In linea generale, negli appalti pubblici di lavori (e/o di servizi) vige il principio della non modificabilità del progetto posto a base di gara, per l'evidente necessità di garantire la par condicio fra i partecipanti. L'attuale quadro normativo prevede che gli elaborati di gara possano essere modificati dai concorrenti in casi limitati. Tale principio, così come valeva allorché era vigente il “vecchio” codice dei contratti riconducibile al d.lgs. n. 163 del 2006, vale tuttora anche dopo l'introduzione della nuova disciplina dei contratti pubblici con il d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, emanato in recepimento delle direttive comunitarie nn. 23, 24 e 25 del 2014, ed oggi modificato, da ultimo, con il d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56.
Inquadramento
Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione
In linea generale, negli appalti pubblici di lavori (e/o di servizi) vige il principio della non modificabilità del progetto posto a base di gara, per l'evidente necessità di garantire la par condicio fra i partecipanti. L'attuale quadro normativo prevede che gli elaborati di gara possano essere modificati dai concorrenti in casi limitati. Tale principio, così come valeva allorché era vigente il “vecchio” codice dei contratti riconducibile al d.lgs. n. 163 del 2006, vale tuttora anche dopo l'introduzione della nuova disciplina dei contratti pubblici con il d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, emanato in recepimento delle direttive comunitarie nn. 23, 24 e 25 del 2014, ed oggi modificato, da ultimo, con il d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56.
Non si tratta, tuttavia, di un principio intangibile, essendone ammesse limitate eccezioni, come di qui a poco si vedrà.
Secondo la disciplina previgente rispetto all'introduzione del d.lgs. n. 50 del 2016, nel caso di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso determinato mediante offerta a prezzi unitari (cd. criterio del massimo ribasso), secondo il disposto dell'art. 119 del regolamento al codice degli appalti approvato con d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, al concorrente era richiesta la compilazione di una lista delle lavorazioni e delle forniture previste per l'esecuzione dell'appalto, secondo l'elenco predisposto già dall'amministrazione e contenente le quantità previste dal progetto di gara; il concorrente era quindi tenuto ad introdurre, in tale documento, correzioni, in più o in meno, alle quantità indicate dalla stazione appaltante, qualora ne ravvisasse la necessità che, tuttavia, non rappresentavano vere e proprie ipotesi di variante, tant'è che la giurisprudenza ha riconosciuto costantemente che “quando il metodo di selezione dell'offerta è quello del prezzo più basso non è consentita l'introduzione di varianti vere e proprie poiché le condizioni tecniche sono tutte predeterminate nella lex specialis di gara”.
Nel caso in cui il criterio di aggiudicazione fosse stato, invece, quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, in base al disposto dell'art. 120 d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 la stazione appaltante, in base all'art. 76 d.lgs. n. 163 del 2006, poteva autorizzare gli offerenti a presentare varianti al progetto di gara, indicando chiaramente i contenuti minimi che dette varianti dovevano rispettare e dettagliando, nel capitolato d'oneri, le modalità di presentazione di tali varianti. In assenza della specifica autorizzazione della stazione appaltante, nessuna variante al progetto posto a base di gara poteva essere ammessa.
Il giudizio in merito all'ammissibilità delle soluzioni migliorative proposte dai concorrenti spettava, secondo la disciplina del “vecchio codice”, soltanto alla commissione giudicatrice, trattandosi di esprimere valutazioni discrezionali di carattere tecnico, che, in quanto tali, sfuggivano alla competenza del giudice amministrativo, a meno che non fossero affette da palese abnormità.
Sulla base del pre-vigente quadro normativo, pertanto, al di fuori del caso descritto non era possibile apportare variazioni di sorta agli elaborati progettuali posti a base di gara.
In tema di aggiudicazione col criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, già prima dell'introduzione del nuovo codice dei contratti si è assistito al progressivo affermarsi di un orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, consolidato e pressoché unanime, in base al quale al concorrente era sempre consentito introdurre le cosiddette soluzioni/proposte migliorative agli elaborati di gara, consistenti in integrazioni, precisazioni e migliorie finalizzate a rendere il progetto maggiormente rispondente alle esigenze della stazione appaltante; tali variazioni, da distinguersi rispetto alle varianti ammesse dalla stazione appaltante di cui all'art. 76, erano da considerarsi sempre ammissibili, a condizione che non alterassero i caratteri essenziali delle caratteristiche progettuali già stabilite dall'amministrazione. Si tratta di una categoria, quella delle proposte migliorative, di esclusiva fonte giurisprudenziale che trova la propria fonte certamente non nell'art. 76 perché limitato alle sole varianti autorizzate dalla stazione appaltante, bensì nella stessa ratio del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
Recentemente, sulla distinzione tra migliorie e varianti vere e proprie proposte in sede di offerta è intervenuto il Consiglio di Stato con decisione n. 42/2017 che, confermando il proprio precedente orientamento costante, ha così precisato: «è stato condivisibilmente stabilito al riguardo che In sede di gara per l'aggiudicazione di un contratto pubblico, le soluzioni migliorative si differenziano dalle varianti perché le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall'Amministrazione; le seconde, invece, si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante, mediante preventiva previsione contenuta nel bando di gara e l'individuazione dei relativi requisiti minimi che segnano i limiti entro i quali l'opera proposta dal concorrente costituisce un aliud rispetto a quella prefigurata dalla pubblica amministrazione: ne deriva che possono quindi essere considerate proposte migliorative tutte quelle precisazioni, integrazioni e migliorie che sono finalizzate a rendere il progetto prescelto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste (in tal senso: Cons. St., Sez. V, 16 aprile 2014, n. 1923)».
In buona sostanza, si è andata profilando una giurisprudenza pressoché unanime favorevole a considerare sempre ammissibili proposte migliorative riguardanti modalità esecutive dell'opera o del servizio purché non idonee ad incidere in modo sostanziale sull'oggetto del contratto e volte a consentire risparmi di spesa efficienza del progetto secondo le esigenze della pa; varianti migliorative sostanziali (ossia idonee ad incidere sul contenuto tipologico, strutturale e funzionale dell'oggetto d'appalto)invece erano considerate proponibili solo se autorizzate dalla stazione appaltante (per non ledere la par condicio tra i partecipanti) indicando le relative modalità di presentazione.
Evoluzione normativa in atto
In linea generale, il nuovo codice dei contratti, introdotto con d.lgs. n. 50 del 2016 in recepimento delle direttive comunitarie del 2014, non ha importato innovazioni di rilievo in tema di varianti in sede di offerta. In proposito, l'art. 95 d.lgs. n. 50 del 2016 – che ha recepito i contenuti dell'art. 45 delle direttiva 2014/24/UE e che ha sostanzialmente confermato la disciplina pre-vigente (salvo introdurre talune risibili specificazioni che tuttavia non hanno per nulla modificato il quadro normativo previgente), consentendo alla stazione appaltante di autorizzare (ma anche di esigere) varianti in sede di offerta, specificando nella lex specialis di gara i requisiti minimi che devono essere rispettati dai concorrenti e le modalità per poterle presentare – ha previsto la possibilità per le stazioni appaltanti che intendono aggiudicare con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, di autorizzare la presentazione di varianti in sede di offerta, specularmente a quanto già in precedenza veniva previsto. Con la previsione che tale possibilità venga prevista puntualmente nella lex specialis di gara specificando i requisiti minimi che le varianti devono rispettare e le modalità di relativa presentazione.
In tale quadro, la commissione giudicatrice viene ad assumere una rilevanza sempre maggiore, in quanto deve esprimere, al proprio interno, un insieme di professionalità adeguato alla piena comprensione ed alla corretta interpretazione, in linea tecnica ed economica, delle offerte, che saranno sempre più caratterizzate da proposte tecnologiche peculiari a ciascun operatore economico; basti pensare, a riguardo, all'introduzione di criteri di valutazione legati ai costi del ciclo di vita dell'opera, introdotti dall'art. 68 della direttiva 2014/24/UE, laddove vengono presi in considerazione il consumo di risorse energetiche, la manutenzione, il riciclaggio a fine vita, e via dicendo.
Sotto tale profilo, non appare quindi casuale la previsione della creazione di un albo nazionale dei commissari di gara, gestito dall'ANAC, al quale si accederà in ragione dell'esperienza acquisita in campo tecnico, oltre che amministrativo.
Variazioni introdotte dal concorrente nell'offerta al prezzo più basso determinato a prezzi unitari
Nel caso in cui il criterio di aggiudicazione sia quello del prezzo più basso, determinato mediante offerta a prezzi unitari secondo il disposto dell'art. 119 del regolamento al codice degli appalti approvato con d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, il concorrente è tenuto ad esplicitare le variazioni necessarie per correggere errori od omissioni presenti, a suo giudizio, nei documenti di gara.
Infatti, il citato art. 119 d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, stabilisce l'obbligo, in capo al concorrente, di verificare accuratamente gli elaborati di gara, procedendo, quindi, ad integrare o ridurre le quantità da lui ritenute carenti o eccessive; alle nuove quantità che ritiene di aggiungere, il concorrente applicherà i prezzi unitari che riterrà di offrire, ed il prezzo offerto sarà comprensivo di tali integrazioni.
La variazione introdotta dall'offerente non richiede, da parte della commissione giudicatrice, alcuna disamina di tipo tecnico, ma soltanto la presa d'atto delle valutazioni del concorrente, come desumibile dal comma 6 del citato art. 119 del regolamento, laddove si precisa che la commissione «contrassegna ed autentica i documenti e le offerte in ciascun foglio e le eventuali correzioni apportate», senza necessità di ulteriori disamine tecniche; non è quindi necessario che la stazione appaltante accerti che la modifiche introdotte dal concorrente siano corrette ed effettivamente necessarie, giacché tali variazioni vanno accompagnate, a pena di inammissibilità, da una dichiarazione nella quale il concorrente prende atto che le indicazioni sulle voci e sulle quantità non hanno effetto sull'importo complessivo dell'opera, che rimane fisso ed invariabile, così come stabilito al comma 5 del citato art. 119 d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207. In tal caso, come sopra cennato, non si è in presenza di varianti tout court.
Varianti progettuali autorizzate dalla stazione appaltante nell'offerta economicamente più vantaggiosa
Attraverso l'aggiudicazione col criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante persegue lo scopo di ricercare sul mercato la proposta tecnica ed economica che soddisfa, nel miglior modo possibile, i requisiti stabiliti in sede progettuale.
In forza di tale principio generale, è quindi possibile che l'amministrazione individui taluni aspetti del progetto per i quali è possibile, ragionevolmente, ricercare sul mercato delle soluzioni diverse da quelle proposte dal progettista, senza che ciò comporti lo stravolgimento dei contenuti sostanziali posti a base di gara.
In tali casi, la procedura da seguire è oggi dettagliatamente descritta dall'art. 95 d.lgs. n.50 del 2016, che stabilisce che la stazione appaltante che autorizza, o esige, la presentazione di varianti in sede di offerta debba indicarlo espressamente nel bando o nell'invito a partecipare, prevendendo che, in mancanza di tale previsione, le varianti non possano essere ammesse; con il recente “correttivo” introdotto dal d.lgs. n. 56 del 2017, al comma 14 lett. a) viene ulteriormente precisato che, in ogni caso, le varianti sono comunque collegate all'oggetto dell'appalto.
In caso di richiesta o autorizzazione a presentare varianti, le stazioni appaltanti devono farne menzione nei documenti di gara, indicando i requisiti minimi che devono essere rispettati e le modalità di presentazione; deve essere, inoltre, specificatamente previsto se le varianti, ancorché autorizzate, possano o meno essere presentate anche in assenza di una vera e propria'offerta formulata dal concorrente; infine, deve essere garantito che i criteri di aggiudicazione scelti si possano applicare alle varianti che rispettano i requisiti minimi previsti nella lex specialis di gara, dacché solo le varianti che rispettano tali requisiti possono essere prese in considerazione dalla stazione appaltante.
Chiaramente, tale disposizione impone alla stazione appaltante di individuare e circoscrivere gli ambiti progettuali che possono essere variati, dandone precisa e completa indicazione nel capitolato d'oneri, con ciò autorizzando espressamente i concorrenti a proporre, sui “capitoli” così identificati, soluzioni diverse da quelle previste nel progetto a base d'appalto, che, diversamente, non potrebbe essere modificato.
Nel contempo, l'amministrazione deve anche dettagliare i contenuti minimi che le varianti devono rispettare, con ciò rendendo espliciti i criteri adottati e gli obiettivi prefigurati nella fase di individuazione dei “capitoli” sui quali sono ammesse le variazioni al progetto proposte dal concorrente.
Parimenti, la stazione appaltante deve anche stabilire le modalità di presentazione, da parte del concorrente, delle varianti progettuali autorizzate (art. 95, comma 14, d.lgs. n. 163 del 2006); la regione di tale previsione è che la variante progettuale deve inserirsi quale parte integrante e sostanziale del progetto approvato, andando a sostituire lo specifico ‘capitolo' autorizzato dall'amministrazione.
In altri termini, è essenziale che la variante progettuale proposta dal concorrente sia perfettamente sovrapponibile all'originaria previsione progettuale che va a sostituire, all'evidente scopo di non introdurre aree di indeterminatezza nel progetto.
Di qui l'opportunità, se non la necessità, che, fra le modalità di presentazione delle varianti definite al comma 14 del citato art. 95 d.lgs. n. 50 del 2016, l'amministrazione precisi anche tutti gli elaborati tecnico-economici che dovranno corredare ciascuna variante proposta, quali elenchi descrittivi delle voci, computi metrici estimativi, e quant'altro necessario ad assicurare, in fase di esecuzione del contratto, che la variante progettuale non dia luogo a dubbi interpretativi o difficoltà di contabilizzazione delle opere.
A tal fine, appare di fondamentale importanza che le varianti elaborate dai concorrenti siano completamente e compiutamente quantificate anche in termini economici, e ciò sia per apprezzarne appieno la valenza in termini migliorativi, sia per poterle contabilizzare in modo corretto e conforme al contratto.
Va, inoltre, sottolineato che l'elevato grado di dettaglio con cui la stazione appaltante definisce i contenuti minimi delle varianti autorizzate risponde anche alla necessità di affinamento dei criteri di valutazione delle stesse; infatti, come previsto dal comma 14 del citato art. 95 d.lgs. n. 50 del 2016, soltanto le varianti che rispondono a detti requisiti minimi saranno valutate ai fini dell'aggiudicazione, lasciando intendere che le altre non verranno prese in considerazione.
In altri termini, in sede di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la commissione giudicatrice dovrà espungere dalle proprie analisi le varianti che non siano state redatte nel rispetto dei requisiti minimi prestabiliti; ecco, quindi, che la chiarezza e la precisione nella definizione di detti requisiti, stabiliti dalla stazione appaltante, si traduce, inevitabilmente, nella maggiore oggettività delle valutazioni operate dai commissari di gara.
Quale ulteriore corollario, è implicita la necessità che i componenti delle commissioni di aggiudicazione siano dotati delle conoscenza tecniche necessarie per la puntuale e corretta valutazione delle varianti proposte dai concorrenti
La disposizione citata del nuovo codice prevede, da ultimo, che laddove siano state autorizzate richieste varianti in sede di offerta, tali varianti non possano essere escluse laddove se accolte potrebbero configurare un appalto di servizi anziché di forniture e viceversa: tale previsione era contenuta anche nella disciplina pre-vigente.
La modifica dell'art. 95 del codice dei contratti con l'introduzione del comma 14-bis
Con l'emanazione del d.lgs. n. 56 del 2017, il legislatore ha introdotto il nuovo comma 14-bis, nel quale viene stabilito che le stazioni appaltanti non possano attribuire alcun punteggio per l'offerta di opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d'asta.
Tale disposizione, con palmare evidenza, costituisce un ulteriore rafforzativo del principio, già esaminato nel paragrafo precedente, in base al quale le stazioni appaltanti hanno l'obbligo di definire in modo puntuale gli ambiti tecnici entro cui il concorrente potrà apportare le proprie modifiche al progetto appaltato, chiarendo che tali modifiche potranno essere meritevoli di punteggio soltanto se saranno relative ad aspetti già previsti ed inseriti nel progetto elaborato dall'amministrazione.
In aggiunta a tale aspetto, inoltre, non può non rilevarsi come la nuova disposizione, di fatto, ponga fine ad una discutibile prassi che ha visto, nel recente passato, il proliferare di bandi di gara in cui intere categorie di opere, ancorché compiutamente rappresentate negli elaborati grafici, venivano espunte dalla valutazione degli importi a base d'appalto, per essere fatte oggetto di richiesta di variante migliorativa da parte dell'offerente; a titolo d'esempio, si possono citare bandi in cui alcune opere (ad esempio, i serramenti di un edificio), indispensabili per la funzionalità dell'opera e quindi correttamente rappresentate nei disegni esecutivi, sono state esplicitamente escluse dall'appalto ed inserite, con onere ad esclusivo carico dell'offerente, come varianti migliorative soggette a punteggio, rappresentando, di fatto, un vero e proprio “ribasso mascherato”.
È indubbio che, con l'odierna previsione, il legislatore abbia inteso porre fine a tale prassi, sottraendo alla disponibilità della stazione appaltante la possibilità di assegnare punti ad opere che non siano già state previste nel progetto posto a base dell'appalto.
Soluzioni migliorative introdotte dal Concorrente nell'offerta economicamente più vantaggiosa
Come si è visto, in forza dell'art. 95 d.lgs. n. 50 del 2016 (analogamente a quanto disponeva il precedente codice del 2006), le stazioni appaltanti possono autorizzare gli offerenti a presentare varianti, le quali, diversamente, non sono ammesse.
A livello giurisprudenziale, tuttavia, si è affermato, ed è stato oggetto di conferme anche recenti, un orientamento in base al quale il concorrente, all'interno di un'offerta economicamente più vantaggiosa, possa comunque proporre delle soluzioni tecniche migliorative del progetto a base di gara, consistenti in integrazioni, precisazioni e migliorie finalizzate a rendere il progetto maggiormente rispondente alle esigenze della stazione appaltante, a condizione che non vengano alterati i caratteri essenziali delle caratteristiche progettuali già stabilite dall'amministrazione.
La ratio che sottende tale orientamento è che il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa persegue la finalità di individuare sul mercato la soluzione più idonea al soddisfacimento dei requisiti espressi con il progetto posto a base di gara, il quale può essere soggetto a variazioni migliorative, purché non vengano alterati i caratteri essenziali delle prestazione richiesta dalla lex specialis.
In particolare, secondo l'orientamento del Consiglio di Stato, le varianti migliorative attinenti le modalità esecutive dell'opera (o del servizio) sono sempre ammesse, a condizione che non determinino una diversa ideazione dell'oggetto contrattuale, poiché ciò costituirebbe un'inaccettabile alterazione della par condicio.
Sul punto, appaiono particolarmente significative le posizioni espresse in Cons. St., Sez. V, 24 ottobre 2013, n. 5160, come pure in Cons. St., Sez. V, 9 settembre 2014, n. 4578 e, più recentemente, anche in Cons. St., Sez. V, 24 novembre 2015, n. 4393 e Cons. St. Sez., V, 17 dicembre 2015, n. 5450, unanimi nell'affermare il principio qui riportato, confermate dalla più recente decisione del Consigli odi Stato n. 42 del 10 gennaio 2017 (sopra riportata).
In particolare, Cons. St.,Sez. V, n. 5160 del 2013, ha ritenuto di chiarire che «…le soluzioni migliorative sono consustanziali alle procedure di affidamento secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e si differenziano dalle varianti perché possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati ‘aperti' a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione del pregio delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall'amministrazione».
Per la corretta valutazione della soluzione migliorativa proposta dal concorrente, risulta altresì essenziale (Cons. St., Sez. V, n. 5450 del 2015) che l'offerente esplichi compiutamente le ragioni che giustificano l'adattamento proposto, evidenziando le variazioni alle singole prescrizioni progettuali, e dimostrando che la variante garantisce l'efficienza del progetto, nel pieno rispetto delle esigenze dell'amministrazione sottese alla prescrizione variata.
In altri termini, l'orientamento del Consiglio di Stato è che, nel caso di aggiudicazione col criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, anche in assenza dell'autorizzazione alla presentazione di varianti, sia sempre possibile alle imprese proporre variazioni migliorative, purché non si alterino i caratteri essenziali delle prestazioni richieste dal bando di gara (vedi, in particolare, Cons. St., Sez. V, n. 4393 del 2015).
Né va trascurata l'osservazione che, nella sottomissione di una miglioria, l'impresa offerente, perseguendo il proprio legittimo interesse, tenderà a proporre soluzioni ad essa più convenienti in termini economici, consentendo così di aumentare i propri margini di manovra nella definizione della percentuale di ribasso sul prezzo, che è uno dei parametri di valutazione comunque presente nella gara d'appalto; ma, così facendo, non potrà non ravvisarsi il serio rischio di produrre una lesione della par condicio, giacché si verrebbe a creare una condizione di maggior vantaggio in conseguenza di una variazione arbitraria di quanto richiesto dai documenti di gara.
Da ultimo, è di tutta evidenza che, anche per la valutazione di tale tipologia di varianti, come già per quella disciplinata, è indispensabile che la commissione giudicatrice ricomprenda, al proprio interno, competenze tecniche adeguate, soprattutto in ragione degli ampi margini di discrezionalità attribuiti all'organo giudicante dal Consiglio di Stato, giacché la disamina, in linea tecnica, dell'effettivo rispetto delle caratteristiche sostanziali del progetto sfugge alle competenze del giudice amministrativo, laddove non possano ravvisarsi profili di abnormità delle considerazioni sviluppate dalla commissione.