Impugnabilità del diniego di autotutela: la Cassazione non fa ancora chiarezza
28 Settembre 2015
Massima
Avverso l'atto con il quale l'Amministrazione manifesta il rifiuto di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo divenuto definitivo non è esperibile un'autonoma tutela giurisdizionale, sia per la discrezionalità propria dell'attività di autotutela, sia perché, diversamente opinando, si darebbe inammissibilmente ingresso ad una controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo (ordinanza 21 settembre 2015, n. 18597).
L'annullamento in autotutela di un atto impositivo e la sua sostituzione con uno nuovo incontra i soli limiti rappresentati dal rispetto del termine decadenziale di notifica, dal divieto od elusione del giudicato sostanziale formatosi sull'atto annullato e dal rispetto del diritto di difesa del contribuente: pertanto, la notifica di un nuovo atto impositivo sostitutivo non necessita della rinotifica del relativo processo verbale di constatazione (sentenza 8 luglio 2015, n. 14219). Il caso
Le vicende oggetto di esame, da parte della Corte, nell'ordinanza n. 18597 e nella sentenza n. 14243 presentano una matrice comune, che è rappresentata dall'impugnazione di un provvedimento di diniego di autotutela avente per oggetto atti impositivi divenuti definitivi perché non opposti nei termini. Nel primo giudizio, ossia quello deciso con l'ordinanza di settembre, un contribuente aveva, infatti, proposto ricorso avverso il diniego di annullamento in autotutela di un avviso di accertamento e della conseguenziale cartella di pagamento, regolarmente notificatigli: essendo risultato soccombente in primo grado, aveva proposto appello davanti alla Commissione Tributaria Regionale ottenendone l'accoglimento, sia sotto il profilo dell'ammissibilità del ricorso introduttivo che nel merito: la sentenza veniva, dunque, impugnata in Cassazione dall'Agenzia delle Entrate, che ne chiedeva la riforma integrale. Nel giudizio culminato nella sentenza di luglio, analogamente, una società aveva proposto ricorso avverso il diniego parziale di annullamento in autotutela di un avviso di irrogazione sanzioni divenuto definitivo, che veniva rigettato dalla Commissione Provinciale e dichiarato inammissibile, unitamente al successivo appello, dalla Commissione Regionale; sentenza, quest'ultima, oggetto del ricorso in Cassazione della società. La questione
La questione cruciale, oggetto dell'ordinanza n. 18597 e della sentenza n. 14243 è rappresentata dall'impugnabilità, o meno, del diniego (espresso o tacito) all'istanza di annullamento in autotutela di un atto impositivo, divenuto oramai definitivo perché non opposto nei termini. Le soluzioni giuridiche
Il contrasto tra l'ordinanza di settembre e le sentenze di luglio in merito all'impugnabilità del diniego di autotutela rispecchia fedelmente l'orientamento altalenante che la Corte, anche a Sezioni Unite, ha manifestato nel tempo. Di diverso avviso le sentenze nn. 14243 e 14219 di luglio (Relatore Chindemi), le quali, invece, hanno sposato l'orientamento favorevole all'impugnabilità del diniego già espresso dalle Sezioni Unite del 2007 (n. 7388).
Nella prima, la Corte ha stabilito che “l'esercizio del potere di autotutela in materia tributaria attraverso l'annullamento parziale di un avviso impositivo, non preclude al contribuente, ancorchè l'originario provvedimento fosse già definitivo, la possibilità di impugnare, nei termini di legge, il provvedimento emesso in autotutela, privandosi altrimenti il contribuente della possibilità di difesa relativamente a tale atto, ancorchè riduttivo della originaria pretesa”. Né può ritenersi ostativo, in tal senso, il fatto che il diniego di autotutela non sia, espressamente, compreso nell'elenco degli atti impugnabili davanti alle Commissioni Tributarie: i giudici, infatti, ricordando, a riguardo, l'orientamento di legittimità – questo sì – consolidato, hanno ribadito che “l'elencazione degli atti impugnabili davanti al giudice tributario di cui all'art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, non esclude, inoltre l'impugnabilità di atti non compresi in tale novero ma contenenti la manifestazione di una compiuta e definita pretesa tributaria, come nel caso di provvedimento in autotutela” (significativa appare l'apertura generalizzata all'impugnabilità del c.d. “avviso bonario”, da ultimo ribadita con ordinanza 28 luglio 2015, n. 15957; per contro, si è, tutt'ora, in attesa di conoscere il verdetto delle Sezioni Unite sull'annosa questione rappresentata dall'impugnabilità dell'estratto di ruolo).
Nella seconda sentenza, i giudici hanno confermato la medesima apertura, tuttavia pronunciandosi rispetto al vincolo, dichiarandolo non sussistente, rappresentato dalla necessità che l'ufficio che si avvalga dell'autotutela sostitutiva debba, o meno, procedere alla preventiva rinotifica del processo verbale di constatazione. Osservazioni
La questione dell'impugnabilità del diniego di autotutela rappresenta, senza dubbio, uno dei fronti maggiormente aperti nel panorama giurisprudenziale più recente della Corte di Cassazione, nonostante i numerosi interventi a Sezioni Unite degli ultimi anni; i quali, forse proprio perché essi stessi contrastanti, hanno contribuito a rendere particolarmente incerta la materia.
L'ordinanza numero 18597 nega, come detto, ogni spiraglio all'impugnabilità del diniego: più precisamente, la stessa, nel richiamare alcuni precedenti della Corte, ne ammette la proponibilità nello stretto perimetro rappresentato dall'eventuale esistenza di un interesse di rilevanza generale che dovrebbe indurre l'Amministrazione finanziaria a rimuovere l'atto.
Va, tuttavia, chiarito che la possibilità di contestare la pretesa nel merito costituisce un'ipotesi eccezionale, dal momento che l'interesse del contribuente a ottenerne la rimozione non può, di certo, prevalere rispetto alla certezza di rapporti giuridici che derivino, come nella specie, dalla definitività di atti impositivi non opposti nei termini; per questo motivo, la possibilità di contestare nel merito la pretesa, divenuta definitiva, non può che essere limitata alla sola (ed, invero, remota) eventualità in cui il provvedimento di diniego abbia confermato la fondatezza dell'imposizione basandosi su ragioni diverse da quelle addotte con l'atto impositivo originario, dovendosi, naturalmente, escludere una riapertura incondizionata dei termini di impugnazione cui, diversamente, si finirebbe con il pervenire. Non da ultimo, con la sentenza numero 14219 la Corte, nella medesima ottica di apertura verso l'utilizzo dello strumento, ha, come si è visto, escluso che la riemissione di un avviso di accertamento, sostitutivo del precedente annullato in autotutela, debba passare per la rinotifica del relativo p.v.c; la sentenza sembra cogliere nel segno nella misura in cui i giudici di legittimità hanno riaffermato la natura esclusivamente amministrativa dell'istituto, che resta, infatti, circoscritto alla fase accertativa vera e propria involgendo il solo atto impositivo in cui essa culmina, senza che questo interessi minimamente la fase istruttoria che l'ha preceduta (diversa nella natura, nella finalità e nei contenuti), la quale si sostanzia nell'emissione del p.v.c. (che, per questo, non dev'essere riemesso). Non altrettanto sembra potersi affermare in relazione ai vincoli, apparentemente posti nella parte finale della sentenza, rappresentati dal mancato decorso dei termini decadenziali e dall'assenza di un giudicato di merito sull'atto annullato, ai quali la Corte sembra subordinare la conclusione cui è pervenuta ma che, in realtà, non la intaccano, involgendo profili di legittimità dell'accertamento che hanno vita autonoma rispetto alla fase istruttoria, che ne ha preceduto l'emissione.
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