Livia Di Cola
23 Dicembre 2016

Agli articoli 599 – 601 c.p.c. si disciplina il caso in cui oggetto dell'espropriazione sia una quota indivisa di un bene in comunione tra il debitore ed altri soggetti.
Inquadramento

Agli articoli 599 601 c.p.c. si disciplina il caso in cui oggetto dell'espropriazione sia una quota indivisa di un bene in comunione tra il debitore ed altri soggetti.

Le disposizioni di cui sopra non si applicano al caso in cui oggetto dell'espropriazione sia l'intero bene comune perché l'espropriazione è condotta contro tutti i condomini.

Se per errore viene pignorato l'intero bene in luogo di una quota, i comproprietari non debitori, essendo terzi rispetto all'esecuzione, possono opporsi mediante lo strumento offerto dell'art. 619 (vedi bussola Opposizione di terzi).

Oggetto dell'espropriazione può essere sia un bene in comunione ordinaria che ereditaria, nonché in comunione legale tra coniugi quando il creditore procede per un debito personale di un coniuge.

In evidenza

In proposito il Trib. di Pisa, 28 novembre 2008, in Giur. merito 2012, 3, 604 nota di Cardino, ha stabilito: «la comunione legale dei beni dà vita ad una comproprietà solidale di ciascun coniuge sull'intera massa dei beni che vi ricadono e su ciascun bene singolarmente. Il creditore personale di uno dei coniugi può pignorare ogni singolo cespite della comunione per intero, purché rispetti il limite del valore complessivo della metà dell'intero patrimonio in comunione legale, posto dall'art. 189 comma 2 c.c. Il coniuge non debitore che intenda fare valere tale limite ha l'onere di proporre opposizione all'esecuzione, promuovendo contestualmente la domanda di separazione giudiziale ex art. 193, comma 2, c.c.. Anche nel caso di pignoramento ricadente sull'intero bene in comunione legale, debbono essere seguite le formalità previste dagli art. 599 e 600 c.p.c. e art. 180 comma 2 disp. att. c.p.c., a tutela del coniuge non debitore».

Pignoramento della quota

L'espropriazione dei beni indivisi inizia, come gli atri tipi di espropriazione, con il pignoramento, che segue una disciplina differente a seconda del tipo di bene che viene pignorato (mobile, immobile o che si trovi presso un terzo).

Una particolarità propria di questo tipo di espropriazione è l'avviso del pignoramento agli altri comproprietari. Ai sensi dell'art. 180 disp. att. c.p.c. esso deve contenere l'indicazione del creditore pignorante, del bene pignorato, della data dell'atto di pignoramento e della trascrizione di esso. L'avviso è sottoscritto dal creditore pignorante. Con lo stesso avviso o con altro separato gli interessati debbono essere invitati a comparire davanti al giudice dell'esecuzione per sentire dare i provvedimenti indicati nell'articolo 600 c.p.c.

L'avviso deve contenere l'ingiunzione a non lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine del giudice. L'eventuale atto di separazione compiuto in spregio all'ingiunzione non ha efficacia.

In evidenza

Trib. Bari, sez. II, 14 dicembre 2009, n. 3706 ha sancito: «In caso di espropriazione forzata di un immobile indiviso, per la situazione debitoria di uno soltanto dei comproprietari, qualora il creditore procedente, dopo l'effettuazione del pignoramento con le formalità prescritte dall'art. 555, c.p.c. (ivi inclusa la trascrizione), non provveda agli adempimenti di cui all'art. 599, comma 2, c.p.c. e art. 180, disp. att. c.p.c., e cioè alla notificazione agli altri comproprietari dell'avviso del pignoramento, con il divieto di lasciar separare al debitore la sua parte del bene comune, nonché con l'invito a comparire davanti al giudice dell'esecuzione per sentir dare i provvedimenti indicati nell'art. 600, c.p.c, non si verifica la nullità del pignoramento stesso, del quale il suddetto avviso non costituisce elemento essenziale. La "ratio" di tale principio deriva dal fatto che la norma è posta nell'interesse dello stesso creditore procedente. Se, infatti, è omesso il suddetto avviso, viene meno per il comproprietario non debitore la preclusione di procedere a divisione (contrattuale o giudiziale) del bene, con la conseguenza che, ove - invece - si proceda anche dopo la trascrizione del pignoramento, può opporsi al creditore la divisione medesima, nella sua efficacia retroattiva, ai sensi dell'art. 757, c.c.».

Si veda in dottrina in senso contrario: Capponi, Pignoramento, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1990, 8.

La struttura del procedimento

L'art. 600 c.p.c. descrive la struttura del procedimento che può a seconda dei casi culminare con una divisione parziale, se c'è la possibilità di separare in natura la quota, ovvero con la divisione dell'intero cespite comune, in caso contrario, salvo che ci siano le condizioni per vendere la quota e, quindi, si proceda con la vendita forzata evitando la parentesi di cognizione.

Formato il fascicolo d'ufficio in cui sono inseriti tutti i documenti relativi al pignoramento, incuso l'avviso agli altri condomini, l'atto successivo è l'istanza con la quale il creditore procedente ovvero uno o più condomini, avvertiti con avviso del pignoramento, chiedono la separazione in natura della quota del debitore esecutato.

Il creditore che domanda la separazione della quota, quindi che si proceda ad una divisione anche solo parziale del bene, agisce in via surrogata del suo debitore, a tutela del proprio credito: si tratta di un caso di sostituzione processuale, espressamente previsto dalla legge (artt. 81 in combinato disposto con l'art. 600, comma 1). Al creditore, perciò, si può opporre il patto di rimanere in comunione.

L'istanza, che ha la forma del ricorso, da inizio ad un vero e proprio procedimento di divisione endoesecutiva. È da escludere che il procedimento per analogia con il giudizio di divisione debba essere iniziato con atto di citazione: si lascerebbe alla parte istante il monopolio della fissazione della prima data del subprocedimento di divisione, con il rischio di rallentare il procedimento esecutivo.

Il giudice dell'esecuzione fissa con decreto la data della prima udienza. Copia del ricorso e del decreto debbono essere notificati agli altri condomini nonché ai i creditori e gli aventi causa muniti di titolo iscritto o trascritto anteriormente alla domanda giudiziale di divisione, se si vuole che la divisione abbia effetto anche nei loro confronti (art. 1113, comma 3, c.c.). Sull'efficacia e sull'impugnazione della divisione da parte dei soggetti dell'art. 1113 c.c. si veda la bussola Giudizio di divisione.

Il giudice per valutare la possibilità di separare in natura la quota spettante al debitore esecutato può nominare un consulente tecnico.

Qualora la separazione in natura non venga richiesta ovvero, a parere del giudice, non sia possibile, si procede alla divisione secondo le disposizioni del codice civile (art. 600, comma 2, c.p.c.).

Sulla base della precedente formulazione dell'art. 181, comma 2 disp. att. c.p.c. se gli interessati non fossero tutti presenti o per la divisione fosse competente altro giudice, il giudice dell'esecuzione fissava il termine perentorio entro il quale, a cura della parte più diligente, doveva essere proposta domanda di divisione nelle forme ordinarie.

Dopo la riforma la divisione integrale del bene si presente come una seconda ed eventuale fase del procedimento, per cui è competente sempre il giudice dell'esecuzione. L'intero procedimento è, quindi, introdotto dall'atto di impulso iniziale.

In evidenza

Si veda sul punto la contraddittoria sentenza di Cass., sez. III, 18 aprile 2012, n. 6072 (Giust. civ. Mass. 2012, 4, 511), secondo la quale: «In tema di espropriazione di beni indivisi, il giudizio con cui si procede alla divisione (cd. divisione endoesecutiva), pur costituendo una parentesi di cognizione nell'ambito del procedimento esecutivo, dal quale rimane soggettivamente ed oggettivamente distinto, tanto da non poterne essere considerato né una continuazione né una fase, è, tuttavia, ad esso funzionalmente correlato. Ne consegue che il giudizio di divisione dei beni pignorati non può essere iniziato e, se iniziato, non può proseguire ove venga meno in capo all'attore la qualità di creditore e, con essa, la legittimazione e l'interesse ad agire, a meno che a tale deficienza — originaria o sopravvenuta — non si rimedi con una valida domanda di scioglimento della comunione formulata dal debitore convenuto, da altro creditore munito di titolo esecutivo, o, ancora, da alcuno dei litisconsorti necessari indicati nell'art. 1113, comma 3, c.c.

Il procedimento ha carattere contenzioso, infatti secondo l'art. 181 disp. att. c.p.c., comma 1, il giudice deve procedere all'istruzione della causa ai sensi degli artt. 175 ss. se gli interessati sono tutti presenti.

In evidenza

In giurisprudenza vi è incertezza intorno all'incipit della seconda fase del procedimento (da taluni considerato procedimento autonomo di divisione), avente ad oggetto la divisione integrale del bene. Se una parte della giurisprudenza ritiene che essa avvenga con ordinanza del giudice, con la quale si darebbe termine per la costituzione secondo le modalità di cui all'art. 166 c.p.c. agli altri litisconsorti necessari, altra parte considera necessario un autonomo atto di impulso, per lo più avente la forma dell'atto di citazione. Su punto vedi Lombardi, Profili problematici dell'espropriazione dei beni indivisi, in Riv. dir. proc., 2012, 59; Id., L'espropriazione dei beni invisi e le riforme dell'ultimo decennio, in Riv. dir. proc., 2016, 317 ss.

Ai sensi dell'art. 181, comma 2 disp. att. c.p.c. se gli interessati non sono tutti presenti, il giudice dell'esecuzione, con l'ordinanza di cui all'articolo 600, secondo comma, del codice, fissa l'udienza davanti a sè per la comparizione delle parti, concedendo termine alla parte più diligente fino a sessanta giorni prima per l'integrazione del contraddittorio mediante la notifica dell'ordinanza. Per provvedere all'integrazione del contraddittorio è necessario che la parte più dirigente notifichi non solo l'ordinanza del giudice, ma anche l'istanza introduttiva, se si considera questa come l'atto di impulso di un unico procedimento articolato in più fasi. Inoltre, è corretto ritenere debbano essere presenti tutti i litisconsorti necessari anche nel caso in cui si debba procedere alla separazione in natura della quota del debitore. In entrambi i casi, infatti, il bene oggetto di godimento non sarà più lo stesso che in precedenza.

Seppur introdotto con ricorso, il procedimento ha le stesse scansioni del giudizio di cui all'art. 784 ss. c.p.c., quindi si tratta di un giudizio ordinario con momenti di specialità. Da questa premessa ne consegue che ogni eventuale incidente contenzioso è chiuso da sentenza, mentre in caso di mancata contestazione il giudice provvede con ordinanza.

Lo stesso meccanismo si riproduce nel caso in cui il giudice ritenga sussistenti le condizioni per separazione in natura della quota: i condomini possono contestare separabilità stessa ed il giudice deve decidere sulle contestazioni con sentenza, altrimenti si provvede con ordinanza.

Sulla natura ed impugnazione dei relativi provvedimenti vedi bussola Giudizio di divisione.

Alle parti è data anche la possibilità di raggiungere un accordo sulla divisione, sulla base del progetto predisposto dal giudice o dal notaio. È da escludere che per tale fine debba essere nominato un professionista ad uopo, secondo il disposto dell'art. 791 bis c.p.c.: ciò comporterebbe un'inutile dilatazione dei tempi del procedimento di esecuzione forzata.

In evidenza

Ai sensi dell'art. 5 d.lgs. 28/2010 (modificato dalla l. 98/2013), l'inizio del giudizio di divisione deve essere preceduto dalla mediazione obbligatoria. Si è escluso, tuttavia, che questo incombente gravi sui condividenti in caso di divisione endoesecutiva, in virtù del disposto dell'art. 5, quarto comma, lett. e), che esclude la mediazione «nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata» Vedi: Lombardi, L'espropriazione dei beni invisi e le riforme dell'ultimo decennio, in Riv. dir. proc., 2016, 322 s.

Un'alternativa alla divisione è a norma dell'art. 600 comma 2 c.p.c. la vendita della quota ad un prezzo pari o superiore al valore della stessa. Per la determinazione del valore dell'immobile si richiama l'art. 568 c.p.c., disposizione relativa alla sola vendita immobiliare, ma non vi è motivo di dubitare questa possibilità sussista anche quando oggetto di comunione sono solo beni mobili.

Oltre altre ad un favorevole giudizio prognostico circa il possibile ricavo dalla vendita della quota, per procedere in tal senso è necessaria un'apposita istanza, come in generale previsto dall'art. 497 c.p.c..

Per svolgere le operazioni di stima della quota il giudice può farsi assistere da un consulente tecnico.

L'ordinanza che dispone la vendita è un atto del processo esecutivo e perciò contro di essa è data opposizione agli atti esecutivi.

Anche in quest'ultima ipotesi, tuttavia, alle altre parti è data possibilità di opporsi alla vendita della quota, perché la sostituzione di un condomino comporta la modificazione della comunione nella sua composizione soggettiva. L'incidente contenzioso, per analogia con gli altri del procedimento di divisione, sia essa endoesecutiva o meno, è deciso con sentenza, impugnabile nei modi ordinari.

Ai sensi dell'art. 601, comma 1 c.p.c., se si deve procedere alla divisione, l'esecuzione è sospesa finché sulla divisione non sia intervenuto un accordo fra le parti o pronunciata una sentenza avente i requisiti di cui all'art. 627 c.p.c.

Chiusa la fase di cognizione, si procede alla vendita ovvero all'assegnazione dei beni attribuiti al debitore secondo le disposizioni sulla vendita o assegnazione forzata.

Le opere di divisione

Si rinvia sul punto a L. Di Cola Espropriazione dei beni indivisi.

Riferimenti
  • Grasso, Espropriazione di beni indivisi, in Enc. dir., XV, Milano, 1966, 793;
  • Tarzia, Espropriazione di beni indivisi, in N.ssimo Dig. it., VI, Torino, 1964, 887;
  • Travi, Espropriazione di beni indivisi, in Dig. civ., VII, Torino, 1992, 15
  • Capponi, Espropriazione di beni indivisi, in Bove, Capponi, Martinetto, Sassani, L'espropriazione forzata, in Giur. sist. dir. proc. civile Proto Pisani, Torino, 1988, 510;
  • Id., Commento agli artt. 599-601 c.p.c., in Codice di procedura civile commentato diretto da Consolo, Milano, 2013, 2464 ss.;
  • Lombardi, Profili problematici dell'espropriazione dei beni indivisi, in Riv. dir. proc., 2012, 59; Id., L'espropriazione dei beni invisi e le riforme dell'ultimo decennio, in Riv. dir. proc., 2016, 317 ss.