Truffe on line: applicabile l'aggravante della minorata difesa?

Cesare Parodi
18 Novembre 2016

In relazione al reato di truffa commesso attraverso vendite on line, la suprema Corte ha ritenuto configurabile la circostanza aggravante della c.d. minorata difesa, prevista dall'art. 61 n. 5 c.p., richiamata dall'art. 640, comma 2, n. 2-bis, c.p.; una soluzione per molti aspetti condivisibile, che tuttavia deve essere verificata nel caso concreto e che impone riflessioni anche legate alle modalità del fatto e all'impatto dello stesso sulle persone offese dello stesso. La verifica da parte della suprema Corte dell'applicabilità dell'aggravante della minorata difesa è avvenuta attraverso l'analisi della tre ipotesi nella quale la stessa si può manifestare ...
Abstract

In relazione al reato di truffa commesso attraverso vendite on line, la suprema Corte ha ritenuto configurabile la circostanza aggravante della c.d. minorata difesa, prevista dall'art. 61 n. 5 c.p., richiamata dall'art. 640, comma 2, n. 2-bis, c.p.; una soluzione per molti aspetti condivisibile, che tuttavia deve essere verificata nel caso concreto e che impone riflessioni anche legate alle modalità del fatto e all'impatto dello stesso sulle persone offese dello stesso.

Il fenomeno delle truffe on line

Se fino a qualche anno orsono avrebbe avuto senso informare il lettore della sussistenza e rilevanza del fenomeno delle c.d. truffe on line, la diffusione dello stesso ed il fatto che tale tipologia di reato sia divenuta una di quelle maggiormente caratterizzante l'attività delle procure della Repubblica consente di risolvere l'incipit delle presenti osservazioni in termini estremamente sintetici. È un fatto – per così dire – matematico, oggettivo e inevitabile: la straordinaria diffusione dello strumento informatico per le attività di normale comunicazione e contrattazione non poteva che portare ad un aumento esponenziale ed irreversibile della attività illecite che – in tale contesto – trovano luogo.

Tra queste, certamente le truffe derivanti dall'utilizzo delle piattaforme di e-commerce – ossia attraverso l'utilizzo di siti web appositamente creato per finalità fraudatorio o lecitamente operativi e specializzati nella vendita online di beni e/o servizi (ad esempio www.subito.it o www.ebay.it ) rappresentano un'elevata “quota di mercato”. Quota determinata non solo dalla convenienza ed ampiezza di potenziale offerta e dalla relativa facilità di accesso ma anche dalla informalità e tendenziale non ufficialità delle contrattazioni. Caratteristiche tutte ideali per lo sviluppo del commercio e altrettanto favorevoli per la diffusione di condotte illecite.

Un errore di non poco conto, nel quale tuttavia l'interprete potrebbe incorrere potrebbe essere quello di non cogliere – non solo sul piano socio-criminale e tecnico, quanto anche su quello giuridico – alcune profonde differenze che contraddistinguono le condotte genericamente riconducibili al genus “truffe on line”: ci troviamo di fronte a differenti species che – per alcuni aspetti – in termini altrettanto differenti devono essere considerate.

Per introdurre il tema indicato in epigrafe, affrontato da un recentissimo e importante arresto della suprema Corte, è importante avere presenti almeno due di tali “differenziazioni”.

In primo luogo, non tutte le contrattazioni che avvengono on line che non vanno – per così dire – “a buon fine” – possono essere qualificate come truffe on line. Esattamente come accade nelle pratiche commerciali tradizionali, è indispensabile distinguere gli inadempimenti (rilevanti sono in termini civilistici) dalla condotte fraudolente, penalmente rilevanti. La tentazione all'“appiattimento” sul fronte penalistico proprio per le condotte telematiche è forte ma occorre sapere resistere.

In secondo luogo, la ricostruzione della penale rilevanza della condotta muta non solo – ovviamente – in funzione dell'articolazione e complessità della stessa ma anche in relazione alla “collocazione“ dell'illiceità all'interno del rapporto. L'acquirente fraudolento – ossia colui che acquista un bene on line presentandosi con generalità e soprattutto strumenti di pagamento non “ idonei” – si presenta in termini non sovrapponibili a chi, al contrario, pone in essere un'offerta di vendita fraudolenta: vedremo per quali ragioni.

La tipologia verosimilmente più diffusa di truffa on line si manifesta con l'inserimento, su portali internet specializzati, di annunci di vendita di telefoni cellulari, p.c. o supporti informatici, dei quali viene promessa (e non mantenuta) la consegna previo versamento di una somma, generalmente “appetibile”; a fronte di tali situazioni, vari ufficio giudiziari si sono determinati a contestare , a margine del reato di truffa , anche l'aggravante di cui all'art. 640, comma 2, n. 2-bis, c.p., con formule quali per avere profittato di circostanze di luogo e di tempo tali da ostacolare la privata difesa, avendo commesso il fatto attraverso contatti telematici e a distanza che non permettono alla persona offesa di controllare l'identità e la serietà dell'interlocutore/contraente, né l'esistenza del bene offerto.

Si tratta di comprendere se l'eventuale approfittamento delle vittime debba essere valutato in concreto, con riferimento a situazioni che denotano nel soggetto passivo una particolare vulnerabilità della quale l'agente trae consapevolmente vantaggio e non già come modalità seriale. La suprema Corte, recentemente, (Cass.pen., Sez. II., 29 settembre 2016- dep. 14 ottobre 2016, n. 43705) ha affrontato la tematica, operando di fatto un interessante raffronto tra la condotta tenuta nelle normali dinamiche contrattuali, rispetto a quella specifica delle truffe on line.

Le indicazioni della suprema Corte in tema di minorata difesa

La verifica da parte della suprema Corte dell'applicabilità dell'aggravante della minorata difesa è avvenuta attraverso l'analisi della tre ipotesi nella quale la stessa si può manifestare, ossia per condizioni di tempo, di luogo o di persona, fermo restando la necessità che vi siano condizioni oggettive conosciute dall'agente e di cui questi abbia volontariamente approfittato in esito ad una valutazione che deve essere fatta in concreto, caso per caso e complessiva degli elementi disponibili.

In relazione alle truffe on line, devono essere prima di tutto escluse le circostanze legate alla persona; le parti contraenti, attraverso lo strumento informatico, perfezionano il contratto senza conoscersi personalmente: una situazione che non potrebbe consentire alcun approfittamento da parte dell'agente delle circostanze legate alla persona dell'acquirente – quali uno stato di debolezza fisica o psichica in cui la vittima del reato si trovi per qualsiasi motivo – nel senso attribuito loro dalla giurisprudenza di legittimità. Circostanze, quindi, ontologicamente non ravvisabili nel caso di specie.

Analogamente, non ravvisabili devono essere considerate le circostanze di tempo tali da aver favorito la condotta dell'agente e delle quali quest'ultimo potrebbe avere approfittato per commettere gli artifici e raggiri. Una situazione che può essere correlata a ipotesi di furti e rapine in ore notturne ma che appare priva di significato in concreto se rapportata ai rapporti telematici, rispetto ai quali la collocazione temporale dei contatti risulta essere del tutto indifferente rispetto al divenire del rapporto.

Dati tali presupposti, la rilevabilità dell'aggravante è posta in relazione alle sole circostanze di luogo. Non certamente il luogo isolato e abbandonato sino a oggi individuato come potenzialmente tale da assicurare l'approfittamento da parte dell'agente (in quanto “distante" da collegamenti con centri abitati, vie di comunicazione, presenze umane, tanto da indebolire la reazione pubblica o privata rispetto alla condotta illecita) e neppure del luogo delineato in negativo da un noto e recente precedente in tema di accesso abusivo (Cass.pen., Sez. unite, 26 marzo 2015, n. 17325, nel quale Internet viene indicato come un non luogo in considerazione di una dimensione smaterializzata).

Si tratta del luogo dove si trova l'agente nel momento in cui consegue il profitto e che, a giudizio della suprema Corte possiede una caratteristica peculiare, che è quella costituita dalla distanza che esso ha rispetto al luogo ove si trova l'acquirente. Circostanza questa ben conosciuta dall'agente e della quale questi ha approfittato poiché proprio la distanza tra il luogo di commissione del reato, ove l'agente si trova ed il luogo ove si trova l'acquirente del prodotto on line – che ne abbia pagato anticipatamente il prezzo, secondo quella che rappresenta la prassi di simili transazioni – è l'elemento che consente all'autore della truffa di porsi in una posizione di maggior favore rispetto alla vittima, di schermare la sua identità, di fuggire comodamente, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell'acquirente; tutti vantaggi che non potrebbe sfruttare a suo favore, con altrettanta comodità, se la vendita avvenisse de visu.

In sintesi, quindi, per la suprema Corte la distanza tra i luoghi ove si trovano le parti contrenti –unitamente alla previsione di utilizzo di clausole contrattuali che prevedono il pagamento anticipato del prezzo del bene venduto – consentirebbe di ravvisare l'aggravante in oggetto, rappresentando la condotta nel suo insieme un quid pluris rispetto all'ipotesi di truffa semplice, individuabile nel solo fatto di fingere di vendere un bene che non si possiede o del quale non ci vuole in realtà privare.

Né varrebbe a escludere l'aggravante il fatto che l'acquirente, comprando un bene on line, si sarebbe volontariamente esposto ai rischi insiti in tale tipo di transazioni, in quanto si tratterebbe di una modalità di contrattazione ormai di sempre maggiore diffusività e che deve essere valutata tenendo conto del fatto che – in osservanza alle giurisprudenza formatasi su analoghe questioni – ai fini della sussistenza del reato di truffa, l'idoneità dell'artificio o raggiro non sarebbe esclusa dalla mancata diligenza della vittima (Cass.pen., Sez.II, 25 settembre 2014, n. 42941). Principi affermati dalla suprema Corte nel caso specifico (avente ad oggetto una vendita di cellulari on line su sito specializzato e con previsione di pagamento anticipato) avuto riguardo alla segnalata, intrinseca debolezza della vittima nella precipua contrattazione truffaldina all'esame, posta in essere dall'agente anche attraverso l'utilizzo di noti siti Internet specializzati in vendite on line e fornendo agli acquirenti ogni idonea (quanto falsa) rassicurazione sulla bontà dell'affare.

La valutazione in concreto e i riflessi e sulla procedibilità

Le indicazioni della suprema Corte, certamente preziose ed in larga misura condivisibili, devono tuttavia essere confrontate con la realtà socio-criminale nella quale le stesse dovranno essere calate. Al riguardo, in primo luogo, l'aggravante de quo non potrà essere contestata in tutti i casi di truffe on line nelle quali è l'acquirente a accedere alla contrattazione con identità falsa e/o mezzi di pagamento non idonei, in quanto non sarebbe ravvisabile in tale prospettiva l'impossibilità del controllo de visu sul bene, indicato dalla suprema Corte come elemento caratterizzante la possibilità di applicare l'aggravante in oggetto. Non sarebbe pertanto rilevabile un quid pluris rispetto a un acquisto effettuato – con i medesimi propositi fraudatori – con modalità tradizionali.

Anche in relazione alle truffe on line nelle quali è il dante causa a porre in essere la condotta fraudatoria, tuttavia, la sussistenza dell'aggravante in oggetto dovrebbe essere subordinato ad una verifica sul caso di specie. Una verifica che si impone anche alla luce di esigenze di politica criminale: il riconoscimento dell'aggravante della minorata difesa per tutte le ipotesi di truffe on line indubbiamente consentirebbe l'applicazione di misure cautelari ma determinerebbe una procedibilità di ufficio generalizzata; procedibilità che potrebbe avere una significativa ricaduta non solo sull'attività della polizia giudiziaria ma che osterebbe ad una soluzione – il risarcimento finalizzato alla remissione di querela – che non infrequentemente rappresenta una “soluzione” legittima, ragionevole e economica per vicende giudiziarie di non particolare momento.

Un limite all'applicazione generalizzata potrebbe verosimilmente essere individuato raffrontando le caratteristiche di base di una contrattazione on line lecita, di una caratterizzata da un inadempimento contrattuale e di una di natura fraudolenta.

Non si tratta di ritenere “irrilevante” un presunto difetto di diligenza da parte dell'acquirente che decide di acquistare on line; proprio l'assoluta diffusività di tale pratica e le caratteristiche che la contraddistinguono (tra le quale certamente quella di non potere mai avere un contatto fisico con il bene acquistato e di dover – spesso – anticipare il pagamento del corrispettivo: si tenga presente che l'anticipazione del pagamento è assolutamente diffusa nel settore anche e soprattutto in relazione alla transazioni lecita) non rendono semplice trovare elemento di differenziazione rispetto a prassi commerciali (acquisti da cataloghi postali o comunque a distanza anche senza un contatto per via telematica) che certamente si sono diffuse da prima dell'avvento dell'informatica e per le quali, per quanto consta, non si era ritenuto di ravvisare l'aggravante di specie.

Determinandosi a un acquisto on line (o comunque a distanza) l'acquirente non accetta di “correre” un rischio ma si rivolge ad un mercato nel quale il possibile inadempimento (sul piano della qualità e caratteristiche del bene che del tempestivo ed effettivo adempimento) è ontologicamente connesso alla tipologia di rapporto ed è anzi “accettato” a fronte di una possibilità di risparmio e/o di una maggiore comodità. Non a caso, la materia trova una sua regolamentazione a livello europeo nella direttiva 83/2011/Ue in materia di acquisti a distanza, per la tutela dei consumatori.

In concreto: se un soggetto mette in vendita un bene (anche on line) del quale non può o vuole disporre, sapendo ab origine di non potere e volerne disporne, a un prezzo di mercato o leggermente inferiore e senza ulteriori artifici e/o raggiri, potrebbero non essere ravvisabili tutti gli elementi per ritenere la inequivoca sussistenza – oltre che della truffa – anche dell'aggravante in oggetto. Al contrario, ove la condotta sia corredata da ulteriori profili ingannatori (in relazione al prezzo del bene, all'identificazione del dante causa o alle modalità di pagamento) ed a fronte quindi si presenti in termini di oggettiva maggiore “gravità” della condotta, la stessa ben potrebbe stigmatizzata sottolineando la “ distanza” tra le parti che indubbiamente può rendere più difficoltosa l'autotutela – preventiva come susseguente – dell'avente causa.

In conclusione

In relazione al reato di truffa commesso attraverso vendite on line, può essere configurabile la circostanza aggravante della c.d. minorata difesa, prevista dall'art. 61 n. 5 c.p., richiamata dall'art. 640, comma 2, n. 2-bis, c.p

La minorata difesa deve intendersi in relazione alle sole circostanze di luogo e non a quelle di tempo o di persona.

L'aggravante non può essere ravvisata nel caso di truffa on line nella quale la condotta fraudolenta sia riferibile all'avente causa.

Nel caso che la condotta illecita sia ravvisabile da parte del dante causa, può rendesi necessaria una verifica delle circostanze del caso concreto, diretta a verificare se e in quali termini la contrattazione on line abbia impedito all'avente causa di percepire specifici profili ingannatori.

Guida all'approfondimento

CAJANI, I reati informatici patrimoniali, in Trattato di diritto penale dell'impresa, Giuffrè, , 2016, in corso di pubblicazione;

CAJANI Le truffe su piattaforme e-commerce: l'esperienza della Procura di Milano in IISFA Memberbook 2015. Digital Forensic - in Magazine, Forlì, 2015;

PECORELLA, DOVA Profili penali delle truffe on line in archiviopenale.it

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