Colpa medica: l'osservanza delle linee guida esclude la responsabilità per colpa lieve non solo in caso di imperizia

Giovanni Campese
12 Luglio 2016

La limitazione di responsabilità dell'esercente la professione sanitaria, in caso di colpa lieve, può operare, per le condotte professionali conformi alle linee guida e alle buone pratiche, anche in caso di errori che siano connotati da profili di colpa generica diversi dalla imperizia.
Abstract

Nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore dell'art. 3 d.l. 158/2012 conv. l. 189 del 2012, relativi a ipotesi di omicidio o lesioni colpose ascritte all'esercente la professione sanitaria in un ambito regolato da linee guida, poiché le condotte qualificate da colpa lieve sono divenute penalmente irrilevanti, stante l'intervenuta parziale abolitio criminis e in applicazione dell'art. 2, comma 2, c.p. occorre procedere d'ufficio all'accertamento del grado della colpa.

La limitazione di responsabilità dell'esercente la professione sanitaria, in caso di colpa lieve, può operare, per le condotte professionali conformi alle linee guida e alle buone pratiche, anche in caso di errori che siano connotati da profili di colpa generica diversi dalla imperizia.

Il caso

Nella sentenza in commento (Cass. pen., Sez. IV, 11 maggio 2016 - dep. 6 giugno 2016, n. 23283) la suprema Corte si è occupata della condanna per omicidio colposo di un medico chirurgo ospedaliero, addetto al reparto di medicina generale, al quale era addebitato di avere omesso la tempestiva attuazione di ogni possibile e specifica attività diagnostica e terapeutica nei riguardi di un paziente ricoverato per forti dolori addominali e poi deceduto per rottura dell'aneurisma dell'aorta addominale. Al medico era contestato di non avere effettuato un accertamento ecografico urgente e di avere disposto l'esecuzione di una tac soltanto per il giorno successivo a quello del ricovero. Alla tac avevano fatto seguito un intervento chirurgico di emergenza e il decesso del paziente.

In entrambi i gradi del giudizio di merito il medico era ritenuto responsabile del reato ascrittogli, sul rilievo che con la sua condotta aveva compromesso le possibilità di guarigione e aveva cagionato la morte del paziente, vanificando le prospettive di successo dell'intervento chirurgico di rimozione dell'aneurisma.

La Corte di cassazione ha annullato la sentenza impugnata, rilevando che essa non aveva esaminato il profilo relativo al grado di ascrivibilità colposa della condotta. I giudici di legittimità hanno rilevato che, successivamente alla pronuncia della sentenza di primo grado, era entrata in vigore la disposizione di cui all'art. 3 d.l. 158/2012 conv. l. 8 novembre 2012, n. 189, la quale ha operato una parziale abrogazione del reato di omicidio colposo (e di quello di lesioni personali colpose), escludendo la rilevanza penale della colpa lieve nel caso di condotte tenute da esercenti professioni sanitarie che osservino linee guida o pratiche terapeutiche mediche virtuose, purché accreditate dalla comunità scientifica. Il giudice di merito dunque, ai sensi dell'art. 2, comma 2, c.p., era tenuto ad applicare la sopravvenuta disciplina più favorevole e a tal fine doveva verificare il grado della colpa, valutando la condotta del sanitario con riferimento alle linee guida e alle buone pratiche.

I giudici di legittimità hanno inoltre esaminato i criteri che devono orientare la valutazione della colpa, affermando la possibile rilevanza esimente della colpa lieve, per l'esercente la professione sanitaria attenutosi alle linee guida, anche rispetto ad addebiti diversi dall'imperizia.

Le questioni

La prima questione affrontata dalla pronuncia che si annota è quella di diritto intertemporale.

I giudici della suprema Corte hanno chiarito che l'art. 3 d.l. 158/2012 (c.d. legge Balduzzi) costituisce una norma incriminatrice speciale, che restringe l'area applicativa delle disposizioni anteriormente vigenti (artt. 589 e 590 c.p.). Tanto per l'omicidio colposo quanto per le lesioni personali colpose si sono dunque succedute nel tempo due norme in rapporto di genere a specie: quella successiva ha ridotto l'area del penalmente rilevante delineata da quella anteriore, ritagliando due sottofattispecie, una che conserva rilievo penale (colpa grave) e l'altra che diviene penalmente irrilevante (colpa lieve).

Sì è così realizzata un'abrogazione parziale della norma incriminatrice, con conseguente applicazione della disciplina dettata dall'art. 2, comma 2, c.p.

Viene in tal modo ribadita la soluzione interpretativa anticipata da alcune precedenti pronunce di legittimità: Cass. pen., Sez. IV, 24 gennaio 2013, n. 11493; Cass. pen., Sez. IV, 29 gennaio 2013, n. 16237.

La sentenza in commento si impone all'attenzione anche perché si occupa di un'ulteriore questione, molto dibattuta e oggetto di interpretazioni contrastanti, concernente l'ambito e l'estensione della responsabilità penale degli esercenti le professioni sanitarie alla luce di quanto previsto dalla c.d. legge Balduzzi.

Com'è noto, l'art. 3 d.l. 158/2012 della legge stabilisce che l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve.

La disposizione limita la responsabilità penale del sanitario alle sole condotte poste in essere con colpa grave, purché il sanitario stesso nella sua attività abbia osservato linee guida o virtuose pratiche mediche accreditate dalla comunità scientifica.

Le linee guida

La giurisprudenza di legittimità ha in primo luogo chiarito che le linee guida o le virtuose pratiche accreditate o, in mancanza, le corroborate informazioni scientifiche di base operano come direttiva scientifica per l'esercente le professioni sanitarie e che la loro osservanza costituisce uno scudo protettivo contro istanze punitive che non trovino la loro giustificazione nella necessità di sanzionare penalmente errori gravi commessi nel processo di adeguamento del sapere codificato alle peculiarità contingenti (v. Cass. pen., Sez. IV, 29 gennaio 2013, n. 16237).

Si è anche detto che le linee guida costituiscono sapere scientifico e tecnologico codificato, reso disponibile in forma condensata, in modo che possa costituire un'utile guida per orientare agevolmente, in modo efficiente ed appropriato, le decisioni terapeutiche. Si tratta di uno strumento che tenta di oggettivare, uniformare le valutazioni e le determinazioni; e di sottrarle all'incontrollato soggettivismo del terapeuta (v. Cass. pen., Sez. IV, 29 ottobre 2015, n. 4468).

La nozione di linee guida, rilevanti per l'accertamento della responsabilità del medico, è stata ulteriormente precisata nel senso che esse devono indicare standard diagnostico terapeutici conformi alle regole dettate dalla migliore scienza medica a garanzia della salute del paziente e non devono essere ispirate ad esclusive logiche di economicità della gestione, sotto il profilo del contenimento delle spese, in contrasto con le esigenze di cura del paziente, con la conseguenza del dovere del sanitario di disattendere indicazioni stringenti dal punto di vista economico che si risolvano in un pregiudizio per il paziente (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 15 ottobre 2013, n. 46753).

Data la loro natura, le linee guida non integrano specifiche norme cautelari. Pertanto, in caso di loro inosservanza, si rimane comunque nell'ambito della colpa generica.

Il giudice è tenuto a verificare da un lato la correttezza e l'accreditamento presso la comunità scientifica delle pratiche mediche seguite, dall'altro l'effettiva conformità ad esse della condotta del sanitario (v. Cass. pen., Sez. IV, 8 ottobre 2013, n. 7951). Attraverso tale indagine il giudice può pervenire a individuare il grado della colpa, dal quale dipende la rilevanza o la irrilevanza penale della fattispecie.

Il grado della colpa

La legge Balduzzi ha per la prima volta introdotto normativamente in ambito penale la distinzione tra colpa lieve e colpa grave, prima contemplata unicamente in tema di responsabilità civile del professionista.

Soltanto qualche pronuncia di legittimità, alquanto datata, aveva attribuito rilevanza anche penale alla distinzione, affermando che il medico rispondeva solo per colpa grave – ai sensi dell'art. 2236 c.c. – allorché la prestazione professionale comportasse la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà. L'irrilevanza penale era peraltro limitata alle ipotesi di imperizia (v. Cass. pen., Sez. IV, 24 giugno 1983). Si era esclusa la responsabilità del medico per colpa lieve anche quando ricorresse una situazione emergenziale e sempre che non fosse contestata negligenza o imprudenza (v. Cass. pen., Sez. IV, 23 marzo 1995, n. 5278).

Altre pronunce avevano negato una siffatta limitazione della responsabilità penale, rilevando che la norma civilistica di cui all'art. 2236 c.c. in nessun caso poteva essere estesa all'ordinamento penale per configurare ipotesi di non punibilità per fatti commessi con colpa non grave (v. Cass. pen., Sez. IV, 18 dicembre 1989).

La l. 189/2012 impone invece al giudice penale – in presenza dell'osservanza di linee guida – di valutare il grado della colpa del sanitario.

In generale può dirsi che la colpa è lieve allorché la condotta del medico è caratterizzata da un non rilevante scostamento dallo standard di agire dell'agente modello, tenendo conto delle peculiarità oggettive e soggettive del caso concreto. La colpa si configura invece come grave quando la condotta riveli un marcato allontanamento dallo standard previsto.

Nel caso di linee guida, è connotata da colpa penalmente rilevante la condotta del medico che inquadri opportunamente il caso clinico nelle sue linee generali, ma che però non applichi correttamente le direttive adeguandole alla specifica fattispecie, oppure che non rilevi la necessità di disattendere le direttive ordinarie in ragione delle peculiarità del caso concreto, sempre che l'errore non sia lieve.

A questo riguardo è stato significativamente affermato che la novella si riferisce ad un terapeuta che si sia mantenuto entro l'area astrattamente, genericamente segnata dalle accreditate istruzioni scientifiche ed applicative e tuttavia, nel corso del trattamento, abbia in qualche guisa errato nell'adeguare le prescrizioni alle specificità del caso trattato. In tale situazione la colpa sarà grave solo quando l'erronea conformazione dell'approccio terapeutico risulti marcatamente distante dalle necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia, al suo sviluppo, alle condizioni del paziente (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 29 gennaio 2013, n. 16237).

Analogamente il rispetto delle linee guida non esonera da responsabilità il medico che, al di fuori dei casi di colpa lieve, non abbia tenuto conto di specificità che caratterizzavano il quadro patologico del paziente e che avrebbero dovuto indirizzare verso un percorso terapeutico diverso (v. Cass. pen., Sez. IV, 8 luglio 2014, n. 2168).

La particolare difficoltà del caso non rileva nel senso di limitare ai casi complessi l'ambito di applicazione della legge Balduzzi, ma soltanto ai fini della valutazione del grado della colpa (v. Cass. pen., Sez. IV, 9 ottobre 2014, n. 47289).

Esonero da responsabilità e profili della colpa

Nel richiamare il parametro di riferimento delle linee guida, il legislatore non ha effettuato alcuna distinzione o precisazione in ordine al profilo di colpa generica rispetto al quale opera la limitazione di responsabilità.

Sul punto gli interpreti hanno assunto orientamenti divergenti.

Secondo un primo filone ermeneutico, l'esclusione della responsabilità in caso di colpa lieve trova applicazione solo per le condotte professionali caratterizzate da imperizia e non si estende agli errori diagnostici connotati da negligenza o imprudenza.

Alcune delle pronunce di legittimità che hanno seguito questa interpretazione la motivano con la recisa affermazione che le linee guida riguardano e contengono solo regole di perizia e non afferiscono ai profili di negligenza e di imprudenza (v. Cass. pen., Sez. IV, 24 gennaio 2013, n. 11493; Cass. pen., Sez. IV, 23 maggio 2014, n. 36347; Cass. pen., Sez. IV, 8 luglio 2014, n. 7346; Cass. pen., Sez. IV, 20 marzo 2015, n. 16944; Cass. pen., Sez. IV, 27 aprile 2015, n. 26996).

Qualche pronuncia ha più prudentemente affermato che tale disciplina trova il suo terreno di elezione nell'imperizia (v. Cass. pen., Sez. IV, 11 marzo 2014, n. 15495).

Altre sentenze hanno utilizzato una motivazione più sfumata, statuendo che la limitazione di responsabilità opera prevalentemente per le condotte professionali conformi alle linee guida contenenti regole di perizia e che la nuova norma non può in linea di massima riguardare ipotesi di colpa per negligenza o imprudenza (v. Cass. pen., Sez. IV, 29 gennaio 2013, n. 16237; Cass. pen., Sez. III, 4 dicembre 2013, n. 5460).

Secondo un diverso orientamento interpretativo, al quale si riconnette la sentenza in commento, la disciplina di cui all'art. 3 della legge Balduzzi, pur trovando terreno d'elezione nell'ambito dell'imperizia, può tuttavia venire in rilievo anche quando il parametro valutativo della condotta dell'agente sia quello della diligenza (v. Cass. pen., Sez. IV, 8 luglio 2014, n. 2168; Cass. pen., Sez. IV, 9 ottobre 2014, n. 47289; Cass. pen., Sez. IV, 1 luglio 2015, n. 45527).

Tale impostazione appare indubbiamente più convincente.

In effetti, se è vero che le linee guida e le buone pratiche accreditate dettano prevalentemente criteri e regole di comportamento riconducibili al profilo della perizia, non può escludersi (come di fatto si verifica) che esse contengano anche prescrizioni concernenti la diligenza e la prudenza dell'esercente la professione sanitaria.

In tale situazione, poiché la legge Balduzzi non opera alcuna distinzione in ordine al profilo della colpa, non appare condivisibile introdurre la distinzione stessa in via di interpretazione. A ciò si aggiunga - come acutamente osservato dalla pronuncia in commento - che si registra una intrinseca opinabilità, nella distinzione tra i diversi profili della colpa generica, in difetto di condivisi parametri che consentano di delineare, in termini tassativi, ontologiche diversità, nelle regole di cautela.

In conclusione

Si può dunque concludere che l'impostazione adottata dalla pronuncia che si annota appare meglio adattarsi alla multiforme e variegata realtà delle linee guida, dettate con riferimento a molteplici settori dell'attività professionale sanitaria e difficilmente riconducibili in via esclusiva al parametro della perizia.

Nel contempo l'interpretazione da ultimo offerta dai giudici di legittimità appare maggiormente aderente alla previsione normativa della legge Balduzzi, la quale individua unicamente - quali suoi presupposti applicativi - l'osservanza delle linee guida e delle buone pratiche da un lato e il ricorrere di una colpa lieve dall'altro.

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