Responsabilità esclusiva del pedone: nessun risarcimento per l’investimento

Redazione Scientifica
15 Marzo 2017

In materia di responsabilità civile derivante da circolazione di veicoli, in caso di investimento del pedone la responsabilità del conducente è esclusa qualora sia provato che egli non avrebbe in alcun modo potuto prevedere l'evento a causa di un comportamento imprevedibile e anormale del pedone.

IL CASO Una donna viene investita ed uccisa da un furgone mentre attraversa la strada. I figli ed il marito chiedono il risarcimento dei danni subiti: il Tribunale adito accoglie la domanda, riconoscendo la responsabilità del conducente del furgone nella misura del 60%. Deducendo l'esclusiva responsabilità dell'automobilista, i congiunti ricorrono in Appello ma il Giudice di seconde cure rigetta la domanda, affermando che non vi era alcun motivo per ritenere esistente la responsabilità concorrente del conducente e attribuendo alla donna la responsabilità esclusiva del fatto dannoso. I ricorrenti adiscono ora la Cassazione sulla base di due motivi.

RESPONSABILITÀ ESCLUSIVA DELLA DONNA Secondo i Giudici della Corte d'Appello di Roma, la donna aveva posto in essere una condotta imprevedibile, parandosi improvvisamente davanti al furgone che procedeva nel rispetto dei limiti di velocità, in una situazione di scarsa visibilità dovuta «all'ora, alla pioggia e agli indumenti di colore scuro da lei indossati»: ciò configura l'esclusiva responsabilità della donna nella causazione del sinistro che l'aveva condotta alla morte.

SINDACATO DI MERITO ESCLUSO IN SEDE DI LEGITTIMITÀ La Cassazione, nel confutare i due motivi di ricorso, si trova anzitutto costretta a dichiarare inammissibile il primo motivo, volto a dimostrare l'erroneità della valutazione del CTU sul limite di velocità applicabile in quel tratto di strada poiché, ribadisce la Corte, il sindacato di merito è precluso in sede di legittimità.

IMPREVEDIBILITÀ DELL'EVENTO Per quanto concerne invece il secondo motivo, con il quale i ricorrenti avevano denunciato che la velocità tenuta dal conducente non fosse commisurata alle condizioni del tempo e di luogo, e che il conducente deve in ogni caso porre in essere una condotta tale da consentire l'arresto repentino del mezzo, la Cassazione non può che dichiararlo infondato. La Suprema Corte afferma che la decisione del Giudice di merito è conforme all'orientamento consolidato secondo cui, in materia di responsabilità civile derivante da circolazione di veicoli, in caso di investimento del pedone la responsabilità del conducente è esclusa qualora sia provato che egli non avrebbe in alcun modo potuto prevedere l'evento a causa di un comportamento imprevedibile e anormale del pedone che appare all'improvviso sulla traiettoria di un veicolo che procede nel rispetto delle norme in tema di circolazione stradale e delle «norme di comune prudenza e diligenza incidenti con nesso di causalità sul sinistro» (Cass. civ., 16 giugno 2003 n. 9620).

PROVA LIBERATORIA EX ART 2054 La Cassazione chiarisce che la prova liberatoria di cui all'art. 2054 c.c., in caso di danni prodotti a cose o persone dalla circolazione di veicoli, non deve essere necessariamente data in modo diretto dimostrando di aver tenuto una condotta esente da colpa, ma può anche risultare dall'accertamento che il comportamento della vittima sia stato il fattore causale esclusivo del fatto dannoso, in alcun modo evitabile dal conducente che non avrebbe nemmeno potuto attuare una manovra d'emergenza. Pertanto il pedone che attraversa la strade di corsa, anche se sulle strisce pedonali, immettendosi nel flusso di veicoli che procedono nel rispetto dei limiti imposti, «pone in essere un comportamento colposo che può costituire causa esclusiva del suo investimento da parte di un veicolo, ove il conducente dimostri che l'improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla propria traiettoria di marcia ha reso inevitabile l'evento dannoso, tenuto conto della breve distanza di avvistamento, insufficiente per operare un'idonea manovra di emergenza (Cass. civ., 11 giugno 2010, n. 14064).

La Corte dunque rigetta il ricorso e dispone il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

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