L’opposizione dei creditori alla fusione transfrontaliera intraeuropea: sistema italiano e francese a confronto

Sara Buonomo
18 Aprile 2017

Il presente contributo analizza il tema della protezione dei creditori sociali nel quadro di una fusione transfrontaliera intraeuropea. Dopo una presentazione della direttiva 2005/56/CE relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali, ci si soffermerà sulle regole applicabili all'opposizione dei creditori sociali alla fusione. Allo scopo di mostrare le differenze tra i diversi sistemi di opposizione adottati dagli Stati membri, si confronteranno l'Italia e la Francia, le cui regole si pongono su piani opposti e rappresentano in maniera efficace i due approcci che attualmente convivono sul territorio dell'Unione.
La direttiva n. 2005/56/CE sulle fusioni transfrontaliere

Lo sviluppo degli scambi tra Stati membri dell'Unione ha condotto ad una sempre maggiore necessità di armonizzare le legislazioni nazionali in materia di fusioni. Malgrado le crescenti esigenze, la realizzazione di tale armonizzazione ha avuto un cammino particolarmente lento che, come si avrà modo di mostrare, a tutt'oggi non ha ancora raggiunto un punto di arrivo pienamente soddisfacente. Dopo una prima direttiva pubblicata nel 1978 su l'armonizzazione delle legislazioni nazioni in tema di fusioni interne (direttiva 78/855/CE), si è dovuto attendere il 2005 perché fosse approvata una direttiva sulle fusioni transfrontaliere. La direttiva (2005/56/CE, attuata in Italia con D.Lgs 30 maggio 2008, n. 108) si applica alle fusioni di società di capitali costituite in conformità della legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l'amministrazione centrale o il centro di attività principale nella Comunità, a condizione che almeno due di esse siano soggette alla legislazione di Stati membri diversi. L'approccio utilizzato dal legislatore europeo é, da un lato, quello di delineare i principi fondamentali di un'unica procedura-quadro comune a tutti gli Stati membri e, dall'altro, di lasciare che, per la disciplina di specifici aspetti dell'operazione, si continui ad applicare ad ogni società la propria legge nazionale sulle fusioni interne, nei limiti in cui questa non contrasti con quanto previsto dalla normativa europea.

Per quanto riguarda le regole comuni a tutti gli Stati membri, il procedimento di fusione previsto dalla direttiva è ripartito in quattro fasi essenziali:

  • La predisposizione di un progetto di fusione transfrontaliera.
  • La preparazione di una relazione da parte degli organi direttivi delle società partecipanti, volto ad illustrare gli aspetti giuridici ed economici dell'operazione.
  • La preparazione di una relazione da parte di esperti indipendenti sulle conseguenze della fusione.
  • L'approvazione da parte di ciascuna assemblea dei soci del progetto di fusione.

Tra gli aspetti lasciati invece alla discrezionalità dei singoli Stati membri rientrano la designazione dell'autorità competente per il controllo del procedimento decisione e per la realizzazione della fusione (magistrato, notaio o altra autorità designata dallo Stato membro interessati), le regole riguardanti i diritti dei lavoratori delle società coinvolte nell'operazione e le regole sulla protezione dei creditori sociali.

Protezione dei creditori: la competenza lasciata ai singoli Stati membri

La protezione dei creditori sociali rientra tra gli aspetti della fusione transfrontaliera che la direttiva europea ha lasciato alla competenza dei legislatori di ciascun Stato membro dell'Unione europea.

In caso di fusione tra società di diversi Stati membri, non é pertanto possibile limitarsi all'esame della normativa europea o a quello della propria disciplina nazionale ma é necessario conoscere anche la legislazione applicabile alla società con cui ci si appresta a realizzare l'operazione in questione. Inoltre, la conoscenza dell'insieme delle disposizioni applicabili a tutte le società partecipanti all'operazione consente maggiore esattezza nella pianificazione del calendario della fusione e maggiore attendibilità nella previsione delle spese necessarie per la realizzazione della stessa.

L'esame comparato delle scelte predisposte dall'ordinamento italiano e da quello francese nel disciplinare l'opposizione dei creditori alla fusione, risulta senza dubbio efficace nel mostrare le differenze in cui è possibile imbattersi, le quali toccano aspetti di non poca rilevanza, quali le modalità dell'opposizione e gli effetti della stessa sulla procedura di fusione.

Le nozioni di “opposizione” e di “creditori legittimati” all'opposizione

Quanto alla natura dell'opposizione, né il legislatore italiano né quello francese indicano espressamente se possa intendersi come tale un qualunque atto del creditore, anche stragiudiziale, idoneo a manifestare chiaramente la propria contrarietà all'operazione o se invece essa debba intendersi nel senso più ristretto di sola opposizione giudiziale.

Senza entrare nell'articolato dibattito dottrinale sul punto è utile ricordare che la giurisprudenza di entrambi i Paesi tende pragmaticamente a riconoscere all'opposizione la natura di atto giudiziale, da proporre davanti al tribunale nella cui circoscrizione ha sede la società.

In entrambi i Paesi, l'opposizione é riconosciuta solo ai creditori anteriori all'iscrizione del progetto di fusione nel registro delle imprese della società debitrice. Quanto al tipo di credito idoneo a legittimare il titolare ad opporsi alla fusione, in Italia é possibile rilevare un orientamento della giurisprudenza di merito favorevole ad ammettere, oltre ai titolari di un credito certo, liquido e esigibile, anche i creditori privilegiati o ipotecari, i titolari di un credito eventuale o in contestazione ed i titolari di un credito sottoposto a termine o condizione o derivante da un rapporto in corso di esecuzione. In Francia, la giurisprudenza appare più restia a riconoscere l'opposizione per i titolari di crediti eventuali o non ancora venuti a scadenza al momento dell'iscrizione del progetto di fusione nel registro delle imprese. Tuttavia una parte della dottrina francese resta critica verso questo orientamento restrittivo, in quanto in contrasto con lo scopo della direttiva sulle fusioni interne di tutelare tutti i crediti non scaduti al momento della registrazione.

I differenti effetti dell'opposizione alla fusione

Quanto alle conseguenze dell'opposizione dei creditori in caso di fusione é utile ricordare che tra Stati membri dell'Unione Europea esiste una netta distinzione tra Paesi per cui l'opposizione dei creditori comporta il blocco dell'intera operazione (sebbene con alcune eccezioni e temperamenti alla regola) e Paesi in cui l'opposizione ha il solo effetto di rendere l'operazione inopponibile ai creditori.

Tale dualismo si ritrova esattamente nel confronto tra le scelte assunte dal legislatore italiano e da quello francese.

Tra i due Paesi, l'Italia é quello che ha assunto una posizione maggiormente favorevole ai creditori sociali. Al fine di proteggere la garanzia patrimoniale di soggetti terzi, l'art. 2503 c.c. prevede la possibilità per questi di opporsi all'operazione in questione laddove la stessa risulti per loro pregiudizievole ed in particolare il potere di bloccare l'intera operazione di fusione qualora la società debitrice non sia in grado di pagare il proprio debito o prestare adeguata garanzia. Lo scopo di tale sistema é proteggere la posizione dei terzi creditori rispetto alle conseguenze patrimoniali di una decisione su cui loro non possono incidere ma da cui potrebbero essere toccati in maniera determinante, dal momento che il patrimonio della società risultante dalla fusione potrebbe non essere più idoneo a soddisfarli. Tre sono dunque le possibilità per evitare che un'opposizione impedisca la fusione:

  • Il pagamento del creditore opponente;
  • La fornitura da parte della società debitrice di una idonea garanzia, generalmente una fideiussione bancaria;
  • L'accertamento da parte del giudice investito dell'opposizione che la fusione non costituisca un pregiudizio per il creditore.

Nonostante la ratio della protezione dei creditori sociali sia condivisa dal legislatore francese, quest'ultimo ha assunto una posizione differente dal legislatore italiano, prevedendo espressamente all'articolo L 236-14 del Code de Commerce che «L'opposition formée par un créancier n'a pas pour effet d'interdire la poursuite des opérations de fusion». In altri termini, secondo la legge francese, l'opposizione non impedisce la realizzazione dell'operazione ma ha come unico effetto quello di rendere la stessa non opponibile ai creditori che hanno agito per contestarla.

In caso di fusione tra una società italiana ed una francese, il differente approccio legislativo dei due Stati membri può risultare un vantaggio o uno svantaggio a seconda del punto di vista da cui lo si analizza. Dalla prospettiva di una società italiana, il fatto che i creditori dell'altra società coinvolta non abbiano il potere di bloccare l'intera operazione può risultare un indubbio vantaggio in quanto riduce considerevolmente i rischi di insuccesso, i tempi e i costi dell'operazione. E' altrettanto vero che l'operatore italiano interessato alla fusione dovrà comunque considerare che dopo aver portato a termine la fusione l'operazione resterà inopponibile ai creditori della società francese che si sono opposti ma che non hanno ottenuto né il pagamento del debito né una idonea garanzia.

Per quanto riguarda la prospettiva della società francese, non sembra irragionevole immaginare che il potere di impedire il perfezionamento dell'intera operazione di fusione che la legge italiana concede ai creditori, possa rappresentare una preoccupazione per la buona riuscita della stessa.

Le differenti modalità dell'opposizione alla fusione

Per quanto riguarda le modalità di esercizio dell'opposizione dei creditori, é interessante osservare che in Italia l'art. 2503 c.c. prevede che la fusione possa essere attuata solo dopo sessanta giorni dall'ultima delle iscrizioni previste dall'art. 2502-bis, ovvero dal deposito della deliberazione di fusione affinché la stessa sia inscritta nel registro delle imprese.

Per quanto riguarda la Francia, i termini per l'opposizione si dimezzano, passando da 60 a soli 30 giorni. I creditori sociali avranno tempo per presentare opposizione alla fusione entro e non oltre 30 giorni dall'ultima delle iscrizioni del progetto di fusione nel registro delle imprese.

Oltre ai differenti termini per fare opposizione, dal confronto tra le due norme osserviamo anche una differenza circa la decorrenza di tali termini. In Italia i 60 giorni decorrono dal deposito della deliberazione di fusione e, quindi, successivamente all'assemblea dei soci che approva l'operazione. In Francia i 30 giorni decorrono invece dall'iscrizione del progetto di fusione, la quale deve essere effettuata almeno 30 giorni prima della tenuta dell'assemblea dei soci.

Anche in questo caso le differenze tra il sistema italiano e francese possono essere considerate dalle due diverse prospettive.

La maggiore brevità dei termini predisposti dal legislatore francese e il fatto che gli stessi decorrano prima dell'assemblea che approva il progetto di fusione possono risultare all'interlocutore italiano degli indubbi vantaggi in termi di rapidità e minori costi. D'altra parte, il fatto che i creditori della società italiana abbiano 60 giorni dopo che la fusione é già stata approvata per poter opporsi e bloccare l'intera operazione, potrebbe essere visto agli occhi del partner francese come un ulteriore motivo di diffidenza verso la possibilità di realizzare l'operazione nel modo più efficace e veloce possibile.

Verso un'armonizzazione delle regole di protezione dei creditori?

Nel 2014 la Commissione europea ha lanciato una consultazione pubblica finalizzata ad ottenere dagli Stati membri delle proposte per la riforma della direttiva sulle fusioni transfrontaliere e a cui gli intervistati (entità statali, società private, professionsiti, camere di commercio e associazioni di imprese) hanno risposto in massa, unico assente il Portogallo.

Quello che emerge dai risultati della consultazione, pubblicati dalla Commissione nell'ottobre del 2015, é un generale e forte desiderio di maggiore armonizzazione sul tema delle fisioni transfrontaliere da parte di tutti gli operatori del settore.

Per quanto riguarda la protezione dei creditori é interessante analizzare le proposte contenute nei quesiti della Commissione su questa specifica questione.

La consultazione chiedeva di esprimere la propria preferenza sui punti seguenti:

1) L'opportunità o meno di una maggiore armonizzazione.

2) Il migliore approccio di armonizzazione tra tre soluzioni possibili: (i) una armonizzazione totale, (ii) una scelta tra due opzioni disciplinate a livello europeo e (iii) un approccio “open menu” con possibilità di scegliere tanto le soluzioni fornite dal diritto europe che altre soluzoni.

3) Il tipo di diritti da riconoscere ai creditori opponenti, tra: (i) il diritto di bloccare la fusione, (ii) di domandare una garanzia, (iii) di chiedere al Giudice di domandare alla società debitrice una garanzia, (iv) altri diritti.

In sintesi, quello che é emerso dalle risposte fornite è stato che l'80% degli intervistati si é detto favorevole ad una maggiore armonizzazione, il 70% dei quali si é espresso in favore di un approccio di armonizzazione totale scartando gli approcci “doppia scelta” e “open menu”. Infine l'83% degli intervistati si é espresso in favore del diritto dei creditori opponenti di domandare alla società idoenee garanzie ma solo il 12% degli intervistati é risultato favorevole a riconoscere ai creditori il diritto di bloccare la fusione.

Sembrerebbe dunque che il sistema italiano (utilizzato anche in altri Stati membri quali Austria, Spagna, Paesi Bassi e Regno Unito) incontri lo sfavore di una larga fetta degli operatori del settore. Dati i risultati della consultazione ci si potrebbe dunque aspettare ragionevolmente che la futura, e si spera ormai non troppo lontana, riforma della direttiva del 2005 provveda finalmente ad armonizzare le regole sulla protezione dei creditori eliminando per tutti la possibilità di bloccare l'operazione, come accade già nel sistema “alla francese”.

Tuttavia, pare opportuno segnalare che un progetto di rapporto della Commissione Affari giruidici del Parlamento Europeo (2016/2065(INI) é stato pubblicato nel dicembre 2016 proprio per fare un punto sui risultati della consultazione e formulare delle proposizioni di risoluzioni al Parlamento europeo. Anche dal rapporto emerge chiaramente la volontà di riforma della direttiva in senso favorevole a una maggiore armonizzazione delle regole attualmente in vigore.

Tuttavia tra le questioni che il documento espressamente indica come bisognevoli di maggiore armonizzazione non é citata la protezione dei creditori, che invece é menzionata al punto 10 tra le questioni che necessitano di miglioramenti (“améliorations”) ed in ogni caso solo in relazione alla durata e alla data di inizio del periodo di protezione, senza precisioni su una possibile armonizzazione dei diritti spettanti ai creditori.

Se il mancato riferimento alla necessità di un'armonizzazione dei diritti dei creditori sia stata una scelta o se essa sia stata intesa implicitamente nella più ampia nozione di “armonizzazione massima dei criteri che inquadrano gli effetti delle fusioni” é una questione per il momento in attesa di risposta.

In conclusione

Pur essendo in vigore una direttiva europea volta ad armonizzare il regime delle fusioni transfrontaliere tra differenti stati dell'UE, esistono ancora spazi troppo ampi lasciati alla discrezionalità dei legislatori nazionali. Tra questi di particolare importanza é quello riguardante la protezione dei creditori sociali nel quadro dell'operazione di fusione.

Dall'esame dei regimi italiano e francese é possibile rilevare che i due Paesi, esponenti di due differenti approcci di tutela dei creditori sociali, differiscono tanto nella determinazione delle modalità e dei tempi dell'opposizione, quanto e soprattutto negli effetti che l'opposizione stessa può avere sull'operazione in corso. In linea generale il sistema italiano si presenta più protettivo dei creditori sociali rispetto a quello francese, attribuendo ai creditori la possibilità di impedire la realizzazione della fusione, laddove in Francia tale possibilità é espressamente esclusa e l'opposizione può avere come massimo effetto solo quello di non essere opponibile ai creditori.

Il confronto italo-francese evidenzia una falla nel sistema attualmente in vigore, e cioè i rischi di conflitto tra leggi di Stati membri differenti, con relative conseguenze sulla effettiva realizzabilità dell'operazione. Questo è sicuramente uno dei principali motivi per cui tale complesso sistema di fonti é oggi al centro di forti critiche da parte della quasi totalità degli Stati dell'Unione europea, i quali reclamano a gran voce una riforma della direttiva in vigore.

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