Fondo patrimoniale e autorizzazione a disporre in presenza di figli minoriFonte: Cod. Civ. Articolo 169
01 Ottobre 2020
Inquadramento
Il fondo patrimoniale rappresenta un insieme di beni destinati a far fronte ai bisogni della famiglia. Perché questa finalità possa essere realizzata e mantenuta nel tempo, si rende necessario un particolare regime quanto agli atti di disposizione dei beni ivi conferiti. Prevede al riguardo l'art. 169 c.c.che, di regola (salvo diversa pattuizione) non si possano alienare, dare in pegno o comunque vincolare i beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, con l'autorizzazione del giudice, in presenza di figli minori. Preme rammentare come anche le coppie dello stesso sesso, civilmente unite, possano costituire un fondo patrimoniale, in forza dell'art. 1 comma 13, l. 76/2016. Pure per queste coppie è configurabile la filiazione, realizzata non certo in forma tradizionale, ma con gli strumenti giuridici, tramite i quali è riconosciuta e valorizzata la c.d. omogenitorialità: adozione piena, pronunciata all'estero (a fronte del divieto di accesso a detto istituto in Italia, come prevede l'art. 1 comma 20 della cit. l. 76/2016), adozione in casi particolari ex art. 44 l. 184/1983 del figlio del partner; riconoscimento del figlio, nato sulla scorta di un progetto familiare condiviso, nei limiti in cui in oggi la giurisprudenza lo ammette. L'autorizzazione presuppone un accertamento circa la necessità o l'utilità evidente dell'atto. Il consenso di entrambi i coniugi o uniti civili
La necessità del consenso congiunto di entrambi i coniugi (o uniti civili) è già prevista dall'art.180 c.c., posto che gli atti sopra menzionati rientrano fra quelli che eccedono l'ordinaria amministrazione. La norma in questione non individua un criterio per distinguere fra atti di ordinaria amministrazione (che i coniugi possono porre in essere disgiuntamente) e di straordinaria: in estrema sintesi, può affermarsi che la straordinaria amministrazione travalica una finalità meramente conservativa del patrimonio, nel suo insieme e nella sua composizione. È opinione diffusa in dottrina quella per la quale il generico divieto di alienare di cui all'art. 169 c.c.comprenda non solo l'atto dispositivo del diritto di proprietà, bensì pure la costituzione di diritti reali di godimento quali l'usufrutto, l'uso, l'abitazione, le servitù, l'enfiteusi e la superficie. Assai più complesso è interpretare la locuzione oscura ed ambigua «comunque vincolare i beni»; si ritiene debba farsi riferimento ad istituti, quali la cessione dei beni ai creditori, ovvero ad atti che pongono i presupposti per un futuro trasferimento del bene, anche contro la volontà dei coniugi (cessione dei beni ai creditori, opzione, proposta irrevocabile, contratto preliminare).Una recente pronuncia di merito è stata chiamata a pronunciarsi sull'autorizzazione ad imporre su un bene immobile, costituito in fondo patrimoniale, un vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c., fornendo risposta negativa (Trib. Milano 2 luglio 2019, Figone A., In presenza di figli minori fondo patrimoniale e vincolo di destinazione: possono coesistere? in IlFamiliarista). La regola del consenso congiunto dei coniugi o uniti civili può essere derogata da una diversa pattuizione tra gli stessi, nell'atto di costituzione del fondo. In questo caso, il coniuge che agisse, opererebbe in forza di procura, anche nell'interesse altrui; incomberebbero su di lui gli obblighi di disporre dei beni solo quando sia necessario per far fronte ai bisogni della famiglia e di destinare il ricavato al soddisfacimento di tali bisogni.
Come principio generale, se vi sono figli minori gli atti di cui all'art. 169 c.c. devono essere accompagnati dall'autorizzazione giudiziale, previa verifica sulla necessità o utilità evidente dell'atto stesso. Non sono sufficienti, dunque, ragioni di mera convenienza, occorrendo una situazione di evidenza della necessità o dell'utilità di dare corso all'atto: si tratta di un regime rigoroso previsto dal legislatore al fine di mantenere la consistenza del patrimonio costituito nel fondo. Di regola, detta autorizzazione deve precedere l'atto, ma, non è escluso che possa intervenire validamente anche dopo la sua stipulazione (con una differenza di regime rispetto alle autorizzazioni tutorie). Secondo la dottrina (Auletta T., Il fondo patrimoniale, in Il diritto di famiglia, Bonilini G. e Cattaneo G. (Trattato diretto da),Torino, 1997, 392) l'assenza di autorizzazione giudiziale comporta l'annullabilità dell'atto (sulla scorta della diversa fattispecie di cui all'art. 184 c.c.), ovvero la nullità per violazione di norme imperative (Grasso B., Il regime patrimoniale della famiglia, in Trattato Rescigno, Torino 1982, 395) (soluzione quest'ultima, che potrebbe peraltro premiare il soggetto che intendesse esercitare una sorta di jus poenitendi, rinunciando ad un affare rivelatosi poi non conveniente) (Gabrielli G., Cubeddu M.G., Il regime patrimoniale della famiglia, Milano 1997). Potrebbe poi configurarsi una responsabilità di uno o di entrambi i coniugi, da farsi valere, oltre che dal coniuge che non abbia partecipato all'atto, anche dai figli, una volta raggiunta la maggiore età, ovvero ancora prima a mezzo di un curatore speciale, ma pure dal terzo che abbia costituito il fondo. L'autorizzazione è richiesta solo in presenza di figli minori ed è esclusa quando costoro abbiano raggiunto nel frattempo la maggiore età (Cass. 21 maggio 2010, n. 12497). In giurisprudenza, si è negata l'autorizzazione alla vendita dell'unico immobile di proprietà dei coniugi, con trasferimento del vincolo su altro immobile, che si aveva in animo di acquistare, a fronte del rilevante prezzo di quest'ultimo, a nulla rilevando la possibilità di accesso a forme di finanziamento (Trib. Trani 3 maggio 1999 in Giust. civ. 2000, I, 201). Quanto alla competenza, prima della novella dell'art. 38 disp. att. c.c., attuata con l. n. 219/2012, si riteneva doversi distinguere: in forza del richiamo all'art. 171 c.c. (sulla cessazione del fondo), si affermava doversi fare riferimento alla permanenza o meno del vincolo coniugale tra i genitori; qualora gli stessi fossero stati divorziati, la competenza sarebbe stata del Tribunale minorile, altrimenti del Tribunale ordinario (Cass. 20 settembre 2012,n. 15859; Trib. min. Lecce 5 novembre 1999 in Riv. not. 2002, 393; contra Trib. min. Venezia, 7 febbraio 2001 in Riv.not. 2001, 1189). In oggi, il nuovo art. 38 disp. att. c.c. ha ridotto l'ambito di competenza del giudice minorile, con esclusione del provvedimento ex art. 171 c.c.. Ne consegue che l'autorizzazione ad atti di disposizione di beni costituiti in fondo patrimoniale, in presenza di figli minori, spetta sempre e comunque al Tribunale ordinario. Profili processuali
La domanda, con cui richiedere al Tribunale l'autorizzazione, in presenza di atti di straordinaria amministrazione, deve essere sottoscritta da entrambi i coniugi o uniti civili (salvo deroga convenzionale), ovvero dal notaio officiato della redazione del futuro atto ex art. 1, l. 16 febbraio 1913,n. 89. Il rito è quello camerale ex art. 737 ss. c.p.c.. Nessuna disposizione specifica attiene alla competenza per territorio; essa potrà essere individuata mediante applicazione analogica dell'art. 41 disp.att. c.c., con riguardo al luogo in cui è stabilita la residenza familiare, ovvero, se questa manchi, in quello di domicilio di uno dei coniugi. Il provvedimento ha la forma del decreto, reclamabile davanti alla Corte d'appello ex art. 739 c.p.c.. Se un atto viene posto in essere senza la preventiva autorizzazione, non può contestarsi la configurabilità di un interesse dei figli minori, beneficiari della segregazione dei beni, all'impugnazione dell'atto (Cass. 8 agosto 2014, n. 17811); negli stessi termini, quanto allo scioglimento del fondo preventivamente non autorizzato, v. Cass. 22 novembre 2019, n. 30517, ove si specifica che la legittimazione all'azione di annullamento compete solo ai figli minori e non anche ai terzi. La medesima regola vale pure per i figli maggiorenni; il raggiungimento della maggiore età non impedisce infatti che gli stessi possano continuare ad essere beneficiari del fondo, se ancora privi dell'autosufficienza (Cass. 4 settembre 2019, n. 22069). L'art. 169 c.c.fa salva la facoltà delle parti, al momento della sottoscrizione dell'atto costitutivo del fondo di derogare alla disciplina ivi prevista. Molto si è discusso se la deroga possa riguardare anche l'autorizzazione giudiziale, in presenza di figli minori, configurandosi o meno derogabile la relativa previsione normativa. Parte della giurisprudenza, specie più risalente aveva escluso potersi derogare alla disciplina di legge, demandandosi quindi necessariamente al giudice ogni accertamento sulla necessità o utilità evidente dell'atto dispositivo (cfr. Trib. Savona 24 aprile 2003, in Fam. e dir. 2004, 67). Quella più recente invece l'ammette, valorizzando maggiormente il profilo dell'autonomia privata, sulla scorta di una lettura dell'art. 169 c.c., integrata con l'art. 12 disp. prel. c.c.(Trib. Lodi 4 marzo 2009, in Notariato 2009, 364; Trib. Milano 17 gennaio 2006, in Fam. pers. succ. 2007, 279; Trib. Verona 30 maggio 2000, in Dir. fam. 2001, 584). Quest'ultimo orientamento è stato confermato in sede di legittimità: cfr. Cass. 4 settembre 2019, n. 22069, (Cimmino N., Fondo patrimoniale: lecita la clausola dell'atto costitutivo che esclude l'autorizzazione del G.t. per gli atti di straordinaria amministrazione, in IlFamiliarista). Se dunque, in presenza di una clausola pattizia che escludesse l'autorizzazione del giudice, i coniugi, ovvero le persone dello stesso sesso civilmente unite intendessero ugualmente presentare la relativa richiesta, il provvedimento dovrebbe essere di non luogo a procedere (Trib. Verona 30 maggio 2000, in Dir. fam. 2001, 584). La valutazione della necessità o dell'utilità dell'atto è rimessa quindi ai coniugi; ove gli stessi avessero ad abusare del loro diritto, potrebbe pensarsi alla possibilità di un risarcimento del danno da parte dei figli minori.
Orientamenti a confronto
Reimpiego del prezzo
Si discute se il giudice, allorquando sia investito della richiesta di autorizzazione alla vendita di un bene del fondo, in presenza di figli minori, possa disporre in ordine al reimpiego del prezzo ricavato; nulla infatti dispone la norma al riguardo. Alcune pronunce lo hanno espressamente imposto, in modo che il fondo possa permanere nella sua integrità sostanziale (Trib. Modena 7 giugno 2004, in Gius, 2004, 3329; Trib. Genova 26 gennaio 1998, in Nuova giur. civ. 1999, I, 215). Una risalente pronuncia, emessa ancora nel vigore del previgente istituto del patrimonio familiare, aveva affermato che l'indicazione di un prezzo di vendita inferiore a quello percepito, per eludere parzialmente l'obbligo di reimpiego, non rappresenta contratto in frode alla legge, né concausa, ovvero motivo illecito (Cass. 24 settembre 1990, n. 8676). Casistica
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