del lavoratore, il domicilio stesso deve intendersi fissato nel luogo in cui il lavoratore ha il centro dei propri affari e interessi, intendendosi per interessi non solo quelli economici e materiali, ma anche quelli affettivi, spirituali e sociali atteso che la nozione di domicilio è unitaria e impone che vengano complessivamente considerate tali condizioni (

Cass

. civ.,

sez. lav., 9 giugno 2008, n.

15264

).

Controversie di lavoro

La disposizione dettata dall'

art. 1469

-

bis,

comma 3, n. 19 c.c.

si interpreta nel senso che il legislatore, nelle controversie tra consumatore e professionista, ha stabilito la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, presumendo vessatoria la clausola che prevede una diversa località come sede del foro competente, ancorché coincidente con uno di quelli individuabili sulla base del funzionamento dei vari criteri di collegamento stabiliti dal codice di procedura civile per le controversie nascenti dal contratto (principio espresso in relazione a controversia nascente dal recesso del consumatore da un contratto preliminare di acquisto di una quota di multiproprietà, stipulato in epoca anteriore all'entrata in vigore della

l. n. 52 del 1996

) (

Cass

. civ.,

sez. U.,

1 ottobre 2003, n. 14669

;

Cass

, sez. III, 26 aprile 2010, n. 9922

).

In evidenza

Peraltro,

alla stregua dell'

art. 33 comma 2 lett.

u)

d.lgs

. 206/2005

(

Codice del Consumo

)

, che ha sostituito l'

art. 1469-

bis,

comma 3, n. 19 c.c.

, la previsione contrattuale della competenza di un Tribunale diverso da quello di residenza o di domicilio del consumatore deve presumersi vessatoria, con conseguente nullità rilevabile d'ufficio, persino se coincidente con taluno dei fori applicabili ai sensi degli

artt. 18

e

20 c.c.

, come affermato con costante ed ormai consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, in relazione alla ratio di tutela sostanziale del consumatore perseguita dalle disposizioni predette, introdotte in attuazione di numerose direttive comunitarie in questo senso e, quindi, chiaramente innovatrici rispetto alla pregressa disciplina di cui agli

artt. 18 e ss.

c.p.c.

In altre parole, la normativa in questione viene ormai pacificamente interpretata nel senso che essa comporta la competenza territoriale esclusiva del Tribunale della residenza o domicilio del consumatore; salva la prova che, nel caso concreto, il diverso foro non comporta un significativo squilibrio a carico del consumatore dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, nonché salva la prova che la clausola sia stata oggetto di trattativa individuale (ex plurimis,

Cass

. civ.,

sez. III, 23 febbraio 2007, n. 4208

;

Cass

. civ.,

sez. III, 11 gennaio 2007, n. 385

;

Cass

. civ.,

sez. III, 13 giugno 2006, n. 13642

)

Invero, ove una domanda sia proposta invocando la sussistenza dinanzi al giudice adito del foro del consumatore, l'eccezione sulla competenza territoriale sollevata dal convenuto tesa a negare la qualificabilità e assoggettabilità della controversia – poiché non “di consumo”- a quel foro, implica, ove fondata, l'applicazione delle regole di competenza territoriale - derogabile con la conseguenza che la parte è tenuta a contestare la sussistenza, in capo al giudice adito, di tutti i possibili fori concorrenti per ragione di territorio derogabile e ad indicare il diverso giudice competente secondo ognuno di essi dovendo altrimenti ritenersi l'eccezione di incompetenza “tamquam non esset” perché incompleta, e – ciò anche quando il giudice adito ritenga che effettivamente la controversia sia soggetta al foro del consumatore (Cass. civ., sez. VI, 14 febbraio 2014, n. 3539).

La disciplina del consumatore si applica anche al professionista prestatore d'opera intellettuale

(

art. 2229 c.c.

) qual è l'avvocato (

Cass

. civ.

,

sez. U

., 7 aprile 2014, n. 8049

).

Difatti, in merito al rapporto tra il foro speciale alternativo di cui all'

art. 637, c

omma

3,

c.p.c.

in favore degli avvocati

(e dei notai), ed il foro esclusivo del consumatore di cui attualmente all'

art. 33, c. 2 lett. n) del d.lgs. 6.9.2005 n. 206

, il secondo è prevalente là dove il cliente dell'Avvocato sia, per l'appunto, un consumatore

. Il

d.lgs. 206/2005

ha, dunque, ridotto l'area di applicabilità dell'

art. 637, comma

3

,

c.p.c.

circoscrivendola ai casi in cui il cliente non sia un consumatore. La norma in tema di foro del consumatore, infatti, individua una competenza esclusiva, che prevale su ogni altra, pur configurata da altra norma (così,

Cass.

sez. U.,

14669/2003

) e l'avvocato che conclude un contratto d'opera professionale intellettuale è da ritenersi un professionista, ai sensi dell'

art. 3 del d.

lgs. n. 206/2005

. Quanto ai casi in cui il cliente sia “consumatore”, secondo l'orientamento giurisprudenziale italiano prevalente (

Cass

. civ., sez. U

., 20 marzo 2008, n. 7444

) deve essere considerato consumatore e beneficia della disciplina di cui all'

art. 1469

-

bis

c.c.

e ss., ed attualmente d.lgs. n. 2006 del 2005, artt. 3 e 33 e ss., la persona fisica che, anche se svolge attività imprenditoriale o professionale, conclude un qualche contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attività; mentre deve essere considerato “professionista” tanto la persona fisica quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che invece utilizza il contratto nel quadro della sua attività imprenditoriale e professionale, ricomprendendosi in tale nozione anche gli atti posti in essere per uno scopo connesso all'esercizio dell'impresa (cfr. anche

Cass

. civ.,

sez. III, 23 febbraio 2007, n. 4208

). Ne consegue che anche la persona fisica che abbia richiesto all'avvocato la sua prestazione professionale per una questione non estranea alla sua attività imprenditoriale o professionale, sia pure occasionale, non ha la qualità di consumatore e quindi non può beneficiare del foro di cui all'art. 33, comma 2 lett. u) d.lgs. n. 205/2006, mentre rimane soggetto al foro alternativo di cui all'

art. 637, c

omma

3

c.p.c.

(

Cass

. civ.

, sez. III, 9 giugno

2011

, n. 12685

).

Inoltre, anche il contratto di prestazione d'opera professionale concluso tra paziente e medico rientra nell'ambito della disciplina dei contratti del consumatore, anche se il contratto non sia stato concluso per iscritto e il paziente abbia scelto di avvalersi dell'attività di un medico esercente in luogo diverso dalla sua residenza; ne consegue che, ai fini della determinazione della competenza per territorio, il paziente poteva proporre la domanda davanti al foro della propria residenza ai sensi dell'

art. 1469

-

bis

,

commi 1 e 3,

n. 19) c.c.

, prima dell'entrata in vigore del

d.

l

g

s

. 6 settembre 2005 n. 206

(c.d.

codice del consumo

) e, successivamente, può formularla dinnanzi allo stesso giudice ai sensi dell'art. 33, commi 1 e 2, lett. u) medesimo d.lgs. (fattispecie relativa a regolamento di competenza in tema di azione risarcitoria per i danni conseguenti all'inesatta esecuzione da parte del medico di prestazioni odontoiatriche rese in favore di minore (

Cass

. civ.,

sez. III, 20 marzo 2010, n. 6824

).

Riferimenti

CECCHELLA, Processo civile, Milano, 2012, 9;

CENDON, Commentario al codice di procedura civile, artt. 163-322, Processo di cognizione, Procedimento davanti al tribunale, Giudice di pace, Milano, 2012, 1034-1035;

FLAMMINII MINUTO, Il procedimento di cognizione ordinaria, Flussi processuali, Milano, 2009, 15;

LUISO, Diritto processuale civile: Principi generali, Milano, 2009, 107-108;

STELLA RICHTER, La giurisprudenza sul codice di procedura civile coordinata con la dottrina, Milano, 2011, 74-75;

TARZIA, Manuale del processo del processo del lavoro, Milano, 2008, 91;

ZUBERTI, Competenza territoriale e controversie relative a rapporti di lavoro non instaurati, in Riv. it. dir. lav., 2010, 420.