Nessuna imposta per i trasferimenti di immobili ricondotti nell’ambito delle condizioni di separazione
08 Febbraio 2016
La vicenda. A seguito di trasferimento di quota d'immobile (nello specifico un terreno privo di fabbricati) effettuato in attuazione degli obblighi conseguenti agli accordi di separazione consensuale tra coniugi, l'Agenzia delle Entrate notificava alla ex moglie (alienante nel caso in esame) l'avviso di liquidazione per il recupero dell'imposta di registro e delle ulteriori imposte ipotecarie e catastale ritenute dovute. Il Fisco non riteneva applicabile alla fattispecie il trattamento fiscale agevolato di cui all'art. 19, l. n. 74/1987, perché usufruibile solo per gli atti posti in essere in attuazione degli obblighi connessi all'affidamento dei figli, al loro mantenimento ed a quello del coniuge, oltre al godimento della casa familiare. La donna impugnava l'avviso di liquidazione avanti al CTP, che accoglieva il ricorso. La pronuncia veniva confermata anche in sede di appello.
Era corretto applicare i benefici fiscali? L'Agenzia delle Entrate ricorreva allora in Cassazione, lamentando la falsa applicazione dell'art. 19, l. n. 74/1987 e violazione della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986, degli artt. 159 e ss. c.c. e degli artt. 1100 c.c. e ss. in relazione all'art. 360 c.p.c.. La ricorrente sosteneva che il trasferimento immobiliare non dovesse essere soggetto al regime di esenzione, trattandosi di atto solo occasionalmente generato dalla separazione personale tra i coniugi (Cass., civ., sez. V, 3 dicembre 2001, n. 15231).
Il vecchio orientamento. La Cassazione, nel decidere la questione in esame, cambia orientamento rispetto al precedente richiamato dalla difesa erariale (Cass. n. 15231/2001). La citata cassazione distingueva tra contenuto necessario ed eventuale degli accordi di separazione: nel primo venivano ricompresi il consenso reciproco a vivere separati, l'affidamento dei figli, l'assegnazione della casa familiare e l'eventuale assegno di mantenimento; nel secondo venivano ricompresi i patti occasionali alla separazione, ossia quegli accordi patrimoniali del tutto autonomi che i coniugi concludono in relazione all'instaurazione di un regime di vita separata. Per questi secondi patti, la sezione tributaria della Corte Suprema ha sempre ritenuto non operante l'esenzione, essendo atti o accordi non finalizzati allo scioglimento della comunione ma «soltanto occasionalmente generati dalla separazione» (Cass., n. 7493/2002).
Il cambio di rotta. La nuova lettura di più ampio respiro prende spunto dalla declaratoria d'illegittimità costituzionale in relazione all'art. 19 l. n. 74/1987 operata dalla C. Cost. 10 maggio 1999 n. 154 nella parte in cui non estende l'esenzione in esso prevista a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi. A ciò si aggiunge il mutato contesto normativo, il quale ha attribuito all'elemento del consenso tra i coniugi il ruolo centrale della definizione della crisi coniugale (v. artt. 6 e 12, d.l. 12 settembre 2014, n. 132 convertito con modificazioni nella l. 10 novembre 2014, n. 162; artt. 1, 2 e 3 l. n. 55/2015). In questo nuovo contesto normativo di riferimento, deve «riconoscersi il carattere di negoziazione globale a tutti gli accordi di separazione che, anche attraverso la previsione di trasferimenti mobiliari e immobiliari, siano volti a definire in modo tendenzialmente stabile la crisi coniugale, destinata a sfociare, di lì a breve, nella cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario o nello scioglimento del matrimonio civile, cioè in un divorzio non solo prefigurato, ma voluto dalle parti, in presenza delle necessarie condizioni di legge». I predetti negozi devono quindi oggi intendersi quali «atti relativi al procedimento di separazione o divorzio» e come tali esenti ex art. 19 l. n. 74/1987.
Sulla base di tali motivi, la Cassazione ha rigettato il ricorso. |