Elezione di domicilio presso l'ignaro difensore d'ufficio e rifiuto di costui del ruolo e delle notifiche

Gianluca Bergamaschi
13 Ottobre 2016

La questione è se il rifiuto del difensore d'ufficio della non concordata elezione di domicilio presso di lui e la conseguente inidoneità del domicilio eletto, comportino la rinotifica degli atti allo stesso quale consegnatario, ex art. 161, comma 4, primo periodo, c.p.p. ovvero se ciò possa costituire un caso fortuito tale da ...
Abstract

La questione è se il rifiuto del difensore d'ufficio della non concordata elezione di domicilio presso di lui e la conseguente inidoneità del domicilio eletto, comportino la rinotifica degli atti allo stesso quale consegnatario, ex art. 161, comma 4, primo periodo, c.p.p. ovvero se ciò – in quanto fatto imprevisto e imprevedibile dal domiciliante – possa costituire un caso fortuito tale da impedirgli di comunicare un nuovo domicilio e determinare l'applicazione degli artt. 157 e 159, ex art. 161, comma 4, ultimo periodo, c.p.p.

La prassi

Da un po' di tempo capita spesso che il difensore d'ufficio si trovi ad essere nominato domiciliatario a sua insaputa e coscritto a fare da “buca delle lettere”, senza avere effettivi contatti con l'assistito.

A fronte di ciò, molti difensori, a cautela propria e dell'assistito, inviano all'Autorità giudiziaria procedente una dichiarazione di non accettazione del ruolo di domiciliatario, stante la non obbligatorietà dello stesso (Cass. pen., Sez. I, 3 luglio 2003, n. 32284; Cass. pen., Sez. III, 22 marzo 2007, n. 15566; Cass. pen., Sez. IV, 20 maggio 2010, n. 31658 e Cass. pen., Sez. I, 21 settembre 2012, n. 45566).

A questo punto l'Autorità giudiziaria adotta uno tra due indirizzi:

  • uno più garantistico e raro ex art. 157 c.p.p., ossia la procedura della prima notifica all'imputato non detenuto e, se del caso, ex art. 159 c.p.p., disponendo debite ricerche, che, se infruttuose, sono seguite dalla dichiarazione di irreperibilità e dalla notifica al difensore (che è sgravato da ogni responsabilità di ulteriore ricerca e rinotifica);
  • un altro, più spicciativo e frequente, con cui, in base alla mera considerazione della sopravvenuta inidoneità del domicilio eletto, l'atto è direttamente notificato al difensore ex art. 161, comma 4, primo periodo, c.p.p.
La giurisprudenza di legittimità

Il secondo indirizzo fa aggio sulla giurisprudenza della Cassazione, che afferma la legittimità della notifica all'interessato presso il difensore, ex art. 161, comma 4, c.p.p., ogni qual volta questa sia divenuta impossibile presso il domicilio originariamente dichiarato o eletto e l'interessato abbia omesso di comunicare ogni variazione, come onerato ex lege (Cass. pen., Sez. III., 20 gennaio 2016, n. 12909).

Il concetto è stato ribadito anche in caso di assenza temporanea del domiciliatario (Cass. pen., Sez. III, n. 12909/2016 cit.); di cessazione dell'attività del domiciliatario difensore di fiducia, con notifica al codifensore di fiducia (Cass. pen., Sez. V, 19 novembre 1998, n. 2493); di elezione presso un famigliare che rifiuti di ricevere l'atto (Cass. pen., Sez. V, 19 ottobre 1999, n. 1935); di rinuncia al ruolo di domiciliatario del difensore di fiducia (Cass. pen., Sez. IV, 20 maggio 2010, n. 31658; Cass. pen., Sez. I, 21 settembre 2012, n. 45566); di inidoneità del domicilio dichiarato e di successiva notifica al difensore di fiducia (Cass. pen., Sez. IV, 10 giugno 2014, n. 27453).

In queste sentenze, però, la Corte non entra nell'analisi della specificità del rapporto difensivo officioso in relazione alle esigenze di ragionevolezza delle figure di conoscenza legale in funzione della conoscenza effettiva dell'atto e del procedimento, coerentemente con altri approdi dalla stessa Cassazione, dalla Corte costituzionale e dalla Cedu, i quali ben potrebbero far sperare in più appropriate conclusioni, quando la notifica debba avvenire al difensore d'ufficio, già domiciliatario rinunciante.

Il diverso orientamento

Invero, la Corte ha spesso qualificato l'elezione di domicilio come un negozio giuridico costitutivo recettizio che pertanto presuppone l'esistenza di un rapporto fiduciario fra il domiciliatario e l'imputato (Cass. pen., Sez. IV, 20 maggio 2010, n. 31658; Cass. pen., Sez. I, 21 settembre 2012, n. 45566 e Cass. pen., Sez. II, 14 febbraio 2016, n. 15903); principio non sconfessato dalle Sezioni unite allorchérisolsero il contrasto giurisprudenziale nel senso della prevalenza della dichiarazione di domicilio posteriore sull'elezione di domicilio non espressamente revocata (Cass. pen., Sez. unite, 17 ottobre 2006, n. 41280).

Ancora più significative sono le elaborazioni in tema di ragionevolezza della portata della conoscenza legale in rapporto alla conoscenza effettiva dell'atto e del procedimento, giacché – sebbene concepite al fine di negare o meno la restituzione in termini per impugnare la sentenza contumaciale ex art. 175 c.p.p., nel testo modificato nel 2005 e vigente fino al 2014 (richiedente la prova dell'effettiva conoscenza, da verificarsi ad opera del giudice, per respingere la richiesta) – esse sono il frutto diretto dei principi fissati dalla giurisprudenza della Cedu e dunque hanno un valore sistemico.

Così sono essenziali gli arresti che valorizzano la differenza tra difesa d'ufficio e difesa fiduciaria per affermare che sussiste la ragionevolezza piena e salvo prova contraria, della conoscenza legale, nei i casi di elezione del domicilio presso il difensore di fiducia per la notifica degli atti di pertinenza dell'assistito, significando il fatto che l'elezione del domicilio presso il difensore d'ufficio non è, di per sé, idonea a garantire la prova dell'effettiva conoscenza, stante l'assenza di un effettivo legame tra i soggetti coinvolti, che permetta di poter ragionevolmente presumere il mantenimento dei relativi contatti, idonei a tale scopo (Cass. pen., Sez. III, 26 marzo 2003, n. 22844; Cass. pen., Sez. I, 18 gennaio 2006, n. 3998; Cass. pen., Sezioni unite, 17 ottobre 2006, n. 41280; Cass. pen., sez. I, 6 dicembre 2007, n. 3954; Cass. pen., Sez. I, 16 gennaio 2009, n. 3746; Cass. pen., Sez. IV, 13 luglio 2011, n. 34377; Cass. pen., Sez. IV, 10 giugno 2014, n. 27453; Cass. pen., Sez. VI, 15 luglio 2014, n. 32257).

La distinzione è stata valorizzata pure dalla Corte costituzionale al fine di dichiarare la piena costituzionalità dell'art. 157, comma 8-bis, c.p.p., laddove prevede che, in caso di nomina di un difensore di fiducia, le notifiche degli atti, successive alla prima, vengano eseguite mediante consegna al difensore (Corte cost., 14 maggio 2008, n. 136).

Il concetto, infine, è stato trattato in modo paradigmatico dalla Cassazione,Sez. I, 16 gennaio 2009, n. 3746, la quale ha asserito che: La giurisprudenza di legittimità, rifuggendo da astratte generalizzazioni e valorizzando, piuttosto, un "metodo casistico", ha individuato, quali elementi concorrenti, univocamente indicativi della conoscenza effettiva del procedimento e/o del provvedimento e della volontà di non comparire personalmente nel giudizio la nomina di un difensore di fiducia, l'elezione di domicilio presso lo stesso, l'effettività della difesa fiduciaria nel corso del processo, la notifica degli atti nel domicilio eletto (Cass., Sez. I, 20 giugno 2006, n. 29482, Iljazi, rv. 235237; Cass., Sez. V, 23 maggio 2006, n. 25618, Mosele, rv. 234369; Cass., Sez. V, 10 maggio 2006, n. 19907, Gherasim, rv. 233868; Cass., Sez. III, 2 maggio 2006, n. 33935, Semeraro, rv. 235252).; ciò in quanto, ferme le presunzioni legali di conoscenza – giacché non confliggono: con i principi espressi dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, la quale ha avuto modo di chiarire che tutti i sistemi conoscono presunzioni di fatto e presunzioni di diritto e che nella Convenzione non sussistono, in proposito, ostacoli di principio, ma è soltanto contemplato l'obbligo degli Stati contraenti di "non oltrepassare al riguardo una soglia ragionevole". (Cass. Sez. 1, 1 marzo 2006, n. 14265, Bidinost, rv. 233614) – esse siano concepite ed interpretate secondo un principio di ragionevolezza, perché il Legislatore del 2005, con la riforma dell'art. 175 c.p.p., ha: finito con il riconoscere implicitamente l'intrinseca debolezza delle cosiddette "presunzioni di conoscenza" legate alle notificazioni effettuate a norma dell'art. 161 c.p.p., comma 4, e art. 165 c.p.p., a mani di un difensore nominato d'ufficio all'imputato processato in contumacia, in quanto irreperibile o latitante. Si deve, pertanto concludere che tali notificazioni al difensore d'ufficio siano, di per sé, inidonee a dimostrare l'effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento in capo all'imputato, salvo che la conoscenza non emerga aliunde ovvero non si dimostri che il difensore d'ufficio è riuscito a mettersi in contatto con l'assistito e ad instaurare con lo stesso un effettivo rapporto professionale con lui (Cass., Sez. II, 18 gennaio 2006, Casale, rv. 233224; Cass., Sez. I, 21 febbraio 2000, Halilovic. cit.).

Inoltre la sentenza fa un'altra considerazione sistemica, ossia afferma la scarsa utilità della conoscenza degli atti notificati in fase d'indagini preliminari al fine dell'effettiva conoscenza del procedimento, inteso come effettiva conoscenza dell'accusa mossa e dei relativi atti.

Dice, infatti, che: Nella prospettiva dell'art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, la "conoscenza effettiva" del procedimento presuppone un atto formale di contestazione idoneo ad informare l'accusato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico, al fine di consentirgli di difendersi nel "merito" (Cass., Sez. I, 21 febbraio 2006, Dioum B., rv. 233514). Secondo la costante giurisprudenza della Corte europea, "avvisare qualcuno delle azioni penali rivoltegli costituisce un atto giuridico di tale importanza da dover corrispondere a condizioni di forma e di sostanza idonee a garantire l'esercizio effettivo dei diritti dell'accusato", non essendo sufficiente "una conoscenza vaga e non ufficiale" (sent. Corte eur. dir, uomo, 12 ottobre 1992, T. e. Italia; sent. Corte eur. dir. uomo 18 maggio 2004, Somogyi; sent. Corte eur. dir. uomo 9 giugno 2005, R.R. c. Italia).

Trasponendo questi principi nel nostro ordinamento è di intuitiva evidenza che, qualora, come nel caso in esame, si attribuisse valore alle comunicazioni fornite in sede di indagini preliminari (Cass. Sez. I, 21 febbraio 2006, n. 10297, ric. Halilovic, rv. 233515; Cass. Sez. II, 25 gennaio 2006, n. 8414, ric. Perrella, rv. 233694) si rischierebbe di assimilare e sovrapporre situazioni completamente diverse e di vanificare la ratio sottesa alle decisioni della Corte europea, in quanto, sotto il profilo dell'effettività del diritto all'autodifesa, "farsi sentire" da un soggetto diverso da quello chiamato a decidere la causa e l'esercizio della "difesa" in un momento in cui l'addebito è ancora fluido e provvisorio e non vi sono obblighi di discovery da parte del pubblico ministero differiscono in modo significativo dal "diritto all'ascolto" di fronte a chi è chiamato a pronunciarsi sul merito di un'accusa tendenzialmente stabile e sulla scorta di materiale probatorio comune a tutti i soggetti.; conseguentemente occorre anche: una più attenta analisi della differenza corrente tra l'avere notizia di un (qualsiasi) atto e il prendere davvero "conoscenza del procedimento".

Nell'ottica della rinuncia inequivoca a comparire si tratta di una differenza sostanziale, che induce a privilegiare il significato del termine "procedimento" legato al concetto di regiudicanda come "materia" dell'intera fattispecie giudiziaria: oggetto di formale contestazione, l'accusa funge da presupposto alla possibilità di esplicazione di ogni autodifesa. Se una simile consapevolezza dell'indagato va, quindi, esclusa nel primo contatto con gli organi investigativi, quando, come nel caso in esame, manchi la preventiva comunicazione dell'addebito, lascerebbe ugualmente insoddisfatti la conoscenza limitata ad un'accusa ancora fluida, non definita nei suoi connotati oggettivi e soggettivi, propria della fase delle indagini preliminari.; indi: Esiste, pertanto, una stretta e inscindibile correlazione tra "cristallizzazione" dell'accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, effettiva informazione in ordine ai fatti per cui si procede e al relativo materiale probatorio in esso contenuta, specifica scelta se comparire o meno.

In quest'ottica è pure significativa l'affermazione di principio che la notificazione degli atti, specie quelli essenziali perché volti ad assicurare la partecipazione al giudizio, deve sempre tendere ad assicurare l'effettiva conoscenza degli stessi: anche in ossequio ai principi della legislazione europea e della giurisprudenza della Cedu (Cass. pen., Sez. VI, 9 giugno 2010, n. 32213).

Su questa via, poi, si è detto – sempre al fine di negare o meno la restituzione intermini per impugnare la sentenza contumaciale ex art. 175 c.p.p. – che la presunzione della conoscenza legale di una atto notificato presso il difensore di fiducia domiciliatario elettivo, non è più tale se, medio tempore, il difensore abbia rinunciato al mandato, nel qual caso, dunque, s'impongono degli accertamenti positivi per vincere l'allegazione difensiva di non aver avuto conoscenza dell'atto (Cass. pen., Sez. VI, 15 luglio 2014, n. 32257).

Più importante, però, è l'assunto che, in caso di morte del difensore di fiducia domiciliatario, le notificazioni effettuate al difensore d'ufficio, ex art. 161, comma 4, primoperiodo, c.p.p, sono di per sé inidonee a dimostrare l'effettiva conoscenza del procedimento in capo all'imputato, per cui si rende necessario procedere ex artt. 157 e 159 c.p.p. (Cass. pen., Sez. I, 6 dicembre 2007, n. 3954 e Cass. pen., Sez. VI, 8 marzo 2016, n. 13417).

L'arresto del 2016 è particolarmente significativo perché fa proprio il concetto in un contesto normativo diverso da quello della richiesta di remissione in termini, trattandosi di un ricorso contro una sentenza di appello emessa sebbene l'atto di citazione a giudizio fosse stato notificato, ex art. 161, comma 4, c.p.p., al difensore nominato d'ufficio a seguito della morte del difensore di fiducia, fungente anche da domiciliatario, ignorata dal domiciliante.

La Corte, infatti, qualificato il fatto come un caso di impossibilità sopravvenuta, dice che: L'impossibilità deriva da una situazione oggettivamente impeditiva, non ricollegabile al comportamento del destinatario della notificazione, sicché, qualora non risulti dagli atti, nè sia altrimenti desumibile, la circostanza che l'imputato sia venuto a conoscenza della morte del suo difensore di fiducia, presso il quale aveva eletto domicilio, non è applicabile la norma di cui all'art. 161 c.p.p., comma 4, primo periodo, ma devono ritenersi applicabili le diverse disposizioni degli artt. 157 e 159 c.p.p., non potendosi ritenere che l'imputato sia stato nella effettiva condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto (arg. ex art. 161 c.p.p., comma 4, ultimo periodo).

Considerazioni di sintesi

Orbene, come detto, la giurisprudenza di legittimità tiene fermo il principio che l'elezione di domicilio è un negozio giuridico costitutivo recettizio che, pertanto, presuppone l'esistenza di un rapporto fiduciario fra il domiciliatario e l'imputato.

Ciò è, per altro, confermato dall'art. 62 c.p.p., ove prescrive che il domiciliante indichi anche le generalità del domiciliatario, giacché tali conoscenze in capo al domiciliante implicano un certo e particolare rapporto con il domiciliatario, umano o professionale che sia.

Inoltre, in base alla giurisprudenza Cedu circa la ragionevolezza della portata della conoscenza legale in rapporto alla conoscenza effettiva dell'atto e del procedimento, la Corte, come illustrato diffusamente supra, ha fissato alcuni concetti sistemici e, dunque, immanenti sull'ordinamento procedurale, che possiamo riassumere come segue.

Il primo è che solo l'elezione di domicilio presso il difensore di fiducia può essere considerata, di per sé, idonea a garantire una relazione ragionevole fra conoscenza legale e conoscenza effettiva, evitando così una fictio iuris lesiva dell'art. 6 della Cedu.

In sostanza, detti concetti rafforzano l'idea di una differenza sostanziale tra l'elezione del domicilio presso il difensore di fiducia e quella presso il difensore d'ufficio, in quanto l'assenza di qualsiasi tipo di rapporto fiduciario rende priva di senso l'elezione stessa e assai poco ragionevole farne derivare la conseguenza della conoscenza legale, se non come mera finzione atta solo a celebrare impunemente i processi in assenza, anche perché, come osservano le stesse Sezioni unite (Cass. pen., Sezioni unite, 17 ottobre 2006, n. 41280), si deve ritenere che: Il codice, come si è acutamente osservato, suppone attori razionali; mentre non v'è “ragione” alcuna per eleggere domicilio presso un difensore d'ufficio mai visto e conosciuto, salvo che, su tale decisione, influisca qualche indebito suggerimento volto a facilitare gli organi preposti alle successive notifiche.

Il secondo principio è che la notifica degli atti in fase d'indagini preliminari è di scarsa utilità al fine di ritenere effettiva la conoscenza del procedimento, inteso come effettiva conoscenza dell'accusa mossa e dei relativi atti.

Il che fa il paio con l'idea che la notificazione degli atti, specie quelli essenziali, perché volti ad assicurare la partecipazione al giudizio, deve sempre tendere ad assicurare l'effettiva conoscenza degli stessi.

Da ciò si può trarre la considerazione generale che non è ragionevole una presunzione di conoscenza legale che si fondi su un'informazione approssimativa data all'indagato in sede d'indagini preliminari e fondata su un'elezione di domicilio fatta presso il difensore d'ufficio, con cui non vi sia prova di effettivi rapporti o contatti, in altre parole non appare ragionevole – e, dunque, non conforme all'art. 6 della Convenzione Edu, secondo l'interpretazione fornita dalla Corte Edu – fondare ogni presunzione di conoscenza sull'onere di diligenza del domiciliante e del domiciliatario difensore d'ufficio di cercarsi e informarsi.

Ciò, del resto, appare particolarmente vero in un contesto come il nostro, in cui tra il contatto in indagine (ad esempio in sede d'identificazione, in cui, praticamente nulla viene detto all'indagato) e la successiva notifica di un atto essenziale, possono passare anche anni.

È, però, il terzo principio ad essere decisivo, ossia l'assunto che, in caso di morte del difensore di fiducia domiciliatario, le notificazioni effettuate al difensore d'ufficio, ex art. 161, comma 4, prima parte, c.p.p, sono di per sé inidonee a dimostrare l'effettiva conoscenza del procedimento in capo all'imputato, e si rende necessario, invece, procedere ex artt. 157 e 159 c.p.p.

Come si è visto supra, la sentenza richiama espressamente l'art. 161, comma 4, ultimo periodo, c.p.p., ossia la nozione di caso fortuito, in una situazione di impossibilità sopravvenuta della notifica dovuta al fatto del domiciliatario, ignoto al domiciliante, per esclude gli effetti solitamente derivanti dalla non ottemperanza dell'onere di costante informazione finalizzato all'eventuale comunicazione delle modifiche del domicilio dichiarato o eletto, in capo al domiciliante.

In sostanza, siamo di fronte ad un caso di impossibilità sopravvenuta delle notifiche del domicilio eletto, a cui la Corte ricollega non l'automatica applicazione della notifica al difensore, ex art. 161, comma 4, c.p.p. ma l'applicazione della procedura della prima notifica all'imputato non detenuto, ex artt. 157 e 159 c.p.p., senza pretendere un'opera di diligenza fondata sulla constante informazione assunta e data dal domiciliante.

In conclusione

In forza di queste considerazioni giuridiche e della sostanziale assimilabilità del dato fattuale, specie dal punto di vista del domiciliante, non appare improprio ritenere che la disciplina del caso fortuitopossa essere invocata anche quando la notifica al domiciliatario difensore d'ufficio diventi impossibile per il fatto di costui, che non accetti o rinunci a tale ruolo, mai concordato col domiciliante, il quale, dopo aver eletto domicilio presso il primo in fase d'indagini, rimanga ignaro del fatto della non accettazione o della rinuncia, cosicché non realizzi la necessità di comunicare all'Autorità giudiziaria procedente il luogo di un nuovo domicilio dichiarato o eletto per le notifiche, per cui appare del tutto appropriato, in tal caso, procedere ex artt. 161, comma 4, ultimo periodo, 157 e 159 c.p.p. e non ex art. 161, comma 4, primo periodo.

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