Scambio elettorale politico – mafiosoFonte: Cod. Pen Articolo 416 ter
16 Agosto 2018
Inquadramento
L'art. 416-ter c.p. punisce, attualmente con la pena della reclusione da sei a dodici anni, il fatto di «chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis in cambio dell'erogazione di denaro o altra utilità»; il secondo comma prevede poi l'estensione della punibilità, con assoggettamento alla medesima sanzione edittale di cui sopra, nei confronti di «chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma». Trattasi di delitto ricompreso nel Titolo V (Dei delitti contro l'ordine pubblico) del Libro II del codice penale e che è stato originariamente tipizzato dall'art. 11-terd.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv. con mod. in l. 7 agosto 1992, n. 356. Tale modello legale ha in seguito assunto la veste ora vigente grazie anzitutto all'intervento dell'art. 1 l. 17 febbraio 2014, n. 62, con decorrenza dal 18 aprile 2014 (il testo previgente a tale intervento legislativo così recitava: «La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416 bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416 bis in cambio della erogazione di denaro»); la sanzione edittale è stata da ultimo innalzata sino al tetto sopra indicato ad opera dell'art. 1, comma 5,l. 23 giugno 2017, n. 103, con decorrenza dal 3 agosto 2017. La norma rampolla dall'esigenza – particolarmente avvertita dal Legislatore nel contesto socio-culturale dei primi anni novanta – di fronteggiare il cancro dei radicati rapporti e delle cointeressenze esistenti fra il mondo politico e le associazioni malavitose, mirando in particolare a recidere i legami, le collusioni, le forme comunque di prossimità spesso esistenti tra i rappresentanti politici e gli esponenti della criminalità organizzata di stampo mafioso. Tale disposizione normativa mira quindi a salvaguardare l'ordine pubblico, sub specie di corretto svolgersi delle modalità di scelta della classe politica (che viene ovviamente a formarsi in maniera deviata, allorquando è frutto di illeciti accordi con gruppi criminali). Si è scritto in dottrina che: «Il bene tutelato dalla norma incriminatrice della figura delittuosa in esame va individuato non soltanto nell'ordine pubblico, ma anche in uno dei principi cardine della costituzione politica del paese, il principio di legalità democratica e rappresentativa delle istituzioni politiche che ha tra le sue espressioni fondamentali il libero esercizio del diritto di voto» (Caringella, De Palma, Farini, Trinci, 544).
Struttura del reato
Trattasi di reato di pericolo astratto e di mera condotta. Esso prevede la punibilità di entrambe le parti del pactum sceleris; la previsione infatti circa la punibilità anche del promittente ha modificato la struttura della fattispecie tipica, divenuta ora un reato plurisoggettivo proprio. È poi ininfluente – ai fini della concretizzazione del paradigma normativo – il fatto che si riesca effettivamente a ottenere i voti promessi. È un reato comune, in quanto dello stesso può rendersi protagonista chiunque, come dimostra la stessa dizione normativa (nel senso anzitutto che il soggetto che accetti la promessa di procacciamento di voti può essere tanto il candidato in prima persona, quanto un qualsivoglia altro soggetto che si muova e agisca in sua vece). Ma tale paradigma normativo può essere realizzato, comunque, da qualunque soggetto che formuli una promessa di suffragio ottenuto mediante adozione della modalità mafiosa. Ne deriva che tale accordo può intervenire, non solo con la compagine mafiosa in quanto tale, ma anche con singoli partecipi che agiscano in veste di singoli; e addirittura – in ipotesi estrema – può divenirne protagonista un soggetto estraneo all'organizzazione. Per ciò che attiene al momento consumativo, la previsione del primo comma si consuma nel momento e nel luogo in cui l'uomo politico accetti la promessa di ottenere voti mediante le modalità dettate dall'art. 416-bis c.p. e in corrispettivo dell'erogazione – o della promessa di dazione – di denaro o altra utilità; il secondo comma fissa invece la consumazione del reato al momento in cui un soggetto – facendosi evidentemente portavoce della volontà di un sodalizio mafioso comunque denominato, o comunque essendo in grado di contrattare spendendo il nome dello stesso – formuli la promessa di procurare voti nei modi suddetti. Il tentativo – sebbene astrattamente configurabile – pare di difficile realizzazione pratica; potrebbe forse realizzarsi in presenza di condotte idonee e univocamente dirette alla conclusione del patto contra legem, inibiti dall'intervento di elementi estranei rispetto alla volontà dei soggetti attivi (come ad esempio potrebbe essere una irruzione della P.G. nel luogo e nel momento della conclusione dell'intesa).
L'elemento materiale del paradigma normativo in commento si sostanzia nel formulare una promessa – o nell'accettare la stessa – avente ad oggetto l'ottenimento di voti. Occorre poi che tale promessa contenga la prospettazione che tale accaparramento di voti avverrà grazie alla condizione di sottomissione e omertà, a sua volta determinata dalla forza intimidatrice che il procacciatore stesso – grazie alla notorietà delle sue relazioni con associazioni mafiose – saprà esplicare. Il corrispettivo di tale promessa è costituito dalla dazione – in favore del procacciatore di voti – di denaro o altra utilità. La definizione di utilità qui deve essere intesa – pena la sostanziale vanificazione dell'efficacia repressiva della norma – in una accezione ampia e aperta. Deve quindi trattarsi non solo di utilità valutabili economicamente o comunque commisurabili rispetto a valori di natura economica, ma anche di vantaggi direttamente funzionali all'operatività dell'associazione, sebbene non suscettibili di immediata liquidazione di tipo economico (si pensi ad esempio all'assunzione di soggetti indicati dai gruppi criminali, ovvero a qualsiasi forma di illecita intromissione in gare o appalti comunque denominati, o magari anche all'emanazione di provvedimenti amministrativi della più variegata tipologia); resta ovviamente ferma la necessità di una determinabilità dell'utilità promessa, non essendo tale una prospettazione esageratamente vaga e generica. Il reato può poi ritenersi integrato esclusivamente in presenza di condotte di tipo commissivo, non potendosene immaginare la realizzazione per il tramite di comportamenti di tipo meramente omissivo. Il semplice silenzio serbato può però assumere l'inequivoca significazione di assenso rispetto all'altrui prospettazione, ovvero di implicita formulazione di promessa; occorrerà in tal caso contestualizzare tali forme di manifestazione della volontà, valutandole alla luce degli elementi logici e fattuali emersi. Trattandosi di reato riconducibile entro l'alveo di quelli perpetrati avvalendosi delle condizioni dettate dall'art. 416-bis c.p., il delitto in commento è ricompreso nell'elencazione di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p. e rientra pertanto fra quelli per i quali operano sia il raddoppio dei termini di prescrizione ex art. 157, comma 6, c.p., sia le più severe disposizioni in tema di interruzione e sospensione della prescrizione, ai sensi degli artt. 160 e 161 c.p. Alcun problema pone l'applicabilità a tale ipotesi delittuosa delle circostanze comuni. Con riferimento invece all'aggravante ex art. 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni in l. 12 luglio 1991, n. 203, occorre operare una distinzione. E infatti, tale forma di manifestazione non è certo applicabile quale “metodo mafioso”, visto che l'adozione di tale modalità rientra già nella tipicità della fattispecie; nulla esclude, però, che l'aggravante suddetta possa trovare applicazione nella seconda forma prevista, ovvero quale “finalità agevolativa” dell'associazione ex art. 416-bis c.p.
Elemento psicologico
Il coefficiente psicologico postulato dalla norma è il dolo generico. Questo consiste nella coscienza e volontà di esternare una proposta, ovvero di prestare consenso alla stessa, nella piena cognizione della situazione nella quale la stessa vada ad incastonarsi. Trattasi di reato che non può assumere la veste di reato colposo. L'adozione delle modalità operative tipiche della consorteria mafiosa rappresenta il nucleo essenziale della previsione incriminatrice in esame. Trattandosi di elemento costitutivo della fattispecie è ovviamente fondamentale che l'uomo politico beneficiario dell'accaparramento dei voti sia conscio della specifica modalità mafiosa che andrà a connotare la condotta la condotta di accaparramento del suffragio, avendo contestualmente la piena consapevolezza dell'oggetto delle intese. L'essenza della modalità mafiosa che viene qui in rilievo si ricava dal dettato dell'art. 416-bis c.p. (attitudine all'intimidazione – che può sia estrinsecarsi in atti violenti o minacciosi, sia trarre giovamento dalla notorietà e dallo spessore criminale già riconosciuto del gruppo – della quale si giovano gli adepti all'associazione, i quali sfruttano la condizione di omertà ed assoggettamento che ne derivano).
Profili processuali
È reato procedibile d'ufficio e di competenza del tribunale in composizione collegiale, ex art. 33-bis, comma 1, lett. c) c.p.p. Per esso:
Casistica
La l. 62/2014 ha modificato il contenuto dell'accordo criminoso ma non ha determinato alcuna abolitio criminis. Anche nel testo previgente era infatti richiesto – ai fini dell'integrazione della norma – che si verificasse una promessa di ottenimento di consenso elettorale; la modalità attraverso la quale la norma esigeva si conseguisse tale consenso era poi quella tipicamente mafiosa, connotata dalla soperchieria e della prepotenza (Cass. pen., Sez.I, n. 36079/2016).
All'indomani della novella ultima (l. 17 aprile 2014, n. 62), l'archetipo normativo in esame contiene un elemento costitutivo nuovo, rappresentato dal contenuto dell'intesa. Questa deve infatti includere l'impegno del sodalizio criminale ad operare nei confronti degli elettori, pure materialmente esercitando il potere intimidatorio. Restano quindi fuori dall'alveo di attuale punibilità della norma le condotte precedenti alla suddetta riforma, laddove si risolvano in accordi di tipo politico-mafioso, privi però di chiara previsione in ordine alle modalità di ottenimento dei voti (Cass. pen., Sez. VI, n. 36382/2014).
Secondo la nuova veste assunta dalla norma, allorquando l'agente – ossia, chi si impegni a reperire il sostegno elettorale – sia un soggetto intraneo alla compagine mafiosa e si muova per conto e nell'interesse della stessa, non è preteso che l'accordo concernente lo scambio tra voto e denaro o altra utilità preveda anche la realizzazione, o la chiara pianificazione, di una campagna elettorale condotta per il tramite di minacce e prepotenze. Solo in tal caso, infatti, il ricorso alle modalità di accaparramento del consenso nei modi di cui all'art. 416-bis, comma 3, c.p.p. deve reputarsi insito nello stesso accordo contra legem (Cass. pen., Sez. VI, 25302/2015).
Il Supremo Collegio ha sottolineato come il delitto in esame sia riconducibile alla elencazione di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., in quanto reato che viene perpetrato avvalendosi delle condizioni descritte dall'art. 416-bis c.p. Ciò comporta che si tratti di fattispecie delittuosa in relazione alla quale debbono trovare applicazione le più rigorose disposizioni dettate - in materia di interruzione della prescrizione - dagli artt. 160 e 161 c.p. (Cass. pen., Sez. VI, n. 8654/2014).
I giudici di legittimità hanno da molto tempo chiarito come il delitto di scambio elettorale politico-mafioso – in conformità alla sua collocazione sistematica, fra i delitti contro l'ordine pubblico – sia primariamente finalizzato a scongiurare l'allarmante relazione, che può instaurarsi fra il mondo politico e la malavita di tipo organizzato. Solo in via residuale e secondaria, quindi, la fattispecie in esame offre salvaguardia anche all'interesse al corretto svolgimento delle operazioni elettorali, bene giuridico già tutelato dagli artt. 96 e 97 d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Cass. pen., Sez. VI, n. 10785/2004). Trattasi di disposizioni normative in relazione alle quali è pienamente ipotizzabile il concorso, situandosi esse in condizioni di specialità reciproca (Cass. pen., Sez. I, n. 19230/2015). Sul tema dei rapporti tra le due figure delittuose, si veda anche Cass. pen., Sez. VI, n. 18080/2012, a mente della quale la sussistenza delle modalità intimidatorie e prevaricatrici proprie delle associazioni mafiose segna il punto di discrimine, fra la figura delittuosa ed art. 416-ter c.p. e le succitate previsioni – in qualche modo similari – contenute nel T.U. Elezioni).
La natura di reato di pericolo rende sufficiente – ai fini dell'integrazione della previsione ex art. 416-ter c.p. – l'esistenza di un mero accordo riguardante lo scambio tra voto da una parte e denaro o altra utilità dall'altra; il tutto con il correlato impegno a procacciare voti, proveniente da soggetto dotato della sicura attitudine a esplicare un condizionamento diffuso, basato sulla prepotenza e sulla sopraffazione. Basta cioè che le indicazioni di voto vengano chiaramente avvertite dalla collettività indifferenziata come promananti da una consorteria mafiosa, non postulando la norma l'effettiva realizzazione di una campagna elettorale caratterizzata da intimidazioni e neppure la programmazione di una attività di procacciamento condotta con modalità del genere (Cass. pen., Sez. VI, n. 37374/2014). Si segnala però anche che Cass. pen., Sez. VI, n. 25302/2015 ha precisato come sia irrilevante, effettivamente, che l'intesa riguardante lo scambio di voti contro denaro o altra utilità includa anche la concretizzazione – o la chiara programmazione – di una campagna elettorale fondata sull'intimidazione; ciò però solo allorquando colui che si impegni a procacciare voti sia un soggetto intraneo al sodalizio mafioso. Solamente in tale evenienza, infatti, il ricorso alla modalità mafiosa può fondatamente reputarsi contenuto in maniera implicita nell'intesa.
La fattispecie incriminatrice in commento realizza un c.d. reato contratto, che giunge a consumazione già al momento dello scambio delle promesse oggetto del programma negoziale e che non postula la materiale esecuzione dell'impegno assunto da parte dei due poli dell'illecito sinallagma. Tanto che la concretizzazione dell'intesa (procacciamento di suffragio per il tramite dell'utilizzo di modalità mafiose e pagamento del corrispettivo) assume la valenza e il tenore del post factum, destinato magari ad essere penalmente rilevante solo laddove appaia tale da integrare differente ipotesi di reato, eventualmente concorrenti o assorbenti con quella in esame (Cass. pen., Sez. I, n. 19230/2015).
Il Supremo Collegio ha chiarito come l'obbligo - gravante sul giudice di rinvio e consistente nel doversi comunque attenere alla decisione della Corte di Cassazione, per ciò che inerisce alle questioni di diritto che essa decida – abbia un carattere assoluto ed inderogabile. Tale connotato resta fermo pure nel caso in cui – proprio in conseguenza di tale decisione di rinvio – venga a determinarsi un mutato orientamento giurisprudenziale. La questione che ha dato origine alla pronuncia concerneva proprio l'interpretazione della norma di cui all'art. 416-ter c.p., nella veste assunta all'indomani della l. 62/2014; in relazione a tale disposizione codicistica si è dunque stabilita la non indispensabilità – ai fini della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi – del fatto che l'accordo contenga espressamente l'attuazione o la programmazione di una campagna elettorale attuata mediante metodo intimidatorio (ciò ovviamente nel caso di pattuizione conclusa con soggetto intraneo al sodalizio mafioso, il quale agisca per conto di questo). La Corte ha qui ricordato come l'immodificabilità della decisione contenuta nella sentenza di annullamento con rinvio precluda la possibilità di una rimessione della questione alle Sezioni unite (Cass. pen., Sez. II, n. 25722/2017). AMARELLI, Il metodo mafioso nel nuovo reato di scambio elettorale: elemento necessario o superfluo per la sua configurazione?, in Dir. pen. cont., 2014; BARAZZETTA, sub art. 416-bis c.p., in Commentario Dolcini e Marinucci, Milano, 2015; CARINGELLA, DE PALMA, FARINI, TRINCI, Manuale di Diritto Penale, Parte Speciale, Roma, 2015; COTTU, La nuova fisionomia dello scambio elettorale politico-mafioso, tra istanze repressive ed equilibrio sistematico - Il commento, in Dir. pen. proc., 2014; DELLA RAGIONE, Il nuovo articolo 416-ter c.p. nelle prime due pronunce della Suprema Corte, in Dir. pen. proc.,, 2015, 3, 303; FIANDACA, Accordo elettorale politico-mafioso e concorso esterno in associazione mafiosa. Una espansione incontrollata del concorso criminoso, in Foro italiano, 1996; Finazzo, in Digesto Penale, 2016; FONZO, PULEIO, Lo scambio elettorale politico-mafioso. Un delitto fantasma?, in Cassazione Penale, 2005; MAIELLO, Il nuovo art. 416-ter c.p. approda in Cassazione, in Giurisprudenza Italiana, 2014, 12; MOROSINI, “Riflessi penali e processuali del patto di scambio polito-mafioso”, in Foro Italiano, 2001, II; TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, Milano, 2008; VAIRO, A proposito di corruzione elettorale o voto di scambio, in Giustizia penale, 1995; ZUFFADA, La Corte di Cassazione ritorna sull'art. 416-ter c.p.: una nuova effettività per il reato di scambio elettorale politico mafioso?, in Dir. pen. cont., 18 marzo 2016. |