Non sussiste il reato ex art. 600-ter c.p. quando manca l’ “utilizzo” del minore
02 Luglio 2015
Nel caso in cui la condotta dell'indagato consista nel filmare una minore con il suo consenso, mentre sta compiendo un atto sessuale, e nel divulgare, mediante Facebook, dette immagini, non può dirsi posta in essere quella manipolazione o degradazione del corpo - che è sicuramente qualcosa di meno della coartazione ma è un quid pluris rispetto alla libera determinazione dell'atto con un coetaneo - e dunque quella riduzione del minore a strumento od oggetto, da cui egli deve essere tutelato perché pregiudizievole per la sua libertà sessuale e per il suo corretto sviluppo personale. Se così non fosse anche il minore che realizza da sé – con i sempre più diffusi selfies - l'immagine che lo ritrae nel compimento di atti sessuali dovrebbe rispondere del reato di produzione di materiale pedopornografico. Nel caso di specie mancano sia l'utilizzo del minore - e dunque, nella sua corretta accezione, quella riduzione del minore a strumento od oggetto, da cui egli deve essere tutelato perché pregiudizievole per la sua libertà sessuale e per il suo corretto sviluppo personale - sia il concreto pericolo, nel momento in cui il materiale viene prodotto, della sua successiva indiscriminata diffusione. Le modalità e le finalità della successiva divulgazione, che è diretta a procurare offesa alla reputazione del minore (reato per il quale si procede separatamente), e non ad incrementare il mercato delle immagini pedopornografiche, avvalorano ancor di più tale interpretazione, e colorano l'attività pregressa, svolta per violare l'intimità del soggetto ripreso e/o per denigrarlo. |