Dichiarazione fraudolenta
11 Dicembre 2017
Inquadramento
La dichiarazione fraudolenta è un reato previsto dall'ordinamento giuridico italiano che può essere commesso mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs n. 74/2000) oppure mediante altri artifici (art. 3, D.Lgs n. 74/2000).
Chiunque indichi elementi passivi fittizi (o elementi attivi inferiori a quelli effettivi) nelle dichiarazioni relative ai redditi e all'IVA, sulla base di una falsa rappresentazione nelle scritture contabili e avvalendosi di mezzi fraudolenti, di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti al fine di ostacolare l'accertamento e/o evadere le imposte sul valore aggiunto o sui redditi viene punito con la reclusione da 18 mesi a 6 anni. Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
Stando l'art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000, il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti si considera commesso quando, al fine di evadere le imposte sui redditi o l'IVA, il contribuente:
Una fattura (o altro documento) si intende emessa per operazioni inesistenti quando:
Il reato non è quindi subordinato al raggiungimento di una soglia di imposta evasa. Tuttavia, non è punibile per il delitto in esame, neanche a titolo di tentativo, il contribuente che detiene fatture di operazioni fittizie emesse da altri oppure che tali documenti siano registrati in contabilità, ma non sono presenti in dichiarazione (GdF, circ. n. 1/2018). Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici
Tale reato, avente carattere residuale rispetto al precedente, punisce chiunque indichi in dichiarazione attività per importi inferiori a quelli reali o elementi passivi fittizi, al fine di evadere le imposte sui redditi o l'IVA, utilizzando documenti falsi o altri mezzi fraudolenti. Le due condotte sono tra loro equivalenti e, quindi, ognuna di essa può integrare il reato di dichiarazione fraudolenta. Affinché si consumi il reato, l'art. 3 del D.Lgs. n. 74/2000 richiede che:
Tra gli elementi attivi e passivi da considerare bisogna considerare anche quelle componenti che incidono sulla determinazione dell'imposta (es. crediti di imposta e ritenute) e non solo quegli elementi che concorrono alla formazione della base imponibile. In tal modo, la condotta rea può riguardare anche le componenti che intervengono dopo la quantificazione del reddito e della base imponibile Iva (Guardia di finanza, circolare n. 1/2018).
Le sanzioni
Secondo quanto disposto dall'art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000, chiunque si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, e indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte tali elementi passivi fittizi viene punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
Il successivo art. 3, residuale rispetto al precedente (recita infatti “Fuori dai casi previsti dall'articolo 2”), stabilisce che chiunque compie operazioni oggettivamente o soggettivamente simulate o si avvale di documenti falsi o altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'amministrazione finanziaria, e indica in una delle dichiarazioni relative ai redditi o all'imposta sul valore aggiunto elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, sempre al fine di evadere le relative imposte, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
In quest'ultimo caso sono previste anche delle soglie di punibilità; chi commette tale reato viene infatti condannato a condizione che, congiuntamente:
l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al 5% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, è superiore a 1.500.000 €, ovvero qualora l'ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell'imposta, è superiore al 5% dell'ammontare dell'imposta medesima o comunque a 30.000 €.
Focus sulle modifiche apportate dal D.Lgs. 158/2015
Uno dei Decreti Legislativi previsti in attuazione della legge di delega fiscale (Legge n. 23/2014) introduce importanti novità in materia di sanzioni penali tributarie, modificandone la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 74 del 2000; le novità apportate dal decreto in oggetto (n. 158/2015) riguardano in maniera particolare anche gli articoli 2 e 3 di tale decreto.
L'art. 2 viene sostanzialmente confermato, ad eccezione della sola eliminazione, nel comma 1, della parola “annuali”; la modifica apportata estende quindi la portata della sanzione penale a tutte le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e all'IVA, comprese quelle che vengono presentate in occasione di operazioni straordinarie o nell'ambito di procedure concorsuali.
L'intervento senza dubbio più consistente sull'impianto esistente è quello recato dall'art. 3, che modifica la norma incriminatrice della dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, dilatandone i confini applicativi.
La disposizione previgente era infatti articolata nelle tre seguenti sezioni:
mentre ora, tramite l'eliminazione dell'elemento della “falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie” e una più articolata descrizione delle condotte artificiose, la struttura dell'illecito viene semplificata.
La nuova disposizione, infatti, delinea in modo più preciso le modalità attraverso le quali si realizza la fraudolenza della condotta, stabilendo che l'evasione fiscale deve realizzarsi:
In particolare, con l'abrogazione dell'art. 7 del D.Lgs. n. 74/2000, è venuta meno la garanzia prevista per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, che prevedeva l'irrilevanza penale di errate rilevazioni o stime contabili. Ora, invece, «l'eventuale rilevanza penale della violazione dei criteri di rilevazione contabile risulta configurabile ove la stessa sia supportata dall'utilizzo di documenti falsi o altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento, con conseguente applicabilità del richiamato art. 3» (GdF, circ. n. 1/2018).
La nuova norma ha inoltre previsto che il reato sarà integrato anche qualora la falsa indicazione abbia ad oggetto “crediti e ritenute fittizi”. Le pene
Secondo le disposizioni vigenti, i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici sono puniti con la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni. Le sentenze in materia di dichiarazione fraudolenta
Corte di Cassazione, sentenza 17 settembre 2015, n. 50436 Nel processo per dichiarazione fraudolenta bisogna sentire necessariamente come testimone chi ha emesso le fatture ritenute false.
Corte di Cassazione, sentenza 6 ottobre 2015, n. 49570 Ai fini penali, è necessaria la presentazione della dichiarazione fiscale nella quale vi sia l'effettivo inserimento di elementi passivi fittizi. Corte di Cassazione, sentenza 24 luglio 2014 n. 16848
In tema di violazione di norme tributarie, nella vigenza del regime previsto dagli artt. 98 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 e 12 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, il rappresentante legale (nella specie il procuratore speciale) di una società è solidalmente responsabile per le sanzioni amministrative conseguenti (sebbene non per il debito principale d'imposta), nonostante l'intervenuta abrogazione di tali disposizioni in virtù dei D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 471 e 472, avendo la disciplina più recente introdotto il più rigoroso principio di personalizzazione della sanzione tributaria. Massima tratta dal CED della Cassazione
Corte di Cassazione, sentenza del 13 giugno 2013 n. 25931
L'essersi avvalso del patteggiamento in forza dello scudo fiscale, ex art. 13-bis L. 102/2009, non esclude la punibilità del contribuente per il reato di cui agli artt. 81 c.p. e 2 D.Lgs. 74/2000 (utilizzo di fatture per operazioni inesistenti al fine di evadere le imposte).
Riferimenti
Normativi
Giurisprudenza
Prassi
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