Accesso agli atti
26 Maggio 2020
Inquadramento
Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione
Il diritto di accesso, quale fondamentale strumento di trasparenza, imparzialità ed effettività della tutela giurisdizionale, si definisce, ai sensi dell'art. 22, l. 7 agosto 1990, n. 241, come «diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia dei documenti amministrativi» a disposizione della P.A. L'effettività del diritto di accesso, in particolare, risponde ai principi di imparzialità e buon andamento ex art. 97 Cost., è espressione del diritto di informazione ex art. 21 Cost. e trova, altresì, pieno riconoscimento nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, nel Regolamento 1049/2001/CE e nel Trattato di Lisbona. Nel settore degli appalti pubblici, le suddette esigenze emergono con maggiore rilevanza. Pertanto, il legislatore ha introdotto una disciplina speciale relativamente all'accesso agli atti nell'ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici. In particolare, il diritto di accesso agli atti di gara è attualmente disciplinato dall'art. 53 – recante “Accesso agli atti e riservatezza” – del nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50). La nuova disciplina, di recepimento dell'art. 21 della direttiva 2014/24/UE, riproduce sostanzialmente quella prevista dall'art. 13, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (recante la precedente versione del Codice) e si applica alle procedure selettive formalmente avviate successivamente alla sua entrata in vigore (art. 216, d.lgs. n. 50 del 2016 e comunicato congiunto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell'Autorità Nazionale Anticorruzione del 22 aprile 2016). L'art. 74 del medesimo Codice del 2016, di recepimento dell'art. 53 della direttiva 2014/24/UE, detta una specifica disciplina relativamente alla “Disponibilità elettronica dei documenti di gara”, mentre non è più previsto l'obbligo di indicare gli uffici e gli orari di accesso automatico ai suddetti atti nelle comunicazioni di cui all'art. 79 (sul punto v. la Bussola di M.A. Sandulli, Rito speciale in materia di contratti pubblici e il Focus, Nuovi limiti al diritto di difesa introdotti dal d.lgs. n. 50 del 2016 in contrasto con il diritto eurounitario e la Costituzione, dello stesso A. sui nuovi limiti alla tutela giurisdizionale sugli atti di affidamento dei suddetti contratti). La specialità della disciplina trova la sua ratio nella accentuata difficoltà, che si presenta nel campo delle commesse pubbliche, di operare un bilanciamento tra contrapposti valori quali la tutela della privacy, la trasparenza, l'imparzialità, il diritto di difesa, la par condicio tra i concorrenti e l'effettività della tutela giurisdizionale. Con particolare riguardo al principio di trasparenza dell'attività amministrativa, si segnalano le previsioni contenute nell'art. 29, d.lgs. n. 50 del 2016.
Il rapporto tra la disciplina generale della l. n. 241 del 1990 e la disciplina dettata dal Codice del 2006.
L'art. 13, del Codice del 2006 – di recepimento dell'art. 6 della direttiva 2004/18/CE e degli artt. 13 e 35 della direttiva 2004/17/CE – dispone, al primo comma, che: «Salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni». Parimenti, l'art. 79, comma 5-quater, del medesimo Codice del 2006, detta una disciplina speciale per quanto riguarda il procedimento di c.d. accesso informale agli atti delle procedure di evidenza pubblica, tenendo conto delle diverse esigenze che affiorano in tale settore. Il rapporto tra la disciplina generale dell'accesso, di cui agli artt. 22 e ss. della legge sul procedimento amministrativo e la normativa speciale in tema di accesso agli atti di gara dettata dalle riferite disposizioni speciali costituisce un passaggio fondamentale per trattare i problemi relativi alla legittimazione all'accesso ed ai limiti allo stesso. La giurisprudenza ha sottolineato che il rapporto tra la normativa generale in tema di accesso e quella particolare dettata in materia di contratti pubblici non va posto in termini di accentuata differenziazione, ma piuttosto di complementarietà, nel senso che le disposizioni – di carattere generale – contenute nella disciplina della l. n. 241 del 1990 devono trovare applicazione tutte le volte in cui non si rinvengono disposizioni derogatorie – e, quindi, speciali – nel codice dei contratti, le quali trovano la propria ratio nel particolare regime giuridico di tale settore dell'ordinamento. In sostanza, la disciplina speciale del codice dei contratti pubblici costituisce un “microsistema normativo” in cui l'accesso è strettamente collegato alla difesa in giudizio. Si tratta, dunque, di una disciplina molto più restrittiva di quella contenuta nell'art. 24, l. n. 241 del 90 (cfr. TAR Campania, Salerno, Sez. II, 23 marzo 2015, n. 657; TAR Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 9 settembre 2014, n. 454; Cons. St., Sez. V, 17 giugno 2014, n. 3079; Cons. St., Sez. V, 24 marzo 2014, n. 1446; Cons. St., Sez. V, 30 dicembre 2011, n. 6996).
L'oggetto del diritto di accesso Oggetto del diritto di accesso, ex art. 13, d.lgs. n. 163 del 2006, sono «gli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte». Sono accessibili tutti gli atti prodotti e redatti in sede di gara o che si ricollegano, talora anche in modo indiretto, a procedure di scelta del contraente: atti di autocertificazione; documenti relativi all'offerta tecnica; le offerte economiche; verbali di commissioni di gara; elaborati progettuali, ecc. Oggetto del diritto di accesso possono essere anche le offerte tecniche, comprensive di tutti i documenti ad esse afferenti, fra cui anche eventuali relazioni ed allegati di natura tecnica, presentate dalle altre imprese partecipanti. Il diritto di accesso può, dunque, esercitarsi anche rispetto a documenti di natura privatistica, purché concernenti attività di pubblico interesse (Cons. St., Ad. plen., 22 aprile 1999, n. 4)
Quanto ai soggetti legittimati attivi e passivi, deve farsi riferimento alla disciplina generale dettata dagli artt. 22 e 23, l. n. 241 del 90, nonché all'art. 13, comma 6, d.lgs. n. 163 del 2006.
Dal lato attivo, sono legittimati i soggetti cc.dd. interessati che, ai sensi dell'art. 22, comma 1, lett. b), sono tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale si chiede l'accesso. Atteso che non si tratta di un controllo generalizzato sull'attività della P.A. – inammissibile ai sensi dell'art. 24, comma 3, l. n. 241 del 1990 – l'interesse dell'istante deve valutarsi in astratto e porsi in rapporto di strumentalità con il documento del quale è richiesta l'ostensione e non con la verosimiglianza della fondatezza della pretesa sostanziale sottostante alla richiesta (cfr. TAR Campania, Salerno, Sez. I, 8 giugno 2016, n. 1399; TAR Lazio, Sez. II-quater, 27 aprile 2016, n. 5446; Cons. St., Sez. VI, 10 novembre 2015, n. 5111; TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 5 novembre 2015, n. 2814; Cons. St., sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4209). L'interesse si considera: (i) diretto, allorché l'istante sia il portatore della situazione giuridica soggettiva tutelata; (ii) concreto, quando l'esigenza di tutela sottesa all'istanza di accesso non sia solo astratta o meramente ipotetica; (iii) attuale, quando l'interesse all'accesso non sia meramente storico-documentativo, ma abbia dei riflessi sulla posizione giuridica dell'istante al momento in cui viene in rilievo (cfr. Cons. St., Sez. V, 12 maggio 2016, n. 1891; TAR Lazio, Roma, sez. II-ter, 9 maggio 2016, n. 5429; TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 31 marzo 2016, n. 3941; TAR Campania, Napoli, Sez. VI, 28 gennaio 2016, n. 521; TAR Lazio, Roma, Sez. II, 11 gennaio 2016, n. 232; Cons. St., Sez. VI, 10 novembre 2015, n. 5111; Cons. St., Sez. IV, 29 gennaio 2014, n. 461; Cons. St., Sez. IV, 22 dicembre 2014, n. 6342; Cons. St., Sez.VI, 12 marzo 2012, n. 1403). Secondo la giurisprudenza, la legittimazione all'accesso spetta sicuramente ai soggetti partecipanti alla gara. I concorrenti, infatti, sottoposti alle regole di trasparenza ed imparzialità che caratterizzano la selezione, acconsentono implicitamente che l'offerta tecnica-progettuale fuoriesca dalla sfera del proprio riservato dominio, avendo come contropartita la possibilità di esercitare un eguale diritto di accesso, per conseguire o difendere l'aggiudicazione (cfr. Cons. St., Sez. III, 15 luglio 2014, n. 3688; TAR Campania, Napoli, Sez. VI, 25 marzo 2013, n. 1657; Cons. St., Sez. VI, 30 luglio 2010, n. 5062). Quanto alle istanze di accesso presentate da coloro che volontariamente non hanno partecipato alla procedura, la giurisprudenza ha più volte affermato la non sussistenza della legittimazione a chiedere di prendere visione e di estrarre copia della relativa documentazione. La mancata partecipazione alla gara priva il richiedente di quella posizione differenziata e qualificata che lo legittima all'accesso (TAR Molise, Campobasso, Sez. I, 16 luglio 2013, n. 490).
Dal lato passivo, ai sensi dell'art. 23, l. n. 241 del 90, i soggetti obbligati a consentire l'esercizio del diritto di accesso sono le amministrazioni dello Stato, comprese le aziende autonome, gli enti pubblici e i gestori di pubblici servizi. L'istituto dell'accesso si applica anche ai soggetti sussumibili nella nozione comunitaria di organismi di diritto pubblico (che non siano qualificabili, tuttavia, come enti pubblici alla stregua dell'ordinamento nazionale) e ai soggetti privati che perseguono un interesse pubblico, ai sensi dell'art. 22, comma 1, lett. e) e dell'art. 23, l. n. 241 del 1990.
I limiti oggettivi all'accesso agli atti delle gare, data la peculiarità del settore, sono:
a) le ipotesi di divieto relativo di divulgazione: l'art. 13, comma 5, Codice del 2006 prevede un elenco tassativo di documenti che risultano esclusi dal diritto di accesso e da ogni altra forma di divulgazione (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. III-quater, 21 ottobre 2016, n. 10509; TAR Lazio, 2 agosto 2016, n. 8992; Tar Campania, Napoli, Sez. VI, 27 maggio 2015, n. 2934). In particolare, si prevede l'esclusione dall'accesso: (i) per le informazioni contenute nelle offerte che, secondo comprovata dichiarazione del concorrente, rivelino segreti tecnici o commerciali; (ii) per ulteriori aspetti riservati delle offerte, da individuarsi in sede di regolamento; (iii) per i pareri legali acquisiti dalle stazioni appaltanti per la soluzione di controversie, anche solo potenziali, relative ai contratti pubblici; (iv) per le relazioni riservate del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve dell'esecutore del contratto. Per tali documenti opera una c.d. presunzione di non ostensibilità.
b) la tutela del diritto alla riservatezza, il quale è destinato a recedere rispetto all'interesse conoscitivo dell'istante solo qualora esso sia esercitato per la difesa giudiziale e in via strettamente collegata alla posizione processuale dello stesso (TAR Lazio, Roma, Sez. I, 5 luglio 2016, n. 7716; Cons. St., Sez. V, 27 aprile 2015, n. 2096).
Sul punto, pare opportuno richiamare la normativa concernente la protezione dei dati personali di cui al d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice Privacy), che individua tre categorie di dati personali, cui viene ricondotta una tutela progressivamente più ampia. Si tratta, in particolare, dei dati comuni della persona, dei dati cc.dd. sensibili, nonché dei dati cc.dd. supersensibili. Dalla lettura del disposto di cui all'art. 59 Cod. Privacy emerge che l'istante potrà ottenere l'ostensione dei documenti contenenti dati comuni afferenti la sfera privata di soggetti terzi, qualora dimostri di vantare un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento. L'accesso ai dati cc.dd. sensibili, invece, può essere accordato nei limiti in cui risulti indispensabile per la tutela e la difesa degli interessi dell'istante ed è regolato dal combinato disposto del predetto art. 59, d.lgs. n. 196 del 2003 e degli artt. 22 e ss., l. n. 241 del 1990. Molto più stringenti risultano, invece, i limiti al diritto di accesso in ordine ai dati cc.dd. supersensibili, riguardanti lo stato di salute o la sfera sessuale di una persona. Alla stregua di quanto disposto dall'art. 60 Cod. Privacy, infatti, l'accesso «[…] è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile».
C) la tutela del segreto di Stato e dei segreti o divieti di divulgazione espressamente previsti dalla legge. Atteso il carattere di specialità che connota la disciplina codicistica dell'accesso, la giurisprudenza ha confermato che l'accesso agli atti delle gare pubbliche ha, sul piano oggettivo, una portata molto più ristretta rispetto a quella dell'accesso di cui alla l. n. 241 del 1990. Esso, infatti, è sempre ancorato alla esigenza di una difesa in giudizio (cfr. TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 20 aprile 2015, n. 963; TAR, Lombardia, Milano Sez. IV, 30 ottobre 2014, n. 2587; Cons. St., Sez. V, 17 giugno 2014, n. 3079; Cons. St., Sez. V, 24 marzo 2014, n. 144; Cons. St., Sez. V, 30 dicembre 2011, n. 6996). In questa prospettiva, quindi, la previsione è molto più restrittiva di quella contenuta nell'art. 24, l. n. 241 del 1990, la quale contempla un ventaglio più ampio di possibilità, consentendo l'accesso ove necessario per la tutela della posizione giuridica del richiedente, senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale (Cons. St., Sez. V, 17 giugno 2014, n. 3079) Le suesposte ipotesi di divieto di divulgazione di cui all'art. 13, comma 5, lett. a) e b) del Codice del 2006 recedono a fronte di un accesso orientato a consentire la tutela giurisdizionale. La giurisprudenza sembra orientata nel senso che la suddetta norma non presuppone che al momento della richiesta di accesso il giudizio sia già incardinato, essendo sufficiente che la lite sia anche solo potenziale (TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 29 gennaio 2010, n. 199). Tuttavia, l'amministrazione, una volta verificato che il richiedente non sia incorso in preclusioni processuali, è tenuta ad effettuare un controllo accurato circa la concreta utilità della documentazione di cui è richiesta l'ostensione (cfr. TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 15 gennaio 2014, n. 49; Cons. St., Sez. VI, 10 maggio 2010, n. 2814). Parte della dottrina, invece, ritiene che all'amministrazione non spetterebbe effettuare alcuna indagine circa le intenzioni del richiedente di agire in giudizio, essendo sufficiente un mero controllo sull'astratta utilità del documento. Infine, giova evidenziare che, ai sensi dell'art. 294 del regolamento di attuazione del d.lgs. n. 163 del 2006 (d.P.R. n. 207 del 2010), nei procedimenti di gara mediante aste elettroniche sono esclusi dal diritto di accesso gli atti contenenti soluzioni tecniche e i programmi per elaboratore utilizzati dalla stazione appaltante o dal gestore del sistema informatico ove coperti da diritti di privativa intellettuale.
Il codice dei contratti prevede, in deroga alla disciplina generale, un particolare obbligo della stazione appaltante a fronte dell'istanza di accesso agli atti di gara. Si tratta del c.d. obbligo di differimento dell'accesso, disciplinato dall'art. 13, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006. La citata norma obbliga la P.A. a posticipare l'accesso di alcuni documenti e trova la sua ratio giustificatrice nell'esigenza di garantire il buon andamento dell'azione amministrativa e il corretto svolgimento della gara. Attraverso il differimento, infatti, l'accesso è tendenzialmente ammesso, ma sono definite particolari modalità di esercizio temporale dello stesso. Nel dettaglio, la stazione appaltante differisce l'accesso: a) ai documenti contenenti l'elenco dei soggetti che hanno presentato domanda di partecipazione alla gara, in tutte le tipologie di procedure, sino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte. Scopo del differimento è quello di evitare forme di coordinamento e di collegamento tra imprese che possano condizionare l'esito della gara e, quindi, vulnerare il generale principio di buon andamento dell'azione amministrativa ex art. 97 Cost., nonché quelli che presidiano lo svolgimento degli affidamenti di lavori, servizi e forniture, ai sensi dell'art. 2, d.lgs. n. 163 del 2006, con particolare riferimento a quelli di efficacia, correttezza, libera concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione (TAR Molise, Campobasso, 12 giugno 2015, n. 240). L'unica eccezione è rappresentata dall'ipotesi in cui, in una procedura di gara ristretta o negoziata, la richiesta d'invito di alcuni soggetti sia stata respinta. In tale ultimo caso, infatti, è consentito l'accesso all'elenco dei candidati ammesso una volta che l'amministrazione ne abbia dato comunicazione ufficiale agli altri partecipanti; b) ai documenti contenenti le offerte – da intendersi come tutti i documenti relativi alle offerte tecniche ed economiche – presentate dalle imprese partecipanti, sino alla approvazione dell'aggiudicazione. Secondo l'interpretazione data dalla giurisprudenza amministrativa dell'art. 13, comma 2, lett c), d.lgs. n. 163 del 2006 il potere di differimento dell'accesso alle offerte opera sino alla aggiudicazione provvisoria (cfr. TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 31 luglio 2015, n. 2593; Cons. St., Sez. V, 27 ottobre 2014, n. 5280); c) ai documenti attraverso i quali si è svolta la procedura di verifica delle offerte anomale, sino a quando manchi l'aggiudicazione definitiva. Pare opportuno precisare che si tratta di ipotesi tassative, in quanto speciali e derogatorie rispetto alla disciplina generale della l. n. 241 del 90. I suddetti atti, più specificamente, non possono essere comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti fino alla scadenza dei termini ivi previsti. L'eventuale inosservanza comporta per i pubblici ufficiali o per gli incaricati di pubblici servizi l'applicazione della disposizione di cui all'art. 326 c.p.
L'art. 79, comma 5-quater, d.lgs. n. 163 del 2006 – introdotto dall'art. 2, d.lgs. n. 53 del 2010, di recepimento della direttiva 2007/66/CE – prevede che, fermi i divieti e differimenti di accesso di cui all'art. 13, l'accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo è consentito entro il termine di dieci giorni dall'invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi, mediante visione ed estrazione di copia (Cons. St., Sez. V, 6 maggio 2015, n. 2274). Si tratta, dunque, di un accesso c.d. informale, per il cui esercizio «non occorre istanza scritta di accesso e provvedimento di ammissione» (quanto alle modalità di esercizio, si veda l'art. 5, d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi). Le stazioni appaltanti, inoltre, devono indicare nella comunicazione gli atti per i quali l'ostensione è vietata o differita, nonché l'ufficio in cui l'accesso può essere esercitato ed i relativi orari di apertura al pubblico. Si osserva che, allo spirare del suddetto termine di dieci giorni, l'interessato perde definitivamente il diritto all'accesso, che non potrà essere esercitato, nemmeno nelle forme ordinarie previste dalla l. n. 241 del 1990.
Un'ulteriore deroga al regime ordinario di accesso è prevista relativamente agli appalti nei settori speciali (acqua, energia, gas, trasporto e servizi postali) al fine di tutelare la riservatezza delle informazioni trasmesse (art. 13, comma 7, d.lgs. n. 163 del 2006) Le stazioni appaltanti possono, dunque, imporre agli aspiranti aggiudicatari di non divulgare le informazioni che ricevono riguardanti le specifiche tecniche dell'opera, del servizio o della fornitura oggetto dell'appalto o, comunque, concernenti le fasi di qualificazione e selezione dei concorrenti, nonché sanzionare eventuali violazioni nel rispetto dei principi di proporzionalità e congruità. A ciò deve, tuttavia, aggiungersi la previsione di cui al comma 7-bis del medesimo art. 13, secondo cui gli operatori economici che ne facciano esplicita richiesta possono visionare le specifiche tecniche regolarmente previste negli appalti di forniture, lavori o servizi, o negli appalti oggetto di avvisi periodici indicativi. Accesso civico e procedimenti di gara
L'istituto dell'accesso civico, introdotto con l'art. 5 d.lgs. n. 33 del 2013, come da ultimo modificato dal d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 (c.d. decreto Trasparenza), amplia le prerogative connesse al tradizionale diritto di accesso, ma non si sovrappone a quest'ultimo (cfr. Cons. St., Sez. IV, 12 agosto 2016, n. 3631). Il diritto di accesso, come già osservato, non può mai essere soddisfatto senza una qualificata posizione strumentale da tutelare con la richiesta di ostensione o visione della documentazione richiesta. L'accesso civico, invece, è un'istanza che può generarsi in presenza di un inadempimento da parte della p.a. rispetto ad un preciso obbligo legislativo di pubblicare i propri atti e/o provvedimenti amministrativi o anche dati estrapolati da più ampia documentazione (art. 5, comma 1). Il sopra citato decreto Trasparenza, inoltre, estende l'ambito oggettivo dell'accesso civico anche a documenti e dati detenuti da pubbliche amministrazioni diverse da quelle per le quali è stabilito un obbligo di pubblicazione, «nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'art. 5-bis» (art. 5, comma 2). Ciò, al fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, nonché di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico. La circostanza per cui nell'accesso civico non sia richiesta nessuna posizione giuridica da tutelare ed il bene della vita è costituito dalla possibilità di esigere l'adempimento dell'amministrazione all'obbligo di trasparenza, fa venir meno – contrariamente a quanto accade nell'accesso di cui alla l. n. 241 del 1990 – l'esigenza del bilanciamento tra posizione contrapposte. Si segnala, da ultimo, che l'ANAC, con delibera n. 1309 del 28 dicembre 2016, ha approvato il testo definitivo delle “Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all'art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013” (sul punto, si veda l'approfondimento su “Autorità e Prassi”) Nella medesima seduta del 28 dicembre 2016, inoltre, l'Autorità Anticorruzione ha, altresì, approvato le prime Linee guida sull'attuazione degli obblighi di pubblicazione previsti dal d.lgs. n. 97 del 2016 (sul punto, si veda l'approfondimento su “ Autorità e Prassi”). Accanto alla disciplina generale in materia di accesso agli atti si colloca quella settoriale in ambito locale. Il diritto dei rappresentanti dell'elettorato locale di accedere agli atti dell'amministrazione di appartenenza, in particolare, è previsto dall'art. 43, comma 2, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - TUEL). Si tratta di una peculiare forma di accesso che, ad avviso della giurisprudenza, è espressione del principio democratico dell'autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività, direttamente funzionale non tanto ad un interesse personale del consigliere stesso, quanto alla cura di un interesse pubblico connesso al mandato conferito (Cons. St., Sez. IV, 11 aprile 2014, n. 1768). L'accesso riconosciuto ai consiglieri, invero, ha una ratio differente e ben più ampia rispetto a quello riconosciuto ai cittadini dagli artt. 22 ss. della l. n. 241 del 1990, nonché dallo stesso TUEL, all'art. 10. Il Consigliere, infatti, è legittimato ad accedere a qualsiasi notizia e/o informazione utile all'esercizio delle funzioni consiliari – e non solo ai documenti – e non è tenuto a motivare la richiesta. Diversamente opinando, infatti, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio del mandato del consigliere comunale. Il diritto di accesso alle informazioni ambientali
È opportuno, da ultimo, far cenno al diritto di accesso in materia ambientale, regolato dal d.lgs 19 agosto 2005, n. 195, di recepimento della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale. Si tratta di una disciplina peculiare e certamente meno rigida rispetto a quella dettata dalla legge sul procedimento amministrativo. E', infatti, previsto un regime di pubblicità tendenzialmente integrale dell'informativa ambientale, sia per ciò che concerne la legittimazione attiva, ampliando notevolmente il novero dei soggetti legittimati all'accesso in materia ambientale, sia per quanto riguarda il profilo oggettivo, prevedendosi un'area di accessibilità alle informazioni ambientali svincolata dai più restrittivi presupposti di cui agli artt. 22 e ss. della l. n. 241 del 1990 (cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. VI, 17 dicembre 2014, n. 6687; Cons. St., Sez. IV, 20 maggio 2014, n. 2557). L'art. 3, d.lgs. n. 195/2005, infatti, chiarisce che le informazioni ambientali sono di appartenenza generalizzata, spettando ad ogni soggetto di diritto, senza necessità di collegamento con una data situazione giuridica soggettiva. Si precisa, inoltre, che le informazioni ambientali, cui fa riferimento il predetto decreto legislativo – all'art. 2 – sono solamente quelle riguardanti lo stato dell'ambiente (aria, sottosuolo, siti naturali ecc.) e i fattori che possono incidere sullo stesso (sostanze, energie, rumori, radiazioni, emissioni), sulla salute, sulla sicurezza umana. L'art. 5, invece, pone alcune espresse limitazioni. L'accesso è, difatti, negato laddove l'informazione richiesta è: i) detenuta da un ufficio diverso rispetto a quello a cui è stata inoltrata la richiesta; ii) manifestamente irragionevole, eccessivamente generica oppure quando sia su dati incompleti o in corso di completamento; iii) pregiudizievole per una autorità pubblica, per le relazioni internazionali, l'ordine e la sicurezza pubblica, la difesa nazionale, per lo svolgimento dei procedimenti giudiziari, alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, ai diritti di proprietà intellettuale, alla riservatezza dei dati personali o riguardanti una persona fisica; iv) pregiudizievole per la tutela dell'ambiente o del paesaggio. Profili processuali
Dal punto di vista processuale, giova osservare che, avverso il diniego espresso o tacito di accesso, è attivabile l'actio ad exhibendum, la quale segue il rito speciale sull'accesso di cui all'art. 116 c.p.a. L'accesso agli atti, come affermato dalla maggioritaria giurisprudenza amministrativa, è oggetto di un diritto soggettivo di cui il g.a. conosce in sede di giurisdizione esclusiva (Cons. St., Sez. IV, 19 gennaio 2012, n. 201). Il diritto di accesso agli atti di gara, strumentale rispetto all'attivazione della tutela giurisdizionale, influisce sul dies a quo del termine per l'impugnazione dell'aggiudicazione. L'art. 79, comma 5-quater, d.lgs. n. 163 del 2006 prevede un termine di dieci giorni dalla comunicazione dei provvedimenti inerenti alla procedura di gara entro cui esercitare il diritto d'accesso. Il termine deve essere coordinato con quello previsto dall'art. 120, comma 5, c.p.a. per la proposizione del ricorso giurisdizionale (trenta giorni). La giurisprudenza amministrativa si è espressa nel senso che il termine d'impugnazione dell'aggiudicazione previsto dalla citata norma del codice dei contratti pubblici non decorre sempre dalla comunicazione del provvedimento ai sensi dell'art. 79 del medesimo codice, ma, laddove il contenuto dell'atto e i profili di illegittimità non siano evincibili dal solo provvedimento – rendendosi pertanto necessario un accesso agli atti – questo inizia a decorrere dalla scadenza del termine per proporre istanza di accesso (dieci giorni) (cfr. Cons. St., Sez. III, 21 marzo 2016, n. 1143; Cons. St., 7 gennaio 2015, n. 25; Cons. St., 28 agosto 2014, n. 4432). Inoltre, come previsto dall'art. 116, comma 2, c.p.a., se, nel corso del giudizio, sorge una questione connessa attinente all'accesso agli atti di gara, esso è tutelabile nello stesso giudizio amministrativo principale, attraverso il deposito di un'istanza sulla quale di pronuncia il Collegio con ordinanza (impugnabile solo se di natura decisoria). Si segnala, inoltre, che avverso il diniego o differimento di accesso il privato può, altresì, sperimentare una tutela di tipo giustiziale, esperibile entro il termine di trenta giorni dal diniego, dinanzi al difensore civico competente per territorio – ove si tratti di atti di amministrazioni comunale, provinciali e regionali – o dinanzi alla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi (art. 27, l. n. 241 del 1990) – ove, invece, si tratti di amministrazioni statali e periferiche dello Stato. Nella peculiare ipotesi in cui l'istanza venga rigettata per motivi attinenti la riservatezza, la Commissione, alla stregua di quanto disposto dal co. 4 dell'art. 24, l. n 241 del 1990, può prendere posizione solo dopo aver interpellato il Garante per la privacy. Il ricorso ai predetti procedimenti giustiziali non esclude la possibilità di avvalersi della sopra esposta tutela giurisdizionale: i termini per presentare ricorso dinanzi al g.a. sono, infatti, sospesi fino alla conclusione del giudizio.
Casistica
Disciplina post riforma
La disciplina sopra esposta dettata dall'art. 13, d.lgs. n. 163 del 2006 è stata sostanzialmente riprodotta dal nuovo Codice dei contratti pubblici nell'art. 53 – rubricato “Accesso agli atti e riservatezza” – salvo alcune modifiche riguardanti, più specificamente, l'accesso alle specifiche tecniche. Come anticipato, la nuova disciplina si applica alle procedure selettive formalmente avviate – mediante pubblicazione del bando o dell'avviso o mediante invio delle lettere di invito – successivamente alla data della sua entrata in vigore (19 aprile 2016), in base al disposto di cui all'art. 216, d.lgs. n. 50 del 2016. Con comunicato congiunto del 22 aprile 2016, il MIT e l'ANAC hanno chiarito che le nuove disposizioni si applicano ai bandi pubblicati a partire dal 20 aprile 2016. L'ANAC, inoltre, con avviso del 3 maggio 2016, ha fornito ulteriori precisazioni in merito al regime transitorio del nuovo Codice. Il comma 1 del predetto art. 53, Codice del 2016 – riportando fedelmente al primo periodo quanto disposto dal comma 1 dell'art. 13 del precedente Codice del 2006 – afferma che il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli artt. 22 e ss. della legge sul procedimento amministrativo. Viene, inoltre, precisato, al medesimo comma 1, che l'accesso agli atti del processo di asta elettronica può essere esercitato: (i) mediante l'interrogazione delle registrazioni di sistema informatico che contengono la documentazione in formato elettronico degli atti; (ii) tramite l'invio o la messa a disposizione di copia autentica degli atti. I successivi commi 2, 3 e 4 dell'art. 53 dettano la disciplina in tema di differimento del diritto di accesso e – anche in tal caso – si tratta di previsioni assolutamente identiche a quelle contenute nel precedente Codice del 2006. Il comma 5, invece, contiene un'elencazione degli atti per cui è escluso il diritto di accesso e ogni altra forma di divulgazione. L'elencazione in parte riprende e in parte modifica quella contenuta nel comma 5 dell'art. 13, d.lgs. n. 163 del 2006. La nuova disciplina di cui all'art. 53, comma 5, Codice del 2016 prevede che, nel caso di appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, deve essere escluso l'accesso: (a) alle informazioni riguardanti segreti tecnici o commerciali; (b) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all'applicazione del Codice per la soluzione di controversie relative ai contratti pubblici; (c) alle relazioni riservate del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo sulle domande e riserve del soggetto esecutore del contratto; (d) alle soluzioni tecniche e ai programmi per elaboratore utilizzati dalla stazione appaltante o dal gestore del sistema elettronico per le aste elettroniche, ove coperti dai diritti di privativa intellettuale. Il successivo comma 6, invece, afferma – riprendendo, seppur in parte, la previsione di cui all'art. 13, comma 6, Codice del 2006 – che il concorrente può accedere alle informazioni di cui al sopra richiamato punto (a) ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi e, comunque, in relazione alla procedura di affidamento del contratto. Tra le significative novità, si segnala la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici e per gli enti aggiudicatori di imporre agli operatori economici condizioni a tutela della riservatezza delle informazioni rese disponibili durante l'intera procedura di appalto (comma 7). L'art. 74, d.lgs. n. 50 del 2016 si occupa, invece, della disponibilità elettronica dei documenti di gara. In particolare, il comma 1 prevede che le stazioni appaltanti debbano offrire «un accesso gratuito, illimitato e diretto, per via elettronica, ai documenti di gara» a decorrere dalla data di pubblicazione di un avviso o dalla data di invio di un invito a confermare interesse. I commi successivi dettano soluzioni, laddove non sia possibile offrire il predetto accesso gratuito, illimitato e diretto per via elettronica a determinati documenti di gara.
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