Non c’è valenza presuntiva per le operazioni di prelievo

La Redazione
27 Settembre 2017

Non sono a priori indice di maggiori ricavi i prelevamenti del professionista e, pertanto, deve considerarsi illegittimo l'accertamento basato sulle indagini bancarie.

Non c'è valenza presuntiva per le operazioni di prelievo: non sono a priori indice di maggiori ricavi e, pertanto, deve considerarsi illegittimo l'accertamento sul professionista basato sulle indagini bancarie. Lo dicono i Giudici della Corte di Cassazione con l'ordinanza del 26 settembre 2017, n. 22396, con la quale la Sesta Sezione Civile ha accolto il ricorso di un architetto. L'uomo aveva ricevuto un accertamento per IVA, IRPEF ed IRAP per l'anno di imposta 2007, a seguito di rideterminazione del reddito imponibile come da risultati delle indagini bancarie.

Si legge nell'ordinanza della Suprema Corte: «la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari […] non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti». E tuttavia, «la sentenza della CTR non risulta corretta, laddove, malgrado specifica doglianza, con riguardo al reddito accertato a carico del contribuente […] i giudici di appello hanno ritenuto aventi valenza di prova presuntiva di maggiori ricavi, superabile da prova contraria, oltre alle operazioni di versamento, anche quelle di prelevamento».

Secondo la Corte, invece, la sentenza di merito era invece corretta in relazione alla prova presuntiva legata ai versamenti effettuati dal professionista. La Cassazione ha quindi accolto il ricorso del contribuente e cassato la sentenza impugnata, con rinvio per un nuovo esame alla CTR in diversa composizione.

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