Dichiarazione fraudolenta

Andrea Marchegiani
11 Dicembre 2017

Una delle fattispecie considerata grave, da un punto di vista ontologico, dall'ordinamento giuridico, si identifica con la dichiarazione fraudolenta, proprio per la sua natura di reato di pericolo.Tale fattispecie dichiarativa si verifica nel momento in cui il soggetto attivo di un illecito, utilizza degli strumenti artificiosi al fine di sviare l'attività di accertamento d'imposta sui redditi della Pubblica Amministrazione finanziaria, in modo da versare allo Stato una quantità minore di tasse, proporzionali all'ammontare dei redditi o dall'importo IVA.I soggetti evasori tendono a servirsi di fatture menzognere ed altri documenti di falsa apparenza della realtà, in base al quale si possono individuare due diverse tipologie di dichiarazione fraudolenta: dichiarazioni fraudolenti medianti uso di fatture per operazioni inesistenti e mediante altri artefici. Questo tipo di reato può essere posto in essere da chiunque individuo, anche da coloro che non hanno l'obbligo di tenere scritture contabili, poiché il reato ha come oggetto la denigrazione della capacità del Fisco di identificare realmente le imposte sui redditi o IVA. La consumazione del reato qui preso in considerazione avviene nel momento in cui il soggetto dichiarante presenta la dichiarazione fraudolenta, il citato atto viene identificato come azione volta a ledere l'interesse erariale alla percezione dei tributi.
Inquadramento

La dichiarazione fraudolenta è un reato previsto dall'ordinamento giuridico italiano che può essere commesso mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs n. 74/2000) oppure mediante altri artifici (art. 3, D.Lgs n. 74/2000).

Chiunque indichi elementi passivi fittizi (o elementi attivi inferiori a quelli effettivi) nelle dichiarazioni relative ai redditi e all'IVA, sulla base di una falsa rappresentazione nelle scritture contabili e avvalendosi di mezzi fraudolenti, di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti al fine di ostacolare l'accertamento e/o evadere le imposte sul valore aggiunto o sui redditi viene punito con la reclusione da 18 mesi a 6 anni.

Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

Stando l'art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000, il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti si considera commesso quando, al fine di evadere le imposte sui redditi o l'IVA, il contribuente:

  • indica nelle dichiarazioni elementi passivi fittizi;
  • registra nelle scritture contabili obbligatorie fatture o altri documenti per operazioni inesistenti o conserva i suddetti documenti con finalità probatorie nei confronti dell'Amministrazione finanziaria.

Una fattura (o altro documento) si intende emessa per operazioni inesistenti quando:

  • è riferita ad un'operazione non effettuata, anche in parte, realmente,
  • è riferita a soggetti diversi da quelli effettivi, o
  • vengono indicati corrispettivi o un'imposta maggiori rispetto a quelli reali.

Il reato non è quindi subordinato al raggiungimento di una soglia di imposta evasa. Tuttavia, non è punibile per il delitto in esame, neanche a titolo di tentativo, il contribuente che detiene fatture di operazioni fittizie emesse da altri oppure che tali documenti siano registrati in contabilità, ma non sono presenti in dichiarazione (GdF, circ. n. 1/2018).

Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici

Tale reato, avente carattere residuale rispetto al precedente, punisce chiunque indichi in dichiarazione attività per importi inferiori a quelli reali o elementi passivi fittizi, al fine di evadere le imposte sui redditi o l'IVA, utilizzando documenti falsi o altri mezzi fraudolenti.

Le due condotte sono tra loro equivalenti e, quindi, ognuna di essa può integrare il reato di dichiarazione fraudolenta.

Affinché si consumi il reato, l'art. 3 del D.Lgs. n. 74/2000 richiede che:

  • l'imposta evasa sia superiore a 30.000 € (con riferimento a taluna delle singole imposte),
  • l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, sia superiore al 5% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, è superiore a 1.500.000 €, ovvero qualora l'ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell'imposta, sia superiore al 5% dell'ammontare dell'imposta medesima o comunque a 30.000 €,
  • i documenti falsi siano registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono conservati con finalità probatorie nei confronti dell'Amministrazione finanziaria.

Tra gli elementi attivi e passivi da considerare bisogna considerare anche quelle componenti che incidono sulla determinazione dell'imposta (es. crediti di imposta e ritenute) e non solo quegli elementi che concorrono alla formazione della base imponibile. In tal modo, la condotta rea può riguardare anche le componenti che intervengono dopo la quantificazione del reddito e della base imponibile Iva (Guardia di finanza, circolare n. 1/2018).

In evidenza: mezzi fraudolenti

Con la locuzione “mezzi fraudolenti” si intende ogni condotta attiva e artificiosa nonché omissiva che determina una falsa rappresentazione della realtà.

Ad esempio, la Corte di Cassazione (sentenza n. 37422/2017) ha condannato due soci di una società italiana per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, in quanto avevano creato una società fittizia estera, tramite cui si riducevano i profitti nazionali (con conseguente evasione di imposta).

Nella circolare n. 1/2018, la Guardia di Finanza riporta alcune esemplificazioni di ciò che potrebbe essere considerato “mezzo fraudolente”:

  • utilizzo di documenti contraffatti o alterati, quali, ad esempio contratti falsi (per imputare maggiori costi) o contratti simulati (per indicare un prezzo inferiore a quello effettivamente praticato);
  • tenuta di una doppia contabilità o rinvenimento presso terzi di una contabilità “in nero”;
  • fittizia intestazione di rapporti finanziari su cui accreditare elementi attivi destinati a non essere contabilizzati;
  • sistematica emissione di titoli di credito senza indicazione del beneficiario al fine di occultare i pagamenti.

Tuttavia, ai fini dell'applicazione dell'art. 3, non costituiscono mezzi fraudolenti:

  • la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili
  • la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali.

Tali situazioni restano quindi confinate nell'alveo delle sanzioni amministrative.

Le sanzioni

Secondo quanto disposto dall'art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000, chiunque si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, e indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte tali elementi passivi fittizi viene punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

Il successivo art. 3, residuale rispetto al precedente (recita infatti “Fuori dai casi previsti dall'articolo 2”), stabilisce che chiunque compie operazioni oggettivamente o soggettivamente simulate o si avvale di documenti falsi o altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'amministrazione finanziaria, e indica in una delle dichiarazioni relative ai redditi o all'imposta sul valore aggiunto elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, sempre al fine di evadere le relative imposte, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

In quest'ultimo caso sono previste anche delle soglie di punibilità; chi commette tale reato viene infatti condannato a condizione che, congiuntamente:

  • con riferimento a taluna delle singole imposte, l'imposta evasa sia superiore a 30.000 €;

l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al 5% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, è superiore a 1.500.000 , ovvero qualora l'ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell'imposta, è superiore al 5% dell'ammontare dell'imposta medesima o comunque a 30.000 €.

In evidenza: non identificabilità come mezzi fraudolenti

Ai fini dell'applicazione dell'art. 3, non costituiscono mezzi fraudolenti:

  • la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili
  • la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali.

Tali situazioni restano quindi confinate nell'alveo delle sanzioni amministrative.

Focus sulle modifiche apportate dal D.Lgs. 158/2015

Uno dei Decreti Legislativi previsti in attuazione della legge di delega fiscale (Legge n. 23/2014) introduce importanti novità in materia di sanzioni penali tributarie, modificandone la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 74 del 2000; le novità apportate dal decreto in oggetto (n. 158/2015) riguardano in maniera particolare anche gli articoli 2 e 3 di tale decreto.

L'art. 2 viene sostanzialmente confermato, ad eccezione della sola eliminazione, nel comma 1, della parola “annuali”; la modifica apportata estende quindi la portata della sanzione penale a tutte le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e all'IVA, comprese quelle che vengono presentate in occasione di operazioni straordinarie o nell'ambito di procedure concorsuali.

L'intervento senza dubbio più consistente sull'impianto esistente è quello recato dall'art. 3, che modifica la norma incriminatrice della dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, dilatandone i confini applicativi.

La disposizione previgente era infatti articolata nelle tre seguenti sezioni:

  • una falsa dichiarazione dei redditi o IVA;
  • una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie posta a base del mendacio;
  • un'utilizzazione di “mezzi fraudolenti idonei a ostacolarne l'accertamento”,

mentre ora, tramite l'eliminazione dell'elemento della “falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie” e una più articolata descrizione delle condotte artificiose, la struttura dell'illecito viene semplificata.

La nuova disposizione, infatti, delinea in modo più preciso le modalità attraverso le quali si realizza la fraudolenza della condotta, stabilendo che l'evasione fiscale deve realizzarsi:

  • compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente;
  • avvalendosi di documenti falsi;
  • avvalendosi di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'amministrazione finanziaria;
  • presentando una dichiarazione non veritiera.

In particolare, con l'abrogazione dell'art. 7 del D.Lgs. n. 74/2000, è venuta meno la garanzia prevista per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, che prevedeva l'irrilevanza penale di errate rilevazioni o stime contabili. Ora, invece, «l'eventuale rilevanza penale della violazione dei criteri di rilevazione contabile risulta configurabile ove la stessa sia supportata dall'utilizzo di documenti falsi o altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento, con conseguente applicabilità del richiamato art. 3» (GdF, circ. n. 1/2018).

In evidenza: operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente
Per “operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente” si intendono le operazioni poste in essere con la volontà di non realizzarle in tutto o in parte ovvero le operazioni riferite a soggetti fittiziamente interposti.

In evidenza: focus sul “chiunque”

Si ritiene che, nonostante l'uso del pronome “chiunque”, la formulazione previgente configurasse un reato proprio, non limitandosi a pretendere che il soggetto attivo del reato sia un contribuente obbligato alla presentazione di una delle dichiarazioni annuali sulle imposte dirette o sull'Iva, ma richiedendo, quale elemento ulteriore, che si tratti di un soggetto obbligato alla tenuta delle scritture contabili.

Ciò in quanto, per la commissione del reato, è (era) necessario che l'artifizio si sviluppi, tra l'altro, in una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie.

Ai sensi della nuova formula, invece, il delitto dovrebbe ascriversi non solo ai contribuenti obbligati alla tenuta delle scritture contabili, ma a qualunque soggetto tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi o a fini dell'Iva.

La nuova norma ha inoltre previsto che il reato sarà integrato anche qualora la falsa indicazione abbia ad oggetto “crediti e ritenute fittizi”.

Le pene

Secondo le disposizioni vigenti, i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici sono puniti con la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni.

Le sentenze in materia di dichiarazione fraudolenta

Corte di Cassazione, sentenza 17 settembre 2015, n. 50436

Nel processo per dichiarazione fraudolenta bisogna sentire necessariamente come testimone chi ha emesso le fatture ritenute false.

Corte di Cassazione, sentenza 6 ottobre 2015, n. 49570

Ai fini penali, è necessaria la presentazione della dichiarazione fiscale nella quale vi sia l'effettivo inserimento di elementi passivi fittizi.
Non è sufficiente, infatti, la sola acquisizione e registrazione nelle scritture contabili di fatture o altri documenti falsi affinché si configuri il reato di dichiarazione fraudolenta.

Corte di Cassazione, sentenza 24 luglio 2014 n. 16848

In tema di violazione di norme tributarie, nella vigenza del regime previsto dagli artt. 98 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 e 12 della legge 7 gennaio 1929 n. 4, il rappresentante legale (nella specie il procuratore speciale) di una società è solidalmente responsabile per le sanzioni amministrative conseguenti (sebbene non per il debito principale d'imposta), nonostante l'intervenuta abrogazione di tali disposizioni in virtù dei D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 471 e 472, avendo la disciplina più recente introdotto il più rigoroso principio di personalizzazione della sanzione tributaria. Massima tratta dal CED della Cassazione

Corte di Cassazione, sentenza del 13 giugno 2013 n. 25931

L'essersi avvalso del patteggiamento in forza dello scudo fiscale, ex art. 13-bis L. 102/2009, non esclude la punibilità del contribuente per il reato di cui agli artt. 81 c.p. e 2 D.Lgs. 74/2000 (utilizzo di fatture per operazioni inesistenti al fine di evadere le imposte).

Riferimenti

Normativi

  • D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158
  • Legge 14 settembre 2011, n. 148
  • Legge 24 dicembre 2007, n. 244
  • D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74
  • Legge 25 giugno 1999, n. 205
  • D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917
  • Legge 07 agosto 1982, n. 516
  • D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600
  • Art. 53 Cost., 27 dicembre 1947

Giurisprudenza

  • Corte di Cassazione, sentenza 24 luglio 2014 n. 16848
  • Corte di Cassazione, sentenza del 13 giugno 2013 n. 25931
  • Corte di Cassazione, sentenza 6 ottobre 2015, n. 49570
  • Corte di Cassazione, sentenza 17 settembre 2015, n. 50436

Prassi

  • Guadia di Finanza, Circolare 1° dicembre 2017, n. 1/2018