Patrimoni destinati ad uno specifico affare

Andrea Marchegiani
23 Giugno 2015

La protezione del patrimonio negli ultimi anni ha assunto un'importanza sempre maggiore tra i cittadini. Così a fianco dei più conosciuti istituti del fondo patrimoniale e del trust, il Legislatore ha introdotto l'art. 2645-ter che titola “Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela”. In forma diversa perché relativa al mondo delle aziende sono stati introdotti degli articoli del Codice Civile che permettono di destinare (segregandolo parzialmente) il patrimonio finalizzandolo ad uno specifico affare.
Premessa

La protezione del patrimonio negli ultimi anni ha assunto un'importanza sempre maggiore tra i cittadini. Così a fianco dei più conosciuti istituti del fondo patrimoniale e del trust, il Legislatore ha introdotto l'art. 2645-ter che titola “Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela”. In forma diversa perché relativa al mondo delle aziende sono stati introdotti degli articoli del Codice Civile che permettono di destinare (segregandolo parzialmente) il patrimonio finalizzandolo ad uno specifico affare.

Approvato tramite il D. Lgs. 6/2003 la fattispecie del patrimonio destinato ad uno specifico affare rappresenta uno degli istituti con le maggiori caratteristiche di innovazione normativa nella riforma delle società di capitale.

Il nuovo art. 2447-bis rileva due distinte fattispecie di patrimonio separato che è possibile costituire utilizzando il vincolo della destinazione allo svolgimento di uno specifico affare. Tali fattispecie sono riassunte alle lettere a) e b) dell'articolo citato.

In particolare la lettera a) recita: “costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare; b) convenire che nel contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare al rimborso totale o parziale del finanziamento medesimo siano destinati i proventi dell'affare stesso o parte di esso”. Effettivamente dei due punti solo il primo può essere definito come patrimonio destinato in senso stretto o avente natura industriale perché consentito alla società per azioni di costituire una o diverse parti del medesimo capitale da destinare ad uno specifico affare.

Nella seconda fattispecie, evidenziata al punto b), la società può unicamente stabilire che i proventi derivanti da un singolo affare siano destinati al rimborso dei capitali investiti per realizzare l'affare che costituisce oggetto del finanziamento.

Si ritiene che le ragioni economico-giuridiche, per meglio dire la ratio della norma sui patrimoni destinati, vada ricercata nell'esigenza sempre più pressante per le aziende per affrontare le sfide della globalizzazione, di reperire nuovi capitali da canali alternativi rispetto a quello tradizionale, ovvero il bancario.

Inquadramento

Come anticipato nella premessa, la disciplina introdotta dal D.Lgs n. 6 del 2003 va a modificare la sezione XI, Capo V del Codice Civile.

Si ricorda quanto riportato nell'art. 2447-bis Codice Civile che individua le due fattispecie di patrimonio separato utilizzabili, tramite il vincolo della destinazione, per lo svolgimento di un affare. Essi sono, stando a quanto disposto dal citato articolo:

a) patrimonio destinato in senso stretto o di natura industriale;

b) destinazione in tutto od in parte del finanziamento ottenuto con i proventi derivanti dall'affare medesimo.

Si tratta, in definitiva, di apporti che partecipano della natura sia dell'investimento, sia del finanziamento. Sicuramente spetta, ai terzi che effettuano gli apporti, o ai sottoscrittori dei titoli, un potere di controllo sulla gestione e sull'andamento dell'affare (art. 2447-ter, comma primo, lett. d), e art. 2447-octies, comma primo, n. 1).

Profili di disciplina specifica potrebbero provenire, dall'andamento economico della società. In questo caso, ritenendo applicabile tale disciplina agli strumenti finanziari di partecipazione all'affare, dovrebbe essere individuato il valore di riferimento, in sostituzione del patrimonio netto, per quantificare i limiti all'emissione ex art. 2412.

Sembra cruciale l'individuazione della sorte di questi rapporti nel caso in cui, a seguito della liquidazione, il patrimonio sia insufficiente al soddisfacimento di tutte le pretese creditorie.

Posto che la normativa in commento demanda all'autonomia statutaria la fissazione dei profili di remunerazione (e quindi di partecipazione alle perdite) degli apporti, non sembrerebbe inammissibile un richiamo alla disciplina dell'art. 2553 (partecipazione alle perdite nella stessa misura in cui si partecipa agli utili, nei limiti dell'apporto). Più che di un finanziamento, quindi, si potrebbe intendere come un apporto atipico a titolo di rischio, che non rientra nella composizione del capitale, ma il cui eventuale rimborso è postergato rispetto alle altre pretese creditorie.

Quanto alla natura dei relativi titoli, essi risulterebbero così degli "strumenti parapartecipativi".

Si osserva che, essendo rimessa la determinazione delle caratteristiche all'autonomia statutaria, la possibilità di un'effettiva diffusione tra il pubblico potrebbe essere compromessa della carenza di "standardizzazione", in ragione delle difficoltà inerenti alla loro valutazione.

Resta comunque da chiarire se tali titoli siano assimilabili alla categoria prevista dal T.U. 58/1998 all'art. 1, comma, secondo, lettera a) – azioni e altri titoli rappresentativi di capitale di rischio – o lett. b) – obbligazioni, titoli di Stato e altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali. Alla luce degli schemi tradizionali sembrerebbe preferibile la prima opzione, in quanto, sebbene non si tratti di titoli che rappresentano una "partecipazione" in senso tradizionale alla società (in quanto non rappresentano una frazione del capitale sociale), tuttavia esprimono un apporto che "partecipa del rischio di impresa".

La disciplina prevista dalla L. 130/1999, in materia di cartolarizzazione dei crediti, potrebbe fornire spunti di disciplina, specie in relazione al principio della separazione, contro i rischi di confusione patrimoniale. La prassi commerciale conosce già una forma di "certificati di partecipazione" nell'ambito dell'associazione in partecipazione. Si tratta di certificati che documentano un apporto finanziario destinato ad un particolare affare gestito dall'associante, e che attribuiscono al possessore il diritto alla percezione della quota di utili ed alla restituzione del conferimento.

Tali strumenti, però, sono emessi dall'associato. Nella nuova disciplina dei patrimoni destinati, invece, è la stessa società che promuove l'affare che può emettere titoli. I titoli emessi dall'associante, però, in quanto titoli di massa atipici, non possono essere collocati attraverso gli intermediari finanziari o la borsa.

La deliberazione costitutiva deve inoltre contenere:

  • la nomina di una società di revisione per il controllo contabile sull'andamento dell'affare, quando la società non è assoggettata alla revisione contabile ed emette titoli sul patrimonio diffusi tra il pubblico in maniera rilevante ed offerti ad investitori non professionali;
  • le regole di rendicontazione dello specifico affare.

La possibilità di destinare un patrimonio ad un affare implica l'adozione di accorgimenti contabili tesi ad evitare la confusione con le restanti attività della società, nonché di criteri atti ad evidenziare l'imputazione degli elementi comuni di costo. La prescrizione in esame è completata dall'art. 2447-septies, relativo al bilancio.

Con riferimento alla nomina della società di revisione per il controllo contabile sull'affare, suscita perplessità, in quanto non si vede come una società possa, in sede di costituzione di un patrimonio destinato, avere già emesso titoli ad esso relativi, e che per giunta essi siano già diffusi tra il pubblico in maniera rilevante.

La deliberazione del consiglio di amministrazione (salvo diversa competenza stabilita nello statuto) deve essere depositata ed iscritta nel registro delle imprese. I creditori sociali anteriori all'iscrizione possono fare opposizione entro il termine di due mesi dall'iscrizione (secondo il procedimento di cui al D.lgs. 5/2003, Titolo IV). La delibera, quindi, sarà efficace solo una volta decorsi i due mesi dall'iscrizione. Tuttavia, il tribunale, nonostante l'opposizione, può disporre che la deliberazione sia eseguita previa prestazione di idonea garanzia.

Si osserva che, a differenza di quanto previsto dall'ultimo comma dell'art. 2445, in relazione alla riduzione del capitale, il tribunale non può, sulla base della propria valutazione di infondatezza dell'opposizione, disporre l'esecuzione della delibera a prescindere dalla prestazione della garanzia.

Caratteristiche dell'operazione

L'art. 2447-quinquies delinea le caratteristiche essenziali dell'operazione, individuando attraverso quali strumenti si crei il vincolo di destinazione. Le forti deroghe ai principi di imputazione soggettiva e di responsabilità patrimoniale rispetto al sistema attuale sono contemperate da un forte rilievo attribuito agli strumenti pubblicitari.

  • I creditori della società non possono vantare alcun diritto sul patrimonio destinato allo specifico affare, né sui proventi o sui frutti da esso derivanti (salvo che per la parte spettante alla società);
  • il vincolo di destinazione, qualora nel patrimonio siano compresi beni immobili o mobili registrati, deve essere trascritto nei rispettivi registri. Fino al momento in cui tale adempimento non sia stato effettuato, i beni non sono sottratti alla garanzia patrimoniale degli altri creditori;
  • la società risponde nei limiti del patrimonio destinato relativamente alle obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare. La deliberazione, tuttavia, può disporre diversamente. Resta salva la responsabilità illimitata della società per le obbligazioni derivanti da fatto illecito (a tutela dei c.d. creditori "involontari");
  • Gli atti compiuti in relazione allo specifico affare devono menzionare espressamente il vincolo di destinazione; in mancanza ne risponde la società con il suo patrimonio residuo. Questa norma rende chiara la forte separazione tra patrimonio destinato e patrimonio residuo della società; una volta destinato un patrimonio ad uno specifico affare, questo resta perfettamente impermeabile rispetto agli atti compiuti dalla società, a meno che ad esso, specificamente, si riferiscano. Sebbene un atto sia stato compiuto in relazione allo specifico affare, la mancata menzione della destinazione non comporta una responsabilità solidale della società, ma la completa estraneità dell'atto, ai fini della contabilità e della responsabilità, per il patrimonio destinato.

In ossequio ai principi di trasparenza, e per garantire l'effettiva separazione tra le vicende inerenti lo specifico affare cui viene destinato un patrimonio e il complesso delle restanti attività sociali, i libri contabili e le scritture obbligatorie subiscono una duplicazione (o una moltiplicazione, a seconda del numero di patrimoni destinati creati).

Qualora siano emessi strumenti finanziari, la società deve tenere un libro indicante le loro caratteristiche, l'ammontare di quelli emessi e di quelli estinti, le generalità dei titolari degli strumenti nominativi e i trasferimenti e i vincoli ad essi relativi.

Altri caratteri del patrimonio destinato

Le risultanze di bilancio devono permettere di individuare con chiarezza le poste relative al patrimonio destinato:

  • nello stato patrimoniale devono essere indicati con chiarezza i beni ed i rapporti compresi nei patrimoni destinati (cfr. art. 2424, u.c.);
  • devono essere redatti rendiconti separati (imputando, quindi, in base a criteri che devono risultare dalla nota integrativa, anche le parti degli elementi comuni di costo);
  • la nota integrativa del bilancio deve indicare tutte le circostanze idonee ad individuare gli elementi costitutivi dei patrimoni separati (beni e rapporti giuridici, e il loro valore; regime di responsabilità).

Se permane la responsabilità illimitata della società anche per le obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare, deve essere evidenziato e valutato (in base a criteri illustrati nella nota integrativa), in calce allo stato patrimoniale, l'impegno da ciò derivante. Le regole dettate in materia contabile permettono di superare, come già segnalato, gli inconvenienti sorti in relazione all'utilizzo dell'associazione in partecipazione.

Sono previste assemblee speciali dei possessori di strumenti finanziari "di partecipazione all'affare". In caso di pluralità di patrimoni destinati, devono essere previste altrettante assemblee.

La lettera della norma, però, fa riferimento a diverse "categorie" di strumenti finanziari. Sembra, quindi, che sia possibile emettere strumenti finanziari dotati di caratteristiche diverse anche in relazione ad un medesimo affare. La disciplina delle assemblee speciali è sostanzialmente ricalcata sul modello di quella degli obbligazionisti.

Alcuni elementi di differenza permettono di enucleare la diversa natura degli apporti rappresentati dai diversi titoli. Ai rappresentanti comuni dei portatori degli strumenti finanziari di partecipazione all'affare è attribuito un potere di controllo sull'andamento dell'affare, mentre all'assemblea degli obbligazionisti il controllo sulle modifiche delle condizioni del prestito. La posizione degli obbligazionisti è sostanzialmente assimilabile a quella di creditori. L'attribuzione di un potere di controllo, nell'altro caso, evidenzia la funzione di investimento, e di partecipazione al rischio, che connota le relative attribuzioni patrimoniali.

L'assemblea ex art. 2447-octies delibera, inoltre, sulle modificazioni dei diritti attribuiti agli strumenti finanziari, in ragione dell'elasticità del modello legale.

Quando l'affare cui è stato destinato il patrimonio si realizza o diviene impossibile (nonché nei casi di cessazione della destinazione del patrimonio allo specifico affare previsti dallo statuto) l'organo amministrativo deve redigere un rendiconto finale che, accompagnato da una relazione dei sindaci e del soggetto incaricato della revisione contabile, deve essere depositato presso il Registro delle imprese.

Nel caso in cui vi siano creditori non soddisfatti, essi possono chiedere la liquidazione del patrimonio (mediante lettera raccomandata). Ad essa si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni sulla liquidazione delle società.

Il patrimonio destinato, dunque, conserva una propria autonomia rispetto alla società fino a quando non siano soddisfatte tutte le pretese ad esso relative. Anche in caso di fallimento della società si mantiene tale regime, con l'applicazione dell'art. 2447 nonies.

I creditori della società non possono far valere alcun diritto sul patrimonio destinato. Tuttavia, qualora previsto dalla deliberazione costitutiva, la società potrà, eventualmente, essere illimitatamente responsabile per le obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare (ex art. 2447 quinquies, terzo comma); in ogni caso, resta ferma la responsabilità illimitata per le obbligazioni nascenti da fatto illecito.

Resta da chiarire la posizione dei terzi che abbiano partecipato all'affare. La deliberazione costitutiva dovrà indicare chiaramente in quale misura si partecipi agli utili e alle perdite, nonché le modalità di insinuazione al passivo.

Il Finanziamento “Destinato”

L'art. 2447-decies disciplina l'ipotesi descritta alla lettera b) del primo comma dell'art. 2447-bis ("finanziamento destinato").

È possibile, nel contratto di finanziamento di uno specifico affare, prevedere che al rimborso (totale o parziale) del finanziamento siano destinati, in via esclusiva, tutti o parte dei proventi dell'affare medesimo.

I proventi dell'operazione costituiscono patrimonio separato da quello della società (salva l'ipotesi della concessione di specifiche garanzie), e da ogni altro finanziamento "destinato", sul quale non sono ammesse azioni da parte dei creditori sociali, a condizione che:

  • il contratto contenga tutti gli elementi previsti dal secondo comma;
  • copia del contratto sia iscritta presso il Registro delle imprese;
  • la società adotti sistemi di incasso e di contabilizzazione idonei ad individuare in ogni momento i proventi dell'affare ed a tenerli separati dal restante patrimonio della società .

Tra le peculiarità del contratto si segnala la disposizione della lettera h), secondo comma. Esso deve contenere, infatti, "il tempo massimo di rimborso, decorso il quale nulla più è dovuto al finanziatore".

Si tratta, quindi, di un finanziamento che partecipa della natura dell'investimento, in quanto ad esso è connessa una certa alea. In ogni caso, si fa sempre riferimento al "rimborso" del finanziamento. Sembra, tuttavia, perché l'istituto possa avere una qualche convenienza economica, che in esso debba ritenersi compreso un tasso di remunerazione, proporzionale all'alea dell'operazione finanziata.

I creditori della società, fino al rimborso del finanziamento, o alla scadenza del termine, possono esercitare esclusivamente azioni conservative sui beni strumentali destinati alla realizzazione dell'operazione (detti beni devono essere espressamente indicati nel contratto).

In caso di fallimento della società, sempre che non sia già spirato il termine di cui al secondo comma, lett. h), il finanziatore ha diritto di insinuarsi al passivo per il suo credito, dedotti i proventi dell'operazione.

Il finanziamento non può essere rappresentato da titoli destinati alla circolazione, se non nelle forme di cartolarizzazione già disciplinate. Si preclude, quindi, la possibilità di creare strumenti finanziari atipici in questo ambito.

Riferimenti

Normativi

  • Provvedimento 28 maggio 2013, n. 68490
  • D. Lgs. 29 dicembre 2011, n. 250
  • Art. 2447-bis, Codice Civile
  • Art. 2447-ter, Codice Civile
  • Art. 2447-quater, Codice Civile
  • Art. 2447-quinquies, Codice Civile
  • Art. 2447-sexies, Codice Civile
  • Art. 2447-septies, Codice Civile
  • Art. 2447-octies, Codice Civile
  • Articolo 2447-novies, Codice Civile
  • Articolo 2447-decies, Codice Civile

Giurisprudenza

  • Cass., Sez. Un., 03 giugno 2013, n. 13905
  • Cass. Civ., sez. II, 27 ottobre 2010, n. 21961
  • Cass. civ., Sez. Trib., 09 aprile 2010, n. 6502
  • Cass. Civ., sez. III, 19 luglio 2007, n. 15879

Prassi

  • Agenzia delle Entrate, Circolare 15 febbraio 2012, n. 2/E
  • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 15 febbraio 2012, n. 2/E
  • Agenzia delle Entrate, Circolare 10 ottobre 2009, n. 43/E

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