Le funzioni disciplinari dei Consigli dell'ordine a garanzia del ruolo dell'avvocatura nella società civile

01 Febbraio 2017

Con l'entrata in vigore della legge 247 del 2012 l'Avvocatura italiana ha finalmente ottenuto, dopo oltre mezzo secolo dalla previgente normativa, una nuova legge professionale. Ricordare le difficoltà che hanno segnato la genesi della riforma, difficoltà sorte e per molto tempo non composte anche in ragione di ...
Abstract

Con l'entrata in vigore della legge 247 del 2012 l'Avvocatura italiana ha finalmente ottenuto, dopo oltre mezzo secolo dalla previgente normativa, una nuova legge professionale. Ricordare le difficoltà che hanno segnato la genesi della riforma, difficoltà sorte e per molto tempo non composte anche in ragione di un pluralismo interno all'Avvocatura istituzionale e associata non sempre caratterizzato da pragmatismo, efficienza e condivisione di obiettivi comuni, non è tema di rilievo per il presente contributo. E tuttavia non può non considerarsi come il risultato raggiunto, seppur su alcuni temi perfettibile, rappresenti orgogliosamente un traguardo che l'Avvocatura italiana e soprattutto il Consiglio nazionale forense meritano riconoscersi; traguardo e al tempo stesso premessa normativa e culturale per, in proiezione futura, disporre di una classe forense in grado di esprimere un ruolo determinante nella società civile in un moderno Stato di diritto.

La nuova legge professionale, nell'intendimento di “ristrutturare” l'Avvocatura in chiave moderna, consapevole, laica e per ciò stessa credibile, punta l'obiettivo in una triplice direzione:

  • la funzione sociale dell'avvocato;
  • l'essere l'autonomia e l'indipendenza requisiti indispensabili/condizioni di effettività del diritto di difesa e della tutela dei diritti;
  • l'essere il patrimonio, professionale e personale, tecnico-deontologico dell'Avvocato, un necessario e imprescindibile presupposto per rispettare e garantire l'affidamento che la collettività e il cittadino legittimamente pretendono dalla nostra categoria professionale quando essa assume la tutela dei loro diritti.

L'impegno solenne (art. 8, legge professionale) che l'Avvocato assume per poter esercitare la professione (dunque vera e propria condizione di esercitabilità ulteriore, diversa e successiva rispetto all'abilitazione ottenuta superando l'esame) è ontologica sintesi puntuale ed efficace di questi obiettivi; perciò, nell'inquadramento del presente contributo, merita doverosamente esser riproposto: Consapevole della dignità della professione forense e della sua funzione sociale, mi impegno ad osservare con lealtà, onore e diligenza i doveri della professione di avvocato per i fini della giustizia ed a tutela dell'assistito nelle forme e secondo i principi del nostro ordinamento.

Dalla nuova legge professionale, deontologia e potestà disciplinare “sono scaturite” in una rinnovata, rafforzata, dimensione. Nuovo codice deontologico forense, nuovi consigli distrettuali di disciplina e nuove funzioni e prerogative dei consigli dell'ordine si pongono oggi come tre passaggi nevralgici per il perseguimento degli scopi che la legge professionale e l'Avvocatura stessa si prefiggono. Il presente contributo si propone di esplorarne, senza pretesa di esaustività, alcuni profili.

Ruolo e funzioni dei consigli dell'ordine

Come già affermato dalle Sezioni unite nel lontano 1979 (Cass. pen., Sez. unite, 19 marzo 1979, n. 1582), in perfetta coerenza al dettato costituzionale, il consiglio dell'ordine è un ente pubblico non economico che svolge attività di carattere pubblicistico ed opera con strumenti pubblicistici per scopi di ordine generale. In ciò la nuova normativa non ha apportato modificazioni se non nella direzione dell'accentuarne i tratti caratterizzanti.

Con la nuova legge professionale, piuttosto, sono stati “ridisegnati” i compiti e le prerogative dei consigli dell'ordine. L'art. 29 legge professionale con chiarezza individua oggi (dalla lettera A alla lettera T) quattro ambiti in cui si sostanzia e direziona l'attività consiliare. Fra le funzioni e prerogative più significative si segnalano:

  • un primo ambito nel quale, valorizzando l'autonomia dell'organo, si riconosce una – seppur limitata – titolarità regolamentare in materie non disciplinate dal C.N.F. o in via residuale in termini integrativi rispetto quelle già regolamentate;
  • un secondo ambito relativo alla gestione amministrativa nel quale sono ricompresi la tenuta e aggiornamento di albi, elenchi e registri;
  • un terzo, tipico, specifico e qualificante, dedicato alla formazione e aggiornamento degli iscritti e dei praticanti;
  • un quarto, connotato da una funzione promotrice e tutelante l'Avvocatura, si sostanzia in una triplice dimensione: un'attività di controllo e vigilanza sulla condotta degli iscritti, il radicamento del ruolo sul territorio e, infine, la vigilanza della corretta applicazione, nel circondario, delle norme dell'ordinamento giudiziario segnalando violazioni ed incompatibilità agli organi competenti.

Rispetto alla previgente normativa, il terzo e quarto ambito rappresentano certamente i momenti più significativi.

E infatti, l'organo di autogoverno e rappresentanza istituzionale dell'Avvocatura territoriale è oggi riconosciuto come centrale nell'attività formativa e di aggiornamento degli iscritti e dei praticanti, in perfetta aderenza ai precetti normativi e deontologici introdotti con la legge professionale e con il nuovo codice deontologico forense.

Rispetto all'importante tema del tirocinio professionale, ai consigli dell'ordine, oltre ai compiti di controllo a garanzia di una proficua, effettiva e seria preparazione tecnico-giuridico-deontologica, è stato attribuito l'ulteriore compito di istituire e organizzare le scuole forensi rese obbligatorie ai fini del conseguimento del certificato di compiuta pratica.

Rispetto alla formazione e all'aggiornamento degli iscritti, nei compiti specifici rientrano oggi, da un lato, la promozione e l'organizzazione di eventi formativi ai fini dell'adempimento dell'obbligo di formazione continua, da altro lato, l'organizzazione e la promozione di scuole di specializzazione per il conseguimento e per il mantenimento del titolo di specialista.

Nella quarta “classe” di funzioni e prerogative dell'organo di autogoverno si ricordano:

  • la vigilanza sulla condotta degli iscritti e la conseguente trasmissione, nel caso, al consiglio distrettuale di disciplina gli atti relativi ad ogni violazione di norme deontologiche;
  • l'elezione dei componenti del consiglio distrettuale di disciplina in conformità a quanto stabilito dall'articolo 50 legge professionale;
  • il controllo della continuità, effettività, abitualità e prevalenza dell'esercizio professionale anche in termini di formazione e aggiornamento dell'iscritto;
  • la tutela dell'indipendenza e del decoro professionale e la promozione di iniziative atte ad elevare la cultura e la professionalità degli iscritti e a renderli più consapevoli dei loro doveri;
  • la formulazione di pareri sulla liquidazione dei compensi spettanti agli iscritti e intervenire su richiesta anche di una sola delle parti nelle contestazioni tra gli iscritti o tra costoro e i clienti in dipendenza dell'esercizio professionale adoperandosi per comporle;
  • la costituzione di camere arbitrali, di conciliazione e organismi di risoluzione alternativa delle controversie;
  • infine, come detto, la vigilanza sull'applicazione, nel circondario, delle norme dell'ordinamento giudiziario segnalando violazioni ed incompatibilità agli organi competenti.

Infine, ai consigli dell'ordine distrettuali, rispetto a quelli circondariali, sono attribuite ulteriori funzioni di coordinamento nell'ambito dei singoli distretti anche in termini di rappresentanza istituzionale e rispetto a specifici profili nell'interlocuzione con il consiglio nazionale forense.

La nuova legge professionale ha l'indubbio pregio di aver sostanzialmente condensato in un'unica norma l'enumerazione dei tratti tipizzanti l'attività consiliare. Con ciò superando la previgente disciplina che obbligava l'interprete, per l'individuazione delle funzioni dei consigli dell'ordine, alla composizione di un articolato mosaico di riferimenti normativi attinti dal regio decreto legge, 27 novembre 1933, n. 1578, convertito con modifiche, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, nonché dal regio decreto, 22 gennaio 1934, n. 37 e dalle numerose modifiche che nel corso di oltre 70 anni si erano sovrapposte e stratificate sulla spinta inesorabile della necessità di mantenere la disciplina normativa della professione quantomeno prossima alle evoluzioni della società e dell'ordinamento nazionale ed europeo.

Di certo, a prescindere da queste considerazioni, l'aspetto autenticamente radicale e rivoluzionario rispetto alla previgente normativa risiede nell'aver “sottratto” ai consigli dell'ordine la potestà disciplinare.

Ruolo e funzioni dei consigli distrettuali di disciplina

E infatti, ancor più innovativa appare la riforma del procedimento disciplinare come previsto nella legge professionale del 2012 (Titolo V) e dal regolamento attuativo del consiglio nazionale forense 1/2014. Una vera e propria rivoluzione copernicana per l'Avvocatura, sia per quanto riguarda gli aspetti sostanziali sia per quelli procedurali. L'istituzione del nuovo organismo di disciplina su base distrettuale, esterno e autonomo rispetto ai consigli dell'ordine, per certo, a parere di chi scrive, garantirà maggiormente sia il segnalato/incolpato sia il segnalante.

“Svincolare” l'esercizio dell'azione disciplinare e del giudizio disciplinare dalla competenza del consiglio dell'ordine di appartenenza, e garantire, in modo ulteriore e rafforzato, la terzietà dell'organo inquirente e quella dell'organo giudicante (il segnalato e così l'incolpato saranno “accusati” e giudicati da consiglieri di disciplina che seppur iscritti nello stesso distretto non potranno provenire dal medesimo Ordine di appartenenza), sono contenuti fondamentali di novità che permetteranno una “risposta” disciplinare, anche nei confronti dello stesso iscritto, formalmente e sostanzialmente più indipendente, dunque più autorevole, imparziale e “giusta” in quanto scevra da possibili condizionamenti territoriali e/o ambientali. Così, lo stesso segnalante non potrà più instillare dubbi e/o riserve rispetto all'operato dell'Organo disciplinare e dunque non potrà sottrarsi dall'accettare con maggior serenità la decisione sulla “sua” segnalazione.

E d'altra parte, il tema dell'indipendenza e dell'autonomia dell'organo rispetto al segnalato/incolpato è stato di tale pregnante significato da aver “condizionato” anche le regole attinenti al criterio di selezione dei singoli consiglieri di disciplina. Ogni consiglio dell'ordine componente il distretto elegge fra i propri iscritti i “propri” consiglieri di disciplina. I soggetti – avvocati – così designati (con cadenza quadriennale rinnovabile per massimo due mandati) andranno a costituire l'organismo amministrativo disciplinare su base distrettuale. In tal modo è stato reciso in via definitiva e radicale il legame tra eletto (consigliere inquirente o giudicante) ed elettore (potenziale segnalato/incolpato).

Ulteriore importante conseguenza dell'aver previsto organismi su base distrettuale sarà quella del favorire lo sviluppo di un'attività ermeneutica e “giurisprudenziale“ certamente più omogenea sul territorio italiano. D'altra parte, più agevolmente potrà altresì consolidarsi la funzione nomofilattica del consiglio nazionale forense (che rimane organo dell'impugnazione) nell'attività interpretativa dei precetti deontologici: se gli esiti delle impugnazioni di primo grado saranno – come è previsto – comunicate ai singoli Consigli di disciplina ben difficilmente i singoli componenti dell'organo disciplinare potranno sottrarsi dal conoscerla.

Imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa – principi costituzionali sui quali il nuovo procedimento disciplinare è stato “ridisegnato” – hanno portato anche che grande attenzione sia stata rivolta al diritto di difesa del segnalato e dell'incolpato. Garanzie difensive del segnalato/incolpato in un procedimento scandito nei tratti tipizzanti da un incedere, rinvenibile nel Capo II negli articoli dal 59 al 63 della legge professionale, connotato da termini, fasi e sequenze che in modo istintivo e diretto rimandano alla “grammatica” del processo penale. Si considerino a titolo meramente esemplificativo termini come dibattimento, locuzioni come capo d'incolpazione, l'enunciazione in forma chiara e precisa degli addebititerminato il dibattimento, il presidente ne dichiara la chiusura.

La riferibilità a tale modello procedimentale e processuale è confermata della clausola finale contenuta nella lettera n) dell'art. 59 per la quale per quanto non specificamente disciplinato dal presente comma si applicano le norme del codice di procedura penale se compatibili.

Diritto di difesa che – in stretta aderenza alla cultura più moderna e qualificata dell'Avvocatura europea – si declina, nel contesto del procedimento disciplinare, in tre direzioni :

  1. diritto dell'interessato ad essere informato tempestivamente delle attività a suo carico con contestuale e correlato diritto di accesso agli atti;
  2. diritto alla deduzione di prove ed elementi a proprio favore non solo nella fase istruttoria ma anche e soprattutto nella fase dibattimentale;
  3. diritto a che il procedimento si svolga nel minor tempo possibile (con previsione di termini di fase sia per quella “investigativa” (istruttoria o pre-procedimentale) sia per quella propria del giudizio).
Il nuovo codice deontologico forense

Il nuovo codice deontologico forense, approvato in via definitiva nella seduta del 31 gennaio 2014 dal consiglio nazionale forense, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale - Serie generale n. 241 del 16 ottobre 2014, è entrato in vigore il 16 dicembre 2014.

Esso rappresenta il frutto del meritorio e gravoso impegno della commissione deontologica del C.N.F. anche espressivo della sintesi delle osservazioni giunte dalle varie componenti dell'Avvocatura e si presenta in una veste moderna ed aggiornata con l'obiettivo di porre al centro dei suoi contenuti il cittadino, perseguendo l'interesse pubblico al corretto esercizio di una professione di rilievo costituzionale.

In una riaffermata prospettiva esaltante il ruolo sociale dell'Avvocatura nel nostro ordinamento e nella società civile, si è voluto definitivamente affermare, nell'interesse del cittadino, della collettività e dell'assistito, come debbano essere respinte con decisione le critiche all'essere il codice deontologico un tutelante “strumento conservatore” di guarentigie corporative d'interessi privatistici propri della classe forense. In tal senso l'art. 1, moderna rilettura del preambolo del precedente codice, ne è emblematica espressione.

La deontologia è un ordinamento dato, in primis, “per” la tutela degli interessi di chi si affida al professionista: assistiti, clienti e così anche tutti coloro che subiscono, volenti o nolenti, un effetto a causa di tale attività. Tale carattere, anche in prospettiva europeista, è ampiamente confermato dalle regole deontologiche di questo nuovo corpo normativo poste a disciplina del rapporto con colleghi, magistrati e terzi in genere.

Il codice deontologico degli avvocati europei, adottato dalla Sessione Plenaria del CCBE del 28 ottobre 1988 e successivamente modificato, sancisce nel suo preambolo all'art. 1.1: In una società fondata sul rispetto della giustizia, l'avvocato riveste un ruolo di primo piano. Il suo compito non si limita al fedele adempimento di un mandato nell'ambito della legge. L'avvocato deve garantire il rispetto dello Stato di Diritto e gli interessi di coloro di cui deve difendere i diritti e le libertà; l'avvocato ha il dovere non solo di difendere la causa ma anche di essere il consigliere del proprio cliente. Il rispetto della funzione professionale dell'avvocato è una condizione essenziale dello Stato di diritto e di una società democratica.

La funzione dell'avvocato gli impone vari doveri e obblighi (a volte, apparentemente, tra loro contraddittori), verso:

  • il cliente;
  • i giudici e le altre autorità innanzi alle quali l'avvocato assiste o rappresenta il cliente;
  • l'avvocatura in generale e ogni collega in particolare;
  • il pubblico, per il quale una professione liberale e indipendente, legata al rispetto delle regole che essa stessa si è data, rappresenta uno strumento fondamentale per la salvaguardia dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato e degli altri poteri nella società.

Quella dell'avvocato, è una professione dai molteplici risvolti, rispondente a plurime e cangianti sollecitazioni, inevitabilmente influenzate dal contesto politico e socioeconomico che la circondano.

Egli ha un ruolo anfibio, che galleggia tra l'interesse pubblico e quello privato e che deve rispondere a pretese confliggenti, è diviso tra il bene del cliente e la dimensione pubblico- giudiziaria: pretende la tutela del proprio assistito anche quando difende chi è imputato del reato più inaccettabile ma al contempo auspica la giustizia come cittadino (GIANARIA – MITTONE).

L'Avvocato è anche “filtro” tra lo Stato con le sue “strutture” e articolazioni che assicurano (o dovrebbero assicurare) il perseguimento del fine dell'interesse generale e il cittadino che agisce in giudizio o chiamato a difendersi, in un contesto costituzionale in cui la difesa, in particolar modo nella giustizia penale, è obbligatoria e assicurata anche a chi sia sprovvisto di risorse economiche o privo di difensore di fiducia. L'Avvocato impersona la figura di un operatore sociale, con funzioni e responsabilità etiche che trascendono il suo mero interesse economico personale (HAZARD – DONDI), ponendosi pure come presidio civile contro l'arbitrio e/o l'abuso dei e dai poteri.

Egli è un “fulcro nodale” in un sistema di check ‘n balance tipico e ispirato al costituzionalismo liberale, per un corretto e legale funzionamento di un moderno stato di diritto. Soggetto privato, compresso fra la doppia fedeltà allo Stato e al patrocinio del proprio assistito, necessario ma, al tempo stesso, funzionale alla fisiologica interazione fra poteri; controllore di eventuali (ma statisticamente e umanamente non evitabili) patologiche derive e torsioni del sistema che possano pregiudicare il cittadino e dunque l'uomo.

Rispetto al crinale ordinamentale l'Avvocato è:

  • controllore del potere legislativo (potendo saggiare la costituzionalità delle norme vigenti proponendo questioni di legittimità costituzionale);
  • controllore del potere esecutivo (potendo contestare i provvedimenti contro il cittadino);
  • controllore del potere giudiziario (potendo, rectius, dovendo, impugnare le decisioni errate);

E ancora, sul crinale sociale, l'Avvocato:

  • concorre a regolare i conflitti sociali di pari forze fra cittadini
  • concorre a regolare i conflitti sociali di impari forze fra cittadino e Poteri (anche economici)

Non si tratta certo di un'autoinvestitura narcisistico-elitaria. Ciò deriva, banalmente, in una logica “algebrica” e dunque non opinabile, dall'essere l'Avvocato garante dell'effettiva tutela dei diritti del cittadino (art. 2, comma 2, legge professionale). Il ruolo e la funzione sociale dell'Avvocato sono ontologicamente essenza della rilevanza costituzionale del diritto di difesa: L'Avvocato non è mero garante della legge ma garante dei diritti inviolabili della persona. (art. 1, comma 2, e art. 5, comma 1, legge professionale).

Il diritto di difesa in tale prospettiva assurge a diritto naturale non tanto del cittadino quanto dell'uomo. Un diritto di difesa ancestrale e innato nell'uomo: dalla difesa dall'animale (uomo raccoglitore e cacciatore), alla difesa dalle istituzioni fino alla Difesa dall'accusa ingiusta.

La deontologia, in tale prospettazione, in perfetta armonia ai già citati principi fondamentali espressi nella legge professionale che connotano il dover essere dell'Avvocato, include quindi una considerazione più ampia della professione legale. Non è sufficiente rispettare le regole della professione, è anche “necessario considerare i risultati: etica della responsabilità significa infatti valutare le conseguenze delle proprie azioni, chiedersi cosa accada se agiamo in un determinato modo ovvero se non compiamo determinate azioni e nei confronti di chi si producano tali conseguenze (MARINI).

Tutti questi principi sono ampiamente riscontrabili tra le linee guida del nuovo codice forense confermando quanto già in vigenza del codice deontologico del 1997 era stato affermato dal Consiglio nazionale forense (sentenza del 7 maggio 2013, n. 69: L'avvocato esercita funzioni a garanzia del corretto esercizio della professione legale non solo nell'interesse delle parti assistite, ma anche nell'interesse dei terzi e della collettività). Le nuove norme deontologiche, infatti, così come recita l'art. 1 della legge professionale 247/2012, sono essenziali per la realizzazione e la tutela dell'affidamento della collettività e della clientela, della correttezza dei comportamenti, della qualità e dell'efficacia della prestazione professionale.

La stessa relazione illustrativa conferma come Tutte le norme che, in un modo o nell'altro, regolamentano la deontologia della funzione difensiva possono quindi ritenersi non espressione di istanze corporative bensì veicolo del pubblico interesse al corretto esercizio della professione se è vero che la difesa ha funzione sociale ed è il mezzo di attuazione di diritti a rilevanza costituzionale.

Il nuovo codice deontologico forense evidenzia numerose e rilevanti modifiche rispetto alla precedente versione del 1997, radicali soprattutto in ordine al valore che la nuova legge sull'ordinamento professionale (legge n. 247/2012) attribuisce alle norme deontologiche.

Dal modello non tipizzato e ispirato a clausole generali vigente sotto la legge del 1874 e sotto la legge del 1933, che faceva riferimento solo a dignità e decoro (articoli 12 e 14) e alla condotta specchiatissima e illibata (articolo 17) si è passati a un modello misto, con la redazione del codice deontologico del 1997 fino al testo attuale del febbraio 2014, redatta sulla base delle disposizioni della riforma forense approvata alla fine del 2012 (ALPA) e con la stessa intrecciato quasi a creare un unicum (diritto forense).

Il Consiglio nazionale forense – art. 35, comma 1, lett. d) legge professionale – ha lo specifico compito di emanare e aggiornare periodicamente il codice.

L'avvocato – art. 2, comma 4, legge professionale – nell'esercizio della sua professione, è soggetto alle regole deontologiche ed è tenuto – art. 3, comma 3, legge professionale – a uniformarsi ai principi e alle norme di comportamento contenute nel codice, nei rapporti con il cliente, con la controparte e con gli altri professionisti, con lo scopo ultimo di perseguire l'interesse collettivo ad uno svolgimento corretto della professione.

Il Codice deontologico forense e i suoi aggiornamenti (art. 3, comma 4, legge professionale) sono pubblicati e resi accessibili a chiunque e l'entrata in vigore dello stesso (e delle sue modifiche) avviene decorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.

Alle norme deontologiche, recependo una ormai consolidata giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione (n. 26810 del 20 dicembre 2007), è definitivamente riconosciuta natura giuridica, immediatamente vincolante.

L'intero corpo del nuovo testo, articolato in 73 articoli raccolti in sette titoli, è pertanto connotato da tale impronta.

I rapporti con il cliente e con la parte assistita hanno assunto una posizione primaria. Negli articoli da 23 a 37, in stretta aderenza al principio guida della funzione sociale dell'Avvocato e del valore “pubblicistico” della sua prestazione così come sopra delineato, sono enucleati i doveri dell'Avvocato nei confronti del cliente trattando tutte le fasi di tale peculiare rapporto. Dall'assunzione dell'incarico e dal conferimento del mandato, all'esecuzione del medesimo, alla definizione delle stesso in via fisiologia (con la conclusione del mandato) o in via patologica (con la revoca del mandato o rinuncia al mandato) passando per i casi di conflitto d'interesse e dei più pregnanti doveri d'informazione previsti nei confronti del cliente (art. 27), fino alla fase della corresponsione del compenso (art. 25). Prova ulteriore di tale attenzione è la collocazione sistematica di questo Titolo dedicato ai Rapporti con il cliente e con la parte assistita: rispetto al Codice Deontologico del 1997 è stato anticipato al titolo II e, ora, dopo i Principi Generali, precede la sezione relativa ai Rapporti con i colleghi.

Di rilevante significato deontologico sono, da un lato, l'introduzione del titolo IV dedicato ai Doveri dell'avvocato nel process”, titolo che comprende le norme relative alla funzione difensiva e prevede tra l'altro in modo innovativo le modalità deontologicamente tipizzate di ascolto del minore (art. 56), da altro lato, il titolo VI che disciplina i Rapporti con le istituzioni forensi sancendo l'importanza del dovere di collaborazione (art. 71) e prevedendo più che opportunamente pesanti sanzioni per le eventuali scorrettezze commesse in sede di esami di abilitazione (art. 72).

Fra le novità di maggior rilievo e respiro anche “culturale” contenute nel titolo I dedicato ai Principi generali, oltre ad individuare i doveri specifici ai quali l'attività dell'avvocato deve uniformarsi (probità, dignità, decoro, indipendenza, fedeltà, diligenza, ecc.), il Consiglio Nazionale Forense, all'art. 16, ha posto fra i precisi precetti deontologici di ciascun avvocato, il dovere ormai non più fraintendibile di adempimento fiscale, previdenziale, assicurativo e contributivo.

Ancora, nel nuovo Codice deontologico forense è mutata in modo radicale la struttura dell'illecito disciplinare. Seguendo una logica d'impronta penalistica, descritta la condotta deontologicamente rilevante, diversamente dal passato, è indicata per ogni illecito tipizzato, in aderenza a un principio generale di tipicità e determinatezza, la risposta sanzionatoria.

È possibile affermare, dunque, che le norme deontologiche sono oggi complete, configurando e tipizzando, per la prima volta, tanto gli illeciti quanto le sanzioni (dall'avvertimento, alla censura, alla sospensione sino alla radiazione dall'albo nei casi più gravi) nelle ipotesi di violazione dei suddetti doveri (art. 22), secondo il principio nulla poena sine lege, con meccanismi di aggravamento e attenuazione in relazione alla gravità del fatto contestato, in ossequio alle previsioni della l. 247/2012.

Infine, si consideri come il nuovo titolo IV sui Doveri dell'avvocato nel processo, raggruppi una serie di disposizioni che precedentemente si trovavano collocate in titoli diversi del codice del 1997.

Si pensi al dovere di verità che è fra i momenti di maggior criticità, a volte lacerante, nella quotidiana realtà forense se, come è stato acutamente osservato, nel caso dell'Avvocato si debbono contemperare due principi fondamentali: da un lato il dovere di dire la verità, dall'altro il dovere di tutelare gli interessi del cliente. E questo è un aspetto che apre il campo a molti interrogativi, perché il ruolo dell'avvocato impone doveri additivi rispetto a quelli che si impongono dal punto di vista etico, alla persona comune (MARINI, Processo e verità). Il precetto in precedenza collocato nella parte generale, all'art. 14, è stato inserito ora in questo titolo, all'art. 50.

Ancora, si consideri il riferimento al dovere di difesa, che parimenti dal titolo dedicato ai principi generali, art. 11, è “trasmigrato” nel titolo IV all'art. 46.

E ancora, infine, si pensi al divieto di produrre corrispondenza riservata, prima contenuto nell'art. 28, dunque nel titolo relativo ai rapporti con i colleghi, ed oggi, al contrario, nel titolo citato all'art. 48, quasi a sottolineare come tale dovere veda come valore da salvaguardare non tanto la riservatezza del collega avversario, quanto l'equilibrio processuale e/o il giusto processo.

In conclusione

Nuove prerogative e funzioni del Consiglio dell'Ordine, nuovi Consigli distrettuali di disciplina e nuovo codice deontologico forense esprimono nel tessuto connettivo della nuova legge professionale e dei regolamenti attuativi del Consiglio nazionale forense, in modo chiaro e preciso, la direzione verso cui l'Avvocatura dovrà indirizzarsi.

La società civile, la cui fiducia verso il servizio giustizia è ormai prossima ai minimi storici, chiede in modo straordinariamente urgente – logorata da una condizione economico-culturale-sociale instabile ed eufemisticamente preoccupante – un'Avvocatura seria, preparata, onesta, insomma credibile, a cui affidarsi, di cui fidarsi, per la tutela dei propri diritti le cui violazioni sono sempre più esplicite e frequenti.

Poteri forti, non solo economici, premono in modo deciso e strategicamente organizzato, come già è accaduto, per ridurre l'Avvocatura ai minimi termini: talvolta, attraverso suggestioni populiste ostentate anche a livello mediatico, di stampo “commerciale”, con le quali, sull'onda emotiva dell'improprio strumentale e fuorviante “interesse del consumatore” (non più “utente del servizio giustizia”), propongono l'approdo a nocive letture che banalizzerebbero la nostra professione in una mera attività di impresa; altre volte, concorrendo con operazioni lobbistiche alla promulgazione di nuove normative che “sbiadiscano”, depotenzino, frammentino l'Avvocatura considerata un ostacolo al rafforzamento delle loro posizioni oligopolistiche e/o comunque autoritarie.

Infine, lo stesso mondo della giurisdizione spesso, espressivo di una latente mai sopita insofferenza culturale all'Avvocatura, non perde occasione per abusare di letture che attribuirebbero ai cd mali della giustizia il ruolo di protagonista all'Avvocatura.

Di certo, in questo scenario, il numero degli iscritti che esprime la Nostra Avvocatura, impietoso nell'essere inversamente proporzionale alla domanda di prestazioni, numero la cui genesi è da correlare in modo sostanzialmente esclusivo a improvvide derive alle quali parte della stessa Avvocatura non è riuscita a sottrarsi, palesa le enormi difficoltà con le quali si dovrà affrontare il futuro.

Personalmente ritengo che il nuovo assetto istituzionale, sinergica espressione fra Consigli dell'Ordine e Consigli di disciplina, Consiglio nazionale forense nel presupposto di un tessuto connettivo comune offerto dal nuovo Codice deontologico forense, contribuirà in modo deciso a concorrere, con il prioritario esempio offerto quotidianamente dai numerosi eccellenti Avvocati che operano sul nostro territorio nelle aule e negli ambienti della giurisdizione, al rafforzamento e al consolidamento della credibilità e del ruolo dell'Avvocatura nella società civile.

Guida all'approfondimento

ALPA, Il nuovo Codice Deontologico nel solco della riforma per un avvocato moderno, qualificato e indipendente, in Guida al Diritto, 11/2014, 6;

GIANARIA - MITTONE, L'avvocato necessario, Torino, 2007, pp. 43-44;

HAZARD, DONDI, Etiche della professione legale, Bologna, 2005, p.329 ss.;

MARIANI MARINI, Responsabilità sociale e deontologia: l'avvocato e il minore, in L'avvocato e il processo, Milano, 2003, p. 627 ss.;

MARIANI MARINI (a cura di), Processo e verità, 2005, collana Formazione Giuridica – Edizioni Plus, 7.

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