Abuso del diritto: non è sufficiente affermare un astratto principio di pratica elusiva
30 Novembre 2015
L'abuso del diritto non opera tout court in caso di accertamento. Lo dicono i giudici della Cassazione, nella sentenza del 25 novembre 2015, n. 24024. Per quanto concerne le imposte dirette, bisogna valutare che l'abuso del diritto è stato circoscritto a specifici elementi, senza i quali non si possono definire ipotesi abusive.
La controversia concerneva l'impugnazione da parte di una società contribuente di avvisi di accertamento per IRES, IRAP ed IRPEG, con successiva cartella di pagamento. L'accertamento aveva avuto origine dall'arresto di un notaio svizzero, nel cui pc erano stati rinvenuti files relativi alla società in questione, con la sottoscrizione di contratti di cointeressenza e partecipazioni per il supposto fine di contabilizzare formalmente costi per la riduzione degli utili da sottoporre a tassazione.
La società aveva perso davanti alla CTR, e tentava di dimostrare le proprie ragioni in Cassazione, evidenziando una supposta erroneità della cartella per la non conformità ai requisiti della sufficiente motivazione, alla violazione del principio di trasparenza sul calcolo di interessi e dei compensi ed alla ricostruzione della fattispecie citata in giudizio. Se la denuncia del difetto di motivazione non è stata accolta, hanno avuto invece buon esito gli ultimi due argomenti dell'impugnazione.
L'attenzione va posta principalmente sulla motivazione con la quale la Cassazione ha accolto l'ultimo punto, introducendo una interessante osservazione sull'abuso del diritto. “È certamente vero – è scritto in sentenza – che secondo il consolidato orientamento di questa Corte, «la fattispecie dell'abuso del diritto e la sua valutazione da parte del giudice nazionale rappresenta un principio generale vigente nell'ordinamento italiano, con radici comunitarie e costituzionali»”. È però consolidato l'orientamento secondo cui in “in materia tributaria, costituisce condotta abusiva l'operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il Fisco, sicché il divieto di siffatte operazioni non opera qualora esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero intento di conseguire un risparmio di imposta, fermo restando che incombe sull'Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale”.
L'elusione ha precisi limiti, contestualizzati dall'art. 37-bis del D.P.R. 600/1973. Hanno aggiunto i Giudici che la fattispecie dell'abuso del diritto non opera però “tout court” nel caso di accertamento. Non è possibile fermarsi all'affermazione di un astratto principio di pratica abusiva, ma c'è bisogno di una ipotesi precisa ed identificata. La sentenza impugnata, invece, collocava in modo apodittico “ex officio” la fattispecie nel quadro dell'abuso del diritto, nonostante fosse stata dedotta dall'Ufficio l'antieconomicità delle operazioni contestate e senza che fosse fornita una prova del disegno elusivo. |