Sopraelevazione (limiti)

Alberto Celeste
25 Settembre 2017

Il diritto di sopraelevazione, da parte del singolo, non è soggetto ad un'autorizzazione da parte dell'assemblea, la quale, peraltro, non deve neanche essere preventivamente informata della realizzazione della nuova costruzione; quindi, la facoltà di sopraelevare viene esercitata dal titolare in maniera libera e diretta, secondo i diritti e gli obblighi ad essa connessi, ma ciò non vuol dire che la realizzazione della nuova fabbrica sia del tutto svincolata dal rispetto di ben precise condizioni; in quest'ottica, l'art. 1127 c.c. pone - secondo un meccanismo di opposizione ex post - una triplice serie di condizioni negative al verificarsi delle quali i condomini (non sopraelevanti) possono impedire la realizzazione della nuova fabbrica.
Inquadramento

L'art. 1127 c.c. prevede che «la sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell'edificio non la consentono (comma 2), e che «i condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti» (comma 3).

Pertanto, le condizioni poste dalla norma codicistica riguardano:

a) la compatibilità della sopraelevazione con le condizioni statiche dell'edificio,

b) il pregiudizio dell'aspetto architettonico dell'edificio, e

c) la diminuzione dell'aria o della luce dei piani sottostanti.

In quest'ordine di concetti, il disposto di cui sopra pone - secondo un meccanismo di opposizione ex post - una triplice serie di condizioni negative al verificarsi delle quali i condomini (non sopraelevanti) possono impedire la realizzazione della nuova fabbrica.

Come vedremo esaminando le predette condizioni, trattasi di limiti di differente intensità sui quali il consenso dei condomini può agire diversamente.

Condizioni statiche dell'edificio

Nello specifico, il comma 2 dell'art. 1127 c.c. prescrive che «la sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell'edificio non la consentono»: il tenore della norma chiaramente rivela che si tratta di un divieto assoluto, e la ratio di una tale impostazione fonda le sue ragioni nell'intenzione di evitare il prodursi anche di un semplice pericolo per la stabilità e la sicurezza del fabbricato.

In tale prospettiva, si pone il problema se il consenso dei condomini, nella forma dell'unanimità, possa superare il divieto posto dalla norma codicistica.

A tale proposito, la giurisprudenza ha ritenuto che il consenso dei condomini possa superare il limite derivante dall'incompatibilità statica dell'edificio non in assoluto, ma esclusivamente a patto che tale consenso sia finalizzato a permettere al condomino sopraelevante la realizzazione di opere di consolidamento, conseguendone, più precisamente, che il consenso da solo - vale a dire, senza le suddette opere di consolidamento - e seppur unanime, non è in grado di superare il predetto limite.

Un'attenta lettura della giurisprudenza di legittimità in argomento è in grado di chiarire l'esatto àmbito della fattispecie: infatti, si è puntualizzato che l'art. 1127 c.c. sottopone il diritto del proprietario dell'ultimo piano alla sopraelevazione a tre limiti, dei quali il primo (condizione statica) introduce un divieto assoluto, cui è possibile ovviare se, con il consenso unanime dei condomini, il proprietario sia autorizzato all'esecuzione delle opere di rafforzamento necessarie a rendere idoneo l'edificio a sopportare il peso della nuova costruzione (tra le altre, v. Cass. civ., sez. II, 26 maggio 1986, n. 3532).

Assai più precisamente, la Suprema Corte ha ricostruito i termini della fattispecie, ponendo il consenso dei condomini in sola correlazione con la realizzazione delle opere di consolidamento, e non con l'esecuzione della sopraelevazione, ed estremamente puntuali si rivelano le affermazioni riguardanti la forma (scritta o meno) di tale consenso; invero, si è affermato che il consenso unanime di tutti i condomini è, invece, richiesto per la preventiva esecuzione delle opere di consolidamento, eseguite le quali, risorge il diritto del proprietario dell'ultimo piano di eseguire il sopralzo non condizionato all'assenso, concorde o maggioritario, degli altri comunisti; tale consenso non richiede la forma scritta, non implicando un atto di disposizione di diritti reali, sia nel caso in cui i lavori di consolidamento impongano l'introduzione o il passaggio nelle parti dell'edificio di proprietà esclusiva, sia nel caso in cui tali lavori siano da effettuarsi solo nell'àmbito delle parti comuni dello stesso stabile, salvo, in quest'ultima ipotesi, che i suddetti lavori rendano la parte comune inservibile per l'uso anche di un solo comproprietario (Cass. civ., sez. II, 5 aprile 1977, n. 1300).

Sempre in ordine alle opere di consolidamento necessarie per supplire all'incompatibilità statica dell'edificio, si pone l'ulteriore problema se il titolare del diritto di sopraelevazione possa realizzarle senza il preventivo consenso degli altri condomini.

A tale proposito, è il caso di ricordare che la normativa previgente, ossia l'art. 12 del r.d. 15 gennaio 1934, n. 56, prevedeva tale possibilità, la quale, peraltro, non è stata riprodotta nel testo dell'art. 1127 c.c., e sulla scorta di tale esclusione testuale, si è affermato l'orientamento in base al quale tale facoltà sarebbe esclusa (v., tra le prime pronunce, Cass. civ., sez. II, 19 novembre 1963, n. 2996, secondo cui, in difetto di consenso unanime degli altri condomini, colui che intende sopraelevare non può ovviare a tale divieto procedendo direttamente alle opere di rafforzamento e di consolidamento).

Per più precisi riferimenti anche alla disciplina previgente del r.d. n. 56/1934, si pone quella pronuncia per la quale l'art. 1127 c.c. ha carattere innovativo rispetto al corrispondente citato art. 12, in quanto inibisce al proprietario dell'ultimo piano di sopraelevare se le condizioni statiche in atto dell'edificio siano sfavorevoli e la sopraelevazione richieda opere di rafforzamento e di consolidamento delle strutture essenziali (Cass. civ., sez. II, 27 marzo 1996, n. 2708); ne consegue che le condizioni statiche dell'edificio rappresentano un limite all'esistenza stessa del diritto di sopraelevazione, e non già l'oggetto di verificazione e di consolidamento per il futuro esercizio dello stesso, limite che si sostanzia nel potenziale pericolo per la stabilità del fabbricato derivante dalla sopraelevazione, «il cui accertamento costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato» (così, di recente, Cass. civ., sez. II, 30 novembre 2012, n. 21491).

In quest'ottica, la giurisprudenza giunge a qualificare la compatibilità statica dell'edificio, ai sensi del comma 2 dell'art. 1127 c.c., come un vero e proprio limite al sorgere del diritto a sopraelevare, e non come una condizione da verificare ex post; se in relazione a tale limite la sopraelevazione non è possibile, il condomino che intende eseguirla, in mancanza del consenso unanime dei condomini, non può ovviare al divieto relativo mediante la diretta esecuzione di opere di rafforzamento e di consolidamento, specie quando queste non possono essere effettuate se non mediante l'invasione della sfera di godimento esclusivo dei partecipanti al condominio, sicché le condizioni statiche dell'edificio rappresentano un limite al sorgere del diritto di sopraelevazione e non l'oggetto di un onere di verificazione (Cass. civ., sez. II, 14 luglio 1976, n. 2712).

A tale proposito, tuttavia, sembra preferibile un'impostazione intermedia, in base alla quale al singolo condomino sono sempre consentite le modificazioni della cosa comune secondo i limiti e le condizioni poste dall'art. 1102 c.c., anche perché non si vede la ragione per cui, nel caso della sopraelevazione, debba essere impedito al condomino sopraelevante l'esercizio delle facoltà ordinariamente previste da detta norma codicistica.

Tale orientamento è espresso in una datata pronuncia (Cass. civ., sez. II, 7 gennaio 1966, n. 134), ad avviso della quale l'idoneità delle condizioni statiche costituisce un limite all'esistenza più che all'esercizio del diritto, ma ciò non esclude il coordinamento della disposizione medesima con le norme fondamentali sulla comunione in generale; perciò, atteso che sono consentite ad ogni condomino e non possono inibirsi al solo sopraedificante le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa comune (art. 1102 c.c.), questa attività non può essere inibita al titolare del diritto di sopraelevare anche se è attuata per rendere possibile ed agevolare il sopralzo.

Per completezza, mette punto rammentare che, qualora venga realizzata una sopraelevazione, nonostante le condizioni statiche dell'edificio non lo consentano, in quanto in violazione di norme antisismiche ed in conseguente pregiudizio della stabilità, gli altri condomini hanno diritto alla c.d. rimessione in pristino, con conseguente demolizione della nuova fabbrica (Cass. civ., sez. II, 20 agosto 1981, n. 4958).

A fronte di tale opera, deve riconoscersi, altresì, la facoltà del condominio di ottenere una condanna alla demolizione del manufatto e, quindi, la legittimazione alla relativa azione dell'amministratore del condominio medesimo, vertendosi in materia di «atti conservativi» relativi alle parti comuni dell'edificio ex art. 1130, n. 4), e 1131 c.c.

Riguardo alla suddetta legittimazione processuale dell'amministratore in ordine a tale particolare fattispecie, si sostiene che questi sia legittimato, senza necessità di autorizzazione dell'assemblea, ad instaurare il giudizio per la demolizione della sopraelevazione dell'ultimo piano dell'edificio, costruita dal condomino in violazione delle prescrizioni e delle cautele fissate dalle norme speciali antisismiche, perché tale atto, diretto a conservare l'esistenza delle parti comuni condominiali, rientra negli atti conservativi che, ex art. 1130, n. 4), c.c., risultano a lui attribuiti (Cass. civ., 12 ottobre 2000, n. 13611; sul versante passivo, è stata ravvisata un'ipotesi di litisconsorzio necessario da Cass. civ., sez. II, 26 aprile 2010, n. 9902; in ordine alla posizione del condomino, sempre sul versante processuale, v. Cass. civ., sez. II, 11 novembre 1982, n. 5958).

Pregiudizio dell'aspetto architettonico

La realizzazione della sopraelevazione è sottoposta, altresì, ad un limite d'ordine prettamente estetico: il comma 3 dell'art. 1127 c.c., infatti, dispone che i condomini possono impedire la costruzione di un nuovo piano «se questa pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio».

In relazione a tale limite, è opportuno, preliminarmente, rilevare che esso sussista anche per quei fabbricati i quali non abbiano particolare valore architettonico, poiché il limite estetico è costituito non dal mancato abbellimento, bensì dall'alterazione dell'aspetto architettonico dell'edificio, salvaguardati anche per quelli che non rivestono peculiari pregi artistici (v.,ex multis, Cass. 3 gennaio 1968, n. 28).

In evidenza

E' significativo che l'art. 1127 c.c. utilizzi una locuzione («aspetto architettonico») parzialmente difforme da quella utilizzata dall'art. 1120, ultimo comma, c.c. («decoro architettonico»).

Ad avviso della giurisprudenza, la diversa terminologia utilizzata si spiega con un'impostazione della norma sulla sopraelevazione improntata a minor rigore; in altri termini, l'esercizio del diritto di sopraelevazione non sarebbe subordinato al rispetto, più restrittivo, delle linee architettoniche dell'edificio, ma dovrebbe soltanto evitare che si verifichi un peggioramento dell'aspetto dell'immobile nel suo complesso, sottolineando, però, che l'una nozione non possa prescindere dall'altra, dovendo l'intervento edificatorio in sopraelevazione comunque rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l'originaria fisionomia (Cass. civ., sez. II, 15 novembre 2016, n. 23256, precisando che l'intervento edificatorio in sopraelevazione deve rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l'originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista percepibile da qualsiasi osservatore, e aggiungendo che il giudizio relativo all'impatto della sopraelevazione sull'aspetto architettonico dell'edificio va, in ogni modo, condotto esclusivamente in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell'immobile condominiale nonché verificando l'esistenza di un danno economico valutabile; Cass. civ., sez. II, 12 settembre 2003, n. 13426, ad avviso della quale tale pregiudizio consiste in un'incidenza di particolare rilievo della nuova opera sullo stile architettonico dell'edificio che, essendo immediatamente apprezzabile ictu oculi ad un'osservazione operata in condizioni oggettive e soggettive di normalità da parte di persone di media preparazione, si traduce in una diminuzione del pregio estetico e, quindi, economico del fabbricato).

In questa lunghezza d'onda, si è rilevato che il diritto di eseguire una costruzione sopra l'ultimo piano di un edificio, previsto a favore del proprietario di detto piano, dall'art. 1127 c.c., non è subordinato alla possibilità che la sopraelevazione mantenga o ripeta le preesistenti linee architettoniche dell'edificio, ma soltanto alla regola - la cui eventuale violazione va accertata con indagine di fatto in relazione ai singoli casi - di non pregiudicare il decoro dell'edificio medesimo o di non peggiorarne l'aspetto esterno secondo il comune senso estetico (Cass. civ., sez. II, 9 aprile 1980, n. 2267; cui adde Cass. civ., sez. II, 7 febbraio 2008, n. 2865, la quale ha sottolineato che il giudizio relativo all'impatto della sopraelevazione sull'aspetto architettonico dell'edificio va condotto esclusivamente in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell'immobile, inteso come struttura dotata di un aspetto autonomo, al fine di verificare se la nuova opera si armonizzi con dette caratteristiche o se ne discosti in maniera apprezzabile; Cass. civ., sez. II, 22 gennaio 2004, n. 1025).

Il concetto è stato, più recentemente, ribadito con ulteriori specificazioni: in proposito, si é chiarito che, in materia di condominio di edifici, il codice civile, nel riferirsi, quanto alle soprelevazioni (art. 1127, comma 3), all'aspetto architettonico dell'edificio, e, quanto alle innovazioni (art. 1120, comma 4), al decoro architettonico dello stesso, adotta nozioni di diversa portata, intendendo per aspetto architettonico la caratteristica principale insita nello stile architettonico dell'edificio, sicché l'adozione, nella parte sopraelevata, di uno stile diverso da quello della parte preesistente comporta normalmente un mutamento peggiorativo dell'aspetto architettonico complessivo, percepibile da qualunque osservatore, e denotando per decoro architettonico una qualità positiva dell'edificio derivante dal complesso delle caratteristiche architettoniche principali e secondarie, onde una modifica strutturale di una parte anche di modesta consistenza dell'edificio o un'aggiunta quantitativa diversa dalla sopraelevazione, pur non incidendo normalmente sull'aspetto architettonico, può comportare il venir meno di altre caratteristiche influenti sull'estetica dell'edificio e così sul suddetto decoro architettonico incorrendo nel divieto ex art. 1120 c.c. (Cass. civ., sez. II, 27 aprile 1989, n. 1947: nella specie, trattavasi di veranda costruita sulla terrazza di un edificio condominiale; Cass. civ., sez. II, 28 novembre 1987, n. 8861; v., da ultimo, Cass. civ., sez. II, 25 agosto 2016, n. 17350, ad avviso della quale, peraltro, le nozioni di aspetto architettonico ex art. 1127 c.c. e di decoro architettonico ex art. 1120 c.c., pur differenti, sono strettamente complementari e non possono prescindere l'una dall'altra, sicché anche l'intervento edificatorio in sopraelevazione deve rispettare lo stile del fabbricato, senza recare una rilevante disarmonia al complesso preesistente, sì da pregiudicarne l'originaria fisionomia ed alterarne le linee impresse dal progettista).

E ancora, il pregiudizio all'aspetto architettonico dell'edificio che i condomini possono addurre a norma dell'art. 1127, comma 3, c.c. ad impedimento della sopraelevazione da parte del proprietario dell'ultimo piano può consistere in una diminuzione del valore dell'immobile diversamente dalla semplice alterazione, prevista dall'art. 1120, ultimo comma, c.c., comunque impeditiva dell'innovazione eseguita specificamente sulla cosa comune, e la relativa valutazione del giudice può risultare implicitamente nella stessa descrizione degli elementi di contrasto dell'eseguita sopraelevazione rispetto all'edificio (Cass. civ., sez. II, 14 luglio 1988, n. 4613).

Particolarmente interessante risulta anche la pronuncia, in base alla quale la facoltà di opporsi ad una sopraelevazione, che abbia determinato un pregiudizio dell'aspetto architettonico, è soggetta a termini: infatti, diversamente dall'ipotesi in cui le condizioni statiche dell'edificio condominiale non ne consentano la sopraelevazione - nel qual caso, mancando il presupposto dello stesso diritto di sopraelevare, la relativa azione di accertamento negativo è imprescrittibile - il diritto dei condomini di opporsi alla sopraelevazione eseguita dal proprietario dell'ultimo piano in violazione dell'art. 1127, comma 3, c.c. e ad ottenere la restitutio in integrum, perché comportante alterazione dell'aspetto architettonico dell'edificio, può esercitarsi entro la prescrizione ventennale (Cass. civ., sez. II, 5 ottobre 2012, n. 17035; Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 1998, n. 10334).

A quanto sopra, va aggiunto che il pregiudizio estetico, per assurgere ad impedimento dell'esercizio del diritto di sopraelevazione, non deve limitarsi al solo àmbito puramente formale, ma deve incidere (economicamente) sulla valutazione del bene determinandone una diminuzione; infatti, i condomini possono opporsi, ai sensi dell'art. 1127, comma 3, c.c., alla sopraelevazione del proprietario esclusivo del lastrico solare o dell'ultimo piano di un edificio condominiale, se il nuovo piano o la nuova fabbrica non soltanto ne alteri il decoro architettonico, come previsto per il divieto di innovazioni della cosa comune dall'art. 1120, comma 4, c.c., ma ne determini un pregiudizio economico, e cioè ne derivi una diminuzione del valore dell'immobile (Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 2000, n. 15504).

Dalla differente intensità del limite estetico previsto dall'art. 1127 c.c., sia rispetto alle condizioni per la realizzazione delle innovazioni di cui all'art. 1120 c.c., sia riguardo al concorrente limite della compatibilità statica, ed anche dal riconoscimento della prescrizione della facoltà di opposizione da parte dei condomini innanzi illustrato, ne consegue che, relativamente alla sopraelevazione, il consenso dei condomini diversamente può agire per il superamento di detto limite estetico.

Quindi, se si afferma che l'incompatibilità statica non può essere superata dal semplice consenso unanime dei condomini, parimenti si ritiene che, nel caso dell'aspetto architettonico, la volontà degli stessi sia in grado di ovviare all'impedimento derivante dal pregiudizio.

Anche nel caso della violazione del limite del pregiudizio estetico, i condomini possono attivarsi per ottenere la rimessione in pristino (demolizione) e l'eventuale risarcimento del danno.

Diminuzione di aria e luce dei piani sottostanti

Il terzo, ed ultimo, limite nell'effettuazione della sopraelevazione è costituito dal divieto di diminuzione di luce e aria a carico dei piani sottostanti; il comma 3 dell'art. 1127 c.c., testualmente, dispone che «i condomini possono opporsi … alla sopraelevazione, se questa … diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti».

Sul punto, però, si registrano poche pronunce giurisprudenziali e l'elaborazione interpretativa è quasi integralmente di origine dottrinale.

In proposito, si è affermato che la diminuzione di aria e luce rileva, impedendo la sopraelevazione, anche nel caso:

a) che pregiudicato sia soltanto uno degli appartamenti sottostanti,

b) che gli appartamenti pregiudicati non debbano essere necessariamente sottostanti ma possono situarsi anche in posizione contigua, e

c) che, avendo la norma qualificato come «notevole» la diminuzione di aria e luce, nel diverso caso di diminuzione non notevole, non solo la sopraelevazione sarebbe consentita ma l'eventuale pregiudizio per gli appartamenti sottostanti non sarebbe nemmeno risarcibile.

Va ribadito che tale tipologia di limite - come quello estetico - ha carattere relativo e può essere ovviato con il consenso unanime degli altri condomini; in tale prospettiva, si pone la pronuncia che ha avuto modo di precisare che la norma dell'art. 1127 c.c. sottopone il diritto del proprietario dell'ultimo piano a tre limiti dei quali il primo (condizioni statiche) introduce un divieto assoluto, cui è possibile ovviare se con il consenso unanime dei condomini il proprietario sia autorizzato all'esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo l'edificio a sopportare il peso della nuova costruzione, mentre gli altri due limiti (segnatamente, la diminuzione di aria e luce ai piani sottostanti) presuppongono l'opposizione facoltativa dei singoli condomini controinteressati (Cass. n. 3532/1986 cit.).

Casistica

CASISTICA

Legittimazione attiva dall'amministratore

La sopraelevazione realizzata dal proprietario dell'ultimo piano di edificio condominiale, in violazione delle prescrizioni e cautele tecniche fissate dalle norme speciali antisismiche, è riconducibile nell'àmbito della previsione dell'art. 1127, comma 2, c.c., in tema di sopraelevazioni non consentite dalle condizioni statiche del fabbricato; a fronte di tale opera, pertanto, deve riconoscersi la facoltà del condominio di ottenere una condanna alla demolizione del manufatto, nonché la legittimazione alla relativa azione dell'amministratore del condominio medesimo, vertendosi in materia di atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio ex artt. 1130, n. 4), e 1131 c.c. (Cass. civ., sez. un., 8 marzo 1986, n. 1552).

Diritto alla riduzione in pristino e al risarcimento

A norma dell'art. 1127, comma 3, c.c. il diritto dei condomini di opporsi alla sopraelevazione che sia suscettibile di pregiudicare l'aspetto architettonico dell'edificio o di diminuire notevolmente l'aria e la luce ai piani sottostanti, il cui accertamento è demandato al giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, può essere esercitato non solo prima dell'inizio della sopraelevazione ma anche dopo che la stessa sia effettuata, con facoltà di domandare, in questa seconda ipotesi, la riduzione in pristino ed il risarcimento del danno conseguente al pregiudizio derivato; l'art. 2933 c.c. vietando la distruzione della cosa ove sia pregiudizievole all'economia nazionale, si riferisce, per quanto attiene a quest'ultima, alle fonti di produzione e di distribuzione della ricchezza del Paese e non trova riscontro nella demolizione parziale o totale di un edificio (Cass. civ., sez. II, 4 dicembre 1982, n. 6611).

Rispetto dello stile del fabbricato

In materia di condominio negli edifici, la nozione di aspetto architettonico, di cui all'art. 1127, c.c., che opera come limite alla facoltà di sopraelevare, non coincide con quella, più restrittiva, di decoro architettonico, di cui all'art. 1120 c.c., che opera come limite alle innovazioni, sebbene l'una nozione non possa prescindere dall'altra, dovendo l'intervento edificatorio in sopraelevazione comunque rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l'originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista (nella specie, si era cassata la sentenza di merito che aveva ritenuto lesivo del decoro architettonico dell'edificio, ma compatibile con l'aspetto architettonico dello stesso, un manufatto sopraelevato, occupante gran parte del terrazzo dell'ultimo piano e ben visibile dall'esterno) (Cass. civ., sez. II, 24 aprile 2013, n. 10048).

Guida all'approfondimento

Bordolli, I limiti al diritto di sopraelevazione nel condominio, in Immob. & proprietà, 2012, 628;

Celeste - Salciarini, I beni comuni. L'individuazione e l'utilizzazione, Milano, 2009, 385;

Musolino, In tema di diritto di sopraelevazione e di limitazioni al suo esercizio, in Riv. notar., 2007, 144;

De Tilla, Sopraelevazione e decoro architettonico, in Rass. loc. e cond., 2004, 196;

De Tilla, Sui limiti della sopraelevazione nel condominio, in Arch. loc. e cond., 1996, 748;

Terzago, Sopraelevazione: art. 1127 c.c. interpretazione e poteri dell'amministratore, in Giur. it., 1987, I, 1, 267;

Salis, Nuovi orientamenti in tema di sopraelevazione e impianto di ascensore, in Riv. giur. edil., 1978, I, 209;

Alvino, Diritto di sopraelevazione: condizioni e limiti, in Giust. civ., 1977, I, 1782.

Sommario