Spettanze del collegio sindacale dopo l’omologa del concordato preventivo

Federico Clemente
Irma Infascelli
18 Settembre 2014

I crediti per il compenso al collegio sindacale post omologa non vengono riconosciuti. Esistono rimedi, quali cessioni, a favore dei sindaci, di eventuali altri crediti?

I crediti per il compenso al collegio sindacale post omologa non vengono riconosciuti. Esistono rimedi, quali cessioni, a favore dei sindaci, di eventuali altri crediti?

PREMESSA. Il quesito posto trae le sue origini dall'assunto che i compensi maturati dai membri del collegio sindacale nel periodo successivo alla omologa della procedura di concordato preventivo non debbano essere riconosciuti. Pertanto, oggetto del caso in esame diventa l'individuazione di rimedi, alternativi al pagamento diretto, per riconoscere ugualmente le spettanze maturate dal collegio sindacale.
Si ritiene, tuttavia, di muovere le proprie considerazioni partendo dall'esame dell'assunto posto a base del quesito.

CONCORDATO PREVENTIVO E COLLEGIO SINDACALE. Va segnalato che diversi sono i riferimenti normativi che prevedono l'esistenza e la permanenza in funzione dell'organo del collegio sindacale anche per le società ammesse alla procedura di concordato, sia nel periodo antecedente all'omologa della procedura stessa sia nel periodo successivo.
Va anche ricordato che tra le norme di comportamento del collegio sindacale, redatte dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili, il principio numero 11.5 prevede che “nel caso di ammissione alla procedura di concordato preventivo ed anche successivamente alla omologazione, il collegio sindacale continua a svolgere le funzioni ad esso attribuite dalla legge”.
Tale norma prevede quindi che il collegio sindacale rimanga nella pienezza delle sue funzioni anche nel caso di ammissione della società alla procedura di concordato preventivo ed anche successivamente alla omologa della stessa.
Gli organi nominati dal Tribunale non sostituiscono gli organi societari, ma li affiancano con differenti funzioni e finalità.
In tale particolare fase della vita societaria si verifica dunque la coesistenza tra organi sociali di controllo e organi di nomina giudiziale, vale a dire il commissario giudiziale e il liquidatore giudiziale, quest'ultimo limitatamente al caso di concordato preventivo che prevede la cessio bonorum.
Si segnala anche l'art. 167, comma 1, l. fall. in base al quale “durante la procedura di concordato, il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale”.
Alla luce di tale articolo, nel concordato preventivo l'organo amministrativo o liquidatorio (nel caso in cui la società sia stata messa in liquidazione ordinaria) della società conserva il potere di amministrazione dei beni della società stessa, ma anche l'esercizio dell'impresa, seppur sotto la vigilanza del commissario giudiziale e la direzione del giudice delegato.
Correlativamente quindi, nel caso di ammissione della società alla procedura di concordato preventivo, non sussiste alcun esonero o, a maggior ragione, impedimento di legge all'espletamento da parte del collegio sindacale dei propri compiti.
Il medesimo principio non conosce derive (come prescritto dalla citata norma 11.5 e in quanto non previsto diversamente dal quadro normativo vigente) anche per la fase post omologazione del concordato preventivo, sia nel caso di concordato con continuità aziendale ex art. 186-bis l. fall., sia nel caso di concordato liquidatorio con cessione dei beni ex artt. 160 e segg. l. fall., come di seguito esplicitato.

CONCORDATO PREVENTIVO CON CONTINUITÀ AZIENDALE. Nell'ipotesi di continuità “pura” dell'attività aziendale, l'omologa della procedura non comporta, come detto poc'anzi, la nomina di un liquidatore giudiziale, in quanto la gestione societaria rimane in capo all'organo amministrativo, seppur sotto il controllo del commissario giudiziale. È indubbio quindi che in ottica di going concern l'organo del collegio sindacale debba mantenere il proprio mandato e i doveri prescritti dall'art. 2403 e segg. c.c., coordinando eventualmente la propria attività con quella del commissario giudiziale.
I sindaci, infatti, oltre alle attività ordinarie prescritte dalle normative civilistiche e dal D.Lgs. n. 39 del 27/1/2010 (quali ad esempio il controllo contabile periodico, le relazioni ai bilanci di esercizio, la vigilanza sull'osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione), devono informare il commissario giudiziale delle irregolarità riscontrate nell'espletamento delle proprie funzioni, anche in base alle previsioni di cui agli artt. 185 e 173 l. fall.
L'art. 185 l. fall. prevede infatti che, dopo l'omologazione del concordato, il commissario giudiziale debba sorvegliare l'esecuzione della proposta concordataria, riferendo al giudice delegato ogni fatto che possa arrecare pregiudizio ai creditori e, ai sensi dell'art. 173 l. fall., in caso di fatti gravi, lo stesso può chiedere la revoca del concordato preventivo.
E' altresì opinione di chi scrive che i sindaci, sebbene non siano tenuti per legge a vigilare sull'esecuzione del piano concordatario, debbano comunque anche su di esso esercitare il proprio controllo.
Si ritiene pertanto di poter concludere che, nella fase successiva all'omologa di un concordato preventivo con continuità aziendale, le spettanze maturate dai sindaci devono essere regolarmente riconosciute e corrisposte in base alle ordinarie scadenze, al pari di ogni altra posta di debito maturata in ragione della prosecuzione dell'attività nell'ambito dell'ordinaria gestione di impresa.

CONCORDATO PREVENTIVO LIQUIDATORIO. Nel caso di concordato preventivo liquidatorio, l'art. 182 l. fall. prevede che il Tribunale, con il decreto di omologazione della procedura, nomini uno o più liquidatori giudiziali.
In tale contesto, il commissario giudiziale mantiene comunque il controllo degli adempimenti concordatari, ai sensi del citato articolo 185 l. fall.; al liquidatore giudiziale invece vengono trasferiti i poteri di disposizione dei beni ceduti ai creditori, i diritti relativi alle azioni inerenti gli stessi oltre che i poteri relativi al soddisfacimento dei creditori concordatari, secondo le regole del concorso.
Si assiste quindi ad uno spossessamento del debitore e ad una sorta di cristallizzazione della massa attiva e passiva concordataria.
Nonostante, tuttavia, tale enucleazione del patrimonio del debitore, la società permane in vita con lo scopo di effettuare tutti gli adempimenti che, non sospesi dalla procedura di concordato preventivo, rimangono in carico alla stessa.
Si pensi ad esempio agli obblighi relativi alla regolare tenuta della contabilità, alla redazione dei bilanci di esercizio, alla predisposizione delle dichiarazioni fiscali, al versamento delle imposte correnti.
E' evidente in ogni caso che i suddetti obblighi in capo alla società non potrebbero essere assolti senza una stretta collaborazione con il liquidatore giudiziale, che deve fornire al debitore una periodica rendicontazione del proprio operato.
In tale ambito, si ritiene di poter affermare che l'organo del collegio sindacale possa e debba mantenere le proprie funzioni, coordinando anche in questa ipotesi la propria attività con quella del liquidatore giudiziale e del commissario giudiziale.
I sindaci infatti devono mantenere le proprie funzioni di vigilanza e di tutela a vantaggio della massa creditoria.
Si pensi ad esempio al caso in cui, in assenza di un regolare controllo contabile da parte dei sindaci, la società rediga dichiarazioni fiscali errate che comportino accertamenti tributari e irrogazione di sanzioni pecuniarie.
O ancora, si pensi all'attività del collegio volta a scongiurare sottrazioni o dissimulazioni dell'attivo concordatario da parte del debitore, o altri atti di frode che andrebbero a ledere i diritti dei creditori concorsuali.
Si ritiene quindi di poter affermare che l'intervento del collegio sindacale nella liquidazione concordataria non sia incompatibile con le disposizioni della legge fallimentare e con le modalità di conduzione fissate dal Tribunale, ai sensi dell'art. 182 l.fall., ma che al contrario l'attività dei sindaci vada a rafforzare i poteri di tutela degli organi della procedura concordataria a favore dei creditori concorsuali.

CONCLUSIONI. Lo sviluppo delle note che precedono porta a ritenere – secondo chi scrive - che il ruolo del collegio sindacale anche nella fase post omologa abbia ragione di sussistere e i relativi onorari debbano gravare in ogni caso sull'attivo societario e corrisposti, sebbene si sia consci dell'ampia corrente di pensiero secondo cui a partire dall'omologa tali onorari non debbano più essere corrisposti dalla società (si confronti sul tema: Fico, Natura del compenso del collegio sindacale per l'attività successiva all'ammissione al concordato preventivo, in ilFallimentarista.it).
Tale organo infatti è vigente in ossequio a norme di legge (ancorché, talvolta, su base volontaria), e quindi è componente essenziale e intrinseca dell'istituto giuridico societario nel cui alveo è gestita l'impresa. Ne consegue che la regolamentazione concordataria della crisi di un'impresa costituita in forma societaria non possa prescindere dal farsi carico dei costi correlati alla forma giuridica del debitore (tra cui quindi anche quelli correlati al collegio sindacale).
Inoltre, l'operato del collegio ha evidenti riflessi di presidio e tutela che vanno a vantaggio dei creditori concorsuali, e certamente non dei soci (o non solo di questi).
Da ultimo, una ipotesi operativa già nella prassi può essere quella di chiarire nella proposta concordataria (specie in ipotesi liquidatoria) che le spese ordinarie di gestione societaria sono a carico della massa, stanziandole nel fondo spese procedura o nel fondo oneri futuri (sul punto, A. Solidoro e P. Argento, L'attività del collegio sindacale nelle procedure concorsuali: considerazioni generali di compatibilità con le norme fallimentari, in Il controllo Legale dei Conti, anno II, Fasc. 1 – 1998, Giuffré). Venendo all'oggetto del quesito, non si ravvisa dunque la necessità di ricorrere a strumenti alternativi di pagamento (d'altro canto, laddove strumenti alternativi gravassero ancora sulla società, come nell'ipotesi prospettata di cessione di crediti, il risultato sarebbe analogo a quello del pagamento con prelievo dai fondi liquidi societari, e quindi comunque a carico dei creditori concorsuali), anche se non può escludersi nella pratica la soluzione più tranquillizzante di assunzione dell'obbligo di pagamento direttamente e personalmente da parte dei soci.

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