Telefoni cellulari e Tassa di concessione governativa

La Redazione
11 Maggio 2016

La Corte di Cassazione, con le sentenze pronunciate lo scorso 9 maggio nn. 9344 e 9345, ha ricordato taluni principi in tema di tassa di concessione governativa.

La Corte di Cassazione, con le sentenze nn. 9344 e 9345/2016, ha fornito chiarimenti in merito a questioni attinenti la tassa di concessione governativa. Delineando diversi profili attinenti alle modalità e ai termini di versamento dell'imposta, oltrechè l'effettiva applicabilità della tassa a soggetti appartenenti all'Amministrazione dello Stato.

In prima analisi i Giudici si soffermano sul termine di pagamento, riprendendo un principio già espresso in tema di radiofonia mobile. Il termine per il pagamento da parte dell'utente coincide con quello pattuito per il pagamento del canone contrattuale, in virtù del collegamento operato dalla "nota 1" all'art. 21 della Tariffa all. al d.P.R. n. 641/1972. Il dies a quo, dal quale decorre il termine triennale di decadenza per l'accertamento dell'omesso pagamento della tassa, fissato dall'art. 13 del d.P.R. menzionato, dev'essere individuato con riferimento alle singole scadenze di adempimento dell'obbligazione avente ad oggetto il pagamento del corrispettivo-canone di servizio, e dunque con il rispettivo termine di scadenza per il pagamento delle singole bollette.

Le modalità di riscossione seguono l'adempimento su base bimestrale unitamente ai canoni anticipati del bimestre di riferimento: il gestore infatti ha l'obbligo di comunicare, all'Ufficio erariale competente, l'ammontare della TCG addebitata.

Anche la questione relativa alla debenza della tassa in oggetto è stata definita già precedentemente dalle Sezioni Unite con sentenza n. 9560/2014, dove si è già avuto modo di affermare che, in tema di radiofonia mobile, l'abrogazione dell'art. 318 d.P.R. n. 156/1973 ad opera dell'art. 218 D.Lgs. n. 259/2003, non ha fatto venir meno l'assoggettabilità dell'uso del "telefono cellulare" alla tassa di concessione.

Le questioni ora affrontate dai Giudici sono essenzialmente due:

  1. la compatibilità della TCG con l'ordinamento UE;
  2. esistenza di un quadro normativo non equivoco, in ordine alla necessità di autorizzazione.

Le Sezioni Unite in merito alla prima questione ritengono che l'applicabilità di siffatata tassa non si pone in contrasto con la disciplina comunitaria. L'art. 21 della Tariffa annessa al d.P.R. 641/1972, stabilisce poi che per stazioni radioelettriche si intendono anche le apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre di comunicazione. Non sussiste differenza di regolamentazione tra telefono cellulare e radio rice-trasmittente, risultando entrambi soggetti al D.Lgs. 259 cit..

Infatti un'eventuale interpretazione delle norme del D.Lgs. 259/2003 da cui si facesse discendere un'attuale inapplicabilità della TCG sui telefoni sarebbe incompatibile con la disposizione di cui all'art. 219 del codice delle comunicazioni. La distinzione che sussiste non riguarda la fonte regolatrice, bensì solo l'attività svolta.

In ultima analisi, la Corte ha poi evidenziato che gli Enti locali sono tenuti al pagamento della tassa sugli abbonamenti dei telefoni cellulari, non esistendo nessuna esenzione riconosciuta dall'art. 13-bis d.P.R. n. 641/1972, a favore dell'Amministrazione statale.

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