Teresa Zappia
10 Aprile 2024

Il datore di lavoro è titolare di specifici poteri giuridici riconosciutigli dall'ordinamento, tra i quali vi è quello di adibire il prestatore a mansioni diverse rispetto a quanto convenuto contrattualmente (c.d. ius variandi) Tale potere risulta giustificato dalle esigenze flessibili dell'organizzazione del lavoro che spesso, per il loro carattere di eccezionalità, richiedono modifiche non prevedibili e non rimediabili con l'assunzione di altri lavoratori.

Introduzione

Nel nostro ordinamento l'esercizio dello ius variandi è vincolato ai limiti imposti dall'art. 2103 c.c. che contiene il c.d. “principio di contrattualità delle mansioni”. Tali limiti, volti anche alla tutela della dignità del lavoratore, definiscono i confini della libera iniziativa economica del datore (Cass., sez. lav., n. 6275/2024).

Punctum dolens della materia è individuato nello stabilire quando l'assegnazione di nuove mansioni possa costituire legittimo esercizio del suddetto potere. L'art. 2103 c.c., come modificato dall'art. 3 d.lgs. n. 81/2015, stabilisce che il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto ovvero a quelle corrispondenti all'inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito, ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte (Cass., sez. lav., n. 3540/2021; Cass., sez. lav., n. 30580/2019).

Si precisa che in tema di pubblico impiego privatizzato l'art. 52  d.lgs. n. 165/2001 assegna rilievo solo al criterio dell'equivalenza formale delle mansioni, con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che il giudice possa sindacare la natura equivalente della mansione, non potendosi avere riguardo alla norma generale di cui all'art. 2103 c.c.

Condizione necessaria e sufficiente affinché le mansioni possano essere considerate equivalenti è, infatti, la mera previsione in tal senso da parte della contrattazione collettiva, evidentemente ritenendosi che il riferimento all'aspetto, necessariamente soggettivo, del concetto di professionalità acquisita, mal si concili con le esigenze di certezza, di corrispondenza tra mansioni e posto in organico, alla stregua dello schematismo che ancora connota e caratterizza il rapporto di lavoro pubblico (App. Bari, sez. lav., n. 442/2023).

Il nuovo articolo 2103 del Codice civile

Nella formulazione originaria dell'art. 2103 c.c. la modifica unilaterale delle mansioni da parte del datore di lavoro era sottoposta a vari limiti, tra cui la sussistenza di specifiche esigenze dell'impresa (tali da rendere necessario lo spostamento del lavoratore a mansioni differenti, ma mai inferiori), la garanzia della irriducibilità della retribuzione e la conservazione della posizione sostanziale del lavoratore.

Il nuovo testo dell'art. 2013 c.c., prevede che il lavoratore possa essere assegnato a qualunque mansione del livello di inquadramento, analogamente a quanto previsto nel lavoro alle dipendenze della P.A. ex art. 52 d.lgs. n. 165/2001, purché rientranti nella medesima categoria legale e non più soltanto a mansioni «equivalenti», ovvero a mansioni che implicano l'utilizzo della medesima professionalità. È modificato, quindi, radicalmente lo ius variandi: l'art. 2103 c.c. già legittimava il datore di lavoro a cambiare le mansioni, ma nel limite dell'equivalenza oggettiva e soggettiva. Per la giurisprudenza dovevano essere compiute valutazione attente, nel rispetto del patrimonio professionale del lavoratore, al fine di evitare lo svilimento, sotto il profilo professionale, del lavoratore. Ora la nuova disposizione prevede che il dipendente deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all'inquadramento superiore ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte. Quindi, non deve più guardarsi all'equivalenza (oggettiva e soggettiva) in chiave professionale, ma deve farsi riferimento soltanto all'inquadramento contrattuale.

La garanzia della irriducibilità della retribuzione si estende alla sola retribuzione compensativa delle qualità professionali intrinseche essenziali delle precedenti mansioni, ma non anche a quelle componenti della retribuzione che siano erogate per compensare particolari modalità della prestazione lavorativa. Nel caso in cui il lavoratore sia adibito a mansioni ulteriori rispetto a quelle originariamente attribuite, nel rispetto della professionalità e della qualificazione contrattuale conseguite, non vi è diritto alla corresponsione di un compenso aggiuntivo in mancanza di specifiche disposizioni legislative o contrattuali che lo prevedano (Cass., sez. lav., n. 3816/2021).

Nell'ipotesi di passaggio a mansioni superiori, l'assegnazione diviene definitiva qualora venga superato il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, dopo sei mesi consecutivi, salva diversa volontà del lavoratore, purché l'assegnazione non sia stata giustificata da ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio avente diritto alla conservazione del posto di lavoro. Il diritto all'acquisizione della qualifica superiore sorge solo laddove l'assegnazione alle mansioni sia stata piena, nel senso che abbia comportato l'assunzione della responsabilità diretta e l'esercizio dei poteri e dell'iniziativa propri della corrispondente qualifica (Trib. Santa Maria Capua Vetere, sez. lav., n. 114/2023; Cass., sez. lav., n. 5222/2021; Cass., sez. lav., n. 14950/2020; Cass., sez. lav., n. 32699/2019; Cass., sez. lav., n. 25673/2019; Cass., sez. lav., n. 19092/2017).

Inquadramento a mansioni inferiori

Il nuovo articolo 2103 c.c.  prevede tre ipotesi di passaggio a mansioni inferiori:

  1. modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore;
  2. ipotesi previste dai contratti collettivi;
  3. sottoscrizione di accordi individuali tra datore di lavoro e lavoratore.

La modifica degli assetti organizzativi che indice sulla posizione del lavoratore comporta la possibilità per il datore di lavoro di modificare unilateralmente le mansioni assegnategli, purché rientranti nella medesima categoria legale (Cass., sez. lav., n. 29626/2019).

Ulteriori ipotesi possono essere previste dai contratti collettivi, stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dalle loro rappresentanze in seno all'azienda (art 51 d.lgs. n. 81/2015). Le mansioni devono essere quelle immediatamente inferiori e devono rientrare nella medesima categoria legale.

In ogni caso il lavoratore ha diritto alla conservazione dell'inquadramento e del trattamento retributivo, fatta eccezione per le voci retributive legate a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione che non sono più presenti nella nuova (Cass., sez. lav., n. 22522/2021; Cass., sez. lav., n. 19092/2017).

La terza ipotesi riguarda la possibilità di stipulare accordi individuali nelle sedi di cui all'art. 2113, co. 4, cod. civ. o presso le commissioni di certificazione di cui agli artt. 76 ss., d.lgs. n. 276/2003. Mediante tali accordi è possibile modificare non solo le mansioni ma anche la categoria legale e il livello di inquadramento, con conseguente incidenza anche sulla retribuzione. La legge richiede che la stipulazione avvenga nell'interesse del lavoratore alla conservazione dell'occupazione, all'acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro (App. Roma, sez. lav., 15 febbraio 2023; Cass., sez. lav., n. 19522/2021; App. Milano, sez. lav., n. 1974/2020; Cass., sez. lav., n. 5621/2019).

Formazione

Il datore è tenuto a provvedere alla formazione qualora ciò sia reso necessario dall'assegnazione delle nuove mansioni, il che si collega anche al generale obbligo gravante sulla parte datoriale di tutelare la salute psico-fisica del dipendente (art. 2087 c.c.)

Requisito di forma

Il passaggio a mansioni inferiori, nell'ipotesi sopra indicate, è sottoposto a un requisito di forma molto rigoroso, in quanto è richiesta la comunicazione per iscritto a pena di nullità.

Il passaggio a mansioni inferiori intimata in forma orale, pertanto, non produce nessun effetto.

Ulteriori limiti legali

È nullo per legge il mutamento di mansioni della lavoratrice o del lavoratore legato all'azione in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni per molestia o molestia sessuale (art. 26 d.lgs. n. 198/2006, come modificato dall'art. 1, comma 218, l. n. 205/2017).

La legge dispone la nullità del mutamento di mansioni, nonché di qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria, nei confronti del lavoratore che abbia segnalato illeciti di cui al d.lgs. n. 231/2001. Tale tutela si inserisce nell'ambito della nuova disciplina in materia di whistleblowing, riformata dal d.lgs. n. 24/2023 (in attuazione della Direttiva n. 2019/1937). Il legislatore ha previsto (art. 17) una dettagliata elencazione di atti che si considerano ritorsivi nei confronti del segnalante, disponendo la sanzione della nullità e l'azionabilità in giudizio (art.19) in forza del presunto collegamento alla segnalazione, salvo prova contraria (Cass., sez. lav., n. 9148/2023; Cass., sez. lav., n. 14093/2023).

È nulla la variazione delle mansioni (i.e. demansionamento) conseguente alla richiesta di fruizione delle priorità previste dalla legge per l'applicazione del lavoro agile (art. 18, comma 3-bis, l. n. 81/2017, come modificato dall'art. 4, d.lgs. n. 105/2022), ovvero alla richiesta di trasformazione del rapporto di lavoro da full time a part time per patologie proprie o dei familiari alle condizioni previste dalla legge (art. 8, comma 4, 5 e 5-bis, d.lgs. n. 81/2015, come modificato dall'art. 5 d.lgs. n. 105/2022).

È nulla la variazione delle mansioni di cui sia provato dal lavoratore il carattere ritorsivo per avere lo stesso presentato un reclamo al datore di lavoro o aver promosso un procedimento, anche non giudiziario, al fine di garantire il rispetto dei diritti indicati dal d.lgs. n. 104/2022 e dal d.lgs. n 152/1997.

Riferimenti

Per i recenti orientamenti sul tema:

Trib. Bari, sez. lav., 4 maggio 2023, con commento di T. Zappia, Assegnazione mansioni dirigenziali: in assenza di livello di inquadramento nel CCNL applicato, devono rispondere alla specifica professionalità del ruolo;

Trib. Alessandria, sez. lav., 17 luglio 2020 n.66, con commento di P. Laguzzi, Mansioni superiori del dirigente medico: nell'impiego pubblico contrattualizzato non si applica l'art. 2103 c.c.;

App. Milano, sez. lav., 15 gennaio 2020, n. 1974, con commento di I. Dal Lago, Estensione del principio di irriducibilità della retribuzione ed effetti sulla disponibilità del trattamento retributivo a mansioni immutate;

S. Apa, La disciplina dell'assegnazione delle mansioni dopo il Jobs Act.

Normativi

D.lgs. n. 24/2023

D.lgs. n. 105/2022

D.lgs. n. 104/2022

D.lgs. n. 81/2015

D.lgs. n. 198/2006

D.lgs. n. 152/1997

Art. 2103 c.c.

Art. 2113 c.c.

Giurisprudenza

  • Cass., sez. lav., n. 6275/2024
  • App. Roma, sez. lav., 15/02/2023
  • App. Bari, sez. lav., n. 442/2023
  • Trib. Santa Maria Capua Vetere, sez. lav., n. 114/2023
  • Cass., sez. lav., n. 19522/2021
  • Cass., sez. lav., n.22522/2021
  • Cass, sez. lav.,  n. 3816/2021
  • Cass., sez. lav., n. 5222/2021
  • Cass., sez. lav., n. 3540/2021
  • App. Milano, sez. lav., n.1974/2020
  • Cass., sez. lav., n. 14950/2020
  • Cass., sez. lav., n. 5621/2019
  • Cass., sez. lav., n. 30580/2019
  • Cass., sez. lav., n. 32699/2019
  • Cass., sez. lav., n. 25673/2019
  • Cass., sez. lav., n. 19092/2017
  • Cass., sez. lav., n. 19092/2017