Fusione: disciplina generale

Mariangela Renzulli
18 Ottobre 2018

La fusione è un'operazione straordinaria attuata mediante un procedimento complesso articolato in più fasi, all'esito del quale due o più società confluiscono in un unico ente collettivo, preesistente o di nuova costituzione.Finalità tipica di tale operazione, specie quando vi partecipano società indipendenti, è realizzare una concentrazione, economica e giuridica, tra imprese per creare un'organizzazione con maggiori dimensioni aziendali ed una rafforzata posizione sul mercato, migliorare l'efficienza produttiva contenendo i costi ed, eventualmente, limitare la concorrenza.
Inquadramento

La fusione è un'operazione straordinaria attuata mediante un procedimento complesso articolato in più fasi, all'esito del quale due o più società confluiscono in un unico ente collettivo, preesistente o di nuova costituzione.

Finalità tipica di tale operazione, specie quando vi partecipano società indipendenti, è realizzare una concentrazione, economica e giuridica, tra imprese per creare un'organizzazione con maggiori dimensioni aziendali ed una rafforzata posizione sul mercato, migliorare l'efficienza produttiva contenendo i costi ed, eventualmente, limitare la concorrenza.

L'istituto, disciplinato dagli artt. 2501 e seguenti del codice civile, è stato introdotto nel 1991 con il d.lgs. n. 22, emanato in attuazione delle Direttive del Consiglio delle Comunità Europee n. 78/855 (c.d. Terza Direttiva del 9 ottobre 1978) e n. 82/891 (c.d. Sesta Direttiva del 17 dicembre 1982). L'attuale disciplina è tuttavia il risultato dell'intervento di riforma del 2003, di cui al decreto legislativo n. 6 che, in attuazione dei principi imposti dalla legge delega n. 366/2001, nonché nel rispetto dei vincoli di derivazione comunitaria, pur lasciando inalterati i tratti essenziali dell'istituto, ne ha precisato il procedimento, semplificandolo in alcune particolari ipotesi. Ulteriori semplificazioni sono state apportate nel 2012. Inoltre il d. lgs. n. 108/2008 ha regolato la fusione transfrontaliera.

Forme, effetti e limiti della fusione

La fusione, ai sensi dell'art. 2501 c.c., può eseguirsi mediante la costituzione di una nuova società che si sostituisce alle società partecipanti all'operazione (fusione in senso stretto) o mediante l'assorbimento di una o più società in una società preesistente (fusione per incorporazione).

La fusione può, inoltre, avvenire tra società dello stesso tipo (fusione omogenea) o tra società di tipo diverso ed, entro limiti ben definiti, tra società ed enti di altra natura (fusione eterogenea). Quanto alle fusioni omogenee, superati gli iniziali dubbi in ordine alla possibilità di partecipazione al procedimento per le società semplici, il cui regime pubblicitario risulta attualmente compatibile con il rispetto degli adempimenti formali essenziali per il completamento dell'iter ed oggi espressamente prevista dall'art. 2502-bis c.c., continua ad essere risolta in senso negativo la questione relativa alla partecipazione all'operazione in commento di società di fatto ed irregolari, la cui mancanza di iscrizione nel registro delle imprese risulterebbe preclusiva per il rispetto degli obblighi pubblicitari previsti dalla disciplina del procedimento di fusione.

Quanto, invece, alla fusione eterogenea, per effetto delle modifiche apportate in tema di trasformazione nonché della circostanza che la fusione tra società ed enti di natura diversa implichi, di fatto, preliminarmente, tale tipo di operazione, si è concluso per la sua ammissibilità in tutti i casi in cui il legislatore prevede la possibilità di trasformazione eterogenea, ovvero tra le società dei capi V, VI e VII del titolo V e i consorzi, le società consortili, le cooperative, le comunioni d'azienda, le associazioni non riconosciute e le fondazioni.

1.1 Superato il più tradizionale inquadramento dell'istituto quale fenomeno estintivo (Cass. civ., 21 agosto 1996, n. 7704, in Nuova Giur. Civ., 1998, I, 383), tipico della fusione deve ritenersi lo scopo di unificazione e continuazione dell'attività delle società partecipanti. Non comportando, infatti, la definizione dei rapporti sociali in capo a queste ultime né la formazione di un nuovo contratto sociale, esso viene configurato quale mera modificazione dei contratti originari implicante unicamente la prosecuzione dell'attività sociale con una struttura patrimoniale diversa da quella originaria.

I patrimoni delle diverse società vengono, dunque, a compenetrarsi tra loro, formando un unico patrimonio, imputato ad una sola società al cui capitale si ricollegano tutte le partecipazioni sociali.

La continuità nei rapporti opera, altresì, sul piano processuale, onde la intervenuta fusione non può più costituire, a norma degli artt. 110, 299 e 300 c.p.c., causa di interruzione del processo in cui sia parte una società partecipante (Cass. civ., 23 giugno 2006, n. 14526, in Soc., 2006, 11, 1381).

In evidenza: la fusione quale vicenda meramente evolutivo-modificativa

La fusione fra società ex art. 2501 e ss. non comporta l'estinzione di un soggetto e la correlativa creazione di un diverso soggetto, ma si risolve in una vicenda meramente evolutiva-modificativa dello stesso soggetto, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo, e non determina pertanto la perdita della capacità processuale della società incorporata né, quindi, l'interruzione del processo ai sensi dell'art. 300 c.p.c. (Cass. S.U., 8 febbraio 2006, n. 2637, in Soc., 2006, 4, 459).

In caso di fusione per incorporazione, ai sensi degli artt. 2501 e segg. c.c., come modificati dal d.lgs. n. 6 del 2003, la società incorporata, in quanto coinvolta in una vicenda evolutiva-modificativa, con mutamento solo formale dell'organizzazione societaria già esistente, non si estingue e, sopravvivendo in tutti i suoi rapporti, anche processuali, resta legittimata all'impugnazione dei provvedimenti giurisdizionali di cui è parte (Cass., Sez. Lavoro, 16 settembre 2016, n. 18188)

Con l'intervento di riforma del 2001, oltre ad essere state individuate forme “semplificate” di fusione, è stato eliminato il preesistente limite, posto dal secondo comma dell'art. 2501 c.c., che impediva la partecipazione all'operazione alle società sottoposte a procedure concorsuali, limite che attualmente permane per le sole società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell'attivo.

Proprio in considerazione di tale limite, appare evidente che per la fusione di società sottoposte a procedure concorsuali dovrà in ogni caso essere valutata la compatibilità con lo stato e la finalità della procedura stessa con un giudizio da effettuare caso per caso, che risulterà per lo più positivo con riferimento alle procedure a carattere non liquidatorio, volte al risanamento ed alla ristrutturazione aziendale, ma che, invece, condurrà tendenzialmente ad una valutazione di incompatibilità nei casi di procedure liquidatorie che presuppongono uno stato di insolvenza.

La disciplina codicistica dettata per la fusione trova applicazione, ai sensi del D.Lgs. 30 maggio 2008 n. 108, di attuazione della direttiva 2005/56/CE, anche alle fusioni cd. transfrontaliere, tra una o più società di capitali italiane ed una o più società di capitali di altro Stato membro la cui sede sociale o amministrazione centrale o centro di attività principale sia stabilito nella Comunità europea”, nonché alle fusioni «alle quali partecipino o risultino società diverse dalle società di capitali o società di capitali che non abbiano nella Comunità europea nè la sede statutaria, nè l'amministrazione centrale, nè il centro di attività principale, purchè l'applicazione della disciplina di recepimento della direttiva 2005/56/CE a tali fusioni transfrontaliere sia parimenti prevista dalla legge applicabile a ciascuna delle società di altro Stato membro partecipanti alla fusione medesima» (art. 2, commi 1 e 2).

Per le fusioni estranee al campo di applicazione del d.lgs. n. 108/2008, l'operazione tra una società italiana ed una straniera può avvenire solo se consentita anche dalla legge nazionale regolatrice della società straniera e sempre nel rispetto dei principi di entrambe le normative.

La prima fase del procedimento di fusione: il progetto

La redazione del progetto di fusione rappresenta la prima delle tre fasi in cui si articola il procedimento di fusione. Introdotto nel 1991 con il D.Lgs. n. 22, tale progetto, di contenuto identico per tutte le società partecipanti, assolve la principale funzione di garantire a soci e terzi una completa informazione preventiva in ordine agli elementi essenziali dell'operazione.

La redazione del progetto di fusione costituisce il momento di avvio ed il suo contenuto rappresenta il punto di riferimento dell'intero procedimento, dovendo ad esso necessariamente conformarsi la successiva delibera di approvazione e lo stesso atto di fusione. Ed infatti, nel rispetto della richiamata funzione informativa, l'art. 2502, comma 2, c.c. prevede che la decisione di fusione possa apportare al progetto le sole modifiche che non incidono sui diritti dei soci e dei terzi.

Ai sensi dell'art. 2501-ter c.c., la redazione del progetto di fusione rientra tra le competenze dell'organo amministrativo di ciascuna società partecipante e deve caratterizzarsi per un contenuto minimo, che è tuttavia nella facoltà degli amministratori integrare e rendere maggiormente analitico.

Preliminarmente, la norma individua quale necessaria l'indicazione dei dati delle società partecipanti alla fusione, richiedendone tipo, denominazione o ragione sociale e sede.

Al progetto va allegato l'atto costitutivo della società risultante dalla fusione o di quella incorporante, con le eventuali modificazioni rese necessarie in conseguenza della fusione. Laddove il progetto di fusione non indicasse le modifiche statutarie la sua approvazione non sarebbe sufficiente, rendendosi, in tal caso necessaria una successiva, distinta deliberazione di approvazione delle sole modifiche.

Nel progetto di fusione dovranno, inoltre, essere indicate le modalità di assegnazione delle quote o delle azioni delle società che risultano dalla fusione o dall'incorporazione, la data dalla quale le azioni o le quote partecipano alla distribuzione degli utili e la data a partire dalla quale le operazioni delle società partecipanti sono imputate al bilancio della società risultante dalla fusione. Da esso dovrà risultare, altresì, il trattamento eventualmente riservato a particolari categorie di soggetti possessori di titoli diversi dalle azioni ed i vantaggi eventualmente proposti a favore di soggetti cui compete l'amministrazione delle società partecipanti alla fusione.

Elemento centrale del progetto di fusione è, tuttavia, il rapporto di cambio delle azioni o delle quote, ovvero il rapporto matematico in base al quale le azioni o quote della società risultante dalla fusione o della incorporante verranno assegnate ai soci delle società partecipanti, nonché l'eventuale conguaglio in denaro, da corrispondere ai soci per evitare la formazione di resti, la cui misura non può, però superare il dieci per cento del valore nominale delle azioni o quote assegnate, al fine di evitare che i possessori di partecipazioni minime possano essere del tutto estromessi dalla società risultante dalla fusione.

Il rapporto di cambio è determinato sulla base di una valutazione comparativa del patrimonio delle società partecipanti - quale risultante dalla situazione patrimoniale aggiornata delle società coinvolte, predisposta dall'organo amministrativo ai sensi dell'art. 2501-quater c.c. - del valore di mercato delle azioni, delle prospettive di sviluppo e di reddito della società risultante dalla fusione ed è oggetto della relazione degli amministratori che accompagna il progetto di fusione ex art. 2501-quinquies c.c. Tale relazione, oltre ad illustrare e giustificare il progetto deve, infatti, indicare i criteri di determinazione del rapporto di cambio che, pur potendo essere connotato da ordinari margini di discrezionalità, che escludono dall'area del possibile controllo giudiziale ogni valutazione di merito o di convenienza economica, deve risultare congruo, ovvero frutto di una scelta ragionata, motivata e comunque non arbitraria.

La congruità del rapporto di cambio deve, peraltro, essere oggetto di una relazione redatta ex art. 2501-sexies c.c. da uno o più esperti per ciascuna società che esprima, altresì un parere sull'adeguatezza del metodo o dei metodi seguiti per la sua determinazione.

In evidenza: la congruità del rapporto di cambio

Nell'ambito del procedimento di fusione di cui agli articoli 2501 e seguenti c.c., la congruità del rapporto di cambio sussiste laddove i metodi prescelti, in relazione alle caratteristiche delle società partecipanti alla fusione, siano raccomandati dalle metodologie aziendalistiche di generale accettazione. Tali metodi dovranno poi essere applicati in modo trasparente e leggibile con puntuale illustrazione e giustificazione nei diversi passaggi e delle relative sequenze valutative (Trib. Prato, 4 Maggio 2011, in Dir. Fall., 2011, 5, 2, 560).

All'invalidità della deliberazione approvativa del progetto di fusione recante determinazione del rapporto di cambio incongrua consegue, ex art. 2504-quater c.c., la responsabilità diretta e a titolo contrattuale delle società partecipanti alla fusione, cui concorre quella indiretta degli amministratori (Trib. Milano, 27 novembre 2008, in Foro It., 2009, 9, 1, 2545).

Il progetto di fusione è depositato per l'iscrizione nel registro delle imprese del luogo ove hanno sede le società partecipanti all'operazione. L'iscrizione costituisce un momento determinante ai fini della eventuale opposizione alla deliberazione di fusione ex art. 2503 c.c., atteso che saranno legittimati a proporla i soli creditori ad essa anteriori.

Il progetto è inoltre depositato in copia, unitamente alla relazione degli amministratori e degli esperti, alle situazioni patrimoniali ed ai bilanci degli ultimi tre esercizi delle società partecipanti, presso le sedi di ciascuna di esse durante i trenta giorni che precedono l'assemblea e fino alla delibera di fusione; a tale termine i soci possono, tuttavia, rinunciare, con consenso unanime.

La seconda fase del procedimento di fusione: la decisione

I soci di ciascuna società partecipante all'operazione di fusione sono chiamati a valutare il progetto ed a decidere sulla sua approvazione sulla scorta delle situazioni patrimoniali relative a tutte le società partecipanti alla fusione, delle relazioni dell'organo di amministrazione e della relazione degli esperti. La relativa decisione, restando un atto interno, è revocabile fino alla stipula dell'atto di fusione, che ne costituisce esecuzione.

Superando la tradizionale impostazione dottrinale che propendeva per la assoluta immodificabilità del progetto, ritenendo ostativa all'omologazione la sua difformità rispetto alla delibera di approvazione (Corte d'Appello Roma, 25 giugno 2001, in Soc., 2001, 1210), l'art. 2502 c.c. espressamente prevede che lo stesso sia suscettibile di subire da parte dell'assemblea modifiche purché non incidenti sui diritti dei soci e dei terzi, onde è ritenuto non modificabile, tanto nell'interesse dei soci che dei creditori, il rapporto di cambio (peraltro è pacifica la sua modificabilità all'unanimità di tutti i soci, e v'è chi sostiene che in taluni casi il rapporto potrebbe essere modificato a maggioranza per essere reso congruo), l'eventuale conguaglio in denaro ed i vantaggi particolari che sono eventualmente proposti a favore dei soggetti cui compete l'amministrazione delle società partecipanti alla fusione.

Nel caso in cui una società approvi il progetto con modifiche, analoghe modifiche dovranno essere approvate da ciascuna società coinvolta nell'operazione con una deliberazione integrativa.

Il progetto di fusione è approvato, nelle società di persone, con il consenso della maggioranza dei soci calcolata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili e, nelle società di capitali, con le maggioranze previste per l'assemblea straordinaria.

L'art. 2502 c.c. consente, in ogni caso, che gli statuti possano prevedere quorum deliberativi più elevati nonché attribuire alla competenza dell'organo amministrativo, del consiglio di sorveglianza o del consiglio di gestione le deliberazioni concernenti la fusione nei casi previsti dagli artt. 2505 e 2505-bis c.c., ovvero nei casi di società interamente possedute o partecipate al 90% (art. 2365 c.c.).

Il diritto di recesso quale conseguenza dell'approvazione del progetto di fusione è espressamente riconosciuto in capo ai soli soci di società di persone e di s.r.l.; nelle s.p.a., invece, tale diritto opera per le sole fusioni eterogenee e qualora la decisione in ordine alla fusione finisca per integrare una delle ipotesi indicate dall'art. 2437 c.c. come cause di recesso. Strumento generale di tutela dei singoli soci che non siano stati in grado di impedire il perfezionamento dell'operazione è invece l'azione di risarcimento dei danni di cui all'art. 2504-quater, comma 2, c.c., qualora questi ricevano un danno dall'attuazione della fusione nonostante la ricorrenza di cause di invalidità o comunque in presenza di altre violazioni della normativa applicabile che rendono il danno risarcibile.

La delibera di fusione è soggetta ad iscrizione nel Registro delle Imprese da parte di ciascuna delle società che vi partecipano. A partire dall'ultima di tale iscrizione inizia a decorrere il termine di sessanta giorni entro il quale i creditori anteriori alla pubblicazione del progetto di fusione possono proporre opposizione, laddove ritengano che dalla unificazione dei patrimoni delle società coinvolte nell'operazione possa derivare loro pregiudizio.

Non è necessario attendere il decorso del termine di sessanta giorni per l'attuazione della fusione (cd. fusione anticipata) in presenza del consenso all'operazione di tutti i creditori legittimati all'opposizione ovvero in caso di pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso o di deposito delle corrispondenti somme presso una banca, nonché, infine, laddove la relazione di cui all'art. 2501-sexies sia redatta, per tutte le società partecipanti alla fusione, da un'unica società di revisione la quale asseveri, sotto la propria responsabilità che la situazione patrimoniale e finanziaria delle società partecipanti alla fusione rende non necessarie garanzie a tutela dei suddetti creditori.

L'opposizione dei creditori produce erga omnes effetti sospensivi della delibera assembleare di approvazione della fusione sino all'esito del relativo giudizio, salvo che il Tribunale non autorizzi l'operazione, previa prestazione da parte della società di idonea cauzione.

In evidenza: effetti dell'opposizione sulla decisione di fusione e valutazione giudiziale

La natura del contenzioso in tema di opposizione alla fusione da parte dei creditori comporta la sospensione dell'efficacia della decisione e, in caso di istanza cautelare volta ad ottenere l'autorizzazione a procedere all'operazione nonostante l'effetto sospensivo prodotto, implica la valutazione della fondatezza delle ragioni dell'opposizione, in particolare circa la sussistenza del rischio per il creditore opponente che la fusione deliberata faccia venir meno o affievolisca le possibilità di recupero del proprio credito. (Trib. Milano - Sez. Specializzata, 20 agosto 2015, in Soc., 2016, 846).

La conclusione del procedimento: l'atto di fusione ed i suoi effetti

L'atto di fusione, stipulato dai legali rappresentanti delle società partecipanti all'operazione in attuazione delle rispettive delibere assembleari che, unitamente al progetto di fusione, ne predeterminano il contenuto, è sempre redatto nella forma dell'atto pubblico e soggetto ad iscrizione, a cura del notaio o dei soggetti cui compete l'amministrazione della società risultante dalla fusione o di quella incorporante, entro trenta giorni nel registro delle imprese dei luoghi ove è posta la sede di tutte le società partecipanti alla fusione nonché di quella che ne risulta o della società incorporante, laddove diverso.

Dall'iscrizione presso il registro delle imprese del luogo ove ha sede l'incorporante o la società risultante dalla fusione che, ai sensi dell'art. 2504 ult. comma c.c., deve essere successiva a tutte le altre, iniziano a decorrere gli effetti della stessa, ovvero l'unificazione soggettiva e patrimoniale delle società partecipanti e la nascita di un nuovo soggetto giuridico, che subentra loro nei rispettivi diritti ed obblighi. A tale iscrizione viene, pertanto, attribuita natura costitutiva.

Per la sola fusione per incorporazione, è possibile prevedere all'interno del progetto una data successiva di decorrenza degli effetti, mentre la retrodatazione è ammessa dall'art. 2504-bis, comma 2, c.c., limitatamente alla partecipazione agli utili da parte dei soci delle società partecipanti all'operazione ed all'imputazione contabile delle operazioni da queste ultime compiute.

Una volta eseguite le iscrizioni dell'atto di fusione, la sua invalidità non può più essere pronunciata. Ed, infatti, atteso che detta iscrizione avviene al termine del procedimento di fusione, nel corso del quale diversi sono gli strumenti di tutela anticipata forniti al socio, in questa fase la richiamata previsione di cui all'art. 2504-quater c.c., attraverso la cd. "irregredibilità degli effetti organizzativi prodotti", intende garantire la tutela del pubblico affidamento e la conservazione dell'organismo risultante dalla fusione, il cui smembramento, oltre a compromettere la certezza dei traffici giuridici, rappresenterebbe un'operazione di non agevole realizzazione.

In evidenza: l'invalidità dell'atto di fusione secondo la giurisprudenza

La disposizione di cui all'art. 2504-quater c.c. pone una preclusione di carattere assoluto, che riguarda tanto il caso in cui si deducano vizi inerenti direttamente all'atto di fusione, quanto l'ipotesi in cui i vizi concernano il procedimento di formazione dell'atto e della sua iscrizione (Cass. 20 dicembre 2005 n. 28242, in Soc. 2006, 449].

Con l'iscrizione della fusione resta sanato ogni vizio precedente, in quanto il termine «invalidità» (utilizzato nell'art. 2504-quater) è comprensivo di ogni ipotesi di vizio dell'atto ed include i vizi di nullità ed annullabilità fatti valere in concreto, nonché i casi di inefficacia (Trib. Milano 11 gennaio 2007, in Soc. 2008, 481).

Quando l'iscrizione di un atto di fusione nel registro delle imprese sia avvenuta in base a una sequenza procedimentale priva di significative e riconoscibili anomalie esteriori, pur se si voglia (e nei limiti in cui si possa) ipotizzare una ragione d'inesistenza giuridica di una delle deliberazioni assembleari propedeutiche assunte dalle società interessate all'operazione, non ne consegue la giuridica inesistenza anche dell'atto di fusione ormai iscritto nel registro, e resta perciò esclusa la possibilità di impugnarlo al fine di farne venir meno gli effetti o di mettere in discussione gli effetti da esso già prodotti. (Cass. 1 giugno 2012, in Guida al diritto, 31/2012, 50)

Alla rigidità del disposto dell'art. 2504-quater, comma 1, c.c. fa da contrappeso il riconoscimento della tutela risarcitoria, volta a tenere indenne il socio da ogni conseguenza pregiudizievole che a costui derivi dalla esecuzione della deliberazione invalida.

La società incorporante deve riportare nel primo bilancio successivo alla fusione le attività e le passività provenienti dalle società incorporate sulla base dei valori risultanti dalle situazioni contabili di chiusura delle stesse, secondo il principio della continuità dei valori.

Il bilancio così redatto può, tuttavia, non riflettere il valore reale del patrimonio della società risultante dalla fusione tutte le volte in cui vi è un cd. avanzo o disavanzo di fusione, ovvero una “differenza contabile” tra il patrimonio netto delle società incorporate e il valore dell'aumento del capitale sociale dell'incorporante o il valore delle partecipazioni detenute dalla incorporante nelle incorporate.

Le fusioni semplificate

Il complesso procedimento di fusione illustrato può subire rilevanti semplificazioni in talune, particolari ipotesi disciplinate dal legislatore agli artt. 2505, 2505 bis e 2505 quater c.c., ovvero nel caso di società interamente possedute, di società possedute al novanta per cento e di fusioni cui non partecipano società con capitale rappresentato da azioni.

In tale ultima ipotesi le principali deroghe al procedimento di fusione sono costituite dall'inapplicabilità del divieto di partecipazione all'operazione da parte di società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell'attivo nonchè del limite del dieci per cento al conguaglio in denaro ed, infine, dal dimezzamento dei termini prescritti tra l'iscrizione del progetto e la data fissata per la decisione di fusione, per il deposito presso la sede delle società dei documenti di cui all'art. 2501-septies e per l'esecuzione della fusione.

Ai sensi dell'art. 2505 c.c., invece, in caso di fusione per incorporazione di una società in un'altra che possiede tutte le azioni o tutte le quote della prima è possibile omettere nel progetto di fusione le indicazioni relative al rapporto di cambio, all'eventuale conguaglio in denaro, alle modalità di assegnazione delle azioni o delle quote della società che risulta dalla fusione o di quella incorporante nonché alla data dalla quale le azioni o le quote parteciperanno alla distribuzione degli utili. Ulteriore deroga è costituita dalla inapplicabilità dell'art. 2501 sexies c.c., onde non è necessaria la redazione delle relazioni dell'organo amministrativo e degli esperti.

In tali ipotesi, se l'atto costitutivo o lo statuto lo prevedono ed i soci della società incorporante che rappresentano almeno il cinque per cento del capitale sociale non chiedono che la decisione di approvazione della fusione sia adottata dall'assemblea, la stessa può essere oggetto di deliberazione, risultante da atto pubblico, dei rispettivi organi amministrativi, sempre che sia garantita la corretta informazione dei terzi mediante il rispetto, da parte di ognuna delle società partecipanti alla fusione, delle previsioni inerenti la redazione del progetto di fusione ed il deposito presso la sede sociale o nel sito internet della stessa, della documentazione richiesta dalla legge per lo svolgimento della procedura.

Analoga deroga alla competenza assembleare è prevista nell'ipotesi in cui l'incorporante possieda almeno il novanta per cento del capitale della incorporata; in tale fattispecie, tuttavia, la inapplicabilità delle previsioni in tema di relazione degli amministratori e degli esperti resta subordinata alla attribuzione agli altri soci della società incorporata del diritto di far acquistare le loro azioni o quote dalla società incorporante per un corrispettivo determinato alla stregua dei criteri previsti per il recesso.

Riferimenti

Normativi:

  • Artt. 2501 ss. c.c.
  • D.Lgs. 30.5.2008 n. 108

Giurisprudenza:

  • Cass. civ. Sez. lavoro, 16 settembre 2016, n. 18188
  • Cass. civ., 23 giugno 2006, n. 14526
  • Cass. S.U., 8 febbraio 2006, n. 2637
  • Cass. 20 dicembre 2005 n. 28242
  • Trib. Milano - Sez. spec. in materia di imprese, 20 agosto 2015, in Soc., 2016, 7, 846
  • Trib. Prato, 4 Maggio 2011, in Dir. Fall., 2011, 5, 2, 560
  • Trib. Milano, 27 novembre 2008, in Foro It., 2009, 9, 1, 2545
  • Corte d'Appello Roma, 25 giugno 2001, in Soc., 2001, 10, 1210
  • Trib. Milano 11 gennaio 2007, in Soc., 2008, 481
Sommario