Depenalizzazioni: i reati trasformati in illeciti amministrativi (d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8)
25 Gennaio 2016
Abstract
Con il decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, pubblicato in G.U. il 22 gennaio 2016 ed in vigore dal 6 febbraio 2016, si realizza una limitata depenalizzazione di alcuni reati di minore gravità che colpiscono interessi collettivi o superindividuali. In particolare, attraverso la cosiddetta depenalizzazione cieca si dispone la trasformazione in illeciti amministrativi di tutti i reati puniti con la sola multa o con la sola ammenda, con le rilevanti eccezioni delle fattispecie previste dal codice penale ovvero comunque riconducibili ad un vasto numero di materie particolarmente sensibili. Parallelamente, si opera un'ulteriore depenalizzazione nominativa, che ha per oggetto altri delitti e contravvenzioni, previsti dal codice o da leggi speciali, anch'essi da oggi sanzionati soltanto in via amministrativa.
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La legge delega e i decreti delegati
La legge 28 aprile 2014, n. 67 ha, tra l'altro, delegato il governo per l'adozione di uno o più decreti legislativi per la riforma della disciplina sanzionatoria dei reati e per la contestuale introduzione di sanzioni amministrative e civili. Questo provvedimento segue nel tempo una serie di analoghi interventi normativi succedutisi, con cadenza quasi regolare, da più di trent'anni: la legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), la legge 28 dicembre 1993, n. 561 (Trasformazione di reati minori in illeciti amministrativi) e il decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205). La tendenza, almeno sul lungo periodo, è dunque quella di un complessivo ripensamento, sotto molteplici punti di vista, del sistema penale. L'obiettivo perseguito, secondo la stessa relazione governativa alle Camere, è quello rendere maggiormente incisiva la sanzione per i reati più gravi, deflazionando il sistema processuale penale, sul presupposto che abbia maggiore forza di prevenzione una sanzione certa in tempi rapidi rispetto alla minaccia di un processo penale lungo e costoso (in termini non solo economici) che spesso però si conclude senza una pena effettiva. Questi scopi sono stati perseguiti con articolate modalità di intervento, sulla base dei lavori e delle proposte della Commissione presieduta dal professor Francesco Palazzo. Per quel che rileva in questa sede, l'art. 2, comma 2 e l'art. 2, comma 3, lett. b) della legge 67/2014 hanno previsto una depenalizzazione cieca (cioè estesa a un indefinito numero di reati caratterizzati da precisi limiti edittali, pur temperata da deroghe assai consistenti), sommata ad interventi puntuali e mirati (depenalizzazione nominativa), con trasformazione delle contravvenzioni e dei delitti abrogati in illeciti amministrativi. Parallelamente, il successivo comma 3 ha disposto un'ulteriore abrogazione di reati (anch'essi di scarsa offensività ma connotati dalla natura schiettamente individuale dei beni giuridici tutelati), seguita dalla conseguente trasformazione in illeciti civili, con peculiarità non indifferenti. A questa distinta delega è stato dato seguito con altro decreto “gemello” (decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, pubblicato in G.U. il 22 gennaio 2016 ed in vigore dal 6 febbraio 2016). Depenalizzazione “cieca ma non troppo”
Il d.lgs. 8/2016 recepisce le indicazioni della legge delega in primo luogo mediante la clausola generale prevista dall'art. 1, comma 1 si dispone l'irrilevanza penale ed il carattere di illecito meramente amministrativo per tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell'ammenda. Ciò potrebbe sembrare a prima vista un intervento massivo, seppure settoriale (ancora di più, tenuto conto che eventuali ipotesi aggravate di queste violazioni, qualora punite con la pena detentiva sono da ritenersi fattispecie autonome di reato) ma questa regola, così netta in apparenza, è però soggetta a molteplici deroghe, tali da privarla di gran parte delle sue potenzialità innovative. Restano esclusi, infatti, da questa norma di portata generale, sia i reati previsti dal codice penale (salvo puntuali e limitatissime eccezione) sia quelli relativi a materie particolarmente sensibili ricomprese in un elenco decisamente nutrito. Legislazione speciale: le deroghe
Osserviamo quindi come, per ragioni sottese alla delicatezza di alcuni beni giuridici in questo particolare momento storico (e nella peculiare temperie politica), già la legge delega avesse a suo tempo escluso questa abrogatio criminis per una lunghissima serie di materie:
Anche un osservatore poco smaliziato può intuire a colpo d'occhio come siano pochi gli ambiti in cui la depenalizzazione di tutti i reati puniti con la sola pena pecuniaria dispiega completamente i propri effetti, avuto riguardo alla estrema latitudine di questa deroga per materia. Al decreto, peraltro, è allegato un elenco che specifica le singole leggi che disciplinano le materie escluse (limitatamente a quelle che contengono reati puniti con la sola pena pecuniaria). Questa enumerazione deve intendersi come tassativa, visto il richiamo diretto presente nell'art. 1, comma 3 del decreto, di modo che eventuali testi normativi non ricompresi nell'elenco, pure se astrattamente relativi a una delle materie suindicate, sono oggetto di depenalizzazione, laddove applicabile. D'altronde, può capitare che alcune leggi, che pure rientrano a pieno titolo nelle materie sopra indicate, non siano ricomprese nell'elenco per il semplice motivo che non prevedono ipotesi di reato punite con la sola pena pecuniaria. Si pensi ad esempio, alla l. 30 aprile 1962, n. 283 sulla disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande oppure al d.lgs. 27 luglio 1999, n. 271 sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi (per quanto di oggetto analogo al d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) oppure il d.lgs. 9 gennaio 2012, n. 4 in materia di pesca e acquacoltura (laddove la l. 11 febbraio 1992 n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, è ricompresa viceversa nella materia “Ambiente, territorio e paesaggio”). Legislazione speciale: la depenalizzazione cieca
Per quel che riguarda la depenalizzazione di tutti i reati puniti con sola pena pecuniaria, si evidenziano – a mo' di esempio e comunque in maniera non esaustiva – le fattispecie più comuni incise dalla riforma in esame:
Legislazione speciale: la depenalizzazione nominativa
L'articolo 3 del decreto elenca viceversa una serie di reati, nominativamente indicati, trasformati anch'essi in illeciti amministrativi. In questo caso, l'intervento abrogativo si estende anche ad illeciti puniti sino ad oggi con pena detentiva, alternativa o congiunta a pena pecuniaria. Sicuramente, la fattispecie incriminatrice di maggior rilevanza tra quelle oggetto di questa ulteriore depenalizzazione è il delitto di omesso versamento all'Inps delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (art. 2, comma 1-bis, decreto legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, sino ad oggi punito con la reclusione fino a tre anni e la multa sino ad € 1.032). L'esclusione della penale rilevanza di questa condotta omissiva non è totale ma viene adesso prevista una soglia: per importi non superiori ad € 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da € 10.000 a € 50.000. Si estende, altresì, anche al nuovo illecito amministrativo la causa di non punibilità già prevista per il datore di lavoro che provveda al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione. Gli altri reati specificamente indicati dal citato articolo 3 presentano, per l'operatore pratico, un interesse molto minore. Si tratta di contravvenzioni sostanzialmente marginali nella quotidianità giudiziaria:
Le modifiche al codice penale
Ormai da molto tempo, il corpus codicistico ha subìto una graduale e inarrestabile erosione della sua storica e assoluta centralità nel sistema sanzionatorio penale (in controtendenza, si nota solo la recente legge sugli eco-reati). Ciononostante, il legislatore delegato dimostra un approccio estremamente rispettoso di fronte al previgente dato normativo: la relazione del governo ammette che la clausola generale di depenalizzazione faceva riferimento a “tutti” i reati puniti con la sola pena pecuniaria ma sottolinea poi l'inserimento in delega tra i reati oggetto di depenalizzazione nominativa anche della contravvenzione di atti contrari alla pubblica decenza, punita con la sola ammenda (disposizione dunque incompatibile con il postulato della operatività della suddetta clausola generale anche nei confronti del codice) e paventa in caso contrario risultati vistosamente asistematici. Ragionando altrimenti, infatti, secondo la relazione citata, l'effetto depenalizzante andrebbe a colpire anche delitti sanzionati con la sola multa e deputati alla tutela di beni rilevanti, mentre altre contravvenzioni, sicuramente meno offensive, non sarebbero depenalizzate in quanto rientranti nelle materie escluse, come ad esempio quelle in materia di armi. Il tiepido esito finale è che vengono espunti dall'area della rilevanza penale due soli delitti (che restano però tali in presenza delle aggravanti speciali) e quattro contravvenzioni non esattamente frequenti nella pratica forense:
Restano, dunque, per consapevole scelta legislativa, condotte sanzionate penalmente (sia pure con la sola pena della multa o dell'ammenda):
Occorre, nondimeno, tenere presente che, nell'ambito del distinto decreto delegato diretto alla trasformazioni in illeciti civili di reati che colpiscono interessi schiettamente individuali, è stata contestualmente disposta la depenalizzazione dei delitti di falso in scrittura privata (art. 485 c.p.), falso in foglio firmato in bianco in atto privato (art. 486 c.p.), ingiuria (art. 594 c.p.), sottrazione di cose comuni (art. 627 c.p.), danneggiamento semplice (art. 635, comma 1, c.p.) e appropriazione di cose smarrite (art. 647 c.p.). I nuovi illeciti amministrativi. Competenza e norme procedurali
Ai sensi dell'art. 7 del decreto, per quel che concerne gli illeciti amministrativi derivanti dalla depenalizzazione cieca, procedono le autorità competenti ad irrogare le altre sanzioni amministrative già originariamente previste dalle medesime leggi speciali. In caso di mancata previsione, è competente l'ufficio periferico del ministero competente per materia o, in mancanza, il prefetto. Il medesimo prefetto è poi competenti per gli illeciti già ricompresi, quali delitti o contravvenzioni, nel codice penale. Per quel che riguarda la depenalizzazione nominativa di reati previsti dalle leggi speciali, sono competenti, rispettivamente:
Ai sensi dell'art. 9 del decreto, l'autorità giudiziaria, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del provvedimento (termine evidentemente ordinatorio), dispone la trasmissione all'autorità amministrativa competente degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi, salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa alla medesima data. Se l'azione penale non è stata ancora esercitata, la trasmissione degli atti è disposta direttamente dal pubblico ministero (che, in caso di procedimento già iscritto ex art. 335 c.p.p., annota anche la trasmissione nel registro delle notizie di reato). Se il reato risulta estinto per qualsiasi causa, il pubblico ministero richiede l'archiviazione (se del caso, anche con modalità seriali, opportunamente previste ad hoc, in analogia con quanto già disposto dall'art. 415, comma 4, c.p.p. per le richieste cumulative di archiviazione delle denunce a carico di ignoti trasmesse con elenchi mensili ai sensi dell'art. 107-bis disp. att. c.p.p.). Quando invece si versa già nella fase processuale, il giudice pronuncia ex art. 129 c.p.p. sentenza inappellabile di assoluzione (in dibattimento) o di non luogo a procedere (in udienza preliminare) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, disponendo la trasmissione degli atti. L'autorità amministrativa notifica gli estremi della violazione agli interessati (entro novanta giorni dalla ricezione degli atti per i residenti nel territorio della Repubblica ed entro trecentosettanta per i residenti all'estero). L'interessato è ammesso al pagamento in misura ridotta, pari alla metà della sanzione, oltre alle spese del procedimento, presentando apposita istanza entro sessanta giorni dalla notificazione suddetta. Il pagamento determina l'estinzione del procedimento. Trattandosi però di sanzioni pecuniarie che vanno da un minimo a un massimo, la sola indicazione della “metà” (di cosa?), senza specificare altro, pone qualche perplessità di ordine pratico all'interprete. Il procedimento, secondo l'art. 6 del decreto, è retto dalle regole generali sancite dalle sezioni I e Il del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689 (e quindi risponde ai principi generali di legalità, necessaria imputabilità, punibilità solo per dolo o colpa, cause di esclusione della responsabilità, concorso di persone, solidarietà, personalità della sanzione ed intrasmissibilità agli eredi, concorso formale e continuazione, reiterazione, seguendo le norme procedurali ivi sancite in tema di accertamento, contestazione, pagamento in misura ridotta, obbligo di rapporto da parte dei funzionari e agenti accertatori, ordinanza-ingiunzione, sequestro, sanzioni accessorie, opposizione all'ordinanza-ingiunzione, esecuzione forzata, prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute secondo la disciplina del codice civile). Si ritiene generalmente in giurisprudenza che il procedimento preordinato alla irrogazione di sanzioni amministrative sfugga all'ambito di applicazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto, per la sua natura sanzionatoria, è compiutamente retto dai principi sanciti dalla l. 689/1981 (cfr., da ultimo, Cass. civ., Sez. II, 4 marzo 2015 n. 4363). I nuovi illeciti amministrativi. Trattamento sanzionatorio
Per gli illeciti che – tramite depenalizzazione cieca – derivano da reati puniti con la sola pena della multa o dell'ammenda, la sanzione amministrativa pecuniaria è determinata in via generale, parametrandola sull'importo della precedente sanzione penale. In particolare, ai sensi dell'art. 1, comma 5 del decreto, la nuova forbice edittale si estende: a) da € 5.000 ad € 10.000, per i reati già puniti con multa o ammenda non superiore nel massimo ad € 5.000; b) da € 5.000 ad € 30.000, per i reati già puniti con multa o ammenda non superiore nel massimo ad € 20.000; c) da € 10.000 ad € 50.000, per i reati già puniti con multa o ammenda superiore nel massimo ad € 20.000. Qualora sia invece prevista una pena pecuniaria proporzionale, anche senza la determinazione dei limiti minimi o massimi, la sanzione amministrativa pecuniaria è pari all'ammontare della multa o dell'ammenda ma non può, in ogni caso, essere inferiore ad € 5.000, né superiore ad € 50.000. Le sole violazioni degli artt. 668 c.p. e art. 171-quater, l. 633/1941, qualora connotate da “recidiva” (rectius, da reiterazione, secondo la terminologia della legge 689/1981, fatta propria anche dall'art. 4 del decreto), sono ulteriormente colpite dalla sanzione amministrativa accessoria obbligatoria della sospensione della concessione, della licenza, dell'autorizzazione o di altro provvedimento amministrativo che consenta l'esercizio dell'attività da un minimo di dieci giorni a un massimo di tre mesi. In tali casi, è esclusa altresì la possibilità di essere ammessi al pagamento in misura ridotta ex art. 24, l. 689/1981. Il Governo, come illustrato nella citata relazione, ha ritenuto non coperta dalla delega l'ipotesi di sanzioni accessorie per gli illeciti risultanti dalla clausola generale di depenalizzazione cieca. La scelta operata dal decreto ha comportato la necessità di una disposizione di coordinamento (contenuta nell'articolo 5) per disciplinare le ipotesi in cui la fattispecie aggravata punita con pena detentiva sia fondata sulla ripetizione della condotta. Si è, dunque, disposto che in tali ipotesi la "recidiva" vada intesa quale reiterazione dell'illecito depenalizzato definitivamente accertato. A titolo esemplificativo, la norma è destinata ad operare con riguardo all'articolo 116, comma 15, del codice della strada, che punisce con la sola pena pecuniaria la condotta di guida senza patente (pertanto, depenalizzata in forza dell'articolo 1 del decreto) e che contempla, poi, la pena dell'arresto fino ad un anno nel caso di recidiva nel biennio. Diritto intertemporale
La legge delega non prevede una disciplina transitoria. I principi generali sull'efficacia della legge nel tempo (art. 11, comma 1, preleggi, art. 25, comma 2, Cost.; art. 2 c.p., art. 1 l. 689/1981) imporrebbero, prima facie, di ritenere che il reato commesso non sia più sanzionabile se successivamente depenalizzato. Tuttavia, in ossequio ad esigenze sostanziali di tutela e di parità di trattamento, si è scelto di dare rilievo preminente alla nozione di omogeneità della natura dell'illecito penale e di quello amministrativo convergenti in un più ampio “diritto punitivo” come delineata dalla giurisprudenza della Corte Edu (cfr. anche Corte cost., 11 marzo 2014, n. 104). Di conseguenza, la depenalizzazione di reati degradati a illeciti amministrativi ha dato luogo sostanzialmente ad una successione di leggi, retta dal principio di retroattività in mitius, pienamente realizzato dall'applicazione retroattiva delle più favorevoli sanzioni amministrative in luogo di quelle originarie penali, nei termini di cui all'art. 8 del decreto (consonanti a quanto già statuito dagli artt. 100-102 del citato d.lgs. 507/1999). Le nuove sanzioni amministrative si applicano, dunque, anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto, sempre che il procedimento penale non sia stato già definito con sentenza o con decreto irrevocabili (nel qual caso, invece, il giudice dell'esecuzione, ex art. 667, comma 4, c.p.p., revoca la sentenza o il decreto, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adottando i provvedimenti conseguenti). Mancato esercizio della delega
In ordine ad alcuni reati particolarmente spinosi nella discussione politica (più forse che nella concreta applicazione pratica) e forieri di tensioni nella maggioranza, il Governo ha preferito non dare seguito alla delega ricevuta, lasciando, come detto dal guardasigilli, aperta una finestra per una riflessione al Parlamento. La novella ha dunque lasciato immutato, pur in presenza di esplicito mandato, i reati previsti dagli artt. 10-bis, d.lgs. 286/1998 (Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato) e 659 c.p. (Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone). La relazione governativa anticipa eventuali sospetti di un'infedeltà alla delega passibile di censure di incostituzionalità, sottolineando come ciascuna previsione di depenalizzazione abbia autonomia strutturale rispetto all'intero contesto di prescrizioni impartite al legislatore delegato (a cui l'ordinamento concede precise opzioni di opportunità politica). La ritualità del parziale recepimento della delega trova in effetti conferma nelle pronunce della Consulta che ammettono la frazionabilità dell'esercizio della delega (cfr. Corte cost. 18 dicembre 1974, n. 41, che ha ritenuto non fondate le censure per l'attuazione soltanto parziale della delega, da tale circostanza potendo semmai derivare una responsabilità politica del governo verso il parlamento, quando la delega abbia carattere imperativo, ma non anche la illegittimità costituzionale delle norme). In conclusione
È sicuramente condivisibile l'obiettivo preso di mira dal legislatore, registrando un maturato e condiviso mutamento della percezione sociale: individuare sanzioni che abbiano in concreto un elevato potere dissuasivo rispetto alla commissione dell'illecito, per ovviare alla espansione ormai ipertrofica del diritto penale ed al conseguente svilimento del processo e della pena. Si è già rammentato, peraltro, come questa recente depenalizzazione si ponga sulla scia di altri interventi analoghi, anche di portata assai più cospicua, purtroppo sovente affiancati dalla opposta contestuale tendenza a corredare sistematicamente la violazione dei precetti legislativi con la sanzione penale (basta soppesare un qualsiasi repertorio delle leggi penali speciali…), sul presupposto – errato, come ormai è opinione comune – che fosse sempre la risposta fornita di maggior deterrenza. In una simile ottica di inflazione e ottundimento dello strumento processuale penale, appare quindi lecito dubitare dell'efficacia di una depenalizzazione tanto consapevolmente moderata. Non sembra plausibile un effettivo snellimento di qualche apprezzabile entità sull'oberata giurisdizione penale, sia pure tenendo presente anche la parallela depenalizzazione, a cui si è già fatto cenno, con trasformazione di ulteriori reati in illeciti civili. In ogni caso ed ovviamente, il successo della riforma, anche in questi ristretti limiti applicativi, appare ineludibilmente legato alla risposta dei competenti plessi amministrativi: essa non dovrà rivelarsi inadeguata nei tempi e nei contenuti (al pari di ciò che può ipotizzarsi per l'altro recente provvedimento che ha esteso l'area della rilevanza esclusivamente amministrativa di condotte già costituenti reato: la riforma del diritto penale tributario introdotta dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158). Cascame secondario (ma forse non disprezzabile in tempi di spending review) è la previsione, evidenziata nella relazione tecnica, relativa alle ricadute del testo normativo sul bilancio dello Stato, che si avrà un maggior gettito a favore dell'erario, peraltro non quantificabile. È auspicabile che l'impegno della pubblica amministrazione nel recuperare queste somme consegua esiti migliori rispetto a quanto sinora è accaduto per le pene pecuniarie e le spese di giustizia. In ogni caso, in difetto di sanzioni accessorie di generale applicazione, chi non ha beni al sole aggredibili non troverà altro spauracchio che la propria coscienza… Si può supporre, concludendo, che, dalla mancata assunzione di responsabilità del legislatore e dal fertile dibattito giuridico-culturale in sottofondo, trovi impulso una (ennesima) attività di supplenza degli operatori pratici, mediante i consueti strumenti ermeneutici (tra i quali, adesso, anche l'istituto di nuovo conio, ex art. 131-bis c.p., dell'estinzione per particolare tenuità del fatto). Nella speranza che non ci si abbia poi a lamentare di quanto faranno, o saranno costretti a fare, i magistrati giudicanti su sollecitazione delle parti ed in contraddittorio con queste. |