Il reato di scambio elettorale politico mafioso dopo la legge 62/2014
Piero Indinnimeo
Raffaele Frate
03 Maggio 2016
La legge 17 aprile 2014, n. 62, approvata a seguito di un tortuoso iter parlamentare, ha modificato sensibilmente il delitto di scambio elettorale politico-mafioso di cui all'art. 416-ter c.p., intervenendo in maniera incisiva su molteplici aspetti del reato in parola e mutandone percettibilmente la fisionomia rispetto al passato. La novella ha il merito di aver sopperito ad alcune inefficienze del previgente modello normativo, introducendo significativi elementi di originalità ed offrendo, al tempo stesso, veste legale a diversi orientamenti giurisprudenziali profilatisi nel corso del tempo.
Abstract
La legge 17 aprile 2014, n. 62, approvata a seguito di un tortuoso iter parlamentare, ha modificato sensibilmente il delitto di scambio elettorale politico-mafioso di cui all'art. 416-ter c.p., intervenendo in maniera incisiva su molteplici aspetti del reato in parola e mutandone percettibilmente la fisionomia rispetto al passato. La novella ha il merito di aver sopperito ad alcune inefficienze del previgente modello normativo, introducendo significativi elementi di originalità ed offrendo, al tempo stesso, veste legale a diversi orientamenti giurisprudenziali profilatisi nel corso del tempo.
La nuova struttura dell'art. 416-ter c.p.
La prima rilevante novità riguarda la struttura della fattispecie di cui all'art. 416-ter c.p.
La vecchia formulazione costituiva un esempio tipico di figura criminosa plurisoggettiva necessaria impropria atteso che, pur delineando un reato-contratto con corrispettività sinallagmatica avente causa illecita, sottoponeva a pena esclusivamente una sola delle due parti, il promissario, il politico, e non anche il promittente, il procacciatore di voti appartenente ad un clan mafioso. Siffatta formulazione ha ceduto il passo ad una nuova enunciazione che descrive una fattispecie plurisoggettiva necessaria propria. Infatti, il nuovo art. 416-ter c.p. consta, ora, di un secondo comma che prevede le stesse pene per entrambe le parti dell'accordo criminoso e, quindi, sia per chi accetta la promessa di voti sia per chi li procaccia. Già ad una rapida lettura, dunque, risultano evidenti le ricadute rispetto al previgente modello legale: in primo luogo si sopperisce a quella anomalia indotta dalla previgente formulazione per la quale si sottoponeva a pena solo uno dei due protagonisti dell'accordo, ossia il politico che avesse ricevuto la promessa di un illecito sostegno elettorale; in secondo luogo si consente finalmente di aggirare tutti quei problemi interpretativi innescati dalla necessità di ricorrere all'art. 416-bis c.p. e, quindi, al più stringente statuto probatorio della partecipazione mafiosa o del concorso esterno, non sempre desumibile da simili contesti al fine di giustificare la punibilità a diverso titolo del promittente. Questa scelta, inoltre, consente di arginare un creativo apporto giurisprudenziale delineatosi in una recente pronuncia della Corte che, contravvenendo al principio di legalità, allo scopo di punire anche il promittente nell'accordo politico-mafioso, ha sostenuto l'applicabilità dell'art. 110 al 416-ter c.p. per le stesse condotte da esso descritte ma non assoggettate a pena. Infatti, la giurisprudenza, pur condividendo l'inquadramento della fattispecie tra i reati a concorso necessario improprio ha ritenuto che ciò non impedisse di ricercare, con un evidente sforzo interpretativo, una voluntas legis favorevole alla punibilità exart.110 c.p. del concorrente extraneus. Concorre nel delitto di scambio elettorale politico-mafioso, di cui all'art. 416-ter c.p., ed è sanzionato ex art. 110 c.p. il soggetto che, in cambio della erogazione di denaro o di ogni altro bene traducibile in un valore di scambio immediatamente qualificabile in termini economici, prometta ad un candidato, in occasione di consultazioni elettorali, di procurare voti in suo favore, attraverso la forza di intimidazione del vincolo associativo tipico delle organizzazioni a delinquere di stampo mafioso e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, di cui all'art. 416-bis c.p. (Cass. pen., Sez. IV, 28 maggio 2013, n. 23005). Le modifiche, invece, più controverse sono state quelle relative alla condotta incriminata: l'accettazione della promessa di procurare voti. In primo luogo, è stata fatta chiarezza sulla tipologia dei comportamenti penalmente rilevanti, specificando che è punito unicamente chi accetta la promessa di procurare voti, scartando quindi condotte prodromiche e più vaghe. In secondo luogo, il legislatore, diversamente dal passato, ha puntualizzato che per essere punibile la condotta di accettazione essa deve riguardare una promessa di procacciamento di voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis, vale a dire avvalendosi del vincolo di assoggettamento ed intimidazione derivante dall'appartenenza al sodalizio mafioso.
Il contenuto dell'accordo
Altra rilevante novità attiene al contenuto dell'accordo intercorrente tra politico e mafioso.
La norma statuisce che il contenuto dell'accordo debba consistere nell'erogazione o nella promessa di erogazione di denaro o altra utilità. Il legislatore, in tal modo, ha ampliato il novero dei fatti punibili, affiancando alla condotta della erogazione quella della promessa di erogazione. La contro-prestazione del politico, dunque, ricopre un ventaglio più ampio. A ben vedere, siffatto ampliamento, più che rappresentare un'autentica ed assoluta novità rispetto alla previgente disciplina, costituisce il recepimento a livello normativo di un orientamento giurisprudenziale ai confini con l'applicazione analogica contra legem, in base al quale il termine erogazione doveva essere inteso in una accezione "debole", sicché per la consumazione del reato era sufficiente la stipula delle reciproche promesse indipendentemente dalla materiale erogazione del denaro (Cass. pen., 2 febbraio 2012 - 21 agosto 2012, n. 32820). Altra considerevole modifica concerne, poi, l'ampliamento dell'oggetto dell'accordo intercorrente tra politico e mafioso. L'oggetto dell'accordo, dello scambio, non è più circoscritto alla sola dazione di denaro in cambio di voti, bensì è esteso anche ad altra utilità. La novella recepisce , in realtà, le diverse istanze di ampliamento del campo di operatività del previgente art. 416-ter c.p. Ed invero, il vulnus della fattispecie originaria era rappresentato proprio dal fatto che quasi mai la prestazione del politico consistesse nella erogazione di danaro, quanto piuttosto nella promessa di altre utilità e con la conseguente esclusione di tutte quelle prestazioni a favore dei sodalizi di matrice mafiosa consistenti in vantaggi di qualunque altro tipo. Esempi pregnanti sono la preferenza in sede di aggiudicazione di appalti di opere pubbliche o di autorizzazioni amministrative. La locuzione altra utilità amplia l'ambito di applicazione della fattispecie. Anche a tal proposito, va però rilevato come questo intervento correttivo recepisca le diffuse istanze volte ad arginare un orientamento, magari condivisibile da un punto di vista sostanziale ma palesemente contra legem, invalso sotto la vecchia disciplina in alcune recenti pronunce della Cassazione in cui era stata sostenuta la configurabilità del reato anche nei casi in cui la prestazione del “politico” avesse avuto per oggetto non il denaro ma anche altra utilità (Cass. pen., 30 novembre 2011, n. 46922; Cass. pen., 11 aprile 2012, n. 20924).
Il momento consumativo
La nuova fattispecie di cui all'art. 416-ter c.p. individua il momento consumativo nell'accettazione della promessa di procurare voti con le modalità di cui all'art. 416-bis, comma 3, c.p. Tuttavia, la previsione come controprestazione, in via alternativa, della erogazione o della promessa di erogazione di denaro o altra utilità potrebbe creare problemi. Vale a dire, potrebbe darsi che, nel caso in cui ci sia la stipula del patto con successiva dazione materiale del quantum debeatur frazionata nel tempo, la giurisprudenza non reputi consumato il reato nel momento della conclusione dell'accordo e, quindi, i successivi pagamenti come post facta non punibili.
Al contrario, alla stregua di quanto già accade in materia di corruzione, potrebbe considerare questo reato come a schema duplice e rinvenire il suo momento consumativo indifferentemente in quello della erogazione o della promessa della erogazione a seconda del materiale probatorio a disposizione, con l'esito così di spostare il più avanti possibile – laddove ci sia stata oltre alla promessa l'effettiva erogazione, magari frazionata nel tempo, del denaro o di altra utilità – il dies aquo da cui far iniziare a decorrere il tempo per la prescrizione.
I rapporti con il concorso esterno e con i reati di corruzione elettorale
La novella ha avuto anche il pregio di chiarire, in maniera illuminante, i rapporti intercorrenti tra la fattispecie in esame e quelle del concorso esterno e delle c.d. corruzioni elettorali.
In particolare, per quanto attiene alla fattispecie del concorso esterno, si può dire che la nuova formulazione dell'art. 416-ter c.p. descrive una condotta complementare ma diversa rispetto a quella punita a titolo di concorso esternoin base al combinato disposto di cui agli artt. 110 e 416-bis c.p. La nuova fattispecie si pone in un rapporto di sussidiarietà con il concorso esterno, rappresentando una forma di aggressione al medesimo bene giuridico derivante dalla collusione politica-mafia di intensità e disvalore minori. Se, infatti, dopo la sentenza Mannino delle Sezioni unite 2005 ai fini della punibilità di un politico a titolo di concorso esterno per una condotta di contiguità mafiosa è indispensabile procedere alla dimostrazione, con un giudizio controfattuale ex post, dell'effettivo rafforzamento che essa ha prodotto per l'intera consorteria mafiosa, il nuovo art. 416-ter c.p. si limita a punire la condotta precedente della stipulazione del patto, a prescindere dalla verifica di qualsiasi efficacia eziologica dello stesso, o dell'accertamento di atti concreti compiuti a vantaggio del clan. Per quanto concerne, invece, le fattispecie c.d. di corruzioni elettorali, vale a dire corruzione e coercizione elettorale previsti, rispettivamente, negli artt. 96 e 97, d.P.R. 361/1957 per le elezioni politiche e artt. 86 e 87 d.P.R. 750/1960, per le elezioni amministrative, il nuovo reato di scambio elettorale politico-mafioso sembrerebbe porsi in un rapporto di consunzione dal momento che parrebbe in grado di assorbirli, laddove siano commessi. Nondimeno, però, in un'ottica più rigorosa, potrebbe anche ravvisarsi un concorso di reati tra le summenzionate fattispecie ed il 416-ter c.p., potendo essere reputati i reati di corruzione e coercizione elettorale come degli autonomi reati-scopo del delitto di scambio elettorale politico-mafioso.
Regime edittale
La rimodulazione della dosimetria sanzionatoria in ordine al reato di scambio elettorale politico-mafioso sembra riposare su una più calibrata valutazione del diverso disvalore dei fatti in questione e su una corretta applicazione dei principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della risposta penale. La novità è rappresentata dalla previsione di una cornice edittale da quattro a dieci anni di reclusione in luogo di quella da sette a dodici anni prevista dall'art. 416-bis c.p., si interviene, dunque, sulla pena edittalmente comminata riducendola in maniera ragionevole ed adeguata. Il concorso esterno di un politico in un sodalizio mafioso presenta, infatti, una carica lesiva maggiore rispetto al mero patto elettorale, essendo necessario per la configurabilità del primo l'accertamento in termini eziologici di un effettivo rafforzamento dell'organizzazione criminale e per quella del secondo la semplice prova del fatto prodromico costituito dall'accettazione dello stesso e, quindi, della stipula del contratto illecito. Peraltro, la necessità di ricalibrare verso il basso la forbice di pena prevista dall'art. 416-ter c.p. origina anche dal fatto che rispetto ad esso (a differenza della partecipazione in associazione e del concorso esterno) potrà trovare sempre applicazione la circostanza aggravante ad effetto speciale della finalità di agevolazione mafiosa di cui all'art. 7, d.l. 152/1991 ciò significa che se le pene edittali fossero le medesime si rischierebbe di assistere all'irragionevole paradosso di veder puniti più gravemente i meri accordi politico-mafiosi.
In conclusione
Da ultimo va detto che, come ogni modifica normativa, anche questa ha posto problemi di diritto intertemporale e più che in ordine agli aspetti sussunti nel dettato del precedente art. 416-ter c.p., soprattutto con riguardo a quelli più numerosi ricondotti nell'ambito del concorso esterno. In ogni caso, utilizzando il criterio strutturale, si può ritenere che sussista una parziale continuità normativa tra il nuovo e vecchio art. 416-ter c.p. con riferimento agli accordi di natura elettorale intercorrenti tra uomini delle istituzioni e uomini malavitosi e che abbiano ad oggetto lo scambio di voti vs denaro; rispetto ad essi, quindi, si dovrà applicare in ossequio a quanto disposto nell'art. 2, comma 4 c.p., la c.d. lex mitior che nel caso di specie è sicuramente la nuova disposizione avendo cornici edittali più ridotte. Mentre per quelli aventi le nuove caratteristiche descritte dall'art. 416-ter c.p. potrebbe sussistere una continuità normativa con il concorso esterno, laddove questi fatti siano stati qualificati come tali nei procedimenti in corso; anche in questo caso la lex mitior sarebbe certamente costituita dalla novellata fattispecie di scambio elettorale politico-mafioso. In sintesi, l'intento della novella sembra ispirato ad una logica di carattere sistemico evidentemente finalizzato, da un lato, a coniugare la garanzia di determinatezza della fattispecie e l'esigenza di reprime una condotta criminosa di non poco momento e, dall'altro, a dotare l'ordinamento di una disposizione con cui è stato raggiunto un punto di equilibrio tra l'imprescindibile esigenza di contrasto dell'imponente fenomeno criminale del voto di scambio e la tutela delle garanzie individuali saldamente ancorata alla determinatezza descrittiva della condotta punibile.
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