Finanza di progetto

Claudio Fanasca
19 Maggio 2020

La finanza di progetto (o project financing) è un istituto di partenariato pubblico privato per la realizzazione e la gestione di opere pubbliche o di pubblica utilità, che si basa sull'utilizzo di capitali privati, remunerati attraverso i proventi derivanti dalla gestione dell'opera per un congruo periodo di tempo, e sul coinvolgimento degli operatori economici fin dalla fase di progettazione degli interventi.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

La finanza di progetto (o project financing) è un istituto di partenariato pubblico privato per la realizzazione e la gestione di opere pubbliche o di pubblica utilità, che si basa sull'utilizzo di capitali privati, remunerati attraverso i proventi derivanti dalla gestione dell'opera per un congruo periodo di tempo, e sul coinvolgimento degli operatori economici fin dalla fase di progettazione degli interventi.

Dal punto di vista pratico la finanza di progetto si configura come una particolare forma di concessione, sebbene diversi e variegati siano i moduli procedurali e gli schemi negoziali utilizzabili. Le differenze più rilevanti rispetto al modello concessorio tradizionale si colgono nella fase dell'iniziativa, ove è preponderante la figura del soggetto privato che acquista la qualifica di promotore e nella varietà dei procedimenti di aggiudicazione della concessione.

L'istituto è attualmente disciplinato dall'art. 183 del nuovo “Codice dei contratti pubblici”, di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, per come di recente, in minima parte, modificato dall'art. 110 d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56. Le direttive eurounitarie sui contratti pubblici del 2014, al pari di quelle del 2004, non hanno inciso direttamente sull'istituto, con particolare riguardo all'articolata disciplina racchiusa nel previgente art. 153 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ma la direttiva 2014/23/UE ha introdotto nuovi principi in tema di concessioni ad esso astrattamente applicabili e la legge di delega al Governo per l'attuazione delle direttive citate, nel testo approvato in Senato il 14 gennaio 2016, ha previsto all'art. 1, lett. ss), una razionalizzazione ed estensione delle forme di partenariato pubblico privato, con particolare riguardo proprio alla finanza di progetto.

Le due attuali procedure di affidamento

L'art. 183 d.lgs. n. 50 del 2016 prevede due meccanismi procedimentali di affidamento della concessione mediante finanza di progetto, cui poter alternativamente fare ricorso a seconda che i lavori pubblici ovvero di pubblica utilità da realizzare siano o meno inseriti negli strumenti di programmazione approvati dalle amministrazioni aggiudicatrici.

La prima parte dell'articolo (commi 1-14) è dedicata alla realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità inseriti nei predetti strumenti di programmazione approvati e ricalca sostanzialmente la disciplina della procedura ordinaria “a gara unica” prevista dai commi da 1 a 14 dell'art. 153 d.lgs. n. 163 del 006. Le principali differenze sono da rinvenire nella scomparsa del riferimento ai lavori inseriti negli strumenti di programmazione della stazione appaltante e nella individuazione, quale documento tecnico da porre a base di gara, di un “progetto di fattibilità”, anziché di uno studio di fattibilità, sempre redatto da personale qualificato delle amministrazioni aggiudicatrici ovvero, in caso di carenza in organico, da soggetti esterni. In precedenza era previsto che lo studio di fattibilità fosse a cura della pubblica amministrazione e tutta la progettazione, compresa quella preliminare, a carico del privato, mentre nella nuova disciplina compete alla stazione appaltante il progetto di fattibilità (ossia quello preliminare).

Tale procedura, che si potrebbe definireordinaria per analogia con la previgente disciplina, prevede quindi, in sintesi, l'indizione di una gara sulla base di un progetto di fattibilità predisposto dall'amministrazione ovvero da soggetti esterni individuati con le apposite procedure selettive previste dal codice dei contratti pubblici. Una volta esaminate le proposte progettuali pervenute, l'amministrazione redige la graduatoria e, anche in presenza di una sola offerta, nomina promotore il soggetto che ha presentato l'offerta migliore. La stipulazione del contratto di concessione può avvenire soltanto a seguito della conclusione, con esito positivo, della procedura di approvazione del progetto definitivo e dell'accettazione della richiesta di eventuali modifiche progettuali da parte del promotore ovvero, in caso di rifiuto di quest'ultimo, del diverso concorrente che segue in graduatoria. In tal caso, il promotore ha diritto al pagamento, a carico dell'aggiudicatario, dell'importo delle spese sostenute per la predisposizione della proposta, nella misura massima di cui al comma 9 dell'art. 183 (ovverosia il 2,5 per cento del valore dell'investimento, come desumibile dal progetto di fattibilità posto a base di gara).

La seconda parte dell'articolo (commi 15-19) contempla la facoltà per gli operatori economici di presentare proposte (contenenti un progetto di fattibilità, uno schema di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato e la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione) relative alla realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità che non siano inseriti negli strumenti di programmazione approvati dalle amministrazioni aggiudicatrici. Tale procedimento è analogo a quello precedentemente disciplinato dal comma 19 dell'art. 153 d.lgs. n. 163 del 2006 con riferimento alla procedura ad iniziativa privata. Nella specie, entro il termine perentorio di tre mesi l'amministrazione valuta la fattibilità della proposta e, previa eventuali modifiche richieste al proponente, inserisce il progetto di fattibilità nei propri strumenti di programmazione. Una volta approvato detto progetto, anche a seguito delle eventuali ulteriori modifiche da parte del soggetto privato, l'amministrazione lo pone a base di una gara per l'affidamento della concessione, sostanzialmente analoga a quella delineata dai commi 1-14, alla quale invita anche il proponente che assume la qualifica di promotore e diviene titolare di un diritto di prelazione. Il comma 16 dell'art. 183 prevedeva inizialmente che la proposta privata può riguardare, in alternativa alla concessione, la locazione finanziaria di cui all'art. 187 d.lgs. n. 50 del 2016. Tuttavia, in base alla nuova formulazione introdotta dall'art. 110 d.lgs. n. 56 del 2017, la finanza di progetto ad iniziativa privata è ora utilizzabile per qualunque tipologia di contratto di partenariato pubblico-privato.

Le quattro procedure previste dalla disciplina previgente e il regime transitorio

La disciplina della finanza di progetto contenuta nell'art. 153 del d.lgs. n. 163 del 2006, prevedeva quattro distinti e alternativi procedimenti di aggiudicazione della concessione consistenti, rispettivamente, in una procedura ordinaria a gara unica (commi 1-14), in una procedura a doppia gara (comma 15), in una procedura ad iniziativa mista pubblico-privata (commi 16-18) e in una procedura ad iniziativa privata (commi 19-20).

La procedura ordinaria prevedeva l'indizione di una gara sulla base di uno studio di fattibilità predisposto dall'amministrazione ovvero da soggetti esterni individuati con le apposite procedure selettive previste dal codice degli appalti. Una volta esaminate le proposte progettuali pervenute, l'amministrazione redige la graduatoria e, anche in presenza di una sola offerta, nomina promotore il soggetto che ha presentato l'offerta migliore. La stipulazione del contratto di concessione può avvenire soltanto a seguito della conclusione, con esito positivo, della procedura di approvazione del progetto preliminare e dell'accettazione della richiesta di eventuali modifiche progettuali da parte del promotore ovvero, in caso di rifiuto di quest'ultimo, del diverso concorrente che segue in graduatoria. In tal caso, il promotore ha diritto al pagamento, a carico dell'aggiudicatario, dell'importo delle spese sostenute per la predisposizione della proposta, nella misura massima di cui al comma 9 dell'art. 153.

La procedura a doppia gara prevedeva una prima fase, sostanzialmente analoga alla procedura ordinaria, all'esito della quale il promotore prescelto non diviene aggiudicatario, bensì mero titolare di un diritto di prelazione sul conseguimento della concessione. In particolare, il promotore consegue il diritto ad essere preferito all'eventuale migliore offerente individuato all'esito della seconda gara, che sarà indetta sulla base del progetto preliminare approvato dall'amministrazione e delle condizioni economiche e contrattuali offerte dallo stesso promotore, laddove intenda adeguare la propria offerta a quella ritenuta più vantaggiosa. Al soggetto che non diviene aggiudicatario, sia esso il promotore ovvero il miglior offerente, sono rimborsate, a carico dell'aggiudicatario, le spese sostenute per la predisposizione della proposta, nella misura massima di cui al citato comma 9 dell'art. 153.

La giurisprudenza si è a lungo interrogata circa l'autonoma e immediata lesività del provvedimento di individuazione del promotore per il concorrente non prescelto.

Orientamenti a confronto

Secondo l'orientamento a favore il promotore assume una posizione di assoluta preminenza, sia per la conoscenza anticipata del progetto preliminare posto a base di gara, sia per la possibilità di conseguire in ogni caso l'aggiudicazione, sia ancora per effetto del riconosciuto diritto di prelazione, sicché sarebbe indubbia l'ammissibilità dell'impugnativa proposta dal concorrente non prescelto, stante la concretezza e l'attualità della lesione derivante dalla mancata individuazione come promotore.

La tesi contraria afferma che, anche a voler ammettere che la dichiarazione di interesse pubblico della proposta di un concorrente possa determinare un vulnus nei confronti del soggetto non prescelto, l'attualità e la lesività di tale pregiudizio potrebbe essere apprezzata soltanto all'esito del successivo procedimento di gara e dell'eventuale aggiudicazione al promotore, atteso altresì che al concorrente non selezionato sarebbe pur sempre consentita la partecipazione alla gara successiva per l'individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

La soluzione fornita da Cons. St., Ad. plen., 28 gennaio 2012, n. 1

L'Adunanza plenaria, nel condividere gli elementi individuati dal primo orientamento giurisprudenziale a sostegno dell'esistenza e dell'attualità della lesione fatti propri, ha rilevato come, in definitiva, il bene della vita nel procedimento di project financing è il conseguimento della concessione sulla base del progetto presentato nella prima fase, sicché, se tale progetto non viene selezionato come di pubblico interesse, è immediatamente leso l'interesse a conseguire la concessione sulla base del proprio progetto.

La procedura ad iniziativa mista pubblico-privata presupponeva l'inerzia dell'amministrazione nel bandire una gara per la realizzazione e gestione di un'opera pubblica inserita nell'elenco annuale di cui all'art. 128 d.lgs. n. 163 del 2006 e la presentazione per detta opera da parte del privato di una proposta avente i contenuti previsti per l'offerta di cui alla procedura ordinaria. Sulla base di tale iniziativa, l'amministrazione pubblica un avviso contenente i criteri di valutazione delle proposte e procede all'individuazione, tra le offerte pervenute, di quella ritenuta di pubblico interesse. Qualora il progetto preliminare necessiti di modifiche, l'amministrazione può indire un dialogo competitivo, ponendo a base di esso l'offerta individuata; qualora il progetto preliminare non necessiti di modifiche, previa approvazione dello stesso, l'amministrazione può, alternativamente, indire una gara per la concessione, ai sensi dell'art. 143 d.lgs. n. 163 del 2006, ovvero procedere nei modi e con le forme della seconda gara di cui al menzionato comma 15.

La procedura ad iniziativa privata prevedeva l'invio all'amministrazione di una proposta, avente lo specifico contenuto stabilito dal comma 19, per la realizzazione e gestione di un'opera non inserita in alcuno strumento di programmazione. Entro tre mesi, laddove individuato il pubblico interesse della proposta, l'amministrazione inserisce il progetto preliminare nei propri strumenti di programmazione. Una volta approvato detto progetto, anche a seguito delle eventuali modifiche da parte del soggetto privato, l'amministrazione lo pone a base di una gara per l'affidamento della concessione, alla quale invita anche il proponente che assume la qualifica di promotore e diviene titolare del già descrittodiritto di prelazione. Il comma 20 dell'art. 153prevede altresì che la proposta privata può riguardare, in alternativa alla concessione, la locazione finanziaria di cui all'art. 160-bis d.lgs. n. 163 del 2006, così ampliando ulteriormente la gamma dei moduli di realizzazione e gestione delle opere in finanza di progetto.

In evidenza

In ogni tipo di procedura di finanza di progetto in cui sia contemplata la scelta del promotore, ai sensi e con gli effetti di quanto stabilito dall'art. 153 d.lgs. n. 163 del 2006, sorge per il concorrente non prescelto l'onere di immediata impugnazione del predetto atto lesivo (Cons. St., Sez. V, 9 giugno 2015, n. 2827).

Sotto il profilo transitorio, l'art. 216 d.lgs. n. 50 del 2016 precisa, al comma 23, che i progetti preliminari relativi alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità riguardanti proposte di concessione, ai sensi dell'art. 153 d.lgs. n. 163 del 2006, per i quali sia già intervenuta la dichiarazione di pubblico interesse, non ancora approvati alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, sono oggetto di valutazione di fattibilità economica e finanziaria e di approvazione da parte dell'amministrazione ai sensi delle disciplina del nuovo codice. In tali casi, la mancata approvazione determina la revoca delle procedure avviate e dell'individuazione di eventuali soggetti promotori, ai quali è riconosciuto il rimborso dei costi sostenuti e documentati per l'integrazione del progetto a base di gara, qualora dovuti, relativi allo studio di impatto ambientale e alla localizzazione urbanistica.

I requisiti di partecipazione

In base al comma 8 dell'art. 183, sono ammessi a partecipare alla procedura di affidamento i soggetti in possesso dei requisiti per i concessionari, anche associando o consorziando altri soggetti, ferma restando l'assenza dei motivi di esclusioni di cui all'art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016.

Tale formulazione riprende quella contenuta nel previgente art. 153, comma 8, d.lgs. n. 163 del 2006, che ammetteva alla procedura di gara i soggetti in possesso dei requisiti previsti per il concessionario di cui all'art. 95 d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (già art. 98 d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554), anche associando o consorziando altri soggetti, oltre che dei requisiti di ordine generale previsti dall'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006; a sua volta, l'art. 96 d.P.R. n. 207 del 2010 (già art. 99 d.P.R. n. 554 del 1999) individua i requisiti che devono essere posseduti anche dal mero proponente ai fini della individuazione del promotore.

In evidenza

Sul punto, la giurisprudenza ha precisato che, mentre i requisiti del proponente devono essere posseduti e documentati dal soggetto privato fin dall'inizio della fase di scelta del promotore, quelli previsti per il concessionario è sufficiente che siano posseduti, una volta che il promotore sia stato individuato, al momento del conferimento della concessione (Cons. St., Sez. V, 7 luglio 2015, n. 3342).

Per quanto riguarda i requisiti soggettivi di ordine generale, di cui al citato art. 38, valeva invece il principio generale secondo cui gli stessi devono essere posseduti dai concorrenti fin dall'inizio della procedura, e cioè fin dal momento della domanda di partecipazione alla fase selettiva per l'individuazione del promotore, e permanere fino alla stipulazione del contratto (su tutte, si veda Cons. Stato, Ad. plen., 15 aprile 2010, n. 1).

Quanto ai soggetti che possono presentare le proposte di intervento di cui al comma 15 dell'art. 183 d.lgs. n. 50 del 2016, il successivo comma 17 dell'art. 183 prevede, oltre a quelli in possesso dei requisiti di cui al comma 8, anche i soggetti con i requisiti per partecipare a procedure pubbliche di affidamento di servizi di progettazione eventualmente associati o consorziati con enti finanziatori o con gestori di servizi, precisando che la realizzazione di tali interventi rientra tra i c.d. “settori ammessi” di cui all'art. 1, comma 1, lett. c-bis), d.lgs. 17 maggio 1999, n. 153. Anche le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura possono aggregarsi nella presentazione di dette proposte. A sua volta, il comma 19 stabilisce che i soggetti, di cui ai commi 15 e 17, possono recedere dalla composizione dei proponenti in ogni fase della procedura fino alla pubblicazione del bando, purché tale recesso non faccia venire meno la presenza dei requisiti di qualificazione; in ogni caso, la mancanza di requisiti in capo a singoli soggetti comporta l'esclusione degli stessi, ma non inficia la validità della proposta, ove i restanti componenti posseggano i requisiti necessari di qualificazione.

Il contenuto delle proposte

In base al comma 9 dell'art. 183 le proposte dei privati devono essere composte da un progetto definitivo (nel caso di procedura di cui al comma 15, un progetto di fattibilità), una bozza di convenzione, un documento recante la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione e un piano economico finanziario asseverato da un istituto di credito o da società di servizi costituite dall'istituto di credito stesso e iscritte nell'elenco generale degli intermediari finanziari, ai sensi dell'art. 106 d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, o da una società di revisione ai sensi dell'art. 1 l. 23 novembre 1939, n.1966.

In evidenza

La giurisprudenza chiarisce che, nel caso in cui l'amministrazione, al fine di individuare la proposta di pubblico interesse sulla base della quale bandire la gara per l'affidamento del project financing, decida di articolare la procedura selettiva in due distinte fasi, una finalizzata alla scelta della migliore proposta ed un'altra avente ad oggetto la sola verifica della sostenibilità economico-finanziaria della proposta prescelta, il procedimento deve comunque essere considerato nella sua unitarietà sotto il profilo del rispetto della par condicio, che implica il divieto di apportare modifiche alle proposte presentate tra le due fasi (Cons. St., Sez. V, 20 luglio 2016, n. 3268).

Il piano economico finanziario asseverato deve comprendere anche l'importo delle spese sostenute per la predisposizione delle offerte, comprensivo dei diritti sulle opere dell'ingegno di cui all'art. 2578 c.c., che non può essere superiore al 2,5% del valore dell'investimento, come desumibile dallo studio di fattibilità posto a base di gara. Tale piano rappresenta il documento giustificativo della sostenibilità economico-finanziaria dell'offerta e, come tale, non si sostituisce all'offerta ma ne costituisce il documento di supporto nella valutazione della sua congruità, e cioè dell'idoneità dei suoi contenuti ad assicurare al concessionario una fonte di utili in grado di consentire il rimborso dei prestito e la gestione proficua dell'attività oggetto di concessione; ne consegue che irregolarità marginali di tale documento, prive di idoneità ad alterare in modo significativo l'attendibilità e la sostenibilità dello stesso piano, non costituiscono presupposti idonei a giustificare il provvedimento espulsivo, ma devono poter essere modificati ed adeguati (Cons. St., Sez. III, 16 gennaio 2017, n. 116).

In evidenza

Ad ogni buon conto, nel project financing la presenza dell'asseverazione bancaria non esonera l'amministrazione dal procedere alla valutazione della coerenza e sostenibilità economica dell'offerta e all'esame del piano economico e finanziario sotto il profilo dei ricavi attesi e dei relativi flussi di cassa in rapporto ai costi di produzione e di gestione (Cons. St., Sez. V, 10 gennaio 2012, n. 39). In particolare, nel piano economico finanziario l'amministrazione verifica l'attendibilità della proposta e la sua concreta fattibilità sotto due concorrenti profili: da una parte, quello della concreta realizzazione dell'opera pubblica senza oneri finanziari per la pubblica amministrazione, dall'altra, quello della idoneità ad assicurare una fonte di utili in grado di consentire il rimborso del prestito e la gestione proficua dell'attività espletata; nel procedere a tali valutazioni, essa deve attenersi alle regole predeterminate dalla lex specialis, essendole precluso introdurre nuovi criteri a prosteriori (Cons. St., Sez. III, n. 116/2017 cit.).

Il comma 13 dell'art. 183 stabilisce, poi, l'obbligatorietà di quattro diversi tipi di garanzie, in misure prefissate, e segnatamente: la garanzia di cui all'art. 93 d.lgs. n. 50 del 2016 e la cauzione fissata dal bando in misura pari al 2,5 per cento dell'intero investimento, come desumibile dal progetto di fattibilità posto a base di gara, da produrre entrambe a corredo delle offerte, la cauzione definitiva di cui all'art. 103 d.lgs. n. 50 del 2016, pari al 10% del valore dell'investimento, operativa solo per l'aggiudicatario. Dalla data di inizio dell'esercizio del servizio, da parte del concessionario è dovuta una cauzione a garanzia delle penali relative al mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla gestione dell'opera, da prestarsi nella misura del 10 per cento del costo annuo operativo di esercizio e con le modalità di cui all'art. 103; tutto ciò con la precisazione che la mancata presentazione di tale cauzione costituisce grave inadempimento contrattuale. Giova evidenziare che l'art. 110 d.lgs. n. 56 del 2017 ha corretto un refuso (riferimento all'art. 103, anziché all'art. 93 del Codice) contenuto nella precedente formulazione del comma 15 dell'art. 183, così chiarendo (o, per meglio dire, ribadendo) che, in fase di proposta, il proponente è tenuto a presentare la cauzione provvisoria e non quella definitiva. Del resto, al riguardo, già la giurisprudenza aveva avuto modo di chiarire che, sebbene la disposizione del comma 15 dell'art. 183 preveda che la proposta ivi disciplinata fosse corredata “dalla cauzione di cui all'art. 103” (cauzione definitiva), tale disposizione appariva poco congruente con la fase procedurale in causa, siccome da presentare, ai sensi del comma 13, solo dopo l'aggiudicazione e non prima (TAR Sicilia, Palermo, Sez. III, 13 gennaio 2017, n. 110, ove oltretutto si osserva che, nel caso esaminato, avrebbe dovuto comunque trovare applicazione il soccorso istruttorio, non tanto a sensi dell'art. 83, comma 9, d.lgs n. 50 del 2016, non potendosi integrare eventuali parti dell'offerta economica, bensì proprio in ragione di una mancata esclusione prevista dalla legge per carenze documentali in un procedimento che presenta una natura ibrida)

La valutazione delle proposte

La valutazione delle proposte avviene direttamente in sede di gara, nei termini e alle condizioni fissate dal relativo bando e, in base al comma 4 dell'art. 183, nella versione modificata dall'art. 110 d.lgs. n. 56 del 2017, deve avvenire secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo. In particolare, l'amministrazione deve valutare le proposte progettuali in funzione dell'interesse pubblico perseguito, giudicando la loro idoneità a dare attuazione a un programma non ancora definito nei suoi contenuti progettuali.

Anche la scelta del promotore, sia nel modulo procedimentale ordinario a gara unica sia negli altri moduli alternativi con più fasi (ora in realtà solo quello bifasico di cui al comma 15 dell'art. 183), si sottopone ai generali principi dell'evidenza pubblica e avviene all'esito di una vera e propria gara sulla base di criteri selettivi e requisiti prefissati per la valutazione comparativa delle diverse proposte (Cons. St., Ad. plen., n. 1 del 2012, cit.).

In evidenza

La giurisprudenza precisa, tuttavia, che la fase preliminare di individuazione del promotore ancorché procedimentalizzata, è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, essendo intesa non già alla scelta della migliore fra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici preordinati, ma alla valutazione di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l'accoglimento della proposta formulata dall'aspirante promotore (Cons. St., Sez. V, 31 agosto 2015, n. 4035). In particolare, è legittima l'esclusione del progetto presentato da una società promotrice sulla base della valutazione negativa anche di uno solo dei parametri indicati, dal momento che l'Amministrazione è tenuta a valutare se il progetto proposto abbia i contenuti necessari a soddisfare l'interesse pubblico in funzione del quale il programma dei lavori possa avere attuazione. Alla stazione appaltante, del resto, è riconosciuta un'ampia discrezionalità amministrativa, che si traduce nella preponderante valutazione dell'interesse pubblico in ordine alla opportunità di affidare il progetto per la sua esecuzione, di rinviarne la realizzazione ovvero di non procedere affatto (TAR Lazio, Roma, Sez. I, 1 luglio 2016, n. 7571).

L'atto con cui l'amministrazione dichiara, nella prima fase della procedura ad iniziativa privata, il progetto di una impresa preferibile, in quanto strettamente prodromico e direttamente finalizzato alla successiva dichiarazione di pubblico interesse, può essere impugnato immediatamente al giudice amministrativo quale atto lesivo della sfera giuridica di altra impresa, salvo ovviamente l'onere di impugnare, a pena di improcedibilità, il successivo provvedimento che conclude la fase, individuando il soggetto promotore e dichiarando il suo progetto di interesse pubblico (Cons. St., Sez. III, 2 agosto 2017, n. 3872).

L'amministrazione, tuttavia, anche una volta individuato il promotore e ritenuto di pubblico interesse il relativo progetto presentato, non è tenuta a indire una procedura di gara sulla base dello stesso, rimanendo libera di scegliere, attraverso valutazioni attinenti al merito amministrativo e non sindacabili in sede giurisdizionale, se per la tutela dell'interesse pubblico sia più opportuno affidare il progetto per la sua esecuzione ovvero rinviare la sua realizzazione ovvero non procedere affatto (

(Cons. St., Sez. V, 18 gennaio 2017, n. 207; Id., Sez. V, 21 giugno 2016, n. 2719; Id., Sez. III, 20 marzo 2014, n. 1365). Come di recente affermato dalla giurisprudenza, risulta del tutto legittimo il provvedimento che dispone l'azzeramento procedurale di un progetto di finanza, di cui è stata valutata positivamente la fattibilità, laddove motivato sulla manifestata intenzione contraria della collettività potenziale destinataria del servizio, senza che sia possibile ritenere sussistente in tal caso una posizione di giuridico affidamento in capo al proponente istante (TAR Campania, Napoli, Sez. I, 16 novembre 2017, n. 5419).

La fase di esecuzione del rapporto

La fase esecutiva si caratterizza principalmente per la possibilità prevista dall'art. 84 d.lgs. n. 50 del 2016 di ricorrere, anche per la finanza di progetto, alla costituzione di un autonomo centro di imputazione dei rapporti giuridici, la c.d. società di progetto, che subentra all'aggiudicatario della concessione e si differenzia dal modello societario ordinario in quanto sottratta per alcuni aspetti all'autonomia privata e adattata all'architettura della complessa operazione di project financing. Per il resto, posto che anche per la realizzazione di opere pubbliche mediante finanza di progetto si deve pur sempre stipulare un contratto di concessione, nella fase di esecuzione del rapporto si deve necessariamente avere riguardo anche alla disciplina dettata per il predetto istituto.

Il citato art. 184 stabilisce che il bando di gara deve prevedere la facoltà o, in alternativa, l'obbligo dell'aggiudicatario di costituire una società di progetto in forma di società per azioni ovvero a responsabilità limitata, anche consortile, nonché indicarne l'ammontare minimo del capitale sociale, precisando che tale nuovo soggetto così costituito diventa il concessionario subentrando nel rapporto di concessione all'aggiudicatario senza necessità di approvazione o autorizzazione. Il bando deve prevedere altresì che, qualora più soggetti concorrano nell'offerta, sia indicata la quota di partecipazione al capitale sociale di ciascuno di essi.

In evidenza

Il subentro del nuovo soggetto non costituisce cessione di contratto e, per effetto dello stesso, la società di progetto diventa la concessionaria a titolo originario sostituendo l'aggiudicatario in tutti i rapporti con l'amministrazione concedente.

I lavori da eseguire e i servizi da prestare da parte della società di progetto, salvo prescrizioni limitative, possano essere realizzati e prestati direttamente dai propri soci, sia fondatori sia subentrati successivamente, purché siano in possesso degli ordinari requisiti previsti per la contrattazione con l'amministrazione. In tal senso, la normativa stabilisce l'identità sostanziale tra società di progetto e soci della stessa quanto a esecuzione dei lavori oggetto del contratto aggiudicato (TAR Veneto, Sez. I, 6 ottobre 2011, n. 1460).

Nel caso di versamento di un prezzo in corso d'opera da parte dell'amministrazione, i soci restano solidalmente responsabili con la società di progetto nei confronti della parte pubblica per l'eventuale rimborso del contributo percepito. In alternativa, la società di progetto può fornire alla pubblica amministrazione garanzie bancarie e assicurative, che cessano soltanto alla data di emissione del certificato di collaudo dell'opera, per la restituzione delle somme versate. Peraltro, il contratto di concessione può stabilire la disciplina giuridica delle forme e modalità di cessione delle quote della società di progetto, fermo restando che i soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione sono tenuti a partecipare alla società e a garantire, nei limiti di cui sopra, il buon adempimento degli obblighi del concessionario sino alla data di emissione del certificato di collaudo dell'opera, e dunque non anche nella successiva fase della gestione dell'opera.

L'art.185d.lgs. n. 50 del 2016 contempla altresì la possibilità per la società di progetto, anche se costituita in forma di società a responsabilità limitata, di emettere obbligazioni e titoli di debito, anche in deroga ai limiti di cui agli artt. 2412 e 2483 c.c., purché destinati alla sottoscrizione da parte degli investitori qualificati, come definiti ai sensi del regolamento di attuazione del d.lgs.24 febbraio 1998,n. 58, inclusi in ogni caso anche le società e gli altri soggetti giuridici controllati da investitori qualificati ai sensi dell'art. 2359 c.c.

Questioni di giurisdizione

Le procedure di finanza di progetto si articolano in due fasi procedimentali ben distinte: la fase pubblicistica, volta all'individuazione del promotore e all'affidamento della concessione al soggetto vincitore delle apposite sequenze ad evidenza pubblica, e la fase esecutiva, di natura prettamente privatistica, per cui viene sottoscritta una convenzione, con la quale si stabiliscono le contrapposte obbligazioni e si individuano le ragioni per contestare inadempimenti, diffidare all'esecuzione di prestazioni e dare corso all'eventuale risoluzione della convenzione. Le controversie insorte nella prima fase sono rimesse alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre nella seconda torna in rilievo la consueta distinzione delle posizioni giuridiche soggettive e il connesso riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario (TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 4 settembre 2015, n. 4295, appellata).

In particolare, secondo le Sezioni Unite della Cassazione, nella disciplina sugli appalti vi è l'unica categoria della concessione di lavori pubblici, onde non è più consentita la precedente distinzione tra concessione di sola costruzione e concessione di gestione dell'opera (o di costruzione e gestione congiunte), ove prevale il profilo autoritativo della traslazione delle pubbliche funzioni inerenti l'attività organizzativa e direttiva dell'opera pubblica, con le conseguenti implicazioni in tema di riparto di giurisdizione, in quanto ormai la gestione funzionale ed economica dell'opera non costituisce più un accessorio eventuale della concessione di costruzione, ma la controprestazione principale e tipica a favore del concessionario, come risulta dall'art. 143 del d.lgs. n. 163 del 2006 vigente all'epoca della pronuncia, con la conseguenza che le controversie relative alla fase di esecuzione appartengono alla giurisdizione ordinaria (Cass. Sez. un., 27 dicembre 2011, n. 28804).

In evidenza

Le domande di risarcimento del danno avanzate da una società nei confronti della pubblica amministrazione, a titolo di responsabilità extracontrattuale e precontrattuale, per attività illecita consistente nell'aver interrotto la procedura di project financing per la realizzazione e la gestione di un opera pubblica rientra, invece, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, essendo pur sempre relativa a procedura di affidamento dei lavori nell'ambito di procedimenti di evidenza pubblica (cfr., in termini, Cass. Sez. un., 9 febbraio 2010, n. 2972; Id., 19 agosto 2009, n. 18372; Id., 27 febbraio 2008, n. 5084).

Tali approdi giurisprudenziali conservano ovviamente la loro validità anche alla luce del disposto di cui all'art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, dal momento che è ormai pacifico, anche per quanto riguarda la finanza di progetto, che sono affidate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sia le questioni risarcitorie sia quelle relative alla dichiarazione di efficacia del contratto (Cons. St., Sez. V, 5 novembre 2012, n. 5591).

Casistica

Non sussiste un vincolo per la p.a. a indire la gara e realizzare l'opera se manca dichiarazione di interesse pubblico della proposta

Le scelte programmatorie dell'amministrazione, mentre costituiscono presupposto per poter adottare l'avviso di una procedura di finanza di progetto, non vincolano però l'amministrazione a dar corso alla procedura nel caso in cui non venisse riscontrata la conformità delle proposte presentate all'interesse pubblico. In altri termini, almeno fino al momento in cui la proposta non sia stata dichiarata di pubblico interesse, non grava alcun vincolo sulla parte pubblica di procedere alla gara e alla realizzazione dell'opera. In tale ottica, solo la declaratoria di pubblico interesse della proposta comporta il sorgere e il radicamento degli affidamenti dei proponenti, con la conseguenza che la programmazione deve tenerne conto e motivare in ordine alle ragioni che giustificano un eventuale mutamento di avviso (Cons. St., Sez. III, 13 marzo 2013, n. 1495; negli stessi termini, Cons. St., Ad. plen., n. 1 del 2010, cit.; Id., Sez. V, 8 febbraio 2011, n. 843; Id., 6 ottobre 2010, n. 7334).

Revoca dichiarazione pubblico interesse e scelta promotore non danno diritto a indennizzo di cui all'art. 21-quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241

La revoca della dichiarazione di pubblico interesse della proposta di un progetto di finanza non attribuisce all'interessato il diritto all'indennizzo di cui all'art. 21-quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241. La dichiarazione di pubblico interesse di tale proposta e la selezione del promotore, seppure differenziano la posizione giuridica del proponente, riconoscendogli un'aspettativa e una posizione tutelata nei confronti di altri operatori o di proposte concorrenti (cfr. Cons. St., Ad. plen., n. 1 del 2012, cit.), non assicurano al promotore alcuna diretta e immediata utilità, ma solo l'aspettativa a che l'amministrazione dia corso alla procedura di gara, sicché non è ravvisabile a fronte della revoca della dichiarazione di interesse pubblico il pregiudizio in danno dell'interessato, cui è correlata ai sensi del citato art. 21-quinquies la corresponsione di un indennizzo (Cons. St., Sez. V, 21 giugno 2016, n. 2719; Id., Sez. V, 26 giugno 2015, n. 3237; in termini, si veda pure TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 25 ottobre 2017, n. 10695; Id., 7 aprile 2016, n. 4198).

Coerentemente con l'orientamento giurisprudenziale che circoscrive l'ambito applicativo dell'indennizzo di cui all'art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990 ad ipotesi in cui la revoca incida su provvedimenti definitivi attributivi di vantaggi, scartandone l'applicabilità in caso di revoca di atti ad effetti instabili e interinali, deve escludersi che la dichiarazione di pubblico interesse della proposta di un progetto di finanza attribuisca all'interessato una posizione giuridica definitiva, la cui revoca dia luogo all'indennizzo in parola (Cons. St., Sez. V, 13 marzo 2014, n. 1264).

In senso parzialmente contrario. La revoca degli atti della procedura di project financing prima del rilascio del titolo concessorio, ma in seguito al perfezionamento della prima autonoma fase finalizzata alla scelta del promotore e al riconoscimento del carattere di pubblico interesse del progetto preliminare da questi presentato, attribuisce al promotore giusto titolo per l'indennizzo di cui all'art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990. In seguito alla introduzione, con d.l. 31 gennaio 2007, n. 7, convertito con modificazioni dalla l. 2 aprile 2007, n. 40, del comma 1-bis dell'articolo citato, l'indennizzo in questione deve intendersi ricollegabile anche agli atti ad efficacia istantanea che incidano su rapporti negoziali, la cui sussistenza non può essere negata a seguito dell'approvazione del progetto del promotore e dell'apertura sulla base di esso di un'ulteriore fase selettiva, benché non ancora conclusa (Cons. St., Sez. VI, 5 marzo 2013, n. 1315), in termini, si veda pure TAR Lazio. Roma, Sez. II-bis, 13 gennaio 2017, n. 619).

Legittima revoca per nuova valutazione interesse pubblico consistente nella contrarietà della cittadinanza locale

È legittimo il provvedimento con cui un Comune revochi una precedente delibera di valutazione positiva di una proposta di project financing facendo riferimento ad alcuni profili inerenti una nuova valutazione dell'interesse pubblico costituiti, in concreto, dalla contrarietà espressa da parte della cittadinanza locale alla realizzazione dell'opera e dall'interesse primario, dunque, di rispondere ai bisogni manifestati dalla stessa popolazione (TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 8 settembre 2015, n. 11098, appellata). La revoca del provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità e di individuazione del soggetto promotore deve essere pur sempre motivata con riferimento al bilanciamento degli interessi in gioco e sulla nuova valutazione dell'interesse pubblico originario (Cons. St., Sez. V, 3 maggio 2016, n. 1692).

Carenza di legittimazione e di interesse a ricorrere avverso la deliberazione di affidamento in concessione, a mezzo di finanza di progetto, del servizio di trasporto pubblico locale, in capo all'operatore di settore

La veste di mero “operatore nel settore” è inadeguata per contestare la deliberazione di affidamento in concessione, a mezzo di project financing, del servizio di trasporto pubblico locale, atteso che non sono riscontabili de iure condito oggettivi ostacoli di ordine giuridico all'immediata ed integrale applicazione dell'istituto del project financing per l'affidamento di detto servizio, peraltro, nella specie, comprensivo del servizio scolastico; inoltre, l'insussistenza dell'interesse e della legittimazione ad agire dell' “operatore nel settore” è legata anche all'esigua consistenza giuridica che inequivocabilmente connota la scelta del promotore e, quindi, la connessa piena facoltà dell'Amministrazione di abbandonare il progetto dichiarato di pubblico interesse, senza, tra l'altro, che una tale condotta vaga ad integrare alcuna forma risarcitoria e nemmeno indennitaria specie, quando, come nella fattispecie, la proposta di progetto sia ad iniziativa privata (TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 13 ottobre 2016, n. 10197).

Sussiste giurisdizione amministrativa esclusiva sulle controversie in tema di sospensione delle trattative

Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo con specifico riguardo a procedure di project financing e/o, comunque, di partenariato pubblico-privato nelle quali la sospensione delle trattative non rappresenta un mero comportamento materiale, bensì un'attività commissiva o omissiva funzionalmente collegata alla procedura di affidamento dei lavori e, in quanto tale, ricompresa nella giurisdizione esclusiva prevista dall'art. 244 d.lgs. n. 163 del 2006 e ora dall'art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, d.lgs. n. 104 del 2010 (TAR Abruzzo, L'Aquila, 17 maggio 2011, n. 265, non appellata e passata in giudicato).

Sussiste giurisdizione ordinaria su controversie in tema di compensi del responsabile del procedimento

Le controversie aventi ad oggetto i compensi a titolo di incentivo dovuti al responsabile del procedimento, nelle procedure di finanza di progetto, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, siccome i predetti compensi costituiscono uno specifico elemento di natura retributiva straordinaria che trova causa nel rapporto di impiego pubblico (TAR Campania, Napoli, Sez. I, 24 aprile 2014, n. 2305, non appellata e passata in giudicato).

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