Pensioni ai superstiti parametrate ai 57 anni: nessuna illegittimità costituzionale

La Redazione
06 Febbraio 2017

Con la sentenza n. 23 del 26 gennaio 2017, la Corte Costituzionale ha respinto la questione di legittimità costituzionale sollevata in merito alla ragionevolezza del metodo di calcolo della pensione ai superstiti di assicurati deceduti anteriormente ai 57 anni d'età.

Con la sentenza n. 23 del 26 gennaio 2017, la Corte Costituzionale ha respinto la questione di legittimità costituzionale sollevata in merito alla ragionevolezza del metodo di calcolo della pensione ai superstiti di assicurati deceduti anteriormente ai 57 anni d'età.

La vicenda

La sentenza in oggetto origina da una controversia insorta tra l'INPS ed i familiari superstiti di un lavoratore deceduto ed avente ad oggetto la determinazione dell'importo della pensione superstiti loro riconosciuta a carico del “Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti”.
In particolare, l'INPS aveva applicato il coefficiente del 4,3040% relativo all'età anagrafica di 57 anni del lavoratore, come previsto dall'art. 1, co. 14, L. n. 335/1995 nell'ipotesi di assicurato morto prima di compiere quell'età. I ricorrenti lamentano l'inadeguatezza dell'importo così calcolato in quanto la norma citata, al comma 16, non prevede l'integrazione al minimo per le pensioni liquidate esclusivamente con il sistema contributivo. Invocano inoltre l'assenza di un “meccanismo di attualizzazione del coefficiente di trasformazione, che tenga conto dei successivi innalzamenti dell'età pensionabile”.

Il quesito

Il Tribunale ha ritenuto rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale prospettate ed ha dunque sollevato dinanzi al Giudice delle leggi la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, co. 14, L. n. 335/1995 “nella parte in cui non prevede, per il calcolo della pensione ai superstiti di assicurati deceduti anteriormente ai 57 anni d'età, l'attualizzazione del coefficiente di trasformazione ai nuovi limiti d'età pensionabile in vigore”.

Il giudice rimettente ha infatti sottolineato l'irragionevolezza che tale modalità di calcolo reca in sé, posto che risulta svincolata da ogni adeguamento alle successive modificazioni dell'età pensionabile vanificando l'originario intento legislativo di ancorare il valore del coefficiente all'età pensionabile con “una ingiustificata riduzione dell'entità del trattamento pensionistico nella fattispecie liquidato ai superstiti”.

Sistema contributivo e coefficiente di trasformazione

La Corte Costituzionale, analizzando il merito della questione, sottolinea che il nuovo sistema di calcolo contributivo delle pensioni previsto dalla L. n. 335/1995 risponde allo scopo di favorire un riequilibrio finanziario e di rimuovere al contempo le disuguaglianze prodotte dal calcolo retributivo. In tale contesto, il vantaggio del coefficiente di trasformazione progredisce parallelamente al progredire dell'età del pensionamento dell'assicurato, proprio perché opera sul montante contributivo individuale. Da tali premesse discende che il coefficiente previsto dal legislatore per le pensioni ai superstiti e parametrato all'età di 57 anni, per il caso in cui l'assicurato muoia prima di avere superato tale soglia e non abbia maturato i requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia, si sottrae dunque alle censure di illegittimità costituzionale. La scelta legislativa è stata discrezionalmente assunta dal legislatore che ha ritenuto di applicare ai casi predetti un trattamento previdenziale uniforme, né tantomeno l'evoluzione normativa che ha innalzato l'età pensionabile può determinare l'irragionevolezza della norma.

Non sussiste alcuna irragionevolezza

Sottolinea inoltre la Consulta che “l'intervento prefigurato dal giudice rimettente mira a trasporre nell'ambito della pensione ai superstiti princìpi e presupposti caratteristici della pensione diretta, lungo una direttrice disarmonica rispetto all'odierna disciplina del diritto alla pensione ai superstiti, configurato come diritto autonomo e originario". I due istituti rispondono infatti a logiche peculiari: alla pensione diretta di vecchiaia si applicano coefficienti di trasformazione modulati sulla base della scelta legislativa di innalzare l'età pensionabile, mentre alla pensione ai superstiti non può applicarsi la medesima logica essendo un istituto erogato anche ai congiunti di un assicurato che non abbia conseguito la pensione di vecchiaia e sia morto prima di compiere i cinquantasette anni di età.
In conclusione "la soluzione tratteggiata vanificherebbe la logica premiale, che presiede all'attribuzione di un coefficiente di trasformazione più cospicuo a chi rimanga in servizio per un periodo più lungo, anche oltre la data di maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia (art. 24, co. 4, D.L. n. 201/2011) e condurrebbe a uniformare indiscriminatamente verso l'alto il trattamento riservato ai superstiti, in tutte le ipotesi in cui l'assicurato muoia prima di avere conseguito il diritto alla pensione diretta”.
La Corte dichiara dunque non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata.

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