L’habeas corpus “dopo” la l. 47/2015: criticità della questione intertemporale

Claudia Tordo Caprioli
12 Novembre 2015

La riforma legislativa (l. 47/2015) immuta profondamente il quadro normativo delle cautele personali. Le ricadute giuridiche delle nuove formulazioni normative non sono ancora completamente chiare: le prassi applicative daranno conto delle possibili conseguenze in ordine alla formazione ed al mantenimento dei titoli custodiali. Intanto, però, emergono i primi profili di resistenza giurisprudenziale all'innovazione in punto di ragionamento indiziario posto a base della cautela.
Abstract

La riforma legislativa (l. 47/2015) immuta profondamente il quadro normativo delle cautele personali. Le ricadute giuridiche delle nuove formulazioni normative non sono ancora completamente chiare: le prassi applicative daranno conto delle possibili conseguenze in ordine alla formazione ed al mantenimento dei titoli custodiali. Intanto, però, emergono i primi profili di resistenza giurisprudenziale all'innovazione in punto di ragionamento indiziario posto a base della cautela. È proprio in coincidenza con la vexata quaestio del regime intertemporale che si manifestano infatti le prime frizioni: può il tribunale del riesame mantenere l'efficacia di un provvedimento applicativo che difetti della autonoma valutazione oggi imposta dal novellato art. 309 c.p.p. sebbene il provvedimento sia stato adottato in epoca antecedente la riforma? Dovrebbe rispondersi in senso negativo, ma i primi arresti non sembrano univoci.

Il novum normativo

Nel tracciato riformistico degli ultimi anni si è recentemente inserita la l. del 16 aprile 2015, n. 47, che, nell'eco della condanna Torreggiani, ha sostanzialmente ristrutturato l'impianto cautelare de libertate, stabilendo, innanzitutto, che i pericula di fuga e reiterazione criminosa - non più desumibili esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede - si debbano arricchire del requisito di attualità.

La modifica si accompagna ad una rivisitazione della struttura a doppia presunzione prevista all'art. 275, comma3, c.p.p., oggi positivamente confinata a residuali ipotesi di reato, alla stregua delle indicazioni fornite dal giudice delle leggi con la sentenza n. 48/2015 pronunciata in tema di concorso esterno in associazioni di stampo mafioso. La complementarietà delle novelle apportate agli artt. 274 e 275, comma 3, c.p.p. emerge con vigore considerando che la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, su cui si erge la presunzione iuris et de iure di adeguatezza della sola misura custodiale in carcere, potrà ben essere superata dimostrando la non attualità dei pericula indicati dall'ufficio di procura al tempo di applicazione della misura. Di particolare spessore, poi, la modifica apportata all'art. 292, comma2, lett. c) e c-bis), c.p.p., in base alla quale il provvedimento cautelare personale deve corredarsi, a pena di nullità (trattasi di un quartum genus rilevabile d'ufficio), di una autonoma motivazione.

È così positivamente messa al bando, a decorrere dall'8 maggio 2015, la prassi della acritica motivazione per relationem sinora tollerata, se non proprio avallata, dalla letteratura giurisprudenziale maggioritaria, con ovvi risvolti in tema di potere-dovere integrativo delle insufficienze motivazionali da parte del tribunale del riesame, il cui ruolo integrativo si traduceva piuttosto in un dovere suppletivo dell'obbligo motivo ricadente sul Gip, di sovente appiattito su provvedimenti c.d. fotocopia.

Sebbene la dottrina di recente formazione non sia caratterizzata da vedute uniformi pare innegabile la ratio della nuova disposizione che nell'aggiungere al concetto di motivazione il requisito della sua autonomia attribuisce al giudice emittente la cautela un dovere di valutazione critica più pregnante rispetto a quello implicitamente desumibile dal cuore semantico del concetto di motivazione. L'intento legislativo di recuperare il dettato costituzionale diviene ancor più evidente leggendo le nuove disposizioni in materia di riesame personale. Difatti, il novellato comma 9 dell'art. 309 c.p.p., limitando il potere di integrazione-surrogazione del tribunale della libertà, impone di annullare l'ordinanza dispositiva tanto in ipotesi di carenza grafica della sua parte motiva, quanto in difetto della summenzionata autonoma motivazione, non lasciando aperti spazi interpretativi che avallino ancora oggi la prassi della tecnica del “copia e incolla”. Il novum investe, poi, anche il profilo temporale del procedimento impugnatorio scadenzato oggi da termini perentori tanto per la decisione quanto per il deposito del provvedimento ed alla cui violazione consegue la caducazione della cautela e la successiva impossibilità di rinnovare la misura, salvo che per eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate. Trattasi, a ben vedere, di una riforma che, innalzando gli standard imposti all'Autorità Giudiziaria per la concessione del presidio cautelare, si ispira ad un maggior garantismo ante poenam al fine di inibire il costante abuso dello strumento coercitivo provvisorio.

La successione nel tempo delle leggi penali cautelari

In merito alla applicabilità dello ius superveniens ai procedimenti cautelari in corso si sono recentemente pronunciate alcune Sezioni semplici della suprema Corte (cfr. Cass. pen., Sez. IV, 6 luglio 2015, 28640, nonché Cass. pen., Sez. IV, 2 luglio 2015, n. 28153), che, stante l'operatività del principio del tempus regit actum in materia processual-penalistica, sempre per esigenze di certezza del diritto, hanno sentenziato l'impossibilità di incidere sulle misure oggi in esecuzione colpendo l'atto genetico emesso ante riforma.

A norma dell'art. 11 del R.d. 16 marzo 1942, n. 262, secondo cui:

  • la nuova disciplina procedimentale trova applicazione soltanto a decorrere dalla sua entrata in vigore;
  • gli atti medio tempore compiuti restano validi;
  • la novella non ha effetto retroattivo.

A mente queste premesse giuridiche, gli ultimi pronunciamenti di legittimità hanno aderito alle conclusioni cui erano giunte le Sezioni unite con il noto revirement n. 27919 del 2011 nel caso Ambrogio, in virtù del quale, in difetto di una normativa transitoria, le cautele disposte prima dell'entrata in vigore della riforma non possono subire modifiche unicamente per effetto delle nuove disposizioni.

Un'inversione di rotta rispetto al percorso esegetico intrapreso nel 1992 dalle Sezioni unite con la sentenza Di Marco, in virtù del quale se dagli atti sono derivati effetti giuridici o situazioni processuali ancora pendenti all'entrata in vigore della nuova norma, è questa a dover essere applicata. In particolare, le misure custodiali disposte in base alla norma precedente devono considerarsi pendenti e non esaurite fino alla scadenza dei relativi termini di fase o massimi, sicché durante tale pendenza si applica la nuova legge .

Difatti, nel 2011, nel pervenire a conclusioni diametralmente opposte, a parere dell'organo nomofilattico la fase genetica della cautela deve rimanere disciplinata dalla legge vigente al tempo della sua formazione, determinando una insindacabilità del provvedimento dispositivo, sebbene incompatibile con la lex superveniens.

La conclusione trova giustificazione nel fatto che la restrizione non scaturisca da un procedimento a formazione progressiva in cui è contemplato il contraddittorio, che difatti è solo eventuale e, comunque, rimesso alla scelta dell'indagato di proporre impugnazione. Secondo la citata sentenza Ambrogio, tuttavia, posto che il provvedimento cautelare è un atto sì istantaneo ma i cui effetti afflittivi si protraggono nel tempo, per la continua verifica del permanere delle sue condizioni applicative l'ordinamento avrebbe apprestato lo strumento della revoca e/o modifica della misura, operante difatti anche in caso di sopravvenienze normative. In conclusione, secondo la mentovata pronuncia, non essendo consentito incidere sul provvedimento di genesi mediante un suo annullamento, la verifica di compatibilità della afflizione in corso con i nuovi standard di garanzia cautelare sarebbe devoluta esclusivamente all'eventuale rimedio di parte previsto all'art. 299 c.p.p.

Di rilievo, poi, in merito alla questione intertemporale cautelare, l'intervento isolato della V Sezione nel 2014 che suggerisce di limitare il perimetro operativo della sentenza Ambrogio alla sola sopravvenienza di disposizioni sfavorevoli ed applicare, invece, la lex mitior alla norma cautelare che, al di là della sua collocazione formale, produce effetti afflittivi per l'indagato/imputato, allorquando la modifica, incidendo sulle condizioni di applicabilità, possa determinare il venir meno di tali effetti.

La pronuncia della Corte di legittimità n. 28513/2015

Con la sentenza n. 28153/2015 la IV Sezione si è già diffusamente pronunciata in merito alla questione intertemporale della l. 47/2015 statuendo che seguendo l'indirizzo delle Sezioni unite del 2011 il giudice della cautela dovrà:

  • definire di volta in volta se le norme di cui si discute, ancorché regolatrici del processo, appartengano o meno alla sfera del diritto penale materiale, o meglio subiscano una diretta incidenza nella loro conformazione dall'attrazione nella sfera sostanziale, dovendo in tale caso prevalere il principio della irretroattività della legge meno favorevole ed il correlato obbligo di applicazione della lex mitior;
  • verificare se si sia di fronte ad una situazione cautelare “patologica”, per un vizio assoluto, al di là del dato formale, di natura sostanziale, prodottosi come tale sin dall'origine, o riconosciuto durante la fase interessata dalla impugnazione, riconducibile ad un atto che non ha esaurito i suoi effetti.

Da tali premesse il Collegio ha poi asserito che la norma che definisce l'ambito di motivazione sul punto relativo alle esigenze cautelari, ossia l'art. 274 c.p.p., appart(iene) alla sfera del diritto processuale, dunque soggiac(ce) alla regola tempus regit actum, non potendosi dunque ritenere carente di motivazione il provvedimento che abbia trascurato di esaminare profili delle esigenze cautelari non contemplati dalla norma vigente nel momento in cui è stato pronunciato.

Così ragionando, l'argine che il legislatore del 2015 ha inteso apprestare alla incessante metamorfosi della misure di cautela in strumenti di prevenzione sociale non troverebbe applicazione nei confronti di coloro che siano passati sotto la penna dell'autorità giudiziaria prima dell'8 maggio 2015, se non attraverso lo strumento di cui all'art. 299 c.p.p.

Alla luce di questa linea esegetica, a mente l'inviolabilità della libertà personale, sarebbe quantomeno opportuno distinguere l'ipotesi del prevenuto già raggiunto da un giudicato cautelare rispetto a quella in cui versa chi ancora oggi deve essere sottoposto all'ampio vaglio del riesame.

L'interevento del tribunale del riesame di Reggio Calabria

Peraltro per notare l'irrimediabile crepa delle conclusioni con è pervenuta la IV Sezione è sufficiente leggere un recente casus decisus del tribunale del riesame di Reggio Calabria in funzione di giudice del rinvio datato 1 giugno 2015. Nel caso di specie la difesa si doleva di una grave carenza motivazionale del provvedimento genetico della misura per essersi il Gip limitato a copiare acriticamente la richiesta del pubblico ministero, a sua volta trascrizione delle risultanze della polizia giudiziaria.

Ebbene, il tribunale del riesame, alla stregua del summenzionato filone interpretativo, posta la irretroattività dell'art. 292, comma2, lett. c) e c-bis), c.p.p., giudicava inapplicabile il novellato comma 9, dell'art. 309 c.p.p. pur premurandosi - probabilmente per tema della scure della sanzione caducatoria - di rispettare le tempistiche di cui al successivo comma 10.

Diviene, così lampante l'errore in cui incorre il tribunale della Libertà laddove, per osservare il canone del tempus regit actum e non annullare l'ordinanza del giudice emittente la cautela, ha difatti emesso un provvedimento che non rispetta la disciplina ad oggi vigente in punto di impugnazione de libertate, perseverandosi nell'applicare il vecchio dettato dell'art. 309, comma9, c.p.p.

D'altro canto, se l'ordinanza di custodia in questione fosse stata emessa sotto l'impero della riforma, il giudice della libertà avrebbe certamente dovuto annullare un provvedimento coercitivo così formato per esser viziato da una nullità assoluta rilevabile d'ufficio.

In conclusione

Portando alle estreme conseguenze il citato ragionamento della IV Sezione possiamo agevolmente ricavare alcune ricadute pratiche: per salvaguardare il canone del tempus regit actum un tribunale del riesame non sarebbe legittimato ad annullare un provvedimento coercitivo che si dimostri violativo della nuova disciplina per non travolgere l'ordinanza ricorsa. Eppure, non annullando la misura si andrebbe a rendere ultrattiva una normativa ormai “abrogata”, disapplicando il vigente comma 9 dell'art. 309 c.p.p.

Non può negarsi, infatti, che anche l'ordinanza del riesame debba soggiacere al principio tempus regit actum, applicando la disposizione codicistica oggi in vigore, e ciò tanto sotto il profilo temporale quanto quello dei poteri deliberativi di cui è investito. Nonostante la delicatezza del tema, le pronunce di legittimità intervenute sul punto hanno tralasciato di considerare la perniciosa disparità di trattamento che verrebbe - e viene - così ad ingenerarsi tra i prevenuti raggiunti da una OCC/OAADD emessa prima dell'8 maggio 2015 e coloro che invece sono stati - e saranno valutati - in base alla nuova disciplina e che, in base alla riforma, potrebbero oggi anche non essere in vinculis. Se poi consideriamo che, come nel caso di merito proposto, il tribunale decide discrezionalmente di applicare in forma parziale il nuovo dettato codicistico, soltanto nella parte che, non proiettandosi verso il passato, non incide sullo stato coercitivo del prevenuto, verseremmo nel generale caos normativo.

Pare, quindi, che il principio del tempus regit actum,così come interpretato dalla giurisprudenza maggioritaria, abbia determinato e sia idoneo a determinare situazioni tutt'altro che razionali, logiche e certe; il tutto tralasciando le ricadute pratiche in termini di proliferazione delle istanze di modifica/revoca delle misure disposte ante riforma. Peraltro, in ipotesi quali quella recentemente affrontata dal Tribunale di Reggio Calabria, il rimedio di cui all'art. 299 c.p.p. non si dimostrerebbe affatto di pronta soluzione: nonostante l'intervento di un giudice con pieni poteri cognitivi e deliberativi, id est il Riesame, la questione cautelare dovrebbe esser rimessa allo stesso Gip emittente, il quale dovrebbe rivalutare, stavolta criticamente, la richiesta di presidio formulata dalla Procura ed il provvedimento da lui stesso emesso.

Medio tempore il prevenuto - presunto innocente (rectius: non presunto colpevole)- attende in vinculis un provvedimento che oggi possa qualificarsi come legittimo. In sostanza con la pronuncia della IV Sezione, che ha qualificato di matrice processuale il presupposto dell'attualità di cui all'art. 274 c.p.p., si è distorto l'intero sistema giuridico cautelare sul punto, facendo soccombere il principio d'inviolabilità della libertà personale di fronte ad esigenze di certezza e razionalità del diritto che, come dimostrato, non vengono in tal modo soddisfatte.


Allora, in una prospettiva costruens ed effettivamente garantista, posto che siamo in presenza di una sorta di “lex mitior”,sarebbe opportuno mettere in discussione quanto statuito dalle Sezioni unite nel caso Ambrogio per rispolverare il principio sancito dalle stesse Sezioni unite nel lontano 1992 da leggere in combinato con le summenzionate sentenze Staffetta e Florio che, senza il timore di un effetto svuotacarceri, consentono ad un tribunale del riesame di annullare quel provvedimento oggi privo di legittimità e validità. Né manca già da ora in giurisprudenza un segnale, solitario ma autorevole, nel senso prospettato. Si staglia avverso le pronunce sopra commentate un illuminato obiter dictum della VI Sezione penale (sent. n. 24537 del 14 maggio 2015), stando al quale: (i)n ossequio al principio tempus regit actum", le disposizioni processuali di nuovo conio dovranno essere tenute in considerazione dal giudice di rinvio ai fini della valutazione in punto di adeguatezza e proporzionalità della misura in relazione alle esigenze cautelari ravvisate nella specie.

Guida all'approfondimento

Angiolini G., Il “nuovo” procedimento di riesame delle misure cautelari personali al vaglio della Corte Costituzionale, 23.7.2015, in dirittopenalecontemporaneo.it;

Aprile E., Il potere integrativo del Tribunale del Riesame sulla motivazione dell'ordinanza cautelare, in Cassazione Penale, 2015, 2, pagg. 588 ss.;

Borrelli P., Una prima lettura delle novità della legge 47 del 2015 in tema di misure cautelari personali, 3.6.2015, in dirittopenalecontemporaneo.it;

Ceresa Gastaldo M., Una singolare antifrasi: i “nuovi” poteri rescindenti del tribunale della libertà, 27.5.2015, in dirittopenalecontemporaneo.it;

Crimi F., Il principio di retroattività della norma più favorevole al reo non opera nel procedimento cautelare, Quotidiano Pluris, 10.7.2015;

Cristiani, Misure cautelari e diritto di difesa (legge 8 agosto 1995, n. 332), 1995, 45;

Fidelbo G. - Pazienza V., Le nuove disposizioni in tema di misure cautelari, Relazione del 6.5.2015 n. III/03/2015 dell'Ufficio del Massimario, Settore Penale, della Corte di Cassazione in merito alla L. 16 aprile 2015, n. 47;

Giordano L., Sull'annullamento dell'ordinanza cautelare priva dell'autonoma valutazione degli indizi e delle esigenze cautelari, 14.7.2015, in dirittopenalecontemporaneo.it;

La nuova legge sulla custodia cautelare non si applica retroattivamente alle misure già in esecuzione, Quotidiano Pluris, a cura della Redazione, 13.7.2015;

La Rocca E.N., Le nuove disposizioni in materia di misure cautelari personali, in Archivio Penale, 2015, n. 2;

Romeo G., Le Sezioni Unite sul regime intertemporale della presunzione di adeguatezza della custodia cautelare: un revirement giurisprudenziale, 19.7.2011, in dirittopenalecontemporaneo.it;

Spangher, Brevi riflessioni sistematiche sulle misure cautelari dopo la l. n. 47 del 2015, 6.7.2015, in dirittopenalecontemporaneo.it.

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